Capitolo
3
-
Tua figlia è un vero disastro. –
William
fece capolino dal salone, rivolgendo un’occhiata a
metà tra l’indispettito e l’esasperato
alla moglie.
-
Potrei sapere, di grazia, perché ogni volta che Valerie non
si comporta come ti
aspetti da lei diventa automaticamente MIA figlia? Eppure sono
abbastanza certo
che fossimo presenti entrambi all’atto del concepimento.
–
Edith
inarcò entrambe le sopracciglia, incredula
nell’udire la replica del marito,
proprio mentre Valerie dava voce alla sua curiosità e
domandava, con la sua
vocetta da bambina di quattro anni: - Cosa significa
concepi… -
Aggrottò
il visetto, incapace di ultimare la pronuncia di quel termine
così difficile, e
aggiunse sbuffando: - Cosa significa quello che ha detto papino?
–
-
Nulla che una giovane per bene debba conoscere –, la
liquidò la madre, -
piuttosto dovresti tornare al piano di sotto e riprendere le lezioni
d’etichetta.
Non mangerai il dolce se sbaglierai le posate per l’ennesima
volta; non
possiamo rischiare una figuraccia al pranzo di domani a casa dei
Greengrass. –
Erin
aprì gli occhi, svegliata dal trambusto provocato
dall’amica
e compagna di stanza. Soffocò un gemito, passandosi una mano
sul volto, e fece
capolino dalle morbide lenzuola in cui era sprofondata la notte
precedente.
La
festa era finita tardi e questo, complice qualche bicchiere
di vino di troppo e le danze sfrenate, l’avevano ridotta uno
straccio.
Massaggiò
le tempie con lenti movimenti rotatori.
-
La mia povera testa. –
Alexandrina
si voltò verso di lei, già perfettamente vestita
di tutto punto, e le rivolse un’occhiata che era un misto di
accondiscendenza e
velato rimprovero.
-
Ti avevo detto di non esagerare in quel modo. –
-
L’avevi detto -, confermò cercando di mettersi
seduta, - ma
io non ti ho dato ascolto. Lo sai che non sono brava ad accettare i
consigli
validi. –
-
Non sei brava ad ascoltare nessun consiglio -, la corresse
aprendosi in un sorriso divertito, - ma è carino che tu non
stia cercando di
obiettare. –
Le
sorrise di rimando, riuscendo finalmente nell’impresa di
abbandonare il letto e indossare la veste da camera al di sopra della
lunga camicia
da notte.
-
Solo perché sei tu, Alexa. –
-
E, visto che come hai brillantemente detto io sono io, ci
sono anche speranze che io riesca a convincerti a prepararti in tempo
per la
colazione? –
Erin
storse il capo, fingendo di soppesare la sua richiesta,
poi arricciò il labbro inferiore in una smorfia irriverente
e replicò: - No,
spiacente, ma nemmeno per te farei mai tanto. –
La
bionda parve non essere minimamente toccata dal suo
commento, quasi se lo aspettasse, e fece spallucce per poi dirigersi
verso l’uscita.
-
Allora ti abbandono al tuo destino e raggiungo Josie. –
Rise,
chiudendosi la porta alle spalle, sentendo Erin che
borbottava qualcosa sul fatto di avere la decenza di non finire tutti i
tattie
scone[1].
Scese
la rampa di scale a passo deciso, guardandosi attorno
alla ricerca di qualche faccia familiare, ma sembrava che il resto
degli ospiti
del Manor fossero o tutti terribilmente puntuali oppure tremendamente
in
ritardo.
Conoscendo
la maggior parte dei suoi ex compagni, Alexandrina
era pronta a scommettere che avrebbe trovato appena la metà
dei presenti già
riuniti attorno al tavolo della sala da pranzo.
Quasi
come se li avesse appellati, vide Michael e Sheridan
comparire dall’ala della residenza che era stata destinata ai
gentiluomini. Si
trovava all’estremo opposto rispetto all’ala delle
ragazze, sicuramente per
evitare che potesse verificarsi qualsivoglia spiacevole episodio di
fraternizzazione.
L’erede
dei Potter sembrava piuttosto allegro quella mattina,
a giudicare da come chiacchierava con l’amico, ma non si
poteva dire
altrettanto di Crouch. Il biondo era infatti leggermente imbronciato e
camminava in silenzio, limitandosi a rivolgere qualche brusco cenno
d’assenso
all’indirizzo dell’amico.
-
Alexa! –
Michael
le rivolse un sorriso smagliante, allungando il passo
per raggiungerla e trascinandosi dietro anche Sheridan.
