LE ALI DELLA FARFALLA
*
Capitolo
1 – Chat Blanc
*
Caldo.
Faceva
caldo, e l’umidità che aleggiava nell’aria, rendeva difficile persino
respirare.
Nemmeno
la tuta da super eroina che indossava, la stava aiutando, anzi, era opprimente
e avrebbe voluto molto volentieri strapparsela di dosso.
Il
paesaggio davanti a lei, era devastante, Parigi sommersa, la Tour Eiffel,
simbolo prestigioso di quella capitale, era distrutta ed era stata sradicata.
Uno
strano velo bianco, quasi spettrale, caratterizzava lo scenario che le si parò
davanti.
Silenzio.
Solo
silenzio.
Nessuno
passeggiava, nessuna macchina attraversava la strada, nessun cicaleccio nei
parchi o nei principali luoghi di aggregazione.
Acqua.
Solo
acqua e palazzi sommersi.
In
lontananza, dall’alto del tetto dove era atterrata, c’era un puntino bianco.
Per
quanto ne potesse sapere, poteva essere benissimo un miraggio, uno scherzo dei
suoi occhi.
Si
avvicinò di soppiatto, attenta a non far rumore.
Da
quella figura misteriosa, proveniva una nenia, quasi inquietante.
“Chi
sei?” Gli chiese quando gli fu alle spalle.
Si
voltò e le puntò i suoi occhi di ghiaccio.
“Milady”
La chiamò “Sei arrivata, pensavo di averti perduto”.
“C-chat
Noir?” Balbettò mentre indietreggiava.
“Chat
Noir, è morto…ora c’è solo Chat Blanc”.
Ladybug, aveva già
vissuto tutto questo, e non riusciva a capacitarsi del perché fosse ancora in
quella situazione.
Si
nascose dietro un comignolo, cercando di sfuggire all’akumizzato,
non voleva colpirlo, non voleva fargli male.
“Chat
Noir, resisti, sei stato akumizzato da Papillon. Ma
io posso aiutarti se mi dici dov’è l’akuma”. Uscì dal
suo nascondiglio, se voleva fare qualcosa per lui, avrebbe dovuto sfidarlo.
Chat
Blanc, le scagliò un cataclisma di energia, che fortunatamente evitò con un
balzo.
E
dopo un breve inseguimento, Ladybug, capì che non era
quello il modo migliore di affrontarlo.
Gli
si parò davanti “Dimmi dov’è l’akuma e facciamola
finita”.
“Si,
facciamola finita milady” Fece di rimando stringendole una mano attorno al
collo. “L’akuma è dentro, il mio cuore, è stato il
nostro amore a provocare tutto questo”. Strinse ancora di più e a Ladybug, iniziò a mancare l’aria, nonostante cercasse di divincoralsi, le forze la stavano abbandonando.
Buio.
*
Marinette si svegliò di
soprassalto.
Era
fradicia di sudore, persino il cuscino e le lenzuola rosa erano bagnate.
“Un
brutto sogno, Marinette?” Le chiese Tikki.
Lei
annuì con un’espressione perplessa. “Ho sognato Chat Blanc”.
“Chat
Blanc?”
La
corvina scostò le coperte e diede uno sguardo fugace all’orologio appeso in
camera sua: erano le 04.23.
Aveva
bisogno di darsi una ripulita e cambiare velocemente le lenzuola.
Cercò
di fare il meno rumore possibile, per non svegliare i suoi genitori.
“Me
ne vuoi parlare, Marinette?” Tikki
volteggiò davanti il suo volto.
Marinette sospirò, non
avrebbe voluto rivivere più quell’avvenimento, lo stava cercando di reprimerlo
e di confinarlo in qualche cassetto chiuso a chiave.
“Non
c’è molto da dire…forse è stato uno sbaglio intraprendere questa storia con
Adrien.”
“Perché
dici così? Tu lo ami”.
“Certo
che lo amo.” La guardò dritto negli occhi “…non abbiamo ancora sconfitto
Papillon, potrebbe venire a conoscenza delle nostre identità segrete, e allora
verrebbe fuori un macello. Io non voglio che Adrien o io, veniamo akumizzati, non voglio che si ripeta il futuro di Chat
Blanc”.
“Non
accadrà, vedrai.”
Marinette sistemò il
guanciale nel letto e si prodigò per mettersi sotto le coperte, e per quanto
possibile, riprendere a dormire.
“Tu dici?
Io invece ho molta paura”.
“Non
devi. Hai Adrien e Chat Noir al tuo fianco”.
