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Autore: Caaatkhad    05/12/2020    8 recensioni
Tutti umani.
2 ottobre 1893, Londra, Inghilterra. Di fronte al cancello della dimora del dottor Cullen, tre sorelle e la loro zia avevano davanti un'opportunità che avrebbe cambiato la loro difficile e sofferta esistenza. Riusciranno a trovare finalmente la pace tanto agognata, o si ritroveranno in un intreccio famigliare scomodo e proibito? E l'arrivo di una piccola creatura, potrà riportare la pace in quella casa?
Tratto dalla storia:
"Ero un treno in corsa. I miei passi lenti, strascicati sul ciglio del marciapiede, compensavano la velocità dei miei pensieri, delle mie emozioni. Un battito, seguito da un altro più debole. A ricordarmi che da quel momento non sarei mai più stata sola."
Remake della storia "They will be in love." presa dal mio vecchio account Alba97.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo VII NOTE AUTRICE: Ciao cari lettori e care lettrici. Dopo aver ricevuto alcune recensioni che mi consigliavano questo miglioramento, ho deciso che d'ora in avanti i dialoghi in francese non saranno in grassetto ma in corsivo, per rendere più scorrevole la lettura.



Rosalie era rimasta ferma in quella posizione per qualche istante, aspettando di ricevere un colpo da un momento all'altro.
Emmett, dal canto suo, portò la mano che aveva alzato sulla propria testa, tirandosi appena i capelli per il nervoso. - Davvero credi che potrei picchiarti? - Disse sprezzante, guardandola dall'alto del suo metro e novantacinque.
- Potrei, certo. E ti farei anche molto male. - Continuò digrignando i denti in una smorfia, mentre la ragazza riaprì gli occhi.
- Ma mio padre mi ha insegnato l'educazione, anche se tu non pensi che sia possibile. E non ho mai alzato le mani su una donna prima. - Portò anche l'altra mano sulla testa, guardandola poi con un ghigno che non nascondeva una forte provocazione. - Se non per procurarle del piacere personale, ovviamente. - Disse, provocando l'ira della ragazza.
- Non ti permettere! - Disse, puntandogli il dito contro il petto furiosa. - Non mi parlare mai più così, Emmett. Mai! - Terminò, mentre dal fondo del suo stomaco risalì un moto di nausea improvviso.
Appoggiò una mano sul proprio petto e l'altra sul suo basso ventre, guardando in basso. Emmett la osservò per un istante. - Stai bene? - Le chiese, cercando di non mostrarle comunque troppe attenzioni.
La ragazza non gli rispose, non ne ebbe il tempo. Andò correndo verso una stanza da bagno, alla disperata ricerca di un secchio, e appena lo trovò fece appena in tempo ad agguantarlo che si ritrovò a liberarsi lo stomaco di quel peso, accompagnata da un paio di conati.
Emmett l'aveva seguita per accertarsi che stesse bene, ma non aveva osato entrare per lasciarle un momento di privacy.
Non appena la ragazza ebbe finito, posò il secchio che avrebbe svuotato poi in un condotto fognario fuori da casa; si sedette per terra, accanto alla porta, per riprendere fiato. Chiuse gli occhi e appoggiò la parte bassa del palmo della mano destra sulla propria fronte, inspirando profondamente per ricacciare l'ennesima ondata di nausea.
Era sempre più convinta della sua teoria, e la cosa iniziava davvero a spaventarla. Non solo per se stessa, ma soprattutto per la reazione delle sorelle e del resto della famiglia.
- Posso entrare? - Emmett, appoggiato con la spalla sinistra allo stipite della porta socchiusa, aveva le mani che fremevano dalla voglia di spalancarla per vedere se Rosalie stesse meglio oppure no.
Non ricevendo risposta, decise di entrare e trovò la ragazza appoggiata e molto pallida in viso. - Dai vieni, ti accompagno in stanza. - Disse, porgendole la mano per aiutarla. Lei la afferrò debolmente, puntando i piedi per risollevarsi, ma il ragazzo la afferrò poi con un braccio dietro alle ginocchia e l'altro a sorreggerle la schiena; lei mise dunque la sua forza dietro al collo di lui per reggersi, e per la prima volta lasciò andare la sua testa contro la spalla di lui, spossata da quella nausea incessante.