-
Ragazzi -, sorrise di rimando, - confesso di essere contenta
di aver incontrato qualche faccia amica. Josie è sicuramente
già al fianco di
suo nonno ed Erin… -
-
Non si è ancora alzata – completò per
lei il moro.
-
Già. Se fosse per lei starebbe tutto il giorno a poltrire.
–
Sheridan
soffocò uno sbadiglio e allungò una mano a
sistemarsi
qualche ciocca che gli ricadeva ribelle davanti agli occhi chiari.
– Sono d’accordissimo
con lei. –
-
Ho dovuto tirare giù dal letto anche lui –
rivelò Michael.
-
E nessuno ti aveva chiesto di farlo. –
Alexandrina
ridacchiò davanti a quello scambio di battute.
Certe volte, guardando quei due, le sembrava di vedere una versione
maschile
del rapporto che condividevano lei ed Erin.
-
Scarlett non te ne andare. –
Valerie
incrociò le braccia al petto e pestò i piedi,
incurante della voce della madre
che giungeva dal piano inferiore e che le urlava di smetterla di
comportarsi
come una selvaggia e di lasciare in pace sua sorella.
La
maggiore dei Weasley le sorrise, allungando una mano a scompigliarle le
ciocche
ramate.
-
Devo andare, domani comincia il primo anno a Hogwarts. E poi a casa con
te
rimarrà Joel. –
Gli
occhi chiari della piccola si illuminarono al pensiero di poter passare
ancora
tre anni insieme al fratello maggiore.
-
Va bene -, cedette alla fine, - puoi andare ma devi promettere che
tornerai per
le vacanze. –
Scarlett
annuì, porgendole il mignolo.
Lo
strinsero a vicenda, facendolo ondeggiare avanti e indietro, e
asserì: - Lo
giuro. –
Erin
s’incamminò indolente verso la sala da pranzo,
consapevole di essere in terribile ritardo. Sperava solo di non essersi
persa
nulla d’importante.
-
Ti avevo detto che non saremmo stati gli ultimi. –
La
voce trionfante di Lewis le raggiunse le orecchie,
spingendola a voltarsi verso la coppia di cugini che arrancava a
qualche passo
da lei. Rallentò, aspettando che le si affiancassero, e li
accolse con un
sorriso.
-
Lewis ha passato una vita a sistemarsi -, rivelò Valerie
salutandola con un rapido bacio sulla guancia, - e quando sono passata
a
bussare alla sua porta ho impiegato un’eternità a
convincerlo ad uscire. Inutile
dire che abbiamo corso fino a qui, rendendo la mia acconciatura
un’accozzaglia
di ciocche rosse. Sembra che sia uscita da un pagliaio. –
Erin
le ravviò una ciocca ribelle, appuntandola alla forcina
dalla quale era sfuggita, e le raddrizzò una manica
dell’abito.
-
Sciocchezze, sei incredibilmente attraente come sempre. –
Valerie
minimizzò, gesticolando a mezz’aria.
-
Sentirò comunque i soliti commenti, specialmente da quel
platinato impomatato di tuo cugino e da quella cornacchia della Burke.
–
Al
contempo Lewis intervenne, riportando l’attenzione su di
sé,
e finse un lieve broncio.
-
A me non dici che sono irresistibile? –
Lo
prese sottobraccio, imitando l’espressione civettuola che
aveva visto fare a innumerevoli ragazze, e imbastì
un’aria sognante decretando:
- Naturalmente. Sei incredibilmente e irresistibilmente sciocco, un
vero
giullare di corte. –
Abbandonò
il suo braccio, rimpiazzandolo con quello di
Valerie, e le due si allontanarono squassate dalle risate. Alle quali
fecero
eco, dopo un vago stupore iniziale, anche quelle del ragazzo.
-
Sei tremenda, Erin Moody… ferisci il cuore di ogni
gentiluomo. –
Si
voltò verso di lui, riservandogli un sorriso sfrontato.
-
Voglio proprio sperarlo, faccio del mio meglio perché sia
così. –
*
-
Quella è la sorella di Scarlett Weasley. –
Valerie
era abituata a sentir pronunciare frasi come quella, ma di solito
veniva fatto
con un tono che lasciava intendere quanto sua sorella le fosse
superiore e lei
fosse una sorta di delusione. Eppure quella volta sembrava che le cose
stessero
differentemente. Il biasimo era presente, lo riconosceva chiaramente,
ma non
sembrava tanto rivolto direttamente a lei quanto piuttosto a sua
sorella.
Rivolse un’occhiata interrogativa all’indirizzo di
Joel e Lewis, che apparivano
indispettiti da quel commento.
