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Autore: EleWar    05/12/2020    14 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ebbene sì, siamo al cap 13, è un po’ cortino però spero che lo troverete divertente, almeno in certi passaggi.
Il caso sta prendendo forma ed altri indizi saltano fuori.
Cmq sia G*R*A*Z*I*E* per le bellissime rec che mi lasciate, per la simpatia e la stima che trasudano; grazie a chi legge e va, grazie a chi ha messo questa mia storiellina fra le ricordate/preferite/seguite.
Buona lettura e … a presto (la mia eterna speranza :D )




Cap. 13 Ryoka la puledra di Shinjuku
 
I due sweeper percorsero un tratto del corridoio in silenzio, poi l’uomo allungò una mano a sfiorare quella della compagna e la prese: lei gliela strinse intrecciando le dita e per un po’ camminarono così, dimentichi di tutto e di tutti, fino a quando giunsero davanti agli ascensori dove si sarebbero separati.
 
A quel punto, sempre tenendosi per mano, lui le si mise davanti e, attraverso quelle lunghe ciglia di mascara, la guardò intensamente:
 
“Allora… ciao…” disse con un filo di voce, leggermente roca, che fece passare un brivido lungo la schiena della compagna.
Nonostante fosse una caricatura di donna, Kaori riusciva a vedere oltre, e l’amore era così tanto che provò lo stesso il bisogno di assaggiare nuovamente quella bocca di fuoco.
I due ragazzi si fecero sempre più vicini impercettibilmente, calamitati uno dalle labbra dell’altro; stavano per baciarsi quando Ryo le disse:
 
“Vorresti baciarmi vero? Quindi anche tu hai dei pessimi gusti, se vuoi baciare un travestito…”
 
E Kaori, mettendogli le braccia al collo, gli rispose, con aria maliziosa ed ironica insieme:
 
“Ma… non lo hai fatto anche tu, in questi ultimi giorni?”
 
“Touché, socia” e nel momento in cui si chinò sulla bocca invitante della ragazza, si spalancarono le porte dell’ascensore: ne uscì una coppia di anziani che sobbalzarono davanti a quella scena.
 
Scandalizzati proruppero in: “Oh, ma che roba!” “I giovani d’oggi!” “Non c’è più il senso del pudore” e via dicendo.
 
I soci si staccarono all’istante in preda all’imbarazzo, e si sentirono morire.
Si salutarono senza nemmeno guardarsi, per poi fuggire ognuno nella propria direzione.
 
 
***
 
 
Ryo stava giusto per dirigersi al piano in cui si trovava la cabina di Reika, quando ebbe un’idea e tornò indietro cambiando direzione.
Dopo aver girato per un po’, e aver trovato finalmente chi cercava, li seguì.
Uscì all’aperto, e avvicinandosi a Iro e Momo che sostavano da soli, appoggiati al parapetto del ponte, esordì con:
 
“Oh, sapeste cosa mi è capitato!” starnazzò “Sono così agitata!”
 
I due si voltarono stupiti, sentendo quella voce, e fecero tanto di occhi: chi era quella specie di creatura dall’aspetto così eccentrico e vagamente femminile?
Ma non riuscirono a fare altre supposizioni che Ryo, prendendoli entrambi a braccetto e trascinandoli con sé, gli disse abbassando il tono, con fare cospiratorio:
 
“Mi perdonerete, ma ho bisogno di dirlo a qualcuno… Lo so che non dovrei, che ci sono delle indagini in corso, e non devo fare cattiva pubblicità alla compagnia e all’equipaggio, ma vi giuro sto impazzendo!” e salì di un’ottava dicendolo.
 
“Si calmi, si calmi!” conciliò Iro, cercando al contempo di ricordarsi chi fosse e se avesse mai visto quella donnona: aveva una presa d’acciaio e la sua veemenza era trascinante… era proprio il caso di dirlo.
 
“Che succede?” rincarò la dose la Momotaro, stupita e a vagamente allarmata, sentendo quell’accenno alle indagini.
 
“Oh, no no, non posso dirvelo… ho promesso!” recitò Ryo per poi aggiungere: “D’accordo ve lo dico, perché so che posso fidarmi di voi…” e subito dopo “Oh, che sventurata che sono, prima quello che mi è successo, ed ora che non riesco a mantenere nemmeno un segreto!”
 
I due si erano fatti ancora più attenti; intriganti per natura, erano ormai più che curiosi di sapere cosa volesse dirgli quella matta e se fosse il caso di poterlo sfruttare a proprio piacimento.
 
“Su, su, si tranquillizzi, gradisce una sigaretta?” suggerì Momo.
 
