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Autore: _Fire_and_Blood_    08/12/2020    7 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - ISCRIZIONI CHIUSE]
Quando Percival Edmund Peverell si ritrova a fare i conti con la consapevolezza che non gli restano più molti anni, la decisione di designare un erede per la consistente fortuna della sua famiglia si fa pressante. Chi scegliere, tra le decine di famiglie Purosangue che nel corso dei secoli si sono legate ai Peverell? E come essere sicuri che la scelta ricada su qualcuno degno? Un torneo tra famiglie sembra essere la scelta migliore per testare le abilità magiche e morali dei possibili futuri eredi, ma famiglie in aperta rivalità tra loro da decenni riusciranno a coesistere sotto lo stesso tetto?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo 3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Tua figlia è un vero disastro. –

William fece capolino dal salone, rivolgendo un’occhiata a metà tra l’indispettito e l’esasperato alla moglie.

- Potrei sapere, di grazia, perché ogni volta che Valerie non si comporta come ti aspetti da lei diventa automaticamente MIA figlia? Eppure sono abbastanza certo che fossimo presenti entrambi all’atto del concepimento. –

Edith inarcò entrambe le sopracciglia, incredula nell’udire la replica del marito, proprio mentre Valerie dava voce alla sua curiosità e domandava, con la sua vocetta da bambina di quattro anni: - Cosa significa concepi… -

Aggrottò il visetto, incapace di ultimare la pronuncia di quel termine così difficile, e aggiunse sbuffando: - Cosa significa quello che ha detto papino? –

- Nulla che una giovane per bene debba conoscere –, la liquidò la madre, - piuttosto dovresti tornare al piano di sotto e riprendere le lezioni d’etichetta. Non mangerai il dolce se sbaglierai le posate per l’ennesima volta; non possiamo rischiare una figuraccia al pranzo di domani a casa dei Greengrass. –

 

 

 

Erin aprì gli occhi, svegliata dal trambusto provocato dall’amica e compagna di stanza. Soffocò un gemito, passandosi una mano sul volto, e fece capolino dalle morbide lenzuola in cui era sprofondata la notte precedente.

La festa era finita tardi e questo, complice qualche bicchiere di vino di troppo e le danze sfrenate, l’avevano ridotta uno straccio.

Massaggiò le tempie con lenti movimenti rotatori.

- La mia povera testa. –

Alexandrina si voltò verso di lei, già perfettamente vestita di tutto punto, e le rivolse un’occhiata che era un misto di accondiscendenza e velato rimprovero.

- Ti avevo detto di non esagerare in quel modo. –

- L’avevi detto -, confermò cercando di mettersi seduta, - ma io non ti ho dato ascolto. Lo sai che non sono brava ad accettare i consigli validi. –

- Non sei brava ad ascoltare nessun consiglio -, la corresse aprendosi in un sorriso divertito, - ma è carino che tu non stia cercando di obiettare. –

Le sorrise di rimando, riuscendo finalmente nell’impresa di abbandonare il letto e indossare la veste da camera al di sopra della lunga camicia da notte.

- Solo perché sei tu, Alexa. –

- E, visto che come hai brillantemente detto io sono io, ci sono anche speranze che io riesca a convincerti a prepararti in tempo per la colazione? –

Erin storse il capo, fingendo di soppesare la sua richiesta, poi arricciò il labbro inferiore in una smorfia irriverente e replicò: - No, spiacente, ma nemmeno per te farei mai tanto. –

La bionda parve non essere minimamente toccata dal suo commento, quasi se lo aspettasse, e fece spallucce per poi dirigersi verso l’uscita.

- Allora ti abbandono al tuo destino e raggiungo Josie. –

Rise, chiudendosi la porta alle spalle, sentendo Erin che borbottava qualcosa sul fatto di avere la decenza di non finire tutti i tattie scone[1].

Scese la rampa di scale a passo deciso, guardandosi attorno alla ricerca di qualche faccia familiare, ma sembrava che il resto degli ospiti del Manor fossero o tutti terribilmente puntuali oppure tremendamente in ritardo.

Conoscendo la maggior parte dei suoi ex compagni, Alexandrina era pronta a scommettere che avrebbe trovato appena la metà dei presenti già riuniti attorno al tavolo della sala da pranzo.

Quasi come se li avesse appellati, vide Michael e Sheridan comparire dall’ala della residenza che era stata destinata ai gentiluomini. Si trovava all’estremo opposto rispetto all’ala delle ragazze, sicuramente per evitare che potesse verificarsi qualsivoglia spiacevole episodio di fraternizzazione.