-
Cosa hanno da ridire su Scarlett? –
Dopotutto
lei era la preferita di sua madre, la figlia perfetta, e
l’idea che potesse
aver fatto qualcosa di socialmente inaccettabile non le era mai passata
per la
mente nemmeno per sbaglio.
-
Non dare peso a quello che ti dicono queste serpi dalla lingua
biforcuta -,
replicò Lewis, - si divertono solo a giudicare chi li
circonda. –
-
Lo so, ma Scar cosa ha fatto? – insistè.
-
Sta uscendo con un ragazzo… un Mezzosangue –
rivelò suo cugino alla fine.
Quella
rivelazione le rese tutto immediatamente più chiaro, a
cominciare dal desiderio
di sua madre di spingere per siglare un contratto matrimoniale con i
Rowle.
Cercava di salvare la reputazione della loro famiglia, comprese, ma a
quanto
sembrava il seme del pettegolezzo aveva ormai attecchito e la loro
famiglia
aveva perso qualsiasi credibilità agli occhi dei membri
delle Sacre Ventotto.
Gideon
sondò la sala con sguardo attento, alla ricerca di un
posto libero tra persone che non lo facessero sentire fuori posto. La
sua
attenzione venne attirata dal braccio che Nathan fece svettare. Gli
indicò il
posto vuoto accanto a lui, che si era unito a Emily e Martin per
consumare il
pasto.
Li
raggiunse, accomodandosi, sorpreso dalla cordialità che
lesse
sui volti della coppia. Conosceva abbastanza bene Nathan, ma non
ricordava di
aver mai avuto più di una manciata di momenti di
conversazione con i due
Corvonero.
Eppure
erano garbati e solari come se si conoscessero da sempre.
-
Sembravi un tantino spaesato – gli confidò Emily,
passandogli gentilmente il piatto carico di brioches.
-
Devo ancora abituarmi a tutto questo – ammise, scegliendone
una con cura.
-
In bocca al drago -, replicò Martin abbozzando un sorriso, -
e se ci riesci ti prego di rivelarmi il tuo segreto, io continuo a non
riuscire
a intavolare una conversazione costruttiva con più della
metà dei presenti. –
-
E non hai nemmeno la scusa di essere stato per anni in
America – lo punzecchiò Nathan.
Martin
non se la prese e rilanciò: - L’America sarebbe
troppo
vicina a certe influenze. Forse sarebbe meglio un posto sperduto come
la Russia
o la Cina. –
-
Anche quelle mete sarebbero troppo vicine se parliamo di
elementi come quelli. –
Emily
alzò gli occhi al cielo, assestando un buffetto sulle
mani di entrambi i ragazzi.
-
Insomma, smettetela con questa storia o Gideon penserà di
essere davvero finito in un covo di Basilischi. –
-
E non sarebbe nemmeno molto lontano dalla verità. –
-
Martin. –
-
La smetto, tesoro – assicurò, abbandonando
l’invettiva
contro i loro compagni e riservando le attenzioni al suo piatto colmo
di cibo.
Emily
scoccò un sorriso incoraggiante all’indirizzo di
Gideon.
-
Non sarà poi così terribile. E poi, se proprio
dovesse mettersi
male, puoi sempre contare su noi tre e sul nostro gruppetto decisamente
progressista.
–
Gideon
ricompensò le sue parole con un sorriso e un lieve
cenno del capo.
-
La considero come una promessa. –
Saoirse
versò un’abbondante dose di caffè nella
sua tazza,
godendosi l’aroma che proveniva dalle alte volute di lieve
vapore che emanava.
Fece appena in tempo ad appoggiare la brocca che lo conteneva che la
mano di
suo fratello emerse dall’altro capo del tavolo e se ne
appropriò.
Ne
versò una dose ancor più abbondante della sua e
poi ne
versò un po’ anche a Ravenna, che sedeva accanto a
lui e che sfoggiò un’espressione
confusa.
-
Io non bevo caffè, chérie. –
-
Lo so, ma posso sempre servirmi della tua tazza per avere
una doppia dose di caffeina – rivelò pragmatico.
Ravenna
scosse le onde bionde, ridacchiando, per poi tornare a
imburrare con diligente precisione una fetta di pane tostato.
-
Voi Gaunt siete davvero strani. –
-
Disse quella che ha la parola strano[2]
anche nel cognome – la rimbeccò ironicamente
Saoirse, per poi terminare con un
paio di ampi sorsi il contenuto della sua tazza.
Versò
altro caffè.
-
Voi due avete forse intenzione di dar fondo a tutte le
riserve di caffè presenti nel Manor? –
-
Altamente probabile – replicarono i due fratelli
all’unisono.
