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Autore: Indaco_    04/12/2020    1 recensioni
Mobius era una tavolozza di colori, specie, caratteri, culture, cibi e via dicendo. Pulsante di vita, la città datata secoli era un variegato multi gusto. La sua crescita economica e sociale era intessuta da persone particolari, da eventi dimenticati e poco conosciuti e da tanti, tanti soldi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Amy? Ti stai rincitrullendo? Muoviti, torniamo, altrimenti non ho nessun problema a … >
< zitto. C’è qualcuno lì dietro Pierre > mormorò a bassa voce. Il furetto sobbalzò e sgranò gli occhi per quel “zitto”.
Amy, silenziosa come un gatto, si portò a raso muro e lo percorse stando ben attenta che il contatto tra il tessuto della camicia ed i mattoni sgretolati non facesse troppo rumore.
< HEY! TORNA SUBITO QUI! > ringhiò il furetto indicando il “qui” come alle punte delle sue scarpe. La riccia lo ignorò. Spostando di poco la testa, riuscì a lanciare lo sguardo dietro a quel nascondiglio trovando solo un’altra stradina desolata . Perplessa abbassò la guardia e iniziò a scrutare quel vicolo tanto uguale a tutti gli altri, cercando qualcosa che le suggerisse da dove fosse nata quel rumore. Era sicura di aver sentito, non erano stati i gabbiani.
Senza aspettare un secondo di più, la rosa si addentrò.
< AMY! > tuonò Pierre dietro di lei, le sopracciglia aggrottate dimostravano metà di quanto fosse arrabbiato. La rosa si voltò distratta ma la figura del furetto che sprizzava fulmini e saette la riportò velocemente alla realtà. Deglutendo con la netta sensazione di aver fatto un grosso errore iniziando a scovare la provenienza di quel vociare, cercò di far finta di niente e di rimanere indifferente.
< S-sì? > mormorò cauta con estrema gentilezza. Non smise un attimo però di  lanciare occhiate speranzose al vicoletto. Gesto che fece innervosire ancor di più il boss già scuro in volto.
< Giuro, GIURO che se fai un altro passo, rimarrai in centrale per i prossimi cent’anni! Ascolta il tuo superiore e torna indietro. SUBITO! > sbottò nervoso e facendo venire ben poca voglia alla ragazza di indietreggiare.  La rosa sospirò, quelle parole le risuonavano temibili: la minaccia del licenziamento oscillava sulla sua testa come una ghigliottina. La curiosità però non l’abbandonò, guardò nuovamente la parete slanciata in cerca di qualche passaggio.
< Sei impazzita? Andiamo, muoviti! Mi hai già fatto perdere tempo prezioso! Tu e le tue voci nella testa! Sei stata l’unica a sentire una risata fantasma > gridò il furetto riprendendo il controllo della situazione. La riccia sospirò nuovamente e, abbassando lo sguardo, fece un passo verso la sua direzione. Si era così illusa di trovare qualcuno lì dietro.
Comunque, si ripeté di malumore per rimanere calma, una risata non significava nulla: ridere non era illegale e seguirla non era una garanzia di successo. Anzi, rischiava davvero di diventare una semplice perdita di tempo. Il desiderio di trovare qualcosa, di riuscire a prendere quel treno che si chiamava “Barclay” l’aveva fatta uscire di senno.
< Scusami Pierre, è stato più forte di me, non mi sono resa conto di aver fatto … > ma altri mormorii portati dal vento arrivarono alle orecchie di entrambi stavolta, tagliando di netto il filo del discorso.
Gli occhi della rosa si sgranarono. Voltando la testa appena, aguzzò l’orecchio verso la direzione del vento capendo al volo in quale vicolo quella voce parlava liberamente.  Pierre aggrottò le sopracciglia e si mise a fissare lo stesso punto fissato dalla riccia: anche lui aveva sentito benissimo quel vociare, la possibilità che ci fosse qualcuno era reale. Amy si voltò nuovamente verso il furetto, la sua faccia chiedeva senza tanti giri di parole cosa stavano aspettando per scattare in azione.