L’erede dei Potter sembrava piuttosto allegro quella mattina, a giudicare da come chiacchierava con l’amico, ma non si poteva dire altrettanto di Crouch. Il biondo era infatti leggermente imbronciato e camminava in silenzio, limitandosi a rivolgere qualche brusco cenno d’assenso all’indirizzo dell’amico.

- Alexa! –

Michael le rivolse un sorriso smagliante, allungando il passo per raggiungerla e trascinandosi dietro anche Sheridan.

- Ragazzi -, sorrise di rimando, - confesso di essere contenta di aver incontrato qualche faccia amica. Josie è sicuramente già al fianco di suo nonno ed Erin… -

- Non si è ancora alzata – completò per lei il moro.

- Già. Se fosse per lei starebbe tutto il giorno a poltrire. –

Sheridan soffocò uno sbadiglio e allungò una mano a sistemarsi qualche ciocca che gli ricadeva ribelle davanti agli occhi chiari. – Sono d’accordissimo con lei. –

- Ho dovuto tirare giù dal letto anche lui – rivelò Michael.

- E nessuno ti aveva chiesto di farlo. –

Alexandrina ridacchiò davanti a quello scambio di battute. Certe volte, guardando quei due, le sembrava di vedere una versione maschile del rapporto che condividevano lei ed Erin.

 

 

 

- Scarlett non te ne andare. –

Valerie incrociò le braccia al petto e pestò i piedi, incurante della voce della madre che giungeva dal piano inferiore e che le urlava di smetterla di comportarsi come una selvaggia e di lasciare in pace sua sorella.

La maggiore dei Weasley le sorrise, allungando una mano a scompigliarle le ciocche ramate.

- Devo andare, domani comincia il primo anno a Hogwarts. E poi a casa con te rimarrà Joel. –

Gli occhi chiari della piccola si illuminarono al pensiero di poter passare ancora tre anni insieme al fratello maggiore.

- Va bene -, cedette alla fine, - puoi andare ma devi promettere che tornerai per le vacanze. –

Scarlett annuì, porgendole il mignolo.

Lo strinsero a vicenda, facendolo ondeggiare avanti e indietro, e asserì: - Lo giuro. –

 

 

 

Erin s’incamminò indolente verso la sala da pranzo, consapevole di essere in terribile ritardo. Sperava solo di non essersi persa nulla d’importante.

- Ti avevo detto che non saremmo stati gli ultimi. –

La voce trionfante di Lewis le raggiunse le orecchie, spingendola a voltarsi verso la coppia di cugini che arrancava a qualche passo da lei. Rallentò, aspettando che le si affiancassero, e li accolse con un sorriso.

- Lewis ha passato una vita a sistemarsi -, rivelò Valerie salutandola con un rapido bacio sulla guancia, - e quando sono passata a bussare alla sua porta ho impiegato un’eternità a convincerlo ad uscire. Inutile dire che abbiamo corso fino a qui, rendendo la mia acconciatura un’accozzaglia di ciocche rosse. Sembra che sia uscita da un pagliaio. –

Erin le ravviò una ciocca ribelle, appuntandola alla forcina dalla quale era sfuggita, e le raddrizzò una manica dell’abito.

- Sciocchezze, sei incredibilmente attraente come sempre. –

Valerie minimizzò, gesticolando a mezz’aria.

- Sentirò comunque i soliti commenti, specialmente da quel platinato impomatato di tuo cugino e da quella cornacchia della Burke. –

Al contempo Lewis intervenne, riportando l’attenzione su di sé, e finse un lieve broncio.

- A me non dici che sono irresistibile? –

Lo prese sottobraccio, imitando l’espressione civettuola che aveva visto fare a innumerevoli ragazze, e imbastì un’aria sognante decretando: - Naturalmente. Sei incredibilmente e irresistibilmente sciocco, un vero giullare di corte. –

Abbandonò il suo braccio, rimpiazzandolo con quello di Valerie, e le due si allontanarono squassate dalle risate. Alle quali fecero eco, dopo un vago stupore iniziale, anche quelle del ragazzo.

- Sei tremenda, Erin Moody… ferisci il cuore di ogni gentiluomo. –

Si voltò verso di lui, riservandogli un sorriso sfrontato.