Emmett la osservò incerto, non aspettandosi assolutamente quel gesto da lei, e si diresse fuori.
Alice e Jasper fecero capolino dall'ingresso accompagnati da Esme, che non appena vide i due entrò in panico. - Cos'é successo?? - Gridò, correndo verso di loro agitata.
- Niente zia... - Rantolò Rosalie, rimanendo con il viso affondato contro Emmett, che spiegò in breve cosa fosse accaduto.
- La porto su, Esme, e non appena nostro padre rientra ci dirà cosa fare. - Disse infine, facendosi spazio e salendo le scale.
Alice lo volle seguire a tutti i costi, nonostante Jasper e Esme le avessero chiesto di non farlo. Con il suo passo veloce e felpato, raggiunse velocemente il possente ragazzo, accostandolo e toccando il braccio della sorella.
- Che cosa ti ha combinato? Dimmelo Rosalie, per favore! Se ti ha anche solo torto un capello, io giuro che... - Rosalie la interruppe, scuotendo la testa.
- Ho vomitato. - Sussurrò semplicemente, godendosi per un attimo il calore della pelle di Emmett, e il battito del suo cuore appena accelerato che percepiva al tocco. Alice si bloccò di colpo, rimanendo attonita per qualche secondo, mentre la porta della camera si chiudeva davanti ai suoi occhi che scrutavano i due con molta attenzione. Una scintilla le si era accesa nella mente, e solo entrando e stando insieme alla sorella avrebbe potuto scoprire se il suo presentimento fosse vero. Bella, spuntando da un corridoio più lontano, vedendo Alice ferma a contemplare il vuoto le si avvicinò incuriosita.
- Al, tutto bene? - Le chiese, sporgendo appena la testa per poterla osservare in volto e notando in lei un'espressione inscrutabile.
- Credo di sapere cosa stia succendendo a Rosalie. - Disse lei, rompendo il silenzio assordante che aveva circondato le sorelle. - E credo che sia peggio di quello che avremmo potuto immaginare. - Concluse, guardando dritta negli occhi Bella che, al contrario, non riusciva a comprendere cosa volesse insinuare la sorella.
- Forza, andiamo. - Alice prese Bella per l'avambraccio, trascinandola verso la camera da letto. Entrò senza bussare, causando una reazione scocciata di Emmett che era seduto sulla solita poltrona, che aveva prontamente spostato ai piedi del letto. Rosalie era seduta, con la schiena contro la testiera del letto e un cuscino tra le braccia, un colore verdognolo incorniciava un volto cencio e stanco.
- Vogliamo restare sole con nostra sorella. - Disse Alice, quasi aggredendo il ragazzo, che in risposta inarcuò un sopracciglio e la squadrò da testa a piedi, rimettendosi in piedi. La ragazza arrivava poco sotto alla sua spalla, ma sicuramente non si lasciava intimidire dalla sua stazza, né da quella dei fratelli.
Bella, prima che lui potesse replicare, si avvicinò fino ad arrivare a pochi centimetri da lui, guardandolo dritto negli occhi e cercando di mantenersi discreta davanti alle due ragazze.
- Emmett, per favore. Se devi restare in questa stanza per fare star ancora peggio nostra sorella, vattene. Non ha bisogno di soffrire ulteriormente, soprattutto per te. - Sussurrò, con una fermezza nella voce quasi tagliente. Il ragazzo rimase ad osservarla un attimo, poi sbuffò pesantemente.
- Come vi pare. - Disse scostante, uscendo dalla stanza preso da un impeto di nervosismo.
- Rosalie, noi sappiamo cos... - Alice venne interrotta da una frase semplice ma spiazzante.
- Sono incinta. Credo. - Disse la bionda, guardando fissa davanti a sé con un'espressione dura in volto.
Bella rimase sconvolta dalla sua affermazione. - Ma come? Rosalie! - Disse, in preda ad una crisi di panico. - Non può essere! - Proseguì, iniziando a camminare velocemente per la camera e agitando le braccia in ogni senso.
