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Autore: Damaer    04/12/2020    1 recensioni
Cristina Franchi è una di quelle ragazze con mille idee in testa, alla continua ricerca della sua strada. Ha tanta voglia di fare, e le piace pensare che nulla della sua vita sia stato già deciso.
Un giorno decide d'iscriversi ad un corso di ceramica, e lì incontra Riccardo.
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“Come si chiama?”
“Cristina Franchi” rispose lei, scandendo bene le lettere. Non voleva trasmettere e far capire quanto disagio le procurassero tutti quegli occhi addosso.
“E come mai ha deciso di iscriversi?”
“Per il film Ghost”
Genere: Erotico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Cap. 5 "Quando si è in ballo, bisogna ballare."
 
La mattina dopo, quando si svegliò, Cristina sentiva dentro di sé due sensazioni contrastanti: rassicurazione e delusione.
Si alzò a fatica dal letto, stando attenta a non far movimenti troppo veloci. Si massaggiò la fronte,aveva un forte mal di testa e un alto stato di disidratazione.
Era felice di trovarsi a casa sua, nella sua stanza ma al tempo stesso dentro di sé, una piccolissima parte si sentiva delusa che non fosse accaduto nient’altro. Il ricordo vivido del bacio con Riccardo, e solo il pensarci le procurava delle fitte e un’eccitazione crescere in lei.
Si passava le dita sulle labbra, pensando alle sue.

Lentamente, sotto l’acqua calda della doccia apparirono davanti i suoi occhi varie scene della serata. Riccardo che con nonchalance le accarezzava la schiena... Edoardo che ci provava con Flavia. “Flavia!” Urlò, uscendo subito dalla doccia per chiamare l’amica.
Gocciolava lungo tutto il corridoio e aveva ancora i capelli insaponati. Si asciugò appena le dita prima di afferrare il cellulare.
“Dio Fla, tutto bene? Dove stai?"
“Cri ti prego non urlare...” rispose l’amica, con la voce impastata.
“Che è successo?!”
“Sono stata con Edoardo... sto ancora da Edoardo in realtà. E tu?”
“Io sto a casa.” L’amica sembrò acquisire subito forze ed entusiasmo. Evidentemente, anche lei si era appena ricordata di aver abbandonato l’amica da sola con Riccardo. “E il tuo chiodo?!”
Cristina, come se l’amica ce l’avesse di fronte, con le mani gesticolò come per non farle nemmeno iniziare questo discorso. “Mamma mia Fla, tu e questo chiodo! Non è successo niente, mi ha accompagnato a casa e basta... e poi mi ha baciata.”
“Solo?!” Rispose lei, completamente sconvolta.
“Certo, perché cosa ti aspettavi?”
"Diamine stavate scopando con gli occhi nel bar. Per non parlare di come lui ti accarezzava, come tu ti sporgevi verso di lui! E poi nella macchina insieme... doveva per forza accadere qualcosa.”
“No non doveva accadere per forza, e poi non parlare al plurale! Era lui che guardava me, ed è stato lui a venire al nostro tavolo.”
“Cristina, avevo la lingua di Edoardo in bocca e quindi di certo non potevo esprimermi, ma ho visto come tu ti comportavi da troietta.” Rispose lei, con un tono di voce che non voleva sentire ragioni. “Ti piace.”
“No che non mi piace! Si cioè mi piace, ma non voglio che mi inizi a piacere. Dai Fla, ha più di trent’anni”
“È con questo? Mica te lo devi sposare. È quello che ti ci vuole adesso, e comunque pure Edoardo ha la sua età e a proposito lui è sotto la doccia e io voglio raggiungerlo: quindi non farmi perdere altro tempo quando dovrei esser con lui, a farmi passare la sbronza. Quindi ci sentiamo dopo, e mi raccomando, non ti dimenticare del proverbio.” Cristina scosse la testa. “Sei irrecuperabile, ma almeno stai bene.”