- Voglio proprio sperarlo, faccio del mio meglio perché sia così. –

 

 

 

*

 

 

 

- Quella è la sorella di Scarlett Weasley. –

Valerie era abituata a sentir pronunciare frasi come quella, ma di solito veniva fatto con un tono che lasciava intendere quanto sua sorella le fosse superiore e lei fosse una sorta di delusione. Eppure quella volta sembrava che le cose stessero differentemente. Il biasimo era presente, lo riconosceva chiaramente, ma non sembrava tanto rivolto direttamente a lei quanto piuttosto a sua sorella. Rivolse un’occhiata interrogativa all’indirizzo di Joel e Lewis, che apparivano indispettiti da quel commento.

- Cosa hanno da ridire su Scarlett? –

Dopotutto lei era la preferita di sua madre, la figlia perfetta, e l’idea che potesse aver fatto qualcosa di socialmente inaccettabile non le era mai passata per la mente nemmeno per sbaglio.

- Non dare peso a quello che ti dicono queste serpi dalla lingua biforcuta -, replicò Lewis, - si divertono solo a giudicare chi li circonda. –

- Lo so, ma Scar cosa ha fatto? – insistè.

- Sta uscendo con un ragazzo… un Mezzosangue – rivelò suo cugino alla fine.

Quella rivelazione le rese tutto immediatamente più chiaro, a cominciare dal desiderio di sua madre di spingere per siglare un contratto matrimoniale con i Rowle. Cercava di salvare la reputazione della loro famiglia, comprese, ma a quanto sembrava il seme del pettegolezzo aveva ormai attecchito e la loro famiglia aveva perso qualsiasi credibilità agli occhi dei membri delle Sacre Ventotto.  

 

 

 

Gideon sondò la sala con sguardo attento, alla ricerca di un posto libero tra persone che non lo facessero sentire fuori posto. La sua attenzione venne attirata dal braccio che Nathan fece svettare. Gli indicò il posto vuoto accanto a lui, che si era unito a Emily e Martin per consumare il pasto.

Li raggiunse, accomodandosi, sorpreso dalla cordialità che lesse sui volti della coppia. Conosceva abbastanza bene Nathan, ma non ricordava di aver mai avuto più di una manciata di momenti di conversazione con i due Corvonero.

Eppure erano garbati e solari come se si conoscessero da sempre.

- Sembravi un tantino spaesato – gli confidò Emily, passandogli gentilmente il piatto carico di brioches.

- Devo ancora abituarmi a tutto questo – ammise, scegliendone una con cura.

- In bocca al drago -, replicò Martin abbozzando un sorriso, - e se ci riesci ti prego di rivelarmi il tuo segreto, io continuo a non riuscire a intavolare una conversazione costruttiva con più della metà dei presenti. –

- E non hai nemmeno la scusa di essere stato per anni in America – lo punzecchiò Nathan.

Martin non se la prese e rilanciò: - L’America sarebbe troppo vicina a certe influenze. Forse sarebbe meglio un posto sperduto come la Russia o la Cina. –

- Anche quelle mete sarebbero troppo vicine se parliamo di elementi come quelli. –

Emily alzò gli occhi al cielo, assestando un buffetto sulle mani di entrambi i ragazzi.

- Insomma, smettetela con questa storia o Gideon penserà di essere davvero finito in un covo di Basilischi. –

- E non sarebbe nemmeno molto lontano dalla verità. –

- Martin. –

- La smetto, tesoro – assicurò, abbandonando l’invettiva contro i loro compagni e riservando le attenzioni al suo piatto colmo di cibo.

Emily scoccò un sorriso incoraggiante all’indirizzo di Gideon.

- Non sarà poi così terribile. E poi, se proprio dovesse mettersi male, puoi sempre contare su noi tre e sul nostro gruppetto decisamente progressista. –

Gideon ricompensò le sue parole con un sorriso e un lieve cenno del capo.

- La considero come una promessa. –

 

 

 

Saoirse versò un’abbondante dose di caffè nella sua tazza, godendosi l’aroma che proveniva dalle alte volute di lieve vapore che emanava. Fece appena in tempo ad appoggiare la brocca che lo conteneva che la mano di suo fratello emerse dall’altro capo del tavolo e se ne appropriò.

Ne versò una dose ancor più abbondante della sua e poi ne versò un po’ anche a Ravenna, che sedeva accanto a lui e che sfoggiò un’espressione confusa.

- Io non bevo caffè, chérie. –

- Lo so, ma posso sempre servirmi della tua tazza per avere una doppia dose di caffeina – rivelò pragmatico.

Ravenna scosse le onde bionde, ridacchiando, per poi tornare a imburrare con diligente precisione una fetta di pane tostato.

