Eh
sì, il Cappello
sta perdendo colpi
Albus arrancò impacciato
fino allo sgabello a tre
gambe, prese il Cappello Parlante in mano e, dopo essersi seduto con
attenzione
per non cadere rovinosamente a terra, se lo infilò con mala
grazia, facendogli
inevitabilmente coprire il volto, così da non poter vedere
(e non sapeva se
fosse una fortuna o una sfortuna) la Sala ghermita di studenti.
«Un altro Potter
è?» sussurrò una voce divertita.
Albus si trattenne a stento dallo sbuffare. «Uh, deluso di
essere il fratello
di James Potter? Una bella sfacciataggine la tua, lo vedo nella tua
testa. E
anche una certa ambizione, e intelligenza... uhm, difficile... dove
potrei
metterti?» Albus ebbe la brutta sensazione di essere legato
ad una fune, in
procinto di ascoltare la sua sentenza di morte. Strinse le mani attorno
ai
bordi dello sgabello. Cosa gli avrebbe detto il cappello?
«Tuo fratello, come la
tua famiglia, era a
Grifondoro... ma a me sembra più appropriato Serpeverde per
te... tu che dici?».
Il piccolo Potter si sentì mancare il respiro. Non aveva
neanche la forza di
pensare che non voleva, era troppo scioccato.
«Non dici niente? Paura?
Non ti preoccupare,
Serpeverde è una casa molto stimata, con amici fedeli...
vuoi? Io direi di
sì...». Ecco, questa
è la fine. Pensò
Albus con il fiato mozzo. Ma il Cappello stava già urlando a
tutta la Sala.
«Serpeverde!»
Albus, le dita che tremavano in una
maniera indicibile
(paura o dolore, dato che aveva stretto così forte lo
sgabello da sentirsi ogni
falange spezzata in mille pezzi?) sfilò il Cappello dal
capo, potendo così
osservare una Sala Grande sorpresa e molto confusa. Il tavolo di
Serpeverde, a
dispetto di tutte le facce sconvolte degli altri tavoli, applaudiva
fragorosamente. Mentre il ragazzino si affannava con passo incerto fino
al
tavolo della sua Casa, potè notare l’espressione
più che sconvolta del
fratello. Questi, che per tutto il viaggio da casa alla stazione di
King’s
Cross non aveva fatto altro che prenderlo in giro con il fatto che
sarebbe
finito a Serpeverde, ora che vedeva avverarsi la sua
“previsione” sembrava più
che incredulo.
Albus Potter, lo sguardo
stranamente vitreo, si
sedette sul primo posto libero che incontrò, senza badare
vicino a chi. Alcune
mani strinsero la sua, altri batterono le proprie sulle sue spalle
esili,
mentre alcuni ancora lo salutavano con sorrisi enormi stampati in viso.
Almeno
loro
sono contenti. Si
ritrovò a pensare
il piccolo di casa Potter.
Mentre il professor Paciock
continuava con il suo
appello, Albus incrociò gli occhi con quelli di Dominique
Weasley, sua cugina.
Quella, dopo averlo guardato per qualche secondo incerta, gli sorrise
apertamente e gli fece l’occhiolino.
Albus arrossì. Conosceva
Dominique da quando erano
piccoli, ma la sua bellezza (aveva una bisnonna Veela) non poteva certo
essere
ignorata, soprattutto se sorrideva.
Ricambiò il saluto con
un cenno del capo, quindi sentì
la voce del professor Paciock chiamare: «Weasley,
Rose» quindi il suo sguardo
cadde inevitabilmente verso la piccola figura di sua cugina che
annullava con
passo malfermo lo spazio che la separava dal Cappello Parlante, si
sedeva sullo
sgabello a tre gambe e si pigiava il capello sul capo, facendo
così scomparire
metà viso.
Attese trepidante, pronto a sentire
il solito «Grifondoro»
che lui, dalla sua
postazione con il Cappello sul viso, non aveva potuto udire. Ma il
logoro
copricapo lo sorprese ancora.