Per tutto il giorno un incessante pioggia non aveva mai smesso di toccare terra, rendendo così l’umore di Cristina ancora più inquieto. Guardava il cielo, di un grigio scuro e si chiedeva quando avrebbe smesso. Non le piaceva la pioggia, o per lo meno questo tipo. Amava la pioggerella leggera, quella che quando sei a casa seduta sul letto ti fa perfino compagnia, invece adesso, questa pioggia così prepotente proprio non le piaceva. Ma soprattutto quando già solo il suo umore non era dei migliori. Alla madre invece non creava nessun fastidio, era tutta intenta a lavorare a computer: aveva una cioccolata calda tra le mani e Fernando il chihuahua sulle gambe.
“Problemi in università?” Chiese la madre, per recuperare la figlia da suo stato di trance. Era tutta intenta a guardare fuori, un po’ come un nonno guarda un cantiere.
“No è che sto pensando che se domani è ancora così, con questa pioggia, io di certo non ci vado a ceramica.”
Spiegò lei, girandosi per parlare con la madre.
Maria Franca Ruocco distolse gli occhi dallo schermo del suo pc, e si sistemò per bene tutta diritta sulla schiena, osservando la figlia con un sorrisetto tutto compiaciuto sul viso. “Cristina?.” Iniziò lei, aspettando che Cristina la incitasse a continuare.
“Dimmi?”
“Quando si è in ballo bisogna ballare, mia cara.”
Sia lei che il marito ruotarono gli occhi, era strano che alla mezza la madre non aveva ancora detto il suo proverbio della giornata.
“Ma non è che ho detto che lasciò ceramica, solo che se piove non vorrei andarci.”
“E come mai? Da quando ti ha mai fermato un po’ di mal tempo.” Rispose il padre, dietro i fornelli. Era intento a preparare il pranzo, ma con le orecchie ben attente seguiva tutta la conversazione.
“Pà, ma domani andrò già in uni, sotto la pioggia non voglio andar avanti e indietro a prender freddo.”
“Ma prendi la mia macchina, Cri. Io domani non vado in ufficio.” Continuò il padre, e a Cristina le venne quasi voglia di ammazzarlo. Perché doveva esser così disponile proprio quando lei non stava proprio in vena? Lei cercava solo una scusa per non andare al corso.
“Ma si... vabbè si vedrà domani.” E per sviare il discorso iniziò a parlare del prossimo esame, ma anche lì la conversazione per Cristina non fu piacevole dato che iniziarono tutte le domande inerenti alla laurea;

Il giorno dopo, alla fine, prese la macchina della madre per andare in uni, dato che il tempo non ne voleva sapere di migliorare. Aveva solo tre lezioni, poche ma pesanti. In pausa pranzo, insieme ai suoi amici dell’università era andata al KFC. Non era la sua catena preferita, ma per l’uni era quella più vicina. Sedeva capotavola fra Veronica, Marco e Alessia e insieme mangiavano patatine e pollo fritto.
“Che poi, se ci pensate Adinolfi è un grandissimo stronzo. Oggi non ha voluto usare diapositive, altro che pc rotto.”
“Ieri funzionava, e oggi no?” Commentò Alessia.
“Vero. E soprattutto sotto esami..”
“Io storia moderna ce l’ho il 17, spero vada bene che questi secoli non mi entrano più in testa.” Aggiunse Veronica, avvilita.
“A chi lo dici, a me dopo la sbronza di ieri sembra essermi andato proprio k.o il mio cervello.”
“Come scusa, sbronza?” Chiese Marco, finalmente la conversazione aveva preso una piega più di suo gradimento. Cristina abbozzò un sorrisetto colpevole.
“Si, ho bevuto molto. Vi riassumo il tutto in tre parole: vomito vomito vomito.”
“Con chi sei andata, con Flavia?” Chiese Alessia, incuriosita.
“Si... e poi lì ho incontrato Riccardo.” Veronica si lasciò cadere una patatina. “Il professore?!”
Marco e Alessia subito si avvicinarono ancor di più al tavolo, per non farsi sentire. “Oddio uno dei nostri? Chi?” “Adinolfi come fa di nome? Riccardo?”
Cristina scoppiò a ridere. “No raga, quello del corso di ceramica.”
“Ah, non mi interessa allora.” Commentò Marco, alzandosi per posare il suo vassoio e raggiungere altri amici.
Veronica e Alessia, invece, subito ordinarono di esser aggiornate. “E cosa è successo?” Chiesero entrambe, riprendendo a mangiare le patatine come se fossero al cinema a mangiare pop-corn. Cristina raccontò loro la serata, omettendo i particolari di Edoardo e Flavia, e le amiche erano sempre e sempre più curiose e divertite, soprattutto dato che lei gli aveva vomitato sulle scarpe. “E quindi ti ha accompagnato a casa... e?”
“Ci siamo baciati sull’uscio della porta, e alle 16:00 ho di nuovo il corso.” Alessia battè le mani. “Dai che bello! Secondo te uscirete insieme?!”
Cristina strabuzzò gli occhi. “Certo che no!” e infuriata lasciò le amiche da sole, ma loro erano così: pettegole e testarde e subito la inseguirono per continuare il discorso. “Perché Cri? Dai è evidente che ti piace... ci puoi uscire e vedere come va, e per di più ti farebbe più che bene dopo Leonardo.”
“Sono più che d’accordo.” Terminò Alessia. “Almeno vedi se è bravo anche nella pratica!”
“Io con voi non parlo più...” fu l’unica cosa che riuscì a dire Cristina.

