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Autore: Picci_picci    09/12/2020    2 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
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"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
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“Oh, buongiorno”, disse Gabriel appena li vide entrare. E sì, si accorse che tra i due era cambiato qualcosa; soprattutto la macchia di rossetto rosa sulla camicia bianca di Adrien.

“Bu-buongior-giorno.”

“Marinette.”

“Cosa ho fatto adesso?”, chiese lei esasperata e drammatica, come solo lei poteva fare.

“Non si balbetta. Non se si è la mia assistente. Pensavo l’avessimo superata questa fase.”

“S-sì.”

“Marinette!”

“Mi creda non lo faccio apposta.”

“E perché lo fai?”

“Perché sono in imbarazzo!”

“E perché sei in imbarazzo?”

“Perché ieri sera ho baciato suo figl-”, la voce di Marinette si bloccò improvvisamente, mentre, dietro di lei, la risata di Adrien proruppe.

“Dov’è una fossa in cui sparire?”

Gabriel guardò i due, scettico, e soffermò la sua attenzione sulla sua stagista che si stava guardando le scarpe verdi di Jimmy Choo.

“Fammi capire sei imbarazzata solo per questo?”

“Solo per questo?! Certo, che sono imbarazzata, penso che la mia faccia lo dica da sola.”

“Già, è leggermente in autocombustione”, parlò Adrien per la prima volta da quando erano entrati in quell’ufficio.

“Sappi che non aiuti così”, rispose piccata lei.

“Se vi può consolare”, disse Gabriel alzando la voce per far fermare i due, “lo avevo già capito.”
Marinette allargò gli occhi e sbiancò.

Adrien si ritrovò a pensare se era possibile cambiare il colore del viso così velocemente.

“Possiamo mandare a monte la nostra idea di mantenerlo segreto”, esclamò lei sconsolata sedendosi sulla sedia di fronte alla scrivania del mastino.

“Non penso di averti detto di sederti.”

“Papà..”

“E poi mi spiegate questa cosa di mantenere il segreto?”

“Vedi”, iniziò Adrien sedendosi sull'altra sedia, “Marinette voleva tenere la notizia segreta ancora per un po’. Voleva dirlo prima ai suoi genitori e evitare dei pettegolezzi qua in maison.”
“Quel genere di petegolezzi?”

“Quel genere”, gli confermò il figlio.

“Su quello non dovete preoccuparvi. Chiunque farà allusioni del genere, lo licenzierò in tronco.”

“No! No, no, no. Non è quello che voglio, okay? Un attimo di tranquillità, vi chiedo solo questo. Poi se lo vorrete, lo annunceremo anche tramite dei cartelloni pubblicitari però-”

“Sì, ho capito”, la interruppe velocemente Gabriel.

Marinette spalancò la bocca, pronta per replicare, ma la mano di Adrien sul suo ginocchio la fermò.

“Guarda a proposito di cartelloni pubblicitari”, disse Monsieur passando ai due un cartoncino formato A3, “questo sarà la copertina di Vogue del prossimo mese e uscirà tra una settimana. E la città sarà tappezzata dal marchio Agreste.”

“E dalla mia faccia”, disse sconsolata Marinette.

Dovette ammettere che non era venuta male, anzi. Era di profilo, con lo sguardo che guardava la telecamera mentre sorrideva per una battuta che aveva fatto Paul. Ma voleva veramente che tutta Parigi, anzi no, tutta la Francia, la guardasse? Cavolo, no. Ci era già passata con Ladybug e non ci teneva a riprovarlo.

“Mon amour, sei bellissima.”

Lei annuì.

“Non sei contenta?”

“Sì, certo che lo sono, solo non mi piace che così tanta gente ne abbia accesso.”

“Lo capisco, anche troppo bene, ma poi passa, fidati”, disse Adrien accarezzandole il volto.

“Per quanto mi renda lieto vedervi così, qui si lavora.”

Marinette scattò subito in piedi, “certamente, monsieur, mi scusi-”

“Bene”, disse lui interrompendola di nuovo, “non abbiamo ancora una location, ma questo non vuol dire che gli abiti non debbano essere pronti. Vai in sartoria e guarda a che punto sono, poi vai in magazzino con il nuovo inventario e controlla che sia arrivato tutto e che sia già sistemato.”