«Corvonero!»
fu la sua esclamazione. Rose Weasley si tolse il cappello con
decisione, lo
appoggiò sulla sedia e s’incamminò
verso la tavolata di Corvonero. Molti
applausi la accolsero. Albus, come vide anche suo fratello James, aveva
la
bocca spalancata.
Credo
che il
Cappello Parlante stia un po’ perdendo colpi...
Fu il suo pensiero quando sua
cugina si fu accomodata.
Il suo sguardo vagò ancora fra i tavoli mentre lo
Smistamento volgeva al
termine.
Ascoltò le parole della
preside con poco interesse,
applaudì cortesemente e incominciò a mangiare in
silenzio quando il cibo
apparve sulle tavole. Poi, mentre ancora il suo sguardo percorreva con
nostalgia il tavolo di Grifondoro, per poco non si strozzò
con un osso di pollo
particolarmente grande. Charlie Paciock (solo adesso si era accorto di
avercelo
vicino) gli tirò qualche pacca sulle spalle per aiutarlo e
poi gli sorrise
cortese. Albus ricambiò distrattamente, ma subito
ritrovò con lo sguardo il
punto che l’aveva sorpreso.
Vicino a uno dei due gemelli
Scamandro (Lorcan o
Lysander?), a due posti di distanza da un James visibilmente
disgustato, sedeva
con le spalle ricurve e il volto imbronciato niente popò di
meno che...
Scorpius Malfoy.
Albus strizzò gli occhi
verde smeraldo, sicuro di aver
avuto un’allucinazione, ma Malfoy era là, al
tavolo di Grifondoro, e quando
incrociò il suo sguardo i suoi occhi di ghiaccio lo
trafissero così come
avevano fatto alla stazione di King’s Cross. Non se
l’era per niente
immaginato.
Così, ancora
più convinto di qualche attimo prima che
il Cappello Parlante stesse perdendo colpi, il piccolo Potter si mise a
scrutare la Sala Grande in cerca delle persone che conosceva.
I suoi occhi viaggiarono per il
viso di Victoire e
Dominique, Tassorosso entrambe, e un po’ si
rasserenò. Almeno loro erano finite
insieme, anche se non a Grifondoro come il padre. Ma, visto che la
madre era
stata a Beauxbotons e lì non c’erano Case,
Tassorosso andava più che bene.
Scrutò attento i volti degli altri Tassorosso. Riconobbe
Louis, cugino di
Victoire e Dominique, che parlava con un sorriso stampato in viso con
Fred, suo
cugino, figlio dello zio Percy. Trattenne un gemito: anche Lara, figlia
dello
zio Charlie, era di Tassorosso.
Poi passò alla tavolata
di Corvonero. Vide Rose
chiacchierare animatamente con Drisane, sorellina dei gemelli
Scamandro, del
primo anno come l’amica. Albus si sentì di nuovo
leggero: Drisane era figlia di
Luna Lovegood, amica dei suoi genitori, un tempo brillante Corvonero.
Ma quando
incrociò lo sguardo di Alex, fratello di Fred, si
sentì di nuovo mancare. Ma
dove erano finiti tutti gli Weasley che dovevano andare a Grifondoro?
Poi,
ricordò con una spiacevole fitta allo stomaco, anche Teddy
Lupin era finito a
Corvonero. Sospirò.
Il tavolo di Grifondoro fu un
sollievo. Apparte la
prima sorpresa iniziale di dover guardare Scorpius Malfoy tra le facce
sorridenti dei suoi parenti, incontrò con
felicità gli sguardi Colin (figlio di
suoi zio George e sua moglie Alicia) e John Paciock, primogenito del
professore
di Erbologia.
Poi, quando il suo sguardo
incontrò quello pimpante
del cugino Edward (gemello di Colin) al tavolo di Serpeverde -il suo tavolo, ormai-, inarcò un
sopracciglio e sospirò.
Sì,
il
Cappello sta proprio invecchiando.