- Voi Gaunt siete davvero strani. –

- Disse quella che ha la parola strano[2] anche nel cognome – la rimbeccò ironicamente Saoirse, per poi terminare con un paio di ampi sorsi il contenuto della sua tazza.

Versò altro caffè.

- Voi due avete forse intenzione di dar fondo a tutte le riserve di caffè presenti nel Manor? –

- Altamente probabile – replicarono i due fratelli all’unisono.

Si sorrisero al di sopra delle brocche, lieti di aver finalmente ritrovato quella complicità che era venuta a mancare da quando Kieran si era trasferito in una casa tutta sua. Per Saoirse era stato difficile passare tanto tempo lontano dal fratello, ma in momenti come quelli si ricordava di quanto fossero simili non solo nell’aspetto.

Ravenna non aggiunse altro, osservando la scena con espressione vagamente intenerita. Vedeva la loro complicità con chiarezza ed era una cosa che per certi versi gli invidiava, lei e sua sorella Rashida non avevano mai avuto nulla di lontanamente simile.

 

 

 

- Ti prego, convincila tu. –

William osservò lo sguardo supplichevole di sua figlia, che si era diplomata da appena una manciata di giorni e già non vedeva l’ora di mettere quanta più distanza possibile tra lei e sua madre.

- Ci penserò io -, assicurò l’uomo con un sospiro, - e tu potrai passare un po’ di tempo in Francia con Lewis. –

Valerie lo abbracciò di getto, stringendolo a sé, e gli scoccò un bacio sulla guancia. Da quando sua madre aveva sistemato Scarlett con Isaac Rowle, nel tentativo di ripristinare la reputazione della famiglia, non aveva fatto mistero di mirare a fare altrettanto anche con Valerie. Ma lei non voleva saperne di finire incastrata in uno di quei matrimoni senza amore, retti solo dalla convenzione sociale, e la Francia sembrava la soluzione migliore. Non sarebbe certo potuta rimanere lì in eterno, ma almeno per un po’ avrebbe rimandato la sua assegnazione a qualche nobile e altezzoso ricco Purosangue.

 

 

 

- Come mai così taciturna, principessa? –

Briseis incontrò le iridi chiare di Aries e si strinse nelle spalle. La verità era che in certi momenti si sentiva quasi tagliata fuori da certi discorsi. Lei non possedeva la stessa schiettezza di Saoirse né la spigliatezza di Ravenna, senza non considerare il fatto che lei e il suo promesso non avessero mai scambiato più che una manciata di chiacchiere.

- Riflettevo. –

- Sicuramente su nulla di allegro -, considerò il ragazzo, - almeno a giudicare dal broncio sul tuo bel faccino. Cosa ti affligge? –

- Perché, vuoi forse calarti nel ruolo di confidente? –

Aries ammiccò: - Posso essere tutto ciò che una gentildonna chiede. In questo caso, più che un confidente credo che a te serva un consigliere. –

Il sopracciglio biondo e perfettamente curato di Briseis svettò in alto, dando voce a tutta la sua incredulità.

- Daresti un consiglio pro bono? –

- Anche due, crepi l’avarizia. –

- E quali sarebbero queste perle di saggezza che saresti tanto magnanimo da elargirmi? –

Aries si sporse leggermente verso di lei, tanto da essere certo che nessun altro li ascoltasse, e rivelò: - Per prima cosa, dovresti proprio cercare di conoscere meglio Kieran e di farti conoscere per quello che sei. E questo si lega al secondo consiglio… esci fuori dal guscio e mostra quella che sei davvero. –

Briseis avrebbe voluto ribattere con qualcosa di arguto, ma doveva ammettere che il ragazzo aveva centrato perfettamente il nocciolo della questione. Per quanto la infastidisse il pensiero che Aries Black fosse riuscito a conoscerla tanto bene, doveva ammettere che sarebbe stata una sciocca se non avesse almeno fatto un tentativo.

Così si costrinse a chinare il capo in assenso.

- Farò del mio meglio per seguire questi tuoi consigli. –

 

 

 

- Sei riuscita a salvare il tuo abito? –

Cora distolse l’attenzione dalle uova strapazzate che aveva nel piatto e si voltò verso il suo vicino di tavolo. Non aveva mai rivolto particolare attenzione a Cassius Malfoy, specialmente a causa della differenza d’età, ma sembrava che in quelle circostanze il rampollo fosse l’unico sinceramente interessato a quello che aveva da dire.

- Sì, è stato accuratamente smacchiato. –

- Ne sono lieto. È stato un incidente veramente disdicevole, ma dopotutto immagino che non si possa pretendere chissà quali buone maniere da una Lestrange. –

Prima ancora di rendersene conto, Cora si ritrovò a sorridere con convinzione.