“Perfetto”, disse Marinette annotando tutto su uno dei suoi mille taccuini, “altro?”

“Per ora no, puoi andare.”

Marinette con un cenno del capo uscì.

“Tra parentesi, il resto della maison non deve sapere nulla, chiaro?”, disse la ragazza affacciata dalla porta.

“Signorsì, signora.”

“Certamente.”

***

“Oh, che cosa romantica!”

“Lo so”, disse un eccitata Marinette ad un altrettanto eccitato Paul.

Sì, è vero, non voleva che nessuno in ufficio lo sapesse, ma Paul era escluso.

Se non lo diceva a lui, a chi lo doveva dire?

“Siete fantastici davvero. Certo, Adrien lo vedrei meglio con me, ma visto che hai giurato che è assolutamente etero, sono lieto che stia con te.”

“Oh, grazie Paul, mi rincuori sempre.”

“Che dire, mi viene naturale.”

Marinette con l’inventario alla mano stava girando tra gli scaffali del magazzino, come le aveva chiesto monsieur, con Paul dietro che la controllava e sfruttava l’occasione per un po’ di sano gossip.

“Come ti ho già detto, sei l’unico a saperlo e tale deve rimanere.”

“Io e monsieur Agreste.”

“Ti prego, non ricordarmelo! Oggi mi sono comportata come al mio primo giorno di lavoro.”

“Spero non gli abbia anche rovesciato il caffè sul completo bianco ghiaccio.”

“Paul!”

“Scusa, ma è stato un momento troppo esilarante.”

“Per te.”

“Pensa, sarà un bel racconto per i tuoi futuri figli dalle bellissime chiome bionde: come la mamma ha conosciuto il nonno.”

Lei si girò e lo colpì al braccio con la cartellina.

“Ti ricordo che lo conoscevo di già.”

“Ah, va bene, vedo che qualcuno è suscettibile oggi. Eppure non dovresti vedere il mondo in rosa e pieno di cuorinici?”

“Solo perché sto finalmente con l’amore della vita, non devo comportarmi così. Sono realista, sai?”

Paul la guardò con un sopracciglio castano arcuato, “va bene, farai la brava stagista ora, ma fuori maison ci comporteremo da due adolescenti con la loro prima cotta?”

“Ci puoi giurare.”
“Bene, perché mi devi ancora un aperitivo.”

“Ho capito, ci vediamo appena smonto.”

***

Si era pure comportata da professionale stagista con Paul, ma mentirebbe se dicesse che non vedesse il mondo in rosa. Oggi sembrava che tutto le sorridesse, perfino Natalie che la stava guardando da tutto il pomeriggio come se fosse una pazza.

Bè, come dargli torto?

E no, non era pazza d’amore per Adrien (ovviamente era anche quello, certo che era pazza di lui), ma a causa della maledetta porta aperta dell’ufficio di monsieur da dove poteva avere una perfetta visuale della testa bionda del suo chaton, si distraeva decisamente troppo.

Quell’uomo dove essere illegale tanto che era bello. E perfetto. E gentile. E lo aveva già detto che era bello?

Certo bisognava contare anche i suoi innumerevoli difetti, che solo ora aveva avuto il piacere di scoprire, come l’orribile senso dell’umorismo, il voler per forza dare un soprannome alle cose o alle persone, il suo ego e un kwami con altrettanti difetti e innamorato del formaggio più puzzolente di tutta la Francia.

Ma lo amava anche per quello.

Lo amava.

Esisteva un sentimento più forte?

Esistevano parole più forti di un ‘ti amo’? 

No, secondo lei, niente era più forte del sentimento che provava per quell’uomo che riusciva a vedere dallo spiraglio della porta come una perfetta stalker.

"Mademoiselle."

Il braccio che poggiava sulla scrivania e sosteneva la testa di Marinette, cedette, e presto la ragazza si trovò a battere una testata sulla scrivania.

“Sì, Natalie?”, chiese ancora dolorante, mentre con una mano si sfregava la testa. Cavolo l’unica cosa di cui aveva bisogno ora era un livido.