“Oh, mia cara, grazie, sì. Un po’ di nicotina mi farà sicuramente bene” e la Puledra di Shinjuku accettò la lunga sigaretta che gli porse la donna; tirò una profonda boccata voluttuosa e, apparentemente più calma, si dispose a spiegare, sempre a bassa voce:
 
“Allora ve lo dico…”e piegando il capo, costrinse i due ad abbassare la testa anche loro per sentire meglio.
“Sono stata derubata! Un ladro è entrato nella mia cabina! Oh, mio dio, ha fatto man bassa di tutti i miei gioielli!” piagnucolò.
 
I due fidanzati trasalirono.
Ryo non si era perso un solo movimento dei due e aveva registrato anche le più piccole variazioni di espressione dei loro volti; mentalmente sorrise soddisfatto.
Proseguì la recita:
 
“Avevo i miei gioielli, quelli che porto sempre con me, e l’anello di fidanzamento che il mio povero marito, Sanshiro, mi aveva regalato al tempo della scuola… tutto, preso tutto!”
 
Iro riuscì a dire:
 
“Un furto? Ma come può essere?”
 
“Ero uscita per andare in palestra a fare un po’ di esercizi, perché vedete, tendo a prendere peso… forse sarà questione di alimentazione, non lo so, o forse perché mi piacciono tante le feste, gli happy hour, gli aperitivi…” argomentò improvvisamente allegro “…mi sento così sola da quando il mio povero marito Hiroshi mi ha lasciata” proseguì piagnucolando.
 
“…ma non era Sanshiro?” chiese titubante Momo.
 
“Sì, ma quello era il primo marito, pace all’anima sua” chiosò la Ryo “Hiroshi era l’altro… possa lui aver raggiunto il nirvana” concluse congiungendo le mani con gran tintinnio di bracciali.
 
Frastornati, i due fidanzati non si capacitavano di questa donna strana, ma era arrivata lì portando notizie sconvolgenti, e allora Iro domandò:
 
“Ma… diceva? Del furto intendo!”
 
“Ah, sì… dicevo che ero andata in palestra e quando sono tornata i miei gioielli non c’erano più! Spariti insieme al poco contante – che è così da borghesi – e alle carte di credito. La stanza era in perfetto ordine e mi sono accorta per caso.” E tacque, studiando la loro reazione.
 
I due erano rimasti interdetti, non sapendo cosa dire; nascondevano bene il disagio, ma Ryo fu sicuro di aver fatto centro.
Quando fu sufficientemente certo di averli fatti rosolare per benino nel dubbio, berciò:
 
“Oh, ma forse non dovevo dirvelo! Il capitano mi aveva detto di serbare la cosa, per non seminare il panico. Vi prego, non spargete la voce, tenetevelo per voi!” pregò loro; e poi: “Fossi in voi, starei molto attento” concluse Ryoka con sguardo penetrante e improvvisamente seria, tanto che i due non furono sicuri di aver capito bene cosa volesse intendere con quell’ultima frase, se fosse cioè una sorta di avvertimento o una minaccia.
 
Ma la Ryo era già svolazzata via, lasciandoli basiti e senza parole, a rimuginare su quell’incontro. 
 
 
 
***
 
 
L’ammiraglio Hiroshigawa stava riaccompagnando i coniugi Sora alla loro cabina:  il vecchio Taiyo continuava a tenere un braccio intorno alle spalle della compagna, con fare protettivo e amorevole insieme, e per tutto il tragitto non si erano scambiati che pochissime parole, in un silenzio a tratti imbarazzato.
Giunti di fronte alla porta della coppia, l’ammiraglio disse:
 
“Bene, se mi permettete di entrare, farò un sopralluogo per raccogliere più indizi possibili sul furto.”
 
“Oh, lei è molto premuroso, ma credo che dovremo rimandare a più tardi… vede, mia moglie è molto scossa e ha bisogno di un po’ di riposo” rispose pronto il signor Sora, stringendo a sé la donna.
Questa annuì, per poi guardare il ragazzo con espressione quasi implorante, tanto da fargli stringere il cuore.
L’ammiraglio rimase un attimo interdetto: non si aspettava quell’eventualità; gli era stato ordinato di esaminare la cabina dei due, e magari scattare delle foto per vedere se c’erano elementi utili all’identificazione del ladro, ma capiva che non poteva nemmeno troppo insistere, con quei due anziani provati dal furto e dall’essersi trovati l’alloggio sottosopra, violato nella loro intimità.
La donna, capendo le sue remore, lo rassicurò:
 
“Non si preoccupi, parlerò io con il capitano Musashi…” e gli sorrise dolcemente.
 