*
Era uno degli ultimi giorni di sole
che si potevano
godere a Hogwarts e quasi tutta la scuola era fuori dal castello. Albus
era uno
di questi. Guardava il Lago Nero con i suoi stupefacenti occhi verdi,
senza in
realtà vederlo davvero. Sembrava stesse pensando a giorni
lontani.
Una ragazzina, dalla sua postazione
dietro ad una
siepe, accompagnata dalla sua amica del cuore, Emmie Paciock, scrutava
la
figura di Albus Potter quasi incantata. Era solo del primo anno, ma
conosceva
Albus da una vita. I suoi fratelli, Lorcan, Lysander e Drisane, erano
buoni
amici dei Potter (come anche sua madre, d’altronde) e spesso
per Natale
andavano a far loro visita alla casa degli Weasley. Lei, anche se non
era
ancora andata a scuola e non li conosceva, li seguiva sempre.
«Ora, Lydia, spiegami
perché non andiamo da lui e non
lo salutiamo» sbuffò con voce irritata Emmie.
Lydia si voltò verso l’amica e la
incenerì con i suoi grandi occhi blu.
«Non ci tengo a umiliarmi
più del dovuto» fu la sua
risposta, prima di voltarsi e sospirare estasiata mentre ricominciava a
guardare Albus. Emmie ridacchiò. Lydia Scamander,
ultimogenita di quattro
fratelli, si era innamorata di Albus Potter dal primo momento che
l’aveva visto
(e cioè quando era ancora molto, molto
piccola).
Emmie, coetanea della piccola Scamander, spesso si divertiva a
prenderla in
giro su questo proposito. Ora che erano al primo anno, però,
si stava un po’
scocciando di dover sempre star nascosta per poter osservare una
persona a cui
voleva bene solo come un fratello.
«Senti Lyd»
esclamò dopo un attimo di esitazione. Lydia
non la badò. «E se andiamo da lui? Se gli
parliamo? Non ti sentiresti meglio a
sentire anche la sua voce? Vuoi
continuare a guardarlo dietro ad un cespuglio fino alla fine
dell’anno?» mentre
l’amica si girava verso di lei, seppe che finalmente
avrebbero fatto qualcosa
di diverso che guardare Albus Potter. E, pensò con un
sospiro di sollievo,
avrebbe potuto muovere le gambe che sentiva indolenzite.
Lydia Scamandro aggrottò
la fronte.
«Dici che non ci
manderà via?» chiese, esitante. I
suoi occhioni blu, un po’ sporgenti come la madre, divennero
all’improvviso
svegli come non mai (di solito erano perennemente sognanti, Emmie non
aveva
ancora capito se era una dote di famiglia o se pensava perennemente ad
Albus).
«No Lyd» la
rassicurò. Le faceva tenerezza quando si
preoccupava così. «Non lo farebbe mai».
E Lydia le credette.
Quando Albus si vide piombare
davanti Lydia Scamandro,
per poco non morì d’infarto. Fece un salto
così alto che avrebbe benissimo
potuto raggiungere i nonni in cielo.
«Ehi piccola»
salutò, un ampio sorriso ad illuminargli
il volto. Lydia divenne raggiante.
«Ciao Al»
esclamò con un sorriso che andava da
orecchio a orecchio. Dopo un attimo, dietro, di lei, spuntò
Emmie Paciock, che
minaccio di far venire un secondo infarto ad Albus.
«Ciao Albus!»
trillò allegra la ragazzina. Albus le
sorrise. Le erano sempre piaciute quelle due piccole pesti. Emmie era
la
sorellina piccola di Charlie Paciock, un suo grande amico di
Serpeverde, ma,
come aveva imparato nel suo lungo alloggiamento ad Hogwarts, il
Cappello Pazzo
(soprannominato così da molti dato il suo modo
“strambo” di assegnare i ragazzi
alle Case) aveva decretato che sarebbe stata meglio a Corvonero che con
il
fratello Serpeverde. Lydia, invece, era la sorellina minore dei tre
fratello
Scamandro, Lorcan, Lysander e Drisane. Lei, al contrario dei due
gemelli, che
erano finiti a Grifondoro, e della sorella, di Corvonero, era di
Serpeverde,
come Albus. Per questo, dal primo giorno di scuola del suo ultimo anno,
Albus
aveva adorato la più piccola della famiglia Scamandro.