“Lo
so…ed è questo che mi fa paura. Quando ho combattuto contro Chat Blanc, la
prima volta, aveva detto questa frase ‘è stato il nostro amore a fare questo’”.
Tikki si portò due dita
al mento “Adrien non sa di Chat Blanc, giusto?”.
La
corvina annuì con il capo.
“Allora
parlane con lui, senti cosa ne pensa”.
“Certo,
lo farò. Buona notte, Tikki”. Tirò su le coperte fino
alla tempia e chiuse gli occhi, forse dormire sarebbe stato impossibile.
*
Arrivò
a scuola per inerzia, giusto perché le sue gambe conoscevano la strada.
Era
stanca, la sera prima aveva riposato poco e male, non era più riuscita a
riprendere sonno.
Continuava
a girarsi e rigirarsi nel letto, con un unico pensiero che le martellava la
testa “E’ stato il nostro amore a fare questo”.
A
fatica salì le scale, e quando arrivò in cima, tirò un sospiro di sollievo,
come se avesse dovuto scalare un’imponente montagna.
Un
paio di braccia le cinse la schiena da dietro, e le baciò sensualmente il
collo.
Il
suo profumo le investì le narici.
“Buongiorno,
Milady”.
“Buongiorno
a te, Chaton” Fece di rimando con un sorriso appena
accennato.
“Oh,
oh! Brutto sogno?” Incredibile come quel ragazzo la sapesse così bene leggere.
Lei
annuì con il capo.
“Me
ne vuoi parlare?” Chiese accomodandosi sulla panchina rossa dello spogliatoio,
facendole segno di imitarlo.
“Si,
dobbiamo parlare” Tuonò come un cattivo presagio.
Quelle
parole, non lasciavano intendere niente di buono, eppure era solo un sogno, che
male avrebbe fatto.
Stavano
insieme da nemmeno una settimana, e già c’era qualcosa da sistemare, Adrien,
pensò che già erano partiti con il piede sbagliato.
Marinette gli alzò il volto
con due dita, costringendolo a guardarla negli occhi. “Ehi, non ti preoccupare.
Però è una cosa che avrei dovuto dirti prima o poi”.
Adrien
stava per dire qualcosa, quando vennero interrotti dal suono della campanella.
“Ok,
allora sto tranquillo” Le sorrise alzandosi.
*
Il
sole di quel pomeriggio di gennaio le illuminava il volto, aveva optato per una
panchina del parco esposta ai suoi raggi.
Si
strinse un po' di più nel cappottino rosa e si sistemò il cappello meglio, una
folata di vento gelida, glielo aveva spostato.
Prese
dalla borsa un tozzo di pane raffermo, lo spezzettò, e ne gettò le briciole ai
piccioni, per ingannare il tempo, nell’attesa che il suo amato si presentasse
all’appuntamento.
Adrien
dove presenziare all’allenamento di scherma, non era solito a saltarne le
lezioni, ma gli era sembrato che, Marinette, doveva
dirgli qualcosa di importante, che non poteva aspettare.
La
berlina grigia, si fermò all’entrata del parco, e dopo aver comunicato al
gorilla l’orario che si sarebbe dovuto presentare per venirlo a prendere, scese
dall’auto e la raggiunse.
“Vuoi
trasformarti in Mr, Pigeon?”
La schernì accomodandosi accanto a lei, per poi stamparle un tenero bacio sulla
gota destra ghiacciata.
Marinette gli sorrise
“Sarebbe un guaio se venissi akumizzata”.
“Già…ma
questo vale anche per te”. Disse in tono preoccupato, lanciando l’ennesima
briciola di pane ai volatili.
“Sei
strana insettina, mi vuoi dire cosa ti turba?”
Le chiese alzandole il mento con due dita, costringendola a guardarlo negli
occhi smeraldo.
“Un
sogno”.
“Un
sogno?” Fece di rimando inarcando un sopracciglio.
La
corvina sospirò “Non era un vero e proprio sogno”.
“Spiegati
meglio”.
“E’
una cosa che non ti ho mai detto, pensavo non ce ne fosse bisogno perché avevo
portato tutto alla normalità”.
Adrien
deglutì rumorosamente ed iniziò a sudare freddo, non sapere cosa fosse
successo, lo metteva in ansia, e se non gliene aveva mai parlato, significava
due cose: o non doveva venirlo mai a sapere, oppure era una cosa talmente
grave, da compromettere il loro rapporto.
“Ti
ricordi quella volta che ti ho portato il regalo per l’onomastico del tuo
quinto nome?” Chiese tutto d’un fiato, senza fare pause.
“Si
certo, un fan club in Brasile?” Sorrise a quel ricordo, che realizzò solo ora
che fosse in realtà da parte sua.