- Ma... Che cosa hai intenzione di fare? - Chiese Alice, che dopo aver avuto conferma si sentiva come se avesse appena ricevuto un secchio d'acqua gelida addosso.
La sorella non rispose, mordicchiava semplicemente l'interno della sua guancia con fare nervoso guardando verso i propri piedi.
Le tre rimasero a lungo in silenzio. Secondi, minuti, forse un'ora. Ognuna di loro aveva la testa che galoppava indietro nel tempo, sui ricordi belli e brutti della loro vita. Sicuramente la notizia della probabile gravidanza avrebbe sconvolto il loro piccolo mondo che piano piano stava trovando un equilibrio. Non sapevano come Rosalie avrebbe affrontato la cosa con la zia, né con la nuova famiglia. Ma soprattutto con il padre del bambino, Emmett.
Un gioco di luce solare illuminò di colpo il viso delle sorelle, che erano sedute sul letto a guardarsi. Le destò dalla loro bolla, con una piccola consapevolezza in più. A prescindere da quello che sarebbe successo nel futuro, niente e nessuno avrebbe potuto scalfire il loro rapporto. Le tre sapevano di poter contare sulle altre, senza mai dubitarne. E questo per loro era ciò che contava più di tutto il resto.
- Ho bisogno di un bagno caldo. - Disse poi, cercando di distrarre la mente per qualche istante. Bella le prese la mano per portarla con sé. - Vieni, abbiamo un bagno nella nuova camera. - Disse.
- Anzi, vorremmo che tornassi già da ora in stanza con noi. - Incalzò Alice, parlando con una grande sincerità.
- Anche io lo vorrei. Questa stanza ti immerge in una grande tristezza, e poi sentire Bella che parla da sola nel sonno e Alice che la sovrasta con il suo russare é impagabile. - Disse, ridendo delle sorelle che, nel frattempo, le fecero una sonora linguaccia.

L'acqua calda scorreva dalle tubature per riversarsi nella vasca da bagno nell'angolo della stanza adibita, e mentre Rosalie si spogliava per immergevisi e poteer finalmente rilassare i nervi, posò un attimo lo sguardo sullo specchio, cercando inconsciamente di capire se la sua pancia fosse già in procinto di crescere appena o se fosse effettivamente troppo presto. Aveva assistito varie parenti in gravidanza, dall'inizio alla fine, quindi sapeva come poter gestire a grandi linee quel periodo.
Si toccò quindi a livello basso ventre, appoggiando per qualche secondo la mano incurvata a voler proteggere quel piccolo esserino che si nutriva di lei da ormai qualche settimana.
Scosse la testa, poi infilò un piede dietro l'altro nella vasca, e si allungò mantenendo la testa e i capelli fuori dall'acqua. Immediatamente, il tepore dell'acqua e la penombra che aleggiava nella stanza la fecero cadere in uno stato di rilassamento totale, quasi da farle scordare il mondo esterno.




30 Novembre 1893, Londra. Ore 14:41.


Lady Victoria e le tre cugine erano arrivate a casa Cullen già da qualche giorno ormai. La sera stessa del loro arrivo, Carlisle dovette far fronte alla furia della madre per il mancato invito, e i tre fratelli furono quasi assillati dalle asfissianti cugine che non vedevano l'ora di mettere mano su di loro.
Alice, Bella e Rosalie avevano provato dal canto loro ad evitare le quattro il più possibile, non avevano alcuna voglia di doversi confrontare con loro su un qualsiasi argomento, né tantomento avrebbero sopportato critiche nei loro confronti.
Esme aveva annunciato loro la data del matrimonio, che si sarebbe svolto di lì a poche settimane, e la tensione iniziava a salire in casa, tutti volevano essere pronti al gran giorno ed ognuno di loro aveva un pensiero che gli attanagliava la mente. Il pranzo era stato consumato da poco, e ognuno di loro si era poi affaccendato nei propri affari, facendo dunque piombare la casa in un insolito silenzio.
Edward era in una stanza ampia e luminosa, un pianoforte imponente in legno massiccio a farne da padrone, troneggiante proprio al centro in tutta la sua maestosità. Era seduto sullo sgabello, le sue dita scorrevano veloci e sicure su quella serie di tasti bianchi e neri a comporre una melodia incalzante e allegra.
