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Autore: MaikoxMilo    11/12/2020    2 recensioni
Le voci di tenebra azzurra, cheta ma terribile, si stanno allungando sempre di più sul nostro mondo. Sono latrati di sofferenza che, rantolando, vanno sparendo sempre di più, sono singulti di dolore che affogano nel silenzio di una frattura spazio-temporale, sono pianti inermi di bambini che non sono mai nati. Tutto porta ad un unico filo conduttore, tutto è manovrato da un solo, unico, burattinaio che agisce in virtù di uno scopo più alto, imprescindibile. La Dimensione Terra, la dimensione delle possibilità, unica ancora a resistere nel Multiverso algoritmico, sta per venire risucchiata da un'altra estensione, vicina ma lontana, gemella ma distante: il luogo natio del Mago medesimo, Ipsias. L'altra. L'infinitamente ineffabile.
Ciò che è successo lassù, quale correlazione ha con la Dimensione Terra? Potrà la Melodia della Neve, la melodia di tutte le cose, opporvisi?
Nuove esperienze e battaglie attendono i Cavalieri d'Oro del XXI secolo, sempre accompagnati da Marta, Michela, Francesca e Sonia, ormai entrate di diritto tra le schiere dei custodi del tempio.
In un mondo che va eclissandosi... sarà possibile una nuova luce?
Naturalmente si tratta del seguito di Sentimenti che attraversano il tempo, del quale è necessaria la lettura!
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Cancer DeathMask, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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Capitolo 11: Il Principio Primo di Tiamat

 

 

14 novembre 2011, tardo pomeriggio

 

 

Vai, che quaranta giorni passano in fretta, mi ero detta…

Cosa vuoi che siano quaranta giorni, quando sono stata separata da mio fratello per 17 anni? Sì, sì…

Non ne sono passati neanche la metà e già Camus mi manca da impazzire, così come Michela, Francesca e gli altri abitanti del Santuario. Mi sento fratturata, triste e malinconica, a volte. Il solo pensiero che rimarrò separata da loro ancora per alcune settimane mi mozza il respiro in petto.

Nascondo la testa tra le braccia, respirando lentamente il profumo di sabbia e mare. Certo, sento Camus praticamente ogni sera, lo chiamo, lui chiama me quando non mi faccio sentire, e stiamo un sacco a parlare, persino nei giorni fiacchi in cui non succede nulla di che, solo per il gusto di sentire la voce dell’altro, ma questa lontananza fisica mi pesa alquanto, desidererei abbracciarlo, essere stretta da lui, da quel suo modo di porsi ancora un po’ impacciato, nonostante dovrebbe ormai esserci abituato, e poi… e poi, dalla sua mano, che si posa sempre dietro alla mia nuca, facendomi sentire amata e protetta. Mi manca… mi manca terribilmente! Mi sento così patetica ad ammetterlo!

“E fai bene, è davvero vomitevole!”

Sussulto, riaprendo gli occhi nel ricordarmi di cosa stavo facendo prima, un brivido d’ira mi investe a queste parole, dandomi le forze necessarie per girare il mio viso verso di lui e sfidarlo almeno con lo sguardo.

“E a te chi diavolo ti ha dato il permesso di frugare nei miei pensieri?!” ribatto, stizzita, cercando di alzarmi in piedi, ma non ho neanche il tempo di imbastire l’ordine nel mio cervello che un possente calcio mi colpisce in pieno volto e mi fa volare diversi metri più in là. Sbatto violentemente contro una roccia, il respiro mi si mozza in petto, ricado a terra, rannicchiandomi su me stessa preda degli spasmi.

“Se la tua mente è debole e non concentrata sui suoi obiettivi, chiunque può attingervi e rivoltarti contro le tue bellissime speranze, te l’ho detto alla prima lezione, lo rammenti?!” mi incalza Rhadamantys, per gli amici Mantus, il soprannome che gli ho dato appena scoperto potesse trasformasi in un corvo.

“Oho, ti sei sentito chiamato in causa?” lo pizzico sottile, fingendo sbruffonaggine.

“No, perché dovrei?”

“Non sei il cagnolino di Hades?! Hades qui, Hades lì… per lui va bene, eh, invece io...”

Non riesco a proseguire, la sua furia si abbatte su di me. Mi incalza con una serie di pugni quasi impossibili da schivare, ne subiscono la violenza, prima di riuscire a scansarmi di lato, rotolare, e fermarmi un attimo a rifiatare. Scrollo la testa, intontita, passandomi il braccio sul volto e accorgendomi di star perdendo sangue dal labbro spaccato.