«Ehi piccola, ma che
diamine ti sei fatta alla fronte?»
esclamò Albus indicando l’ampia fronte della
ragazzina. Questa, dopo essersi toccata
il viso, un po’ dubbiosa, si ricordò che sua madre
le aveva consigliato, per
quello stesso giorno, di disegnarsi sulla fronte quella striscia rosa,
perché
le avrebbe portato fortuna. Lo disse ad Albus, come fosse la cosa
più naturale
del mondo. Mentre Emmie tratteneva a stento le risate, Albus si
ricordò che
l’amica dei suoi genitori, Luna Lovegood, non era mai stata,
per così dire, normale. Decretò,
dopo un’occhiata ai
capelli color biondo cenere, gli occhi blu perennemente sognanti e gli
strani
rapanelli che aveva appesi alle orecchie, che Lydia Scamandro doveva
proprio
aver preso dalla madre. Sorrise per quella considerazione.
«E dimmi, Lyd»
cinguettò Emmie con un ghigno maligno
dipinto in viso in perfetto stile Serpeverde. Lydia, a quella vista, si
sentì
rabbrividire. Non erano proprio un buon presagio quegli occhi,
soprattutto se
la loro proprietaria era Emmie Paciock. «Tua madre ti ha
portato ancora in quel
ruscello a prendere i... ehm... Plimpi?» Emmie
ridacchiò. Lydia annuì con
vigore, ignara che quella fosse una presa in giro.
«Sì, ci siamo
andate proprio prima di partire per
scuola. La mamma dice che papà non era molto
d’accordo, voleva passare l’ultimo
giorno insieme, ma poi mamma ha detto che era l’ultimo giorno
che potevo uscire
e allora siamo andate. Ne ho pescati per quattro!». Albus si
schiaffò una mano
sul viso. Sì, Lydia Scamandro era esattamente
come sua madre. Mentre Emmie Paciock, a dispetto
dell’aspetto, era
l’opposto del padre, ribelle e fannullona. Una perfetta
Serpeverde, in fin dei
conti. E Albus si ritrovò ancora a pensare che il Cappello
Parlante doveva essere sostituito.
«Ehi Albus!» il
ragazzo sì voltò verso quella voce che
conosceva fin troppo bene, per
poter
così assistere allo spettacolo di sua cugina, Rose Weasley,
che correva verso
di loro e, a metà strada, inciampava e finiva a gambe
all’aria. Tutti e tre
risero di gusto a quella visione.
Rose, quando si fu rialzata e
spolverata per bene la
divisa, li raggiunse con un broncio da perfetta bambina capricciosa.
«Ehilà
Rose» la salutò Albus, un sorriso da canaglia
dipinto in viso. Fu una delle poche volte che qualcuno (in questo caso
Rose)
pensò che Albus stava bene fra i Serpeverde.
«Ciao Al. Emmie.
Lydia» borbottò la Grifondoro
lasciandosi cadere di fronte al cugino. Incrociò le braccia
e fissò negli occhi
Albus, che si sentì un po’ caldo alla base del
collo.
«Ehm...
cos’è che mi dovevi dire?» chiese, per
distrarsi da quegli occhi. Non era molto semplice fissare negli occhi
Rose
Weasley, soprattutto perché sapeva metterti sempre e
comunque in imbarazzo.
Lydia, accortasi del colore delle guancie di Albus, si sentì
un po’ triste.
Infondo, non è molto bello vedere la persona che ti piace
arrossire davanti
alla cugina.
Rose lo fissò ancora a
lungo, tanto che Lydia divenne
rossa dalla rabbia, poi disse un semplice: «Io e Scorpius ti
cercavamo».
Albus aggrottò le
sopracciglia.