Bella si stava dirigendo a mente distratta verso la sua camera, con l'intenzione di riposarsi per un po' dopo una mattinata passata nel giardino in compagnia di Julian, intenti a curare i fiori che lei tanto amava.
Quelle soavi note raggiunsero però le sue orecchie, e subito si fermò per ascoltarle e capire da dove provenissero. Si guardò intorno, notando poi che una delle porte del corridoio era appena socchiusa. Si avvicinò quasi in punta di piedi, sbirciando da fuori e vedendo la schiena di Edward lievemente incurvata su quello strumento tanto potente.
Bussò, dunque, e il ragazzo si interruppe bruscamente, forse colto alla sprovvista da quel tocco. - Scusami. - Disse Bella, affacciandosi e appoggiandosi poi allo stipite della porta, proseguendo poi verso l'interno della stanza al cenno di Edward.
- No, non preoccuparti. Non me l'aspettavo, tutto qui. - Le sorrise, e decise di farle spazio per permetterle di sedersi, dopo essere andato a prendere un altro sgabello.
- Vieni, siediti accanto a me. - Disse poi, battendo leggermente la mano sinistra sulla seduta per invitarla a prendere posto. Lei lo fece senza esitare, ma con una punta di imbarazzo. - Vuoi che ti insegni? - Aggiunse lui, con un sorriso sghembo stampato in viso. Bella abbassò la testa, mordicchiandosi il labbro inferiore per tentare di nascondere il nervosismo.
- Oh, io... Beh, vorrei solo ascoltarti suonare. Era davvero così bella la melodia... - Sussurrò, ed Edward senza insistere le lanciò un breve sguardo di intesa, prima di appoggiare nuovamente le dita sui tasti ed iniziare a suonare una nota dopo l'altra, con una passione ancora più forte di quella di prima.
Passarono i minuti, ma per i due il tempo sembrava si fosse fermato e che tutto girasse intorno a quella bolla in cui si erano rinchiusi. Alla fine della melodia, i due rimasero ad osservarsi per un lungo, lunghissimo momento. I loro occhi sembravano quasi urlarsi a vicenda frasi che le loro bocche non avevano il coraggio di pronunciare, erano ardenti e profondi. I loro visi si stavano avvicinando ad una lentezza estrema, senza che nemmeno loro potessero accorgersene. Le loro dita, all'altezza dei tasti bianchi, si stavano per sfiorare, e il loro respiro si stava facendo sempre più corto. 
All'improvviso, si resero conto di quello che sarebbe accaduto, e indietreggiarono entrambi, risedendosi composti e con tante parole bloccare in gola che non riuscirono a dirsi, lo sguardo perso di fronte a loro e le mani mestamente appoggiate sulle loro gambe.
- Meglio che vada. - Disse Bella, alzandosi poi quasi di colpo e uscendo velocemente dalla stanza, non senza aver dato un'ultima occhiata ad Edward che, immobile, continuava a fissare il leggìo su cui erano posati alcuni dei suoi spartiti.
Nessuno dei due avrebbe osato parlare dell'accaduto con altri. O meglio, sicuramente Edward se ne sarebbe guardato dal farlo. Bella era forse di tutt'altro avviso.



Alice stava passeggiando sotto ai deboli raggi di sole che quella insolita giornata stava regalando alla regione, in uno dei sentieri che componevano il giardino. Fin da subito si era appassionata di quel luogo, ritrovata se stessa e una grande pace tra quegli alberi un tempo fioriti, e allora rinsecchiti dal freddo. Anche in quello stato li trovava affascinanti, le parevano quasi i silenziosi guardiani della dimora, e sicuramente non poteva togliersi dalla mente l'immagine dei tre presunti Cullen bambini, che giocavano e scorrazzavano in quel luogo sorvegliati dallo sguardo amorevole dei genitori; immaginava che la loro mamma li rimproverasse per dei loro battibecchi infantili ma che terminavano pochi istanti dopo con una forte stretta di mano, da veri ometti.