Sapeva benissimo che poteva non essere quello che cercavano, ma non poteva restar ferma a far niente.
< Pierre! > bisbigliò con urgenza la riccia cercando di comprendere il viso serio e cupo del furetto. Il mobiano posò gli occhi sui suoi e la fissò torvo.
< Andiamo > e facendo due passi indietro si voltò per tornare dai suoi sottoposti.
< No! Pierre! Cosa stai facendo?! Non possiamo lasciar stare! > bisbigliò la ragazza afferrando il braccio del suo capo. Il furetto, scocciato, le staccò la mano con un gesto stizzito e assunse un’espressione nervosa
< smettila! Si fa come dico io! Io sono il capo! Torna dai tuoi colleghi Amy! > sbraitò indicandogli i due mobiani lontani da loro. Scoraggiata, la rosa chiuse gli occhi per un attimo. Quel bisbiglio indecifrabile, così vicino a lei! Che spreco!
Lanciò un’ultima occhiata al vicolo studiandolo brevemente, moriva dalla voglia di soddisfare la sua necessità. Era in gioco il suo futuro e, anche a costo di prendere un granchio, non intendeva lasciare una sola pista non battuta. D'altronde bastava una corsetta per toglierseli di torno: era ben allenata e di sicuro si sarebbe lasciata alle spalle i colleghi. Cosa aveva da perdere dopotutto?
< Mi dispiace, mi dispiace davvero ma non posso buttare un'occasione del genere. Voglio far carriera Pierre e tu lo sai meglio di chiunque altro. Non posso aspettare, voglio che accada qualcosa, che sia anche uno sbaglio ma voglio provare > esclamò sollevando la testa seria e determinata. Pierre, capendo le sue intenzioni, sgranò gli occhi come due portoni. Sbracciandosi verso di lei tentò di bloccarla ma fu troppo lento: la sua mano sfiorò appena una ciocca rosa mossa dalla corsa sfrenata. Amy guizzò via come un pesce: infilandosi nel vicolo appena scorto, con delle lunghe falcate, doppiò la distanza tra lei e Pierre, il quale chiamò i suoi colleghi con delle urla e prese a seguire la riccia con furore. Il vicoletto incriminato si avvicinò sempre più e ad Amy parve che quella striscia d’asfalto fosse più nera e buia delle altre. Cauta si fermò appena prima dello sbocco della stradina. Pregò di ricevere dal cielo un qualcosa che comportasse l’avanzata della sua carriera, le importava poco cosa di preciso, le sarebbe bastato un quantitativo di droga appena sufficiente per far aprire le indagini in quella zona.
E, ascoltata, i suoi pensieri furono distratti dalle voci limpide e chiarissime che strisciarono fuori dal tugurio. Il suo cuore perse un  battito. Controllando l’avanzata di Pierre e dei suoi colleghi, sintonizzò tutta la concentrazione sul dialogo in corso.
< … Sì è stata modificata > esclamò una voce profonda e spessa, < … e perfettamente confezionata >.
Amy impallidì sbigottita e per un attimo dovette appoggiarsi sul muretto per reggersi. Il discorso suonava strano, davvero era accaduto un miracolo? No, non poteva essere così fortunata, e poi “modificata e confezionata” a cosa era riferito e soprattutto chi stava parlando? Il cielo l’aveva miracolosamente ascoltata mandandogli ciò che faceva al caso suo?
Attribuì immediatamente quel tono ad un uomo, sui trent’anni circa. La riccia aguzzò l’orecchio premendosi ancor di più al muro. Doveva capire in fretta l’argomento trattato e, se fosse risultata interessante, cercare una soluzione per ottenere almeno una prova.
< Ottimo > esclamò di risposta un’altra voce, leggermente più alta e gioviale < per qualsiasi altro problema contattalo, eppure mi sembrava ben smezzata con ... > la voce si abbassò fino a tagliare la risposta.