- Lieta di non essere la sola a pensarlo. Quella Ravenna è fuori di testa esattamente come la maggior parte dei membri della sua famiglia. –

Cassius annuì con garbo.

Non sapeva molto della famiglia di Ravenna, specialmente perché sua madre e sua sorella erano rimaste a vivere in Francia, ma da quanto era emerso dai vari pettegolezzi sembrava che ci fosse qualcosa che non andava nella loro stirpe.

Cora doveva essere meglio informata di lui, a giudicare da come sorrideva beffarda, e si ripromise di chiacchiere ancora a lungo con lei. In un ambiente competitivo e insidioso come il Manor dei Peverell gli avrebbe fatto comodo avere una valida alleata dalla sua. Se questo avrebbe potuto far sì che lui conquistasse Saoirse e lei facesse breccia nel cuore di Kieran allora sarebbe stato tanto meglio.

 

 

 

*

 

 

 

Al termine della colazione Josephine si congedò brevemente dai suoi ospiti e raggiunse suo nonno nel grande studio al primo piano. Le aveva detto che desiderava parlare con lei, ma non aveva detto di cosa si trattasse.

Bussò piano contro la porta in mogano, entrando quando ricevette il permesso. Prese posto su una delle poltrone davanti al caminetto, trovando i gatti intenti a bearsi di quell’inaspettato calore.

Suo nonno le fece cenno di accomodarsi sulla poltrona di fronte alla sua.

- Pensi che i nostri ospiti si stiano ambientando bene? –

Josephine smise di giocherellare con Tulip e Poppy, i suoi siamesi, e incrociò lo sguardo del nonno. Percival la osservava con la sua consueta espressione penetrante, quella che sfoggiava quando valutava le persone che lo circondavano e le circostanze relative a esse.

Sembrava una domanda innocente, ma sapeva bene che suo nonno non apriva bocca solo per fare della frivola conversazione di circostanza. Ogni sua domanda, od osservazione, era calibrata per ottenere una risposta ponderata.

Alla fine cercò di tirare le somme di quelli che erano stati gli eventi della serata precedente. C’era stata un po’ di maretta a seguito dell’incidente tra Ravenna Lestrange e Cora Burke, ma le cose si erano risolte in fretta. Forse c’erano state modeste diatribe appena accennate, frutto delle storiche antipatie che albergavano tra alcuni di loro, ma era stato gestito tutto secondo la rigida etichetta Purosangue e dubitava che le cose sarebbero mai degenerate.

Così alla fine annuì: - Credo di sì. –

- E il giovane Black ha apprezzato la mia riserva invecchiata di whisky incendiario? –

Tentennò davanti a quella domanda.

Il sorriso di suo nonno si allargò ancora di più, illuminandogli anche le iridi chiare, e preannunciò la sua risata.

- Ho osservato quel ragazzo nel corso degli anni e mi rincuora il fatto che non assomigli nemmeno lontanamente a quello stoccafisso privo di spina dorsale di suo padre. Peccato non poter dire altrettanto del giovane Malfoy, lui sì che incarna una versione più giovane del padre – concluse, increspando le labbra in una smorfia.

I Malfoy non erano mai stati una delle famiglie che suscitavano la benevolenza di Percival, ma fortunatamente l’uomo sapeva che non si sarebbe mai dovuto preoccupare troppo di una possibile unione. Il giovane Cassius sembrava non avere occhi se non per Saoirse e di sicuro sua nipote non lo aveva mai neppure considerato in quel senso.

- Nonno… mi sono fatta un’idea su questa storia dell’eredità – rivelò Josephine.

- E sarebbe? –

- Credo che tu non stia vagliando solo i possibili successori per la Bacchetta. –

Percival annuì lentamente.

- Ho sempre ritenuto che possedessi un’intelligenza acuta e superiore alla media. Una volta ancora, avevo ragione. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci qui con il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto. Per il prossimo capitolo, con il quale entreremo finalmente nel vivo delle prove, vi chiederei di votare per l’OC maschile al quale volete che siano dedicati i prossimi flashback:

Aries Black

Gideon Rosier

Sheridan Crouch



[1] I tattie scone, o anche chiamati potato scone, sono un piatto tipico della ricca colazione completa scozzese. Hanno l’aspetto di piccole e sottili frittelle salate, fatte di patate, e sono serviti fritti.

[2] Saoirse si riferisce al fatto che il cognome Lestrange in francese significhi “lo strano”.

   
 
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