Quando anche l’ultima lezione delle 14:00 terminò, arrivò in accademia in perfetto orario. Senza dover aspettare la coincidenza del bus aveva recuperato una decina di minuti e così, con più calma iniziò a recarsi in aula confondendosi fra gli altri studenti. Una volta entrata si accorse di esser la prima, ma non era la sola. Riccardo era concentrato, e una ad una prendeva le tazze dal forno per posizionarle sulla cattedra.
Le dava le spalle, non si era ancora accorto di lei. I capelli erano raccolti giusto in un codino, indossava una camicia larga, arrotolata ai gomiti.
“Perché deve essere sexy...” pensò e in quel momento lui si girò. La vide in piedi, impalata e anche lui non poté che paralizzarsi ad osservarla.
“Ciao...” e lui si iniziò ad avvicinare pericolosamente. Cristina, in un attimo, come se avesse realizzato quello che poteva succedere o non succedere... le parole delle amiche e il suo stato di confusione, iniziò a indietreggiare e andare nel panico. “Devo.. devo usare il bagno.” E lasciando tutto nell’aula, nel primo banco a tiro, uscì e corse via.
Non sapeva se fosse o meno la direzione giusta e per la corsa andò a sbattere contro un ragazzo.
“Oddio scusami, cercavo il bagno.”
“Si... è di qui. Ma sei nuova? Non ti ho mai visto.”
Cristina cercò di darsi una sistemata e guardò meglio il ragazzo in questione. Aveva più o meno la sua età, occhi azzurri e capelli scuri.
“Faccio il corso di ceramica, non seguo qui.”
“Ah... beh posso accompagnarti?”
Cristina annuì, un po’ turbata da tutta questa insolita gentilezza.
“Io sono Tommaso, tu...?”
“Cristina, piacere.”
E fuori alla porta dei bagni, gli sorrise e lo ringraziò per averla accompagnata. “Beh grazie, ci si vede in giro.”

Cristina si stupì quando riuscendo dal bagno si trovò di nuovo Tommaso al suo fianco.
“Possiamo scambiarci il numero?” Cristina scoppiò a ridere. “Sei carinissimo, ma no...” E sorridendogli appena, avanzò verso l’aula del corso, ma lui non demordeva e seguiva i suoi passi.
“In realtà ti avevo già vista giorni fa, sai io finisco la lezione e tu la inizi...”
“Ah quindi qui abbiamo uno stalker.” Tommaso si lasciò sfuggire un risolino e si passò la mano fra i capelli, nervoso.
“No è che sai, un ambiente nuovo... ho pensato volessi fare amicizia.”
“Certo certo, vabbè, ci hai provato... è da apprezzare.” E per non apparire completamente stronza gli fece un sorriso, e continuarono a camminare insieme.

Fuori alla porta dell’aula intravide Riccardo, e lui fece lo stesso. Anche se lontano, sentì il suo sguardo indagatore addosso e capì immediatamente che lui subito aveva puntato Tommaso.
“Tommaso? Scrivi, ho cambiato idea.”