«E Scorpius
dov’è?». Rose alzò le spalle,
poi emise un
sonoro sbadiglio e si sdraiò a pancia in giù
proprio davanti a loro. Si
puntellò con i gomiti e, appoggiata la testa sui palmi delle
mani, passò il suo
sguardo dal cugino, a Emmie, ed infine a Lydia, che vedeva con uno
sguardo
stranamente vigile (di solito era perennemente incantato).
«Che vuoi che ne sappia.
Ha detto che andava a
chiedere a Hugo di controllare che non fossi nel tuo dormitorio
a...» lanciò
un’occhiata alle due ragazzine sedute affianco al cugino.
«a farti qualcuna».
Quindi posò il suo sguardo su una Lydia furente
d’invidia. Ghignò divertita.
Sapeva che a Lydia piaceva suo cugino dal primo momento che
l’aveva beccata a
fissarlo intensamente (e cioè quando l’aveva vista
dietro un cespuglio, mentre
Emmie la pregava di andarsene e lei la ignorava bellamente,
concentrando il suo
sguardo su Albus che parlava con uno Scorpius appena bidonato dalla sua
ragazza). Albus sospirò.
«Eccolo
là» e indicò un punto vicino alle porte
del
castello. Da lì stava uscendo Scorpius, le braccia lungo i
fianchi,
un’espressione da toro imbizzarrito dipinta in viso.
«Merda»
brontolò Rose, sedendosi di nuovo a gambe incrociate
e guardando il suo amico che li raggiungeva a passo di marcia. Quando
li
raggiunse guardò prima Albus per qualche istante, poi Rose e
si lasciò cadere
accanto ad Emmie.
«Avvisare no,
vero?» chiese alzando un sopracciglio.
Rose ridacchiò.
«Sono appena
arrivata».
Scorpius cercò conferma
nell’amico che annuì e gli
sorrise. Poi lo sguardo del Grifondoro cadde sulle due ragazzine ai
lati di
Albus.
«E voi due che ci fare
qui?» chiede con i suoi soliti
modi calmi e gentili.
«Ci annoiavamo»
rispose Emmie con un’alzata di spalle,
per nulla intimorita dal ragazzo di diciassette anni che aveva di
fianco. Poi
si voltò verso Lydia e le scoccò
un’occhiata eloquente. Questa volse lo sguardo
altrove.
Passarono neanche due secondi in
silenzio, che questo
venne interrotto.
«Lydia!»
sbottò una voce visibilmente irritata. La
ragazza in questione volse il suo sguardo incantato verso la fonte di
quel
rumore, scoprendo così sua sorella.
«Dimmi Drisy».
Disane Scamandro sbuffò.
«Non chiamarmi con quel
nomignolo assurdo. Vieni, ho
bisogno di te» e si apprestò ad andarsene, senza
degnare di uno sguardo le
altre persone a lei di fronte.
«Che devo
fare?» chiese una Lydia diventata piccola
piccola. Sentiva puzza di guai. Un luccichio maligno nello sguardo
della
sorella le confermò i suoi sospetti.
«Vedrai Lyd. Forza, muovi
il culo. E... no, Emmie, tu
non puoi venire» e così facendo, una Lydia
visibilmente spaurita se ne andò
trotterellando dietro alla sorella. Emmie era furente di rabbia per non
esser
potuta andare con l’amica, mentre sia Scorpius che Albus
stavano maledicendo in
tutte le lingue quella vipera di Drisane che, dopo che quei due
l’avevano presa
in giro per un pochino gli anni
passati, ora non li degnava neanche di uno sguardo.
Rose rise sotto i baffi.
Sì, pensò
mentre guardava la piccola di casa Scamandro
seguire la sorella, forse il Cappello Parlante stava davvero
perdendo colpi.
Ecco
una piccola
One-shot senza alcuna pretesa. So che sarà una schifezza
unica però... mi è
venuta in mente quest’idea e ho deciso che scriverla non
avrebbe fatto male ^_^
Se fa schifo
vi do il pieno diritto di dirmelo. Va beh dai...
Metto
qui alcuni
avatar delle persone descritte in questa storia, in modo da farvele un
po’
immaginare come le vedo io...
-
Baci
a tutti ^_^
_ki_