Si
sorrisero al di sopra delle brocche, lieti di aver
finalmente ritrovato quella complicità che era venuta a
mancare da quando
Kieran si era trasferito in una casa tutta sua. Per Saoirse era stato
difficile
passare tanto tempo lontano dal fratello, ma in momenti come quelli si
ricordava di quanto fossero simili non solo nell’aspetto.
Ravenna
non aggiunse altro, osservando la scena con
espressione vagamente intenerita. Vedeva la loro complicità
con chiarezza ed
era una cosa che per certi versi gli invidiava, lei e sua sorella
Rashida non
avevano mai avuto nulla di lontanamente simile.
-
Ti prego, convincila tu. –
William
osservò lo sguardo supplichevole di sua figlia, che si era
diplomata da appena
una manciata di giorni e già non vedeva l’ora di
mettere quanta più distanza
possibile tra lei e sua madre.
-
Ci penserò io -, assicurò l’uomo con un
sospiro, - e tu potrai passare un po’
di tempo in Francia con Lewis. –
Valerie
lo abbracciò di getto, stringendolo a sé, e gli
scoccò un bacio sulla guancia.
Da quando sua madre aveva sistemato Scarlett con Isaac Rowle, nel
tentativo di
ripristinare la reputazione della famiglia, non aveva fatto mistero di
mirare a
fare altrettanto anche con Valerie. Ma lei non voleva saperne di finire
incastrata in uno di quei matrimoni senza amore, retti solo dalla
convenzione
sociale, e la Francia sembrava la soluzione migliore. Non sarebbe certo
potuta
rimanere lì in eterno, ma almeno per un po’
avrebbe rimandato la sua
assegnazione a qualche nobile e altezzoso ricco Purosangue.
-
Come mai così taciturna, principessa? –
Briseis
incontrò le iridi chiare di Aries e si strinse nelle
spalle. La verità era che in certi momenti si sentiva quasi
tagliata fuori da
certi discorsi. Lei non possedeva la stessa schiettezza di Saoirse
né la
spigliatezza di Ravenna, senza non considerare il fatto che lei e il
suo
promesso non avessero mai scambiato più che una manciata di
chiacchiere.
-
Riflettevo. –
-
Sicuramente su nulla di allegro -, considerò il ragazzo, -
almeno a giudicare dal broncio sul tuo bel faccino. Cosa ti affligge?
–
-
Perché, vuoi forse calarti nel ruolo di confidente?
–
Aries
ammiccò: - Posso essere tutto ciò che una
gentildonna
chiede. In questo caso, più che un confidente credo che a te
serva un
consigliere. –
Il
sopracciglio biondo e perfettamente curato di Briseis
svettò in alto, dando voce a tutta la sua
incredulità.
-
Daresti un consiglio pro bono? –
-
Anche due, crepi l’avarizia. –
-
E quali sarebbero queste perle di saggezza che saresti tanto
magnanimo da elargirmi? –
Aries
si sporse leggermente verso di lei, tanto da essere
certo che nessun altro li ascoltasse, e rivelò: - Per prima
cosa, dovresti
proprio cercare di conoscere meglio Kieran e di farti conoscere per
quello che
sei. E questo si lega al secondo consiglio… esci fuori dal
guscio e mostra
quella che sei davvero. –
Briseis
avrebbe voluto ribattere con qualcosa di arguto, ma
doveva ammettere che il ragazzo aveva centrato perfettamente il
nocciolo della
questione. Per quanto la infastidisse il pensiero che Aries Black fosse
riuscito a conoscerla tanto bene, doveva ammettere che sarebbe stata
una
sciocca se non avesse almeno fatto un tentativo.
Così
si costrinse a chinare il capo in assenso.
-
Farò del mio meglio per seguire questi tuoi consigli.
–
-
Sei riuscita a salvare il tuo abito? –
Cora
distolse l’attenzione dalle uova strapazzate che aveva
nel piatto e si voltò verso il suo vicino di tavolo. Non
aveva mai rivolto
particolare attenzione a Cassius Malfoy, specialmente a causa della
differenza
d’età, ma sembrava che in quelle circostanze il
rampollo fosse l’unico
sinceramente interessato a quello che aveva da dire.
-
Sì, è stato accuratamente smacchiato. –
-
Ne sono lieto. È stato un incidente veramente disdicevole,
ma dopotutto immagino che non si possa pretendere chissà
quali buone maniere da
una Lestrange. –
Prima
ancora di rendersene conto, Cora si ritrovò a sorridere
con convinzione.