“Odio dirlo, mademoiselle, ma dovrebbe lavorare, non rimanere a guardare l’aria.”

Marinette arrossì, ma fu grata per la scelta di parole di Natalie.

“Certamente. Scendo in archivio.”

Prese alcuni fogli e il telefono per poi prendere l'ascensore e scendere nei sotterranei dell’edificio dove si trovava l’archivio. Sperava di far luce sulla faccenda ‘questione location’ per la sfilata che ormai ci sarebbe stata di lì a poco. E, sicuramente, così facendo, non sarebbe stata distratta ‘dall’aria’.

Appoggiò il telefono e la cartellina di fogli su una delle scrivanie in legno dell’archivio e accese la luce. Davanti a lei si snodavano migliaia di scaffali in legno di quercia pieni zeppi di fascicoli, libri e scatoloni; le pareti bianche appene tinte e la luce accecante donavano luminosità all’ambiente, mentre il parquet sotto di lei scricchiolava.

Si avvicinò allo scaffale più vicino tirandone fuori il quadernone ad anelli con la data di quell'anno.

“Allora è qui che ti sei rintanata.”

Sapeva chi era stato parlare ancor prima di girarsi, “direi più che sto facendo il mio lavoro, chaton.”

Lui, appoggiato allo stipite della porta, sorrise beffardo, “come guardare l’aria.”

Involontariamente, arrossì, “era ovvio che lo avessi sentito.”

“Oh, su, my lady, in realtà lo trovo molto eccitante.”

Si avvicinò a lei  prendendola per i fianchi, “Anche questo archivio in realtà.”

“Scordatelo. Non farò sesso in un archivio.”

“Per quanto lo desiderassi, non vorrei che la nostra prima volta sia così.”

Lei lo guardò negli occhi, nonostante le guance arrossate, e lui non si trattenne più.

Le prese il viso tra lei mai e la baciò come se non ci fosse un domani.

Tornò ad assaporare il gusto del miele che, cavolo, amava, sentì di nuovo la sua pelle morbida tra le sue mani, la curva della vita fino a quella del fianco fasciate da quei pantaloni neri che lo stavano facendo impazzire. Immerse le sue mani nei suoi capelli, neri come la notte e così soffici. Marinette era perfetta, unica e sua.

“Adrien, non-”

“Shshh.”

Continuarono a baciarsi e, per l'amor diddio, Marinette sarebbe morta volentieri in quel momento.

Un colpo di tosse fece staccare tutti e due.

Mentre Adrien la teneva ancora per la vita e lei aveva le mani appoggiate sul petto di lui, si guardarono negli occhi.

Marinette, con gli occhi spalancati, e una faccia sconvolta, “ti prego dimmi che-”

“Penso di sì, mon amour.”

Marinette girò di un quarto la testa e confermò la loro ipotesi.

Forse era meglio se fosse morta veramente mentre baciava Adrien.

“Fatemi capire, scendo fin qui sotto per cercare la mia stagista e la trovo incollata alle labbra di mio figlio.”

“Possiamo spiegare”, disse Adrien con un sorriso furbo ma ancora con la sua lady tra le braccia.

“Davvero?”

“Bè, è una storia buffa.”

Gabriel incrociò le braccia al petto, “chissà perché le tue storie sono sempre buffe.”

Marinette, avendo riacquistato un barlume di lucidità, si staccò dall’abbraccio del suo fidanzato e guardò Gabriel come se volesse sprofondare da un momento all’altro.

“Ero venuta giù per cercare i fogli rifiutati dal comune..”

Gabriel la interruppe, “e li cercavi nella bocca di mio figlio?”

Marinette spalancò gli occhi, quasi scandalizzata, mentre Adrien scoppiò a ridere.

“Bella questa, papà.”

“Io farei meno lo spiritoso, ce n’è anche per te”, gli disse senza scomporsi un attimo, con quel suo tono glaciale che avrebbe fatto paura anche al peggiore dei dittatori.

“Riguardo a te”, continuò posando lo sguardo grigio e freddo sulla stagista.

“A mia difesa, posso dire che mi è saltato addosso.”