Non seppe bene dire a sé stessa il perché lo avesse fatto, ma diede il suo numero a Tommaso. Improvvisa voglia di far ingelosire Riccardo? Aveva visto come lui la stava guardando, e voleva fargli credere che ci fosse qualcosa tra loro?
Cercava di non focalizzarsi troppo su questo motivo, ma quando, proprio allo scoccare dell’inizio della lezione passò accanto a Riccardo per entrare in aula e lo vide con una strana espressione sul volto, si sentì stranamente soddisfatta.
“Si fa amicizia, vedo.”
“Perché no...”
Per di più i suoi ormoni avevano deciso di non collaborare, e la sua mente non faceva che proiettarle davanti agli occhi l’immagine di loro due avvinghiati... le loro labbra unite e le loro mani frenetiche.

Quando tutti presero posto, la lezione iniziò. Riccardo spiegò per bene i colori a loro disposizione e come loro avrebbero cambiato tonalità una volta cotti.
“Anche se vi sembreranno spenti, non temete, la loro brillantezza l’acquisteranno in seguito.”
“Diluite la polvere con dell’acqua, inumidendo il pennello. Non fate troppe passate, mi raccomando.” E detti gli ultimi consigli, Riccardo lasciò che tutti iniziassero il proprio lavoro. La tazza di Cristina durante la cottura non si era rovinata, era tutta intatta e fu felice di aver scelto un un soggetto semplice da dipingere.
Riccardo camminava fra le postazioni, dava consigli e impediva ad una signora di usare troppa acqua per diluire le polveri.
“Si finisce per avere delle bollicine, o può anche spaccarsi in cottura... non esageri, guardi.” E lui le preparò la giusta combinazione di smalti per dipingere.

Riprese a camminare, con gli occhi attenti su ogni lavoro. Infine arrivò da Cristina, alla sue spalle, e la osservava dall’alto.
“Stai andando bene, sai?”
“Ah grazie... professore.” E senza girarsi continuò a lavorare. Lui si piegò in avanti, accovacciandosi sulle ginocchia per avere il suo viso all’altezza di quello di Cristina. Lei sentiva il suo respiro sul collo e il suo battito iniziò ad accelerare.
“Sai da me ho un tornio... possiamo emulare la scena di Ghost...” La voce di Riccardo era bassa, roca. A Cristina le parole per rispondergli gli morirono in gola.
“Ma anche qui, vedo.”
“Si ma da me possiamo fare un corso accelerato.” E avvicinandosi ulteriormente, le scostò di poco i capelli, e senza farsi vedere le morse il lobo.
Cristina si sentì avvampare, si allungò in avanti per inserire centimetri di distanza tra di loro.
“Sono sicura che qualcuno ha bisogno del tuo aiuto... vai.” Riccardo divertito si alzò in piedi, e passò a un’altra postazione.

“Avete finito tutti?” Chiese il prof, al termine della lezione. 
Tutti i partecipanti annuirono, soddisfatti del loro lavoro. La sua vicina di banco però non sembrava del tutto convinta: e infatti oggi era stata meno loquace del solito. “Allora, come per la scorsa volta, mi dedicherò io alla cottura e giovedì saranno pronte. Poi passeremo al tornio. Venite con un grembiule o indossate indumenti vecchi... Vi sporcherete di sicuro.”
Cristina non poté che sorridere insieme ai suoi compagni di corso. Uscì dalla classe insieme agli altri, lasciando Riccardo indietro a sistemare le tazze nel forno. Quando lui la raggiunse, era quasi all’uscita dell’edificio: mancava solo l’ultima rampa di scale.

Non aveva ancora smesso di piovere, e attorno a loro c’era un via vai di studenti che salivano e scendevano le scale. “Andiamo? Ti offro il famoso caffè.” Annunciò lui, a voce alta, per farsi sentire dato che li distanziavano ancora due paia di scalini.
“Non posso sto in ritardo, ne riparliamo alla prossima lezione.” Tagliò corta lei.
“È per l’età?” Lei si fermò proprio sull’ultimo scalino e voltandosi lo vide scendere fino ad arrivare a lei. “Co... come?”
“Io ho trentacinque anni, tu quanti... ventiquattro?”
“Ventitré.” Rispose lei, anche se non capiva dove lui volesse andare a parare.
“Ok, quindi la differenza d’età ti spaventa e allora hai deciso di non darmi una possibilità nonostante il fantastico e passionale bacio che ci siamo dati.”
Cristina iniziò a ridere, in imbarazzo. “Anche, ma io ora devo andare e non mi va di continuare questo discorso.”
E nonostante la pioggia, s’incamminò verso la macchina.