Quella vecchina gli faceva tanta tenerezza e gli ricordava la sua nonna lontana; ebbe pure un moto di nostalgia per quella donnina brontolona, ma così tanto fiera di lui che stava facendo carriera nella marina.
Si lasciò sfuggire un sospiro prima di concedere:
 
“E va bene, ma non appena vi sentirete in grado di affrontare una perquisizione, chiamatemi e correrò da voi. Non toccate niente, però. Le indagini sono importanti, e prima verranno svolte, prima acciufferemo il ladro e la sua refurtiva” poi, facendo un lieve inchino, girò sui tacchi e se ne andò da dove era venuto, sperando di non aver noie col suo superiore.
 
Appena i due entrarono nella cabina, tirata a lucido e perfettamente in ordine, si chiusero la porta alle spalle con uno sbuffo.
Taiyo si sfilò la parrucca argentea e la lanciò sul letto con stizza, per poi togliersi gli occhiali dalle spesse lenti e massaggiarsi la radice del naso.
 
“Maledizione, quel pivello non si decideva a lasciarci, eh?” esclamò in direzione della vecchia moglie, che si stava slacciando uno stretto bustino che le sagomava una pancia pronunciata, che era ben lontana dal possedere.
 
“Per fortuna gli ho fatto gli occhi dolci: quelli funzionano sempre” gli rispose lei di rimando, facendogli l’occhiolino con aria furba.
Poi, sgranchendosi la schiena, costretta per troppo tempo in una posa innaturale, leggermente ricurva, si passò una mano fra i lunghi capelli neri a ravvivarli, dopo averli liberati da un complicato chignon.
 
“Tutti questi travestimenti… Sai? Iniziano a stancarmi. Ma non ti viene mai voglia di mollare tutto e cambiare vita?” le disse l’uomo.
 
“Be’, sì… ammetto che ogni tanto ci penso… Io e te a goderci il frutto del nostro lavoro, magari distesi in riva al mare, gustandoci un drink, in un paradiso tropicale…” sospirò “Però poi credo che mi mancherebbe tutta quell’adrenalina che mi dà un colpo ben assestato” concluse con gli occhi luccicanti.
 
“Vero… anche se… non potremo continuare in eterno” e le andò incontro per stringerla in un caldo abbraccio.
Le gli appoggiò la testa sul petto, ed entrambi rimasero così in silenzio per un po’.
Poi lui le domandò:
 
“Piuttosto, quei due idioti, che fine avranno fatto?”
 
“Spero per loro che si stiano guadagnando la loro parte di bottino, e che non passino invece il tempo come al solito a litigare o… fare altro…” e le sfuggì un mezzo sorriso che era più un ghigno.
 
Si sciolsero dall’abbraccio e si guardarono intorno: nella cabina regnava un ordine invidiabile e non sembrava affatto il luogo in cui fosse stato commesso un furto, con tanto di rovistamento selvaggio.
 
“Se quell’ammiraglio come-si-chiama dovesse tornare, zelante come un cane da riporto, dovremmo potergli offrire ciò che lui vuole vedere… e soprattutto nascondere questi…”
 
All’improvviso si sentì bussare alla porta.
 
I due tacquero: non erano sicuri di aver sentito bene, tesero le orecchie.
Si sentì bussare ancora.
Si guardarono interrogativamente.
Ed ora?
Cosa avrebbero fatto?
Rimasero in ascolto sperando che il visitatore, immaginando che loro non ci fossero, passasse oltre.
Non poteva trattarsi dell’ammiraglio o del capitano: non avevano ordinato niente, e non erano di certo quei due sciagurati dei complici, dato che quello non era il segnale convenuto.
Chi altro poteva cercarli?
Non avevano fatto amicizie di sorta tranne che con…
Miki!
 
“Signori Sora? Ci siete? Vi disturbo?” la voce della ragazza risuonò attraverso la spessa porta di legno e metallo.
 
“Signora Hijuin? Miki?” chiese Tsuki con voce tremula.
 
“Sì, sono io!” rispose squillante l’ex mercenaria.
 
Miki, dopo aver salutato i suoi amici City Hunter, se ne era andata in giro per la nave, seguendo sul display del suo portatile il segnale lampeggiante della spia nascosta nel suo braccialetto.
A chi l’avesse incrociata per i corridoi, o sui ponti all’esterno o nelle sale comuni, sarebbe apparsa come una donna intenta alla lettura, così tanto presa dal suo libro preferito che non vi staccava gli occhi nemmeno quando camminava.
La realtà, invece, era che monitorava i segnali delle trasmittenti, in particolare il suo, che l’aveva portata fino a lì.
 
“Posso entrare?” questa domanda fece trasalire i due coniugi.
 
“Un-un attimo, prego” riuscì a rispondere Taiyo, mentre dentro di sé sbuffava: “Dannazione! Cosa vorrà, anche, questa riccastra tutte moine e mossette? Non ha già avuto quel che si meritava?
 