Spalmata sul muro, cercando di capire il perché di quella brusca interruzione, Amy temette di essere stata scoperta. Ma prima ancora che potesse decidere cosa fare, un brusio sottilissimo si avvicinò sempre di più, ingigantendosi di decibel in decibel. La riccia si voltò di scatto, capendo benissimo a chi appartenessero quelle urla: In fondo alla via due grossi tizi e un piccolo furetto sgambettavano come pazzi con un’aria di risolutezza senza eguali.
< AMYYY ! GIURO CHE STAVOLTA TI LICENZIOOO! > gridò furioso Pierre agitando il pugno in aria. La rosa sgranò gli occhi temendo che quell’urlo avrebbe fatto scappare il suo dono celestiale e, questo, non poteva assolutamente accadere. Spronandosi a fare qualcosa di significativo ma non avendo ideato assolutamente niente per quel colpo di scena, chiuse gli occhi e si affidò completamente al suo istinto.
Con un balzo superò l’ostacolo di mattoni e assumendo uno sguardo feroce cercò di mostrarsi sicura di sé e, soprattutto, minacciosa. Davanti a lei, tre individui posizionati a triangolo in fondo a quel vicolo, impietriti, la guardavano con aria scettica. Amy non ebbe il tempo di chiedere o fare qualcosa, iI cappello calcato e ben lucidato sulla testa diede il segnale. Il più grosso dei tre fu il primo a darsela a gambe, lanciandosi a tutta birra lungo quel corridoio carico di pattume.
< E’ UNA SBIRRA! LEVIAMOCI! > esclamò imboccando una stradina seminascosta con la sicurezza di un cervo nel bosco.
< HEY! FERMATEVI! > gridò stupefatta. Senza perdere tempo si lanciò in una corsa a perdifiato per bloccare gli altri prima che imitassero il collega. Come sospettato, i due tizi rimasti non rimasero fermi ad aspettare che la riccia si avvicinasse sempre più a loro ma, scambiandosi un’occhiata significativa,  girarono la schiena e si prestarono a seminarla il più velocemente possibile.
Tutto d'un tratto, un’aurea di un azzurro intenso avvolse uno dei due facendolo levitare di una decina di metri da terra. Il plasma si allargò velocemente e con forza attorno a lui. Il potere psichico dimostrato fece rabbrividire la ragazza: una forza simile era davvero molto rara persino tra i mobiani e la leggerezza con cui si era sollevato dimostrava che il potere era perfettamente controllato e, perciò, pericoloso.
Per un attimo, quella capacità portentosa  la intimorì così tanto da rallentarla ma, non appena le voci e lo schiamazzare dei colleghi alle sue spalle si fecero più forti, concentrò tutta l’energia nella sua personale missione. Le sue gambe allungarono il passo riuscendo a distanziare ancor di più Pierre e la sua combriccola.
Amy riuscì quasi a scorgere distintamente l’ultimo individuo quando quest’ultimo, con la scioltezza di un ghepardo e la velocità di un Boeing X-43A, si slanciò a destra infiltrandosi sempre più nel reticolato della periferia.
Amy sbatté le palpebre sconvolta dagli eccezionali poteri dimostrati e, invogliata ancor di più a prenderli per soddisfazione personale, diede fondo a tutta la sua energia per poter stare al passo dei due tossici. Ma se il primo sfruttava appieno il suo potere sorvolando i tetti tutti differenti delle case, il secondo, a causa degli angoli e delle curve a gomito era quasi svantaggiato. I continui rallentamenti obbligati per non andare a schiantarsi lasciavano alla rosa il tempo per capire e seguire la strada percorsa dalla freccia blu. Lanciata alla massima velocità, Amy era sbigottita dal potere dimostrato:  non aveva mai, mai visto nulla di simile in tutta la sua vita.
Ma se i due sembravano contenere un’energia inesauribile, quella della riccia si stava progressivamente consumando: sentiva chiaramente che i suoi muscoli, nonostante fossero allenati dalla sua corsetta giornaliera, stavano per cedere.