“Anche? Quindi c’è anche dell’altro?” Cristina ruotò gli occhi. Sapeva che lui stava camminando dietro di lei. “Si, anche. Come il tuo essere prepotente, convinto e testardo. E per di più mi stai assalendo.”
“Assalendo? Dai Cristina stai esagerando. Mi piaci, ed io piaccio a te. Andiamo a prendere un caffè insieme.”
Cristina scoppiò a ridere. “Tu non mi piaci e tu non vuoi uscire con me.”
E anche questa volta nel fermarsi di botto e nel voltarsi così velocemente, gli finì ancora tra le braccia. Lui la strinse a sé, la guardava con un sopracciglio alzato, malizioso.
“Ok non vuoi uscire con me, ma di certo non vuoi starmi lontano.”
Lei si divincolò, puntandogli un dito contro. Riccardo capì che puntargli quell’indice addosso le piaceva indifferentemente se fosse sobria o ubriaca.
“Sei tu che non vuoi uscire con me, stai facendo tutte queste smorfie e tentativi solo perché vuoi portarmi a letto. Smettila.”
“Cristina ammettilo... se tu non fossi stata così tanto ubriaca sarebbe successo qualcosa, qualcosa di più oltre il bacio. Quindi non farmi così tanto la predica.”
“No assolutamente!”
“Come mi accarezzavi i capelli... la barba... la bocca.”
Cristina era paralizzata mentre lui sembrava godere sempre più dell’imbarazzo di Cristina e dei suoi tentativi per non dargli ragione. Rimasero fermi entrambi uno di fronte all’altra mentre la pioggia pian piano li bagnava. “Era l’alcol, e lo sai.”
Lui si avvicinò pianissimo a lei, come se qualche movimento brusco potesse farla scappare via.
“Può essere... ma l’alcol rivela solo quello che già c’è, non crea nulla di nuovo.”
Le prese le mani, delicatamente, e ancor più lentamente le sue dita iniziarono ad accarezzarla come lei aveva fatto con lui. Le accarezzava le braccia, le spalle, e i capelli... le sue dita salirono fin quando non arrivarono al viso, che strinse fra di esse.
Cristina sentiva il respiro di Riccardo sulla sua bocca. Con tutta la forza in corpo, prima che loro labbra potessero toccarsi, Cristina si allontanò.
“Non, non posso...” e corse via verso la sua auto.

Appena Cristina entrò in macchina si portò entrambe le mani sul viso, e si piegò in avanti, per appoggiarsi con la testa sul volante.
“Ci sto provando e ti da fastidio, ho capito. Hai il cuore spezzato e non vuoi assolutamente vedere qualcuno, anzi, non tolleri anche solo l’idea che qualcuno possa provarci con te, o avere un interesse per te. Hai paura.” Cristina sobbalzò, Riccardo era entrato nella sua auto ed era seduto al posto del passeggero.
“Esci dalla mia macchina!” Riccardo come per ripicca, invece di uscire allacciò la cintura.
“Tu mi piaci, io piaccio a te. Forza, andiamo. So un posto per il caffè dietro l’angolo che fa delle cioccolate da Dio, oppure se vuoi un the per riscaldarti. Guida.”
Lei era sconvolta. “Non ho nessuna intenzione di guidare, scendi dalla macchina.”
Riccardo ruotò gli occhi, e sbuffò. Come un ragazzino sfilò le chiavi dell’auto di Cristina.
“Oddio ma li tieni trentacinque anni?!” Ed iniziò la loro guerra per le chiavi.
Riccardo rideva e spingeva via Cristina quando lei si lanciava su di esse, allungando le braccia verso l’alto.
“Va bene andiamo dannazione!”;

