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Autore: jomonet    08/12/2020    1 recensioni
Zuko e Katara sono fermi in un tunnel buio e oscuro. Gli uomini neri, seguaci fedeli del padre di Zuko, li hanno divisi dal resto del gruppo e li stanno cercando. I due ragazzi non si muovono da lì, attendendo il momento giusto per andarsene. Ma cosa succede quando rimani bloccato in un posto con l’ultima persona al mondo che vorresti fosse a fianco a te? E se quel luogo buio e dimenticato da tutti e da tutto portasse luce ai loro sentimenti da tempo nascosti e rinnegati? La loro sottile amicizia cadrà per sempre o si rafforzerà per trasformarsi in qualcos’altro?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Zuko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Con le mani ferme in tasca, Zuko si avvicinò lentamente a lei, diminuendo la distanza tra loro. Pian piano, vide uscire con calma i suoi pollici. Lei tremava, appoggiata con la schiena dall’altra parte del tunnel, le mancava il fiato. Erano lì, da circa una mezz’ora, per nascondersi dagli uomini in nero, fedeli servitori del padre di lui. Erano stati lunghi minuti pieni di silenzio, di esitazione, in cui ognuno, nel proprio spazio, si reggeva ad una parete diversa. 

<< Katara. >> , disse semplicemente lui, mentre i suoi occhi d’oro la scrutavano tutta. Due iridi vive, curiose, ma attente. Non volevano fare nessun passo falso. 

Il suo petto si bloccò, anche se la sua bocca si aprì leggermente per far entrare dell’aria che non aveva più. Era come se il suo corpo si rifiutasse di farla respirare. Allora tentò di riprendere il controllo su di sé, mentre il corvino davanti a lei toglieva definitivamente le mani dalle sue tasche.

<< Cosa c’è? >>, riuscì finalmente a rispondergli secca. Zuko non parve far caso al suo tono di voce appena usato, anzi, allungò prima un braccio e poi l’altro contro la parete a cui lei era appoggiata. Le sue iridi d’oro l’osservavano ancora interessate, attente a qualsiasi suo particolare. Lei non ne capiva il motivo, ma desiderava solo essere forte per respingerlo e non finire così, come ogni volta che se lo ritrovava davanti, senza fiato e con il cuore a mille. Lei sapeva che i suoi occhi la stavano mangiando, come avevano sempre fatto, da sempre. Non aveva paura di quello sguardo selvaggio, no, aveva paura delle sue labbra sottili, di quello che loro avrebbero potuto fare alla sua bocca, al suo cuore, a lei. La verità era che lei non avrebbe mai voluto finire in quel tunnel da sola con lui, perché non voleva rimanere così tanto tempo in silenzio con lui, non voleva vederlo, non voleva dover sopportare la sua presenza in una stessa stanza, ma quegli stupidi uomini erano riusciti a dividerli dal resto del gruppo e ora doveva rimanere nascosta, in quel posto schifoso e malsano, con l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto al suo fianco. Stare con lui significava accettare i propri sentimenti e lei non voleva. O sì? Era stanca da una parte di scappare e correre via da lui. E ora? Ora, Zuko era davanti a lei con i suoi occhi a mandorla fissi sui suoi. Il suo respiro sbatteva violentemente contro la sua bocca ancora semiaperta: era lui che le dava l’aria che necessitava, proveniva dal suo respiro, dalle sue labbra.

Il corvino si fece più avanti, mentre lei indietreggiò appoggiando definitivamente la sua schiena contro il muro. Ripetè, ma con voce più bassa, quello che gli aveva già detto, nonostante dall’altra parte non ci fu mai una vera e propria risposta, ma solo un sorriso malizioso che si formò sul volto pallido. Lei insistette anche quando i suoi occhi blu caddero per sbaglio, o forse no, sulle labbra del ragazzo, continuamente mordicchiate dai suoi denti. Era impaziente. Aveva aspettato mezz’ora per cosa, allora? Forse per controllare che non ci fossero intoppi esterni come di solito accadeva?

<< Zuko. >>, sospirò lei. 