Perdendo gradualmente terreno, la ragazza si preoccupò di trovare un’alternativa rapida e soprattutto efficace per catturare quella palla blu guizzante come un pesce. Come se non bastasse, la direzione di marcia cambiò all’improvviso: i due si stavano furbamente dirigendo verso l’aperta campagna. Lì nulla avrebbe potuto bloccarli: mancando gli ostacoli sarebbero scomparsi nel giro di dieci secondi utilizzando il loro potenziale.
Constatando che non esistevano molte possibilità di cattura, la ragazza si agitò vedendo i suoi sogni sfumare nell’aria. Tutto sarebbe stato vano e soprattutto, dopo lo sgarro fatto a Pierre, si sarebbe trovata anche senza lavoro. Doveva prenderlo, punto.
Stringendo i denti aumentò per l’ultima volta il passo e con un bel salto si issò al parapetto di una ringhiera appartenente ad una casa in rovina. Lavorando di braccia si portò sul tetto con non poca fatica: le tegole di terracotta, umide di salsedine, dal guano e dall’erosione del vento, creavano un fantastico piano scivoloso su cui la pendenza faceva da padrona. La riccia, senza fiato dalla scalata improvvisata, riprese in qualche modo il suo inseguimento lungo la periferia. Non si era sbagliata: da lì a poco la campagna verdissima e fresca prendeva il sopravvento e i due se la sarebbero squagliata.  Con il fiatone a mille e i polmoni brucianti, capì che le forze l’avrebbero abbandonata da lì a poco.
Dall’alto la sua visuale si semplificò vedendo in anteprima il percorso che i due avrebbero seguito. Il piano era di una semplicità imbarazzante: tagliare la strada al corridore e in quel frangente acciuffarlo. E se nella sua sua testa il piano le sembrava facilmente realizzabile, nella realtà mancavano meno di un centinaio di metri ai prati infiniti e lei continuava a scivolare su quelle tegole sudice.
Indecisa se tentare o meno l’impossibile, le bastò ricordare la minaccia di Pierre per infondersi altro coraggio e decidere di farlo.
Il “punto buono” le si parò di fronte dopo pochi secondi:  un vecchio negozio dal tetto scassato diventò un ottimo trampolino da lancio.
Raccogliendo le ultime forze, con un doloroso sprint, pareggiò la distanza tra lei ed il suo obiettivo grazie ad una curva a gomito.
Il tetto scelto era così disfatto che le fece perdere decimi di secondo: le tegole sbriciolate sotto ai suoi piedi la fecero scivolare come la biglia sulla scrivania.
La freccia blu la superò con la stessa facilità con cui una Ferrari supera una Smart.
Rimanendo in piedi per un soffio, come ultimo, disperato gesto, decise di mettere in atto il suo piano azzardato, tanto, ormai, non le rimaneva più nulla da perdere.
Calcolando ad occhio e croce la traiettoria del suo salto, al bordo della grondaia deformata e bucherellata mormorò una preghiera alla Dea bendata e, senza guardare sotto di sé, fletté appena le ginocchia infondendo quanta più energia possibile. Si staccò dal tetto con un grido misto di terrore ed eccitazione per quello che era riuscita a fare.
La gravità terrestre la richiamò a sé con invisibili tentacoli. Abbassando lo sguardo verso terra, vide con orrore che l’asfalto della strada era molto più lontano del previsto. Sgranando gli occhi verdissimi e terrorizzati, non riuscì a reprimere un altro grido di panico nel capire che da lì a poco si sarebbe spalmata a terra tra dolori atroci.
L’asfalto si avvicinò sempre di più mentre la ragazza tentava invano di aggrapparsi a qualcosa agitando le braccia attorno a lei.
Chiedendosi perché avesse creato un piano talmente idiota, non si accorse che sotto di lei, ad una velocità spaziale, passò in quel preciso momento il suo obiettivo che, ignaro di quell’attacco aereo, non prestò minimamente attenzione a cosa cadesse dal cielo.

Spazio autrice: Buona sera! Ecco un altro capitolo, spero che vi invogli a continuare la lettura. Segnalate errori di qualsiasi tipo. Grazie.
Baci.
Indaco

 
  
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