“Non
ridere, al momento non mi era venuto in mente altro” Poi tornò seria “…ho
inventato quella balla, perché inizialmente avevo firmato il biglietto con il
mio nome, e quell’episodio ha provocato un futuro…che non voglio mai più
rivedere”.
“Ti
ha portato Bunnix, lì?”
“Si,
esatto. Quando sono uscita da casa tua, è sbucata da un portale del tempo, mi
ha risucchiato al suo interno, e mi ha portato lì…in quella Parigi devastata.
Fu la, che ti vidi, solo sopra un tetto. Dipinto di bianco, occhi glaciali e
terrificanti” Rabbrividì a quel ricordo chiudendosi in un abbraccio e
passandosi le mani lungo le braccia, per scacciare quell’orribile sensazione.
“Perché
ero stato akumizzato?” Chiese Adrien preoccupato.
Marinette scosse più volte
la testa “Non lo so, non me lo avevi detto…Adrien, è stato orribile…Parigi…i
nostri amici…tutto distrutto, un mondo sommerso e privo di vita…non voglio più
sentirmi così”.
“Quel
futuro non si ripeterà, non lo permetterò” Le disse abbracciandola e lei poggiò
la testa nell’incavo del suo collo, mentre veniva cullata dal suo respiro come
una bambina bisognosa d’affetto.
“Mi
avevi detto: il nostro amore ha fatto questo”.
“Come
può un amore creare tanta distruzione…non ti ricordi altro?”
“Si”
Rispose lapidaria, come se quell’affermazione celasse qualcosa di ancora più
orribile “…quando esplorai il mondo sottomarino, due statue attirarono la mia
attenzione, la mia e quella di Papillon erano vicine, appena le sfiorai, si
dissolsero”.
“Milady,
non posso averti fatto questo, non lo farei mai”. Cercava di giustificarsi, di
trovare una scusa plausibile per quel gesto, Adrien, o meglio Chat Noir non
potrebbe mai provocare la morte di qualcuno, non intenzionalmente.
“Lo
so, Chaton, ma questo è quello che ho visto, che ho
vissuto”.
“Perché
non me ne hai mai parlato?”
“Perchè ancora adesso mi fa male ripensare a quell’episodio”.
“Quindi
avevi già capito che Chat Noir ero io”.
“A
dirti la verità, no” Si asciugò con la mano guantata le poche lacrime che erano
sgorgate dai suoi occhi. “Però ripensandoci ora…ci sarei potuta arrivare”.
Adrien
posò le sue mani sulle sue spalle e la guardò negli occhi “Comunque non può
essere stato il nostro amore a creare quel futuro, dev’essere successo qualcos’altro”.
“Forse
Papillon ha scoperto le nostre identità, ci ha dato la caccia e ha akumizzato te”.
“Non
può servirsi delle akuma se dentro i cuori delle
persone, non ci sono sentimenti negativi”. Ipotizzò, scartando quella di Marinette, ma non del tutto “…a meno che non avesse fatto
del male a te, e quindi questo mi avrebbe fatto arrabbiare”.
“Probabile…”
I
due ragazzi stettero in silenzio qualche minuto, osservando i piccioni che
banchettavano con l’intera pagnotta.
“Dovremo
tenere nascosta la nostra relazione, almeno fino a quando non avremo sconfitto
Papillon”. Decretò Adrien.
“Sono
d’accordo, nessuno lo deve sapere”.
“Odio
mentire”.
“Anche
io, Adrien. Ma non trovo altra soluzione. Ai nostri amici, diremo che ci siamo
lasciati”.
“Sarà
difficile fare l’indifferente”
“Beh!
Potrai sempre venire in camera mia, come eri solito a fare” Gli disse maliziosa,
mordendosi il labbro inferiore.
*
Continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti, e benvenuti nel seguito
della prima long BEST FRIEND, diciamo che non
è essenziale averla letta, però se volete farlo, mi farà solo che piacere.
Detto
questo, lascerò che i capitoli parlino per me.
Ringrazio
fin da subito chi seguirà questo altro parto della mia mente con estremo
interesse e anche chi vorrà farmi sapere cosa ne penserà.
N.B.: piccolo punto
personale su Chat Blanc…Bunnix credeva fosse stata Marinette a creare il caos firmando quel biglietto, ma
secondo me è stato Adrien, che si trasformò in Chat Noir alla luce del giorno,
facendolo scoprire da suo padre, e da lì è partito il vero casino.
Fatemi
sapere se anche voi la pensate come me.
Un
abbraccio, alla prossima.