<< Sì? >> 

<< Cosa vuoi? >>

Lui si bloccò. I suoi occhi d’oro si spostarono dai suoi alla sua bocca, per poi, infine, risalire di nuovo nel suo oceano blu. Katara si morse spontaneamente il labbro inferiore. Cosa le stava succedendo? Non sentiva più le sue gambe e nemmeno le sue braccia da un bel po’ e il suo istinto insisteva, più e più volte, a invitarla ad allungare le sue braccia sul petto di lui, stringere quella felpa, toglierla e infine affondare le sue dita sui suoi capelli neri come la pece, ma morbidi, lisci e fini che riuscivano a coprire parte del suo sguardo, della sua cicatrice sull’occhio sinistro. Una lunga frangia nera riusciva a coprirla bene, come d’altronde lui aveva sempre nascosto, in maniera ottimale, il suo dolore dietro ad essa. Katara aveva passato così tanto tempo a pensare a come sarebbe stato, un giorno, poterla toccare e sentire con mano il calore e la fragilità che il ragazzo celava dietro ad essa.

Il corvino ricominciò a fissarla, ma questa volta con più intensità. C’era qualcosa di nascosto in quello sguardo, qualcosa di più profondo. Fiamme alte divampavano senza controllo dentro le luminose iridi gialle di lui, indomate, lasciate libere di invadere le sue, solo per scontrarsi e unirsi con il mare agitato che irrompeva nei suoi occhi. Lei sbatté più volte le palpebre, perché non riusciva e non poteva crederci, non poteva essere vero, doveva essere finto. Zuko non poteva pensare a quella cosa con lei. Non poteva provare quella cosa per lei. Giusto? Già, quella cosa chiamata amore. Loro due si conoscevano da poco tempo, ma la realtà dei fatti affermava tutt’altro: lei lo capiva, lei sapeva cosa c’era dietro a quel dolore che lui nascondeva dietro la sua frangia, dietro il suo atteggiamento freddo, distaccato e imbronciato, dietro ai suoi occhi ghiacciati eppure caldi come il sole. Lei sapeva che dentro di lui c’era qualcosa, una piccola fiamma che lui cercava in tutti i modi di spegnere, ma che ora, al contrario della normalità, lo stava guidando, abbandonandolo in questo mare di esitazioni, di respiri persi e tremolii sotto pelle. Lei lo sapeva, perché anche lei era così. Cercava in continuazione di domare, ogni giorno, quelle onde che volevano sommergerla, farla affogare. Lei era come una piccola barchetta dispersa all’interno di una tempesta marittima. E così era anche lui: un ragazzo perso tra le fiamme altissime che lentamente bruciavano la sua anima. Avevano così tanto dentro e così poco fuori che, non appena i loro occhi si incontrarono la prima volta, rimasero aggrappati fra di loro per diverso tempo, come se fossero alla ricerca di un vero sostegno. Un sostegno reciproco che potesse aiutare entrambi a riemergere dalla tempesta che irrompeva violentemente nelle loro anime. Lei che si era sempre mostrata gentile, affabile e affidabile con tutti, in realtà avrebbe voluto solo urlare e gridare contro il mondo intero che, a differenza sua, almeno lui aveva il coraggio di fare ogni giorno. Raramente parlavano fra loro, poiché non appena uno dei due provava a pronunciare una nuova strategia, l’altro immediatamente obbiettava o cambiava qualche passaggio del piano appena proposto. Non chiacchieravano su argomenti futili, solo sullo stretto necessario, eppure comunicavano molto, più di tutti gli altri. Uno sguardo. Bastava uno scambio di sguardi e si sentivano già meglio, sollevati. La maggior parte delle volte si confrontavano così e a loro stava bene, o almeno fino a quel momento. Gli occhi di Zuko le stavano dicendo diverse e troppe cose, contrastanti fra loro. Il silenzio, loro migliore amico, galleggiava nell’aria, fermo e immobile, come le braccia forti e magre del ragazzo, ancora, appoggiate contro la sua parete. 

<< Cosa vuoi? >>, ripeté Katara con la voce sempre più spezzata. 

Lui abbassò per un momento il suo sguardo sul pavimento del tunnel, facendo finta di star cercando qualcosa. Lei trattenne il respiro, facendo gonfiare il suo petto che era a pochi centimetri da quello del ragazzo. Zuko rialzò velocemente i suoi occhi, notando la reazione che le aveva suscitato. Erano morbidi, calmi, ma allo stesso tempo scuri, desiderosi di qualcosa, o meglio di qualcuno, di lei. Era affamato e, nonostante facesse fatica a crederci e ad accettarlo, anche lei lo era. 