Il bar in questione era piccolo, moderno e con una grande sala esterna riparata. C’erano due stufette che rilasciavano un piacevole tepore e la musica in sottofondo gli faceva compagnia. Non c’erano molti tavoli occupati, il che era sia un bene che un male. L’atmosfera era anche fin troppo intima.
Si sedettero una di fronte all’altra, ordinarono una cioccolata calda lei, e un caffè americano lui, il tutto accompagnato da biscottini.
“Allora, raccontami del ragazzo che ti ha ridotto così.”
Cristina fece un sorso della sua cioccolata per non rispondergli.
“Quando è finita?” Continuò lui.
“Quattro mesi fa, ok?”
“E ci sei stata quanto tempo?”
“Tre anni... e se vuoi sapere il perché, dato che di sicuro me lo chiederai... è finita perché lui mi tradiva. Contento?”
Lui fece un gran sorso del suo caffè. “Beh di certo non sono contento del come.”
“Si ma comunque la tua teoria è errata... non è che non approvo che qualcuno ci provi, è che non sono pronta.”
“Ah...” rispose lui, posando la tazza. “Non vuoi affezionarti, non vuoi che io mi affezioni a te. Temi che poi ci mettiamo insieme, poi finisce e stai a punto d’accapo...” Cristina scosse la testa. “No... cioè”
“Tu non vuoi una relazione Cristina, è chiaro. Ma perché dai per scontato che io la voglia?”
Lei scoppiò a ridere. “Ah ma forse per quello che fai?!”
“È attrazione fisica, ed è la stessa che provi tu per me.”
Cristina si lasciò sfuggire un risolino, mentre Riccardo era sempre e sempre più divertito: si era formato un ghigno sulla sua bocca e gli occhi erano vispi.
“Non è vero.” Attaccò lei.
“Io sono diretto, Cristina, e riesco a dire quello che sento. Tu invece no, ma si nota.”
Lei alzò un sopracciglio, sbuffando. “Si? E cosa si nota sentiamo...”

Riccardo in un attimo si alzò per cambiare posto, per sedersi al suo fianco. Amava sussurrarle parole nell’orecchio e vederla sobbalzare, vederla reprimere le sensazioni che le procurava la sua voce. “Proviamo lo stesso, tu provi lo stesso... Cristina. Sei attratta, sei eccitata, sei tentata. La differenza è che io ho ceduto nel momento in cui ti ho visto, e tu stai resistendo. Ma si nota, si nota quanto tutto questo ti piace.”
Cristina chiuse gli occhi un istante, e respirò profondamente. Si voltò per osservarlo: Riccardo aveva gli occhi fissi nei suoi, e Cristina si sentiva completamente in balìa di essi. Abbassava lo sguardo, ma lì trovava le sue labbra carnose e dal contorno pronunciato, e così non sapeva bene dove guardare.
“Cedi...”
E a quell’ordine, a quella supplica detta con quella voce roca... Cristina non seppe resistere. Si lanciò su di lui e capì che doveva solo ringraziare di trovarsi in un luogo pubblico, altrimenti gli sarebbe completamente saltata addosso.
Se fuori la porta di casa sua era stato Riccardo a comandare il gioco, questa volta era Cristina. Aveva entrambe le mani nei suoi capelli e glieli tirava per avvicinarlo ancora di più a sé. Le braccia avvolte attorno il collo e si sporgeva totalmente verso di lui, Riccardo invece le stringeva in vita.
Cristina sentiva la foga del momento crescere sempre di più in lei. Voleva baciarlo, mordergli le labbra con i denti e far danzare le loro lingue. Si cercavano e ognuno cercava di predominare l’altro.
Si staccarono solo e soltanto perché nessuno dei due aveva più fiato.

“Chi assaliva chi?!”
“Oh stai zitto” e subito si lanciò di nuovo su di lui. “Portami a vedere il tornio.”
 
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Questa volta il mio solito discorsetto lo faccio qui, alla fine, sperando che non usciate dal capitolo senza prima leggere queste ultime righe.
Ho solo due appunti da fare: per quanto riguarda il corso di ceramica... le parole tecniche, le cose inerenti agli smalti... ahimè cerco da Google, quindi spero siano tutte info giuste! Io ho seguito il corso di ceramica solo a scuola, e sono passati quasi dieci anni e ho scoperto di non ricordarmi un granché!
Forse servirebbe anche a me un professore come Dorsi per rinfrescarmi la memoria!
Detto questo, spero che il continuo della storia vi stia continuando a piacere, e come sempre non esitate a scrivere il vostro parere! A prestooo
   
 
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