Si era sempre domandata che fine avesse fatto la signora Cullen, di cui vedeva qualche quadro sparso per il corridoio nei dintorni della camera di Carlisle e dei figli, ma di cui nessuno aveva mai fatto accenni particolari.
Non aveva mai osato porre domande, e nemmeno James o gli altri dipendenti avevano voluto dire loro qualcosa in più, infondo le Swan sapevano benissimo quanto potesse essere dolorosa per dei bambini la morte di un genitore e sia lei che le sorelle rispettavano la loro sofferenza e il loro voluto silenzio, senza mai osare andare oltre con le domande.
Ma era pur sempre vero che in una parte di sé avrebbe voluto saperne di più, non fosse che per poter essere più vicina con quella famiglia che in così poco tempo aveva rivoluzionato loro la vita in positivo, offrendo un inizio nuovo e un futuro sicuramente più radioso delle loro aspettative.
Immersa in tutti questi pensieri, raggiunse una piccola cappella che aveva scorto già in precedenza, ma che non aveva mai avuto occasione di visitare davvero.
Contrariamente al resto della casa, quel posto non era assolutamente sfarzoso e anzi, non sembrava nemmeno appartenere al resto della proprietà, e se non fosse stato per l'inscrizione del cognome della famiglia sul marmo grezzo poco sopra all'ingresso, chiunque avrebbe pensato di essersi perso.
Alice immaginava che dentro a quel piccolo santuario vi fossero forse delle tombe di famiglia, e forse per questo era sempre chiusa a chiave per impedire l'accesso a visitatori non desiderati.
Quel giorno, però, sembrava che qualcuno vi avesse fatto visita e si fosse dimenticato di richiudere correttamente il cancelletto in ferro battuto, che cigolò non appena Alice provò a spingerlo per farsi spazio.
Cercando di non fare troppo rumore, entrò in punta di piedi e sperando che nessuno la cogliesse all'improvviso. Avanzò dunque verso il fondo, notando che in realtà quel luogo non era affatto abitato da loculi, ma che anzi il tutto era molto spoglio, se non fosse per un inginocchiatoio davanti ad un crocifisso in legno, semplice e senza alcun fronzolo intorno. Alice era sempre più incuriosita di ciò che si stava palesando davanti ai suoi occhi, non riusciva a capire che cosa quella cappella avesse di tanto misterioso da attirarla, sebbene non vi fosse nulla che potesse darle il minimo indizio.
Stringendo appena gli occhi per vedere meglio, si accorse dopo un po' di un pezzo di carta appoggiato al centro dell'inginocchiatoio, dove solitamente si appoggiavano le braccia o i gomiti.
Presa da un istinto di curiosità, diede un'occhiata veloce dietro di lei per accertarsi che nessuno fosse presente e si avvicinò quasi furtiva, notando che quel pezzo di carta era in realtà una fotografia, una giovane donna dai capelli neri raccolti e dal sorriso malinconico spiccava con una grande eleganza. Girò dunque l'immagine, accorgendosi di una frase scritta a mano con una calligrafia femminile e molto aggraziata.


Elizabeth, C. 30 Novembre 1873.

Un rumore di passi provenienti dall'esterno la fece sobbalzare, e dopo aver dato un'ultima occhiata alla fotografia, la rimise al suo posto sgattaiolando poi fuori velocemente.
Appena in tempo per non farsi scoprire da Jasper, che arrivando dalla parte opposta alla sua si stava appunto dirigendo all'interno della cappella in tutta fretta. Alice, nascondendosi appena dietro ad uno dei quattro muri esterni, lo intravide con un'espressione contrita, e non volendo dargli spiegazioni del perché lei si trovasse lì decise di allontanarsi in fretta e di riprendere il cammino che aveva interrotto, nel giardino.
Se prima di allora aveva tanti dubbi e tante domande a riguardo di Elizabeth, dopo aver visto la foto la curiosità era tale che avrebbe dovuto mordersi la lingua per non chiedere ai Cullen di parlarle di più di questa donna sicuramente affascinante.
Si avviò dunque verso le cucine, passando da una porta sul retro, e ritrovò James indaffarato a sminuzzare delle cipolle grossolanamente.