<< Te. >>, disse semplicemente il corvino. 

Gli occhi blu di Katara si illuminarono, contrastando il buio di quel posto dimenticato da tutti e da tutto. Non poteva credere alle sue orecchie. In quel luogo scuro, lui si stava facendo avanti? Dopo tutte le altre missioni fatte assieme? O era solo un passatempo per lui? Allora, perché anche i suoi occhi stavano brillando come mai avevano fatto? Lei non proferì parola. Aveva la gola secca e tanti, e forse anche troppi, pensieri in testa che le offuscavano la vista. Tentava invano di mantenere ben strette le redini che bloccavano il suo corpo.

<< So che anche tu mi vuoi. >>, continuo lui serio e deciso sulle sue parole. Lui lo sapeva, lo vedeva negli occhi della ragazza, dal suo corpo irrigidito e tremante sotto al suo. Lui la conosceva meglio di tutti, nonostante Katara fosse l’ultima persona della squadra con cui parlasse. Lui lo sapeva, perché loro due erano l’uno il riflesso dell’altra. 

La ragazza balbettò qualche sillaba prima di riuscire a decifrare una parola: << Vuoi... >> 

<< Dici ora? Perché ora? E non ieri sera, ad esempio? Davanti al fuoco, dopo che gli altri se ne erano andati a dormire? >> Lui la guardò impassibile. << Sai il motivo. >> 

Perché lei si sarebbe arrabbiata? Avrebbe urlato contro di lui e tutti gli altri si sarebbero svegliati, non capendo niente di cosa stesse succedendo a quei due? Che non avrebbero avuto la privacy che dopo un litigio avrebbero voluto avere? Perché si, ogni volta che una loro discussione terminava, i loro sguardi di fissavano furiosi, ma dietro nascondevano tutt’altro, una sensazione, un istinto più forte di loro due, che li avrebbe portati a compiere solo altri casini. La passione. Katara ingoiò un grumo di saliva che si era bloccato al centro della sua gola. Lui lo sapeva bene, come anche lei lo sapeva bene. 

<< Lo so. >>, gli rispose seccata. 

Lui rise appena, sotto il suo sguardo stanco di resistere a quella tentazione che era lì davanti a lei. Ad un certo punto, però, lui contrasse velocemente i suoi stessi lineamenti, come una reazione allergica al suo sorriso, facendosi ancora più serio del solito.

<< È inutile che continuiamo così. Non ci credo più a questa scenetta messa in atto da entrambi, da sempre. E non ci credi nemmeno tu. Addirittura gli altri cominciano a farsi delle domande. Compreso tuo fratello. >> 

<< È vero, non ci credo più, ma cosa ti aspetti? Che ti stenda un tappeto rosso fino alle mia labbra? >>, esclamò lei alzando la voce. 

<< Certo, perché non ci hai pensato prima? >>, chiese ironico il ragazzo, stringendo forte i denti. 

<< Oh, scusami, muso lungo! La prossima volta ti invierò un messaggio! >> 

L’espressione del corvino si fece più cupa, ma la sua determinazione non sparì, anzi, lo spinse ad accorciare ancora di più la distanza che lo divideva di poco dal volto della ragazza. << Katara. >>, ricominciò lui abbassando la sua voce. 

<< Perché? >>, fu fermato da lei. << Perché hai aspettato mezz’ora dall’altra parte del tunnel? Se hai così tanto bisogno di fare il famoso passo successivo? >>, gli occhi blu lo scrutavano con odio, rabbia e tristezza, << Perché ora? Adesso? Oggi? >>, continuò lei sbattendo le sue mani contro il petto forte e muscoloso del ragazzo. 