-
Lieta di non essere la sola a pensarlo. Quella Ravenna è
fuori di testa esattamente come la maggior parte dei membri della sua
famiglia.
–
Cassius
annuì con garbo.
Non
sapeva molto della famiglia di Ravenna, specialmente perché
sua madre e sua sorella erano rimaste a vivere in Francia, ma da quanto
era
emerso dai vari pettegolezzi sembrava che ci fosse qualcosa che non
andava
nella loro stirpe.
Cora
doveva essere meglio informata di lui, a giudicare da
come sorrideva beffarda, e si ripromise di chiacchiere ancora a lungo
con lei.
In un ambiente competitivo e insidioso come il Manor dei Peverell gli
avrebbe
fatto comodo avere una valida alleata dalla sua. Se questo avrebbe
potuto far
sì che lui conquistasse Saoirse e lei facesse breccia nel
cuore di Kieran
allora sarebbe stato tanto meglio.
*
Al
termine della colazione Josephine si congedò brevemente dai
suoi ospiti e raggiunse suo nonno nel grande studio al primo piano. Le
aveva
detto che desiderava parlare con lei, ma non aveva detto di cosa si
trattasse.
Bussò
piano contro la porta in mogano, entrando quando
ricevette il permesso. Prese posto su una delle poltrone davanti al
caminetto,
trovando i gatti intenti a bearsi di quell’inaspettato calore.
Suo
nonno le fece cenno di accomodarsi sulla poltrona di
fronte alla sua.
-
Pensi che i nostri ospiti si stiano ambientando bene? –
Josephine
smise di giocherellare con Tulip e Poppy, i suoi siamesi,
e incrociò lo sguardo del nonno. Percival la osservava con
la sua consueta
espressione penetrante, quella che sfoggiava quando valutava le persone
che lo
circondavano e le circostanze relative a esse.
Sembrava
una domanda innocente, ma sapeva bene che suo nonno
non apriva bocca solo per fare della frivola conversazione di
circostanza. Ogni
sua domanda, od osservazione, era calibrata per ottenere una risposta
ponderata.
Alla
fine cercò di tirare le somme di quelli che erano stati
gli eventi della serata precedente. C’era stata un
po’ di maretta a seguito
dell’incidente tra Ravenna Lestrange e Cora Burke, ma le cose
si erano risolte
in fretta. Forse c’erano state modeste diatribe appena
accennate, frutto delle
storiche antipatie che albergavano tra alcuni di loro, ma era stato
gestito
tutto secondo la rigida etichetta Purosangue e dubitava che le cose
sarebbero
mai degenerate.
Così
alla fine annuì: - Credo di sì. –
-
E il giovane Black ha apprezzato la mia riserva invecchiata
di whisky incendiario? –
Tentennò
davanti a quella domanda.
Il
sorriso di suo nonno si allargò ancora di più,
illuminandogli anche le iridi chiare, e preannunciò la sua
risata.
-
Ho osservato quel ragazzo nel corso degli anni e mi rincuora
il fatto che non assomigli nemmeno lontanamente a quello stoccafisso
privo di
spina dorsale di suo padre. Peccato non poter dire altrettanto del
giovane
Malfoy, lui sì che incarna una versione più
giovane del padre – concluse,
increspando le labbra in una smorfia.
I
Malfoy non erano mai stati una delle famiglie che
suscitavano la benevolenza di Percival, ma fortunatamente
l’uomo sapeva che non
si sarebbe mai dovuto preoccupare troppo di una possibile unione. Il
giovane
Cassius sembrava non avere occhi se non per Saoirse e di sicuro sua
nipote non
lo aveva mai neppure considerato in quel
senso.
-
Nonno… mi sono fatta un’idea su questa storia
dell’eredità –
rivelò Josephine.
-
E sarebbe? –
-
Credo che tu non stia vagliando solo i possibili successori
per la Bacchetta. –
Percival
annuì lentamente.
-
Ho sempre ritenuto che possedessi un’intelligenza acuta e
superiore alla media. Una volta ancora, avevo ragione. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui con il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto. Per il prossimo
capitolo, con
il quale entreremo finalmente nel vivo delle prove, vi chiederei di
votare per
l’OC maschile al quale volete che siano dedicati i prossimi
flashback:
Aries Black
Gideon Rosier
Sheridan Crouch
[1]
I
tattie scone, o anche
chiamati potato scone, sono un piatto tipico della ricca colazione
completa
scozzese. Hanno l’aspetto di piccole e sottili frittelle
salate, fatte di
patate, e sono serviti fritti.
[2]
Saoirse
si riferisce al
fatto che il cognome Lestrange in francese significhi “lo
strano”.