L'uomo alzò gli occhi per controllare chi fosse entrato, e le accennò un sorriso. - Milady. Che cosa ti porta qui? - Chiese, sapendo che se avesse parlato con lei con modi più ricercati la ragazza lo avrebbe rimproverato, visto che non voleva assolutamente sentirsi superiore a lui e agli altri dipendenti della casa.
- Oh, passavo dal giardino e ho pensato di venire a salutarti. - Disse, con le mani congiunte dietro alla schiena, mentre a passi felpati si avvicinava ad un pentolone in cui cuoceva a fuoco lento un prelibato stufato di manzo.
- Sei sicura che non ci sia altro? - Disse il cuoco, posando il coltello sul tagliere e pulendosi velocemente le mani con uno strofinaccio attaccato al suo grembiule.
La ragazza sospirò appena. Il cuoco riusciva sempre a scoprire quando lei o una delle sorelle stavano mentendo, e quella volta non fu un'eccezione.
- Beh... - Disse, alzando gli occhi al cielo con aria innocente. - Stavo passeggiando in giardino, appunto. E all'improvviso ho trovato una cappella... - Disse, mentre il cuoco si rabbuiò nel guardarla.
- Alice... - La interruppe, ma la ragazza sapeva che cosa le avrebbe voluto dire e continuò. - James... Per favore. Lo so, ho capito quello che hai voluto dirmi le altre mille volte in cui te l'ho chiesto. Ma mi piacerebbe sapere. - Disse poi, con un'aria sincera in viso. Il cuoco esitò per qualche secondo, poi guardandosi intorno sospirò pesantemente.
- E va bene. Ma per favore, devi fingere di non sapere niente. - Disse poi, guardandola con aria severa. La ragazza annuì e prese un coltello da un cassetto vicino per aiutarlo a preparare le verdure, così da avere una scusa.
- Lady Elizabeth é stata una grande, grandissima donna. Lei e il signor Cullen erano davvero innamoratissimi, amavano alla follia i figli ed erano assolutamente ricambiati. L'unica che non la apprezzava affatto... - Abbassò la voce - Era Lady Victoria. Vedeva in lei un'approfittatrice, ma tutti noi sapevamo chi fosse veramente lady Elizabeth. È sempre stata gentile nei nostri confronti, generosa e affabile con tutti. - Il cuoco si piegò per prendere delle patate da un cesto, e iniziò a sbucciarle velocemente.
- Purtroppo un giorno la sua salute ebbe un duro colpo, e nemmeno il dottor Cullen con la sua grande esperienza riuscì a fare qualcosa per lei. Dimagriva a vista d'occhio, i capelli le erano caduti quasi completamente e non riusciva a camminare senza l'aiuto di un bastone. Non lo hai mai notato, nello studio di Carlisle? Lo ha conservato vicino alla finestra, nessuno osa spostarlo per paura che possa rovinarsi. Un giorno Lady Elizabeth non riuscì più ad alzarsi dal letto, e così per qualche settimana il dottor Cullen si prodigava per farle passare dei momenti sereni, per quanto possibile. Anche lady Victoria in quel periodo venne a stare qui, per stare insieme ai nipoti. Credo che tutto questo abbia profondamente segnato tutti e quattro. - Il cuoco si fermò qualche istante, lo sguardo basso e improvvisamente triste.
- Quando é venuta a mancare, la casa si é improvvisamente spenta insieme a lei per un lungo momento. Ricordo ancora i funerali... - Si interruppe, e Alice notò una nota di malinconia nella voce dell'uomo, che non volle più proseguire.
- Grazie per avermi dato fiducia, James. - Disse Alice, finendo di sminuzzare l'ultima parte delle verdure e riponendo il coltello.
James annuì, rimanendo in silenzio, quindi Alice si congedò e uscì dalla cucina, facendo finta di niente. Qualcuno in fondo al corridoio la interpellò. - Ehi, Alice! - Quella voce la fece sobbalzare, ma non poteva ignorarla perché sapeva che non sarebbe servito a niente.
Una chioma bionda si avvicinò velocemente a lei, che si preparava ad una strigliata.








   
 
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