<< Perché sono stanco di questo gioco. Non voglio più far finta di essere diverso da te, di essere freddo con tutti. Ho bisogno di amore, Katara, e solo tu puoi aiutarmi a domare il mio fuoco interiore. Lo alimenti giorno e notte, mentre questo mi consuma fin dentro le ossa, perché non riesco a farlo esplodere fuori di me. Ogni volta che ti vedo svegliare nel tuo letto, ogni volta che urli un gioioso buongiorno e io vorrei tirarti addosso il mio cuscino con tutto l’odio del mondo, ma un momento dopo vorrei solo buttarmi sulle tue labbra per baciarti e ringraziarti di avermi regalato un buon inizio settimana con la tua dolce voce. Ogni volta che facciamo a gara a chi trova il cibo migliore nelle città in cui vaghiamo o a chi riesce a trovare un’ottima strategia prima dell’altro. Sono stufo di far finta di odiarti solamente. Io ti odio, ma solo perché ti amo. >> 

Katara rimase senza parole e per un lungo attimo calò di nuovo un silenzio religioso. Le parole del corvino le riecheggiavano nella testa, una dopo l’altra, imprimendosi per bene nella sua mente e nel suo cuore. Separò leggermente le sue labbra l’una dall’altra e istintivamente sollevò di poco il suo volto, facendo avvicinare ancora di più le punte dei loro nasi. 

Lo sguardo d’oro non smise un momento di osservarla, di cercare i suoi occhi, imprimendo nella sua mente ogni suo particolare che le caratterizzava il viso. 

Le mani, che fino a qualche tempo fa, lo sfioravano sul petto per colpirlo e fargli del male, ora si chiusero in un pugno attorno alla sua felpa. Katara non parlava, non ci riusciva e perciò preferì fare altro: con uno strattone eliminò quella poca distanza che li separava, facendo incontrare finalmente le loro bocche.

I volti si unirono, accarezzandosi e sfregandosi fra loro dolcemente. Si estraniarono completamente da quel luogo malsano, da quel tunnel, non pensando più a nessun inseguimento, agli uomini e seguaci del padre di Zuko, agli altri e di cosa potessero pensare se li avessero beccati in quel momento. Erano completamente persi tra le loro braccia. Pensieri e atti guidati solo dal cuore e dalla voglia sempre più persistente dell’altro. Non bastavano le loro labbra, volevano di più. Katara si staccò leggermente dal viso di Zuko. Non capiva cosa stesse succedendo, cosa stava prendendo a lei. Non riusciva più a placare, come aveva sempre fatto, la sua minacciosa onda interiore. La stava affogando. Dunque era lui? Era sempre stato lui la tempesta che provava ogni giorno appena apriva gli occhi? Era lui la causa? La vera causa, oltre al dolore e alla rabbia che, giorno dopo giorno, persisteva e resisteva dentro di lei dopo la morte di sua madre? Katara lo guardò stupita, aggrappata stretta ancora contro la sua felpa. Respirava affannosamente con la bocca gonfia aperta. 

<< Tutto bene? >>, le chiese Zuko con un tono della voce molto basso, dolce, tenero, come non aveva mai fatto, come se tenesse a lei più di ogni altra cosa al mondo. 

Tutto ciò le faceva girare la testa. Le sembrava di aver bevuto tre, anzi no, cinque birre di seguito a stomaco vuoto. Era tutto così strano, ma così bello allo stesso tempo. Si sentiva finalmente leggera. Un gran peso scivolò via dal suo petto, dopo aver fatto un ultimo e profondo respiro. I suoi occhi si posarono dalle labbra del corvino alle iridi d’oro che la stavano studiando attentamente. Annuì leggermente. Lui si rilassò a quella risposta, le sue spalle si abbassarono lentamente e le sue braccia smisero di essere in tensione attorno al suo corpo. 

<< Zuko. >>, disse a bassa voce. 

<< Dimmi, Katara. >>, le rispose con tranquillità non solita. 

<< Sei proprio tu? >> Lo guardò intensamente. << Non sei mai stato così... Con nessuno... E ora? Sapevo che.. Lo vedevo dai tuoi occhi, dai tuoi comportamenti... >>

<< E da quella volta in cui la misteriosa dama velata scoprì chi si nascondeva dietro la maschera dello spirito blu? Guerriero al servizio degli indifesi durante la notte, come la sua dama? >>, le suggerì sottovoce. 