“Non direi che tu ti sia lamentata”, commentò Adrien suscettibile.

“Come farlo se una bellezza del genere ti salta addosso?”, esclamò lei. Poi si portò una mano alle labbra e chiuse gli occhi, “voglio sparire.”

“Notizia flash: non sta funzionando”, commentò secco Gabriel.

“potrebbe almeno far finta che ciò accada?”

“No.”

“Mi porta fuori suo figlio da qui, così posso lavorare?”

“Sì questo posso farlo. Tra cinque minuti ti voglio di sopra Adrien, sennò ti segrego in casa.”

Mentre vedevano Gabriel Agreste sparire, Adrien commentò “è diventata la sua minaccia preferita.”

Marinette trattenne le risa a malapena.

“Ridi quanto vuoi, fai pure”, poi l’avvolse di nuovo tra le sue braccia, “ci vediamo stasera?”

“Devo andare ad un aperitivo con Paul o non mi parlerà mai più.”

“Ci vediamo dopo?”

“Può darsi. Ma solo se fai il bravo gattino.”

“Miao.”

***

Quando aveva ricevuto il messaggio di Marinette di incontrarsi alla Tour Eiffel pensava sotto la torre e non sopra. Ma quando aveva visto un lampo rosso sfrecciare nel cielo buio di Parigi e fermarsi in cima alla struttura in ferro, aveva capito cosa la sua insettina volesse e non perse tempo a trasformarsi per raggiungerla.

Rivederla vestita da Ladybug e sopra quella torre a scrutare la città sotto di loro,fu come un colpo al cuore, come se stesse avendo di nuovo un colpo di fulmine. E in effetti, ogni volta che la vedeva era come se fosse la prima volta che si innamorava di lei.

“My lady, non dovremmo utilizzare i nostri poteri per scopi personali, sai?”

“Come se a te interessasse. Hai passato troppo tempo lontano da Parigi per ricordarti che nel duo sono io la ragione?”

“Anche se passassi tutta la vita lontano da Parigi, non mi scorderei mai di te.”

Lei si avvicinò sinuosa nella sua tuta a pois, allacciandogli le braccia al collo, “come siamo romantici.”

“Sono sempre romantico.”

“Certo”, disse lei annuendo e chiudendo gli occhi mentre faceva incontrare le loro labbra in un bacio.

“Quindi per ora ci incontreremo così?”, chiese lui indicando i loro travestimenti.

“Per il momento”, confermò lei, “e non dirmi che non ti piace.”

“Non lo direi mai. Anche perché è qui che ho capito di amarti veramente.”

“Davvero?”, chiese lei inclinando la testa.

Lui annuì, “te lo avevo accennato durante la nostra passeggiata notturna”, disse giocando con un suo codino, che tra parentesi era così strano vederli i capelli acconciati in quel modo visto che non li portava più raccolti così, “eravamo in uno dei nostri turni di ronda, quando ci siamo fermati qui e tu scrutavi dall’alto la città. E i tuoi occhi erano illuminati dalle luci dalla torre, ma non solo. Brillavano di luce proprio grazie all’amore che provi per questa città. In quel momento ho pensato che volevo essere anch’io visto con quello sguardo di completa adorazione e ho capito di amarti veramente.”

Marinette con le lacrime agli occhi gli accarezzò una guancia, “e pensare che siamo stati così ciechi per tutto quel tempo.”

“Ma ora non più”, rispose lui prendendole il viso e baciandole la fronte.

“Ora non più”, confermò lei.

E si baciarono.

Inutile dire che seguirono molti altri baci.



Angolo Autrice
Sono di nuovo di ritardo e sono imperdonabile. Mi dispiaceee, ma tra la scuola e i regali d Natale sono completamente fusa, davvero. Non posso nemmeno dire che sia stato un capitolo particolarmente impegnativo perché non lo è stato, ma è solo colpa mia e del mio poco tempo a disposizione. Sorry.
Come potete capire, questo è un capitolo di passaggio e probabilmente ce ne sarà anche un altro, ma servono per la struttura della storia.
Detto questo vi mando un bacione e, come sempre, vi ringrazio di essere arrivati fino a qui.
Cassie
   
 
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