 
 
***
 
 
 
Nel frattempo, in un’altra parte della Princess Raven, un’altra donna era giunta davanti ad una ben nota cabina; bussò usando la sequenza in codice, e subito la porta si spalancò:
 
“Miki, Kaori!” e l’occupante dell’alloggio si precipitò fuori, per finire fra le braccia di una sorta di drag queen in tenuta vacanziera.
 
“Oh… mi-mi scusi” riuscì a farfugliare Reika appena si rese conto che quell’armadio a muro, dalle vaghe sembianze femminili, non era nessuna delle sue due amiche e colleghe.
Risalì con lo sguardo fino ad incontrare gli occhi della creatura, e rimase senza parole.
 
Una bella bocca carnosa, rossa di rossetto sgargiante, le sorrideva incoraggiante; e quegli occhi… quegli occhi… le sembrava di averli già visti.
 
“Buon giorno Reika cara, io sono Ryoka!” e le tese la mano.
 
Stupita, la Nogami junior continuava a guardare quel donnone, senza riuscire ad emettere parola alcuna.  Poi, all’improvviso, proruppe con:
 
“Ryooooo????”
 
Ma lui non le permise di dire altro, la spinse gentilmente dentro, e lesto si chiuse la porta alle spalle.
 
 
***
 
 
 
“Oh, signorina Kaori, che bello rivederla, anche se ogni volta che ci incontriamo la situazione non è mai piacevole” e le lanciò un caldo sorriso.
La ragazza, memore delle illazioni del socio geloso, si soffermò a studiare con più attenzione il capitano Musashi.
 
Effettivamente lei ne era in qualche modo affascinata, ma era sicura che questo strano e piacevole effetto non fosse dato solamente dal famigerato fascino della divisa, che le sembrava piuttosto un cliché come un altro, ma dal vero e proprio atteggiamento dell’uomo.
Musashi evidentemente era conscio della sua prestanza e della sua avvenenza, anche se non ne abusava né le sciorinava per impressionare o sedurre le belle donne, anzi!
Era comunque galante e professionale, e l’interesse che dimostrava nei suoi confronti risultava piuttosto genuino e senza secondi fini… almeno così pareva a Kaori.
Insomma, lei gli piaceva veramente e lui non lo nascondeva, seppur glielo dimostrasse discretamente.
In fondo lui era un capitano che passava il suo tempo a navigare in mare, lei era una sorta di agente di polizia – e chissà cosa avrebbe pensato di Kaori, se avesse saputo quale era il suo vero lavoro! – impegnata a risolvere casi nell’area metropolitana di Tokyo…
Magari non pensava a niente di serio, però Kaori arrossì a questa evidenza; si confuse.
 
“Oh, non dica così, che mi fa arrossire” ammise la sweeper “Piuttosto ha novità per me?”
 
“Sì, l’ispettrice Nogami mi ha telefonato dicendo che ha le informazioni che cercava, ma che vuole discuterne con lei personalmente. Stavo per mandare qualcuno a cercarla, ma ecco, il destino l’ha portata da me” concluse, esulando dal tono professionale usato fino a quel momento.
 
Kaori inghiottì leggermente a disagio: le scocciava che ogni volta che un uomo flirtava con lei, o che le faceva apprezzamenti di sorta, lei non fosse capace di rispondere per le rime, cioè di celiare e flirtare a sua volta come faceva lui, e si chiudesse a riccio, invece, in imbarazzo.
Avrebbe tanto voluto essere più sicura di sé, in quei momenti, non tanto come Saeko che era sempre padrona della situazione – e che anzi era quella che certi giochi li dirigeva, dettandone le regole – ma almeno più disinvolta.
Accettare un complimento senza arrossire o turbarsi, insomma, come tutte le altre donne.
Ma scacciò all’istante quei pensieri oziosi e inutili, anche perché ormai stava con Ryo, giusto?
E comunque lui non sarebbe stato per niente contento di quella corte velata che il bel capitano le stava facendo; anche se, dovette ammetterlo, vedere Ryo così geloso di lei, le faceva provare una gioia sconfinata e gratificante.
 
Si riscosse, tirando fuori la sua professionalità, glissando sulla carineria appena ricevuta, e disse:
 
“Bene, allora potrebbe mettermi in contatto con lei?”
 
“Certamente. Si accomodi di là nel mio ufficio, come al solito, che provvederemo a passarle la chiamata” e diede subito ordine che richiamassero la stazione di polizia di Shinjuku.
Non appena Saeko rispose, le fecero segno di alzare la cornetta.
 
“Pronto, Saeko, dimmi che hai qualcosa di buono per noi.”
 
“Ciao, Kaori! Direi che ho tante cosucce da raccontarti. Mettiti comoda…”
   
 
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