Katara finalmente sorrise. << Non solo da quello in realtà, ma anche quando rimbocchi le coperte di nascosto ai più piccoli della squadra, all’una di notte, e credi che tutti noi dormiamo, o quando lasci vincere apposta mio fratello o Suki ai giochi da tavolo, oppure quando trovammo quel bambino, che non ritrovava i suoi genitori, e tu lo hai preso sotto la tua custodia e ti arrabbiavi solamente se qualcuno posava una sola mano su quel ragazzino. Era un tuo compito e lo avevi preso seriamente, perché ti rivedevi in lui. Tanti, piccoli, comportamenti che forse gli altri posso non notare, ma io si e tu lo sai. >> 

Le labbra sottili del ragazzo si piegarono leggermente verso destra. << Vedo che la ragazza ha un certo occhio lungo. >> 

<< Pensavo lo sapessi. >>

<< Proprio così. >> 

Calò di nuovo del silenzio tra loro. Zuko, allora, si staccò da quell’abbraccio e si allontanò leggermente dal corpo di lei. Era caldissima. Sembrava che fosse lei ad avere un fuoco, che dal suo animo cercasse in tutti modi di uscire e bruciare tutto ciò che la circondasse. Invece no, era lui. Lui non riusciva più a domare quelle fiamme che accendevano e ardevano dentro la sua anima, il suo cuore, fino a divampare ovunque. In tutta quella mezz’ora di distacco da lei aveva cercato di placarle con respiri profondi e con pensieri assolutamente lontani da lei. Alla fine, però, aveva ceduto a quell’istinto che gli aveva bruciato in cenere lo stomaco, i polmoni e il cuore, non riuscendo più a prendere dell’aria e a rilassarsi, con Katara a pochi passi da lui, per così tanto tempo, da soli

<< Zuko. >>

Lei interruppe i pensieri di lui. 

Il corvino si rese conto di aver fissato costantemente quell’oceano blu, in cui annegava involontariamente sempre quando la guardava, anche di sfuggita. Sfumature azzurre che si mescolavano con la notte più buia. Questa volta, però, era stato sommerso per un attimo da quell’acqua limpida, che con fatica aveva sempre cercato di evitare per non affogarcisi dentro. Adesso fu lui a sbattere le palpebre per riprendere il poco controllo che gli era rimasto sul proprio corpo. D’improvviso, perciò, allungò le sue mani sul volto della ragazza, appoggiandogliele sulle guance per accarezzarle, e lentamente fece incontrare nuovamente i loro volti in un bacio sempre meno casto. 

<< Sono stanca, Zuko. >>, gli sussurrò ad un certo punto contro le sue labbra gonfie. 

Lui la guardò interrogativo. 

<< Sono stanca, anche io. >> Katara posò le sue mani sui fianchi del corvino. << Sono stanca di odiarti solamente. >> 

A quelle parole entrambi abbandonarono tutto ciò che li teneva legati a quel mondo, a quella realtà, per balzare in un’altra, solo loro, solo loro due. Ruppero quei finti muri di paglia, che si erano creati con l’aiuto del tempo e della mente per stare il più lontano possibile dall’altro, inutili e instabili, e abbassarono le loro difese, che per tutto quel periodo erano state ben alzate, abbandonarono ogni forma di rabbia e rancore solo per quel momento loro. Ne erano consapevoli e sapevano perfettamente che non ci sarebbe mai stato un pulsante “reset”. Dopo che le loro lingue si incontrarono, in seguito ad una lunga attesa spesa in agonia, sapevano che niente sarebbe stato più come prima. Nessun passo indietro li avrebbe salvati e riportati indietro nel passato. Per dirla tutta, lo avevano già compreso dal momento in cui Zuko si era avvicinato lentamente a Katara con le mani ferme in tasca e lei aveva iniziato a tremare sotto gli occhi curiosi e attenti di lui.



Spazio Autrice:

Salve a tutti!
Ti ringrazio di cuore di aver letto questa piccola one shot scritta sul momento durante una serata estiva! Sono innamorata di questa coppia, che sempre di più si sta rivelando una grande fonte d’ispirazione per la mia mente. 

Se ti è piaciuta la storia e ti andrebbe di vedere cos’altro ho scritto su di loro, fai un salto sul mio profilo e scopri le altre storie! 👀
(Se ti piace il mondo di Star Wars e sei un\a fan della saga o semplicemente ti andrebbe di leggere qualcosa di originale ambientato nel Modern AU, ti anticipo che sto pubblicando una storia, suddivisa in più capitoli, che unisce l'universo di Avatar con quello di Star Wars!)

Grazie mille per la tua attenzione e grazie ancora di aver letto!

Alla prossima e buon Natale! ❤️

Baci,

jomonet

   
 
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