“Bravo, gran bel colpo, e ora cosa dirò a Myrto e Sonia, quando tornerò a casa?!”

Al di là della sua pucciosità quando è un volatile, questo mi fa la pelle negli allenamenti, già lo sapevo, non va per nulla per il sottile, anzi, si catapulta, mi sbatte a terra e mi lancia come se fossi un fuscello, incurante dei danni. Ridacchio tra me e me, pensando che l’impavido Giudice degli Inferi assomiglia tanto ad un personaggio di un cartone animato che guardavo da piccola.

“Mantus Junior!” bofonchiò, alzandomi in piedi con non poca fatica, mantenendo comunque il mio forzato sorriso.

“Per tutti gli Inferi, smetti di chiamarmi con quell’orrendo vezzeggiativo, non sono il tuo amichetto, né il tuo vicino della porta accanto e neanche…

“...e neanche il mio maestro!” finisco per lui, sorridendo sorniona.

“Non me ne farei comunque nulla di quell’appellativo, e ora in piedi e contrattacca, magari facendomi impegnare un goccio in più che non muovendo un unico dito!”

Incasso la frecciata, risentita. Per quanto mi dia fastidio, ha perfettamente ragione, i miei colpi sono una bazzecola per lui, neanche lì sente, è di gran lunga troppo superiore a me, ma non intendo arrendermi, ho chiesto il suo aiuto proprio per migliorarmi.

Scatto in avanti, caricando il mio attacco, che però lui intuisce già, perché compie una smorfia quasi schifata. L’ennesima.

“Ah, il Blue Impulse… di nuovo!” commenta, sorprendendomi e schivandomi con un unico movimento del fianco, prima di darmi una patta sulla schiena, che mi sbilancia in avanti. Fortunatamente evito di cadere grazie ad un tempestivo colpo di reni, ma l’atto mi sfianca tantissimo, facendomi annaspare. Tutte le congiunture, le articolazioni, persino i muscoli mi procurano fitte ad ogni più piccola movimento. Cado in ginocchio per terra, guardandolo con rabbia.

“E’ inutile che mi guardi torvamente, rimprovera la tua tecnica mediocre! Con la sola forza di volontà e la determinazione a non arrenderti non andrai molto lontana ad affrontare questi Pilastri di cui mi hai accennato. Di un guerriero ti mancano molte cose, Seraphina, la destrezza, la rapidità, l’impatto, la tecnica… il cuore!” mi dice, in apparente tono spietato, quasi impietoso. In verità, i suoi occhi non sono così severi come potrebbe apparire, sembrano un poco malinconici. Certo, non mi sorride, non so nemmeno se ne sia capace, costui, ma non leggo alcuna cattiveria nei miei confronti. Ciò che fa, lo compie davvero per farmi diventare più potente.

“Scusami se non ho avuto un apprendistato come voi Specter o come gli altri Cavalieri. Sai, fino a 6 mesi fa neanche sapevo che il Santuario esistesse per davvero, il mio problema più grande era concludere l’anno scolastico con il massimo dei voti a cui potevo attingere!” commento, aspra, mascherando la delusione verso me stessa. Nonostante ogni giorno, sul far della sera, mi alleni in gran segreto con Rhadamantys, lui è troppo superiore a me. Non vedo alcun miglioramento nelle mie capacità. E dire che sto prendendo esempio da mio fratello, dalla sua eleganza e compostezza, anche quando lotta, ma, forse, non è il mio stile...

L’immensa opera di catalogazione che ci ha impartito Shion a me, Sonia e Myrto, occupa solo l’intera mattinata e parte del pomeriggio fino alle 2, lasciandoci così libere di orchestrare la restante parte del giorno come più ci aggrada. L’unica direttiva diretta è quella di non allontanarci dall’isola di Milos per nessuna ragione al mondo.

“Occorrerà un allenamento intensivo, ragazza, così bardata morirai al primo nemico un poco più forte della media. Tuttavia devo ammettere che con Nero Priest non sei stata tutta questa schifezza! Un po’ avventata, affatto aggraziata, come invece era Seraphina, ma ti davo già irrimediabilmente morta, e invece… discreta, davvero discreta!”

“Grazie per il complimento e la fiducia spasmodica che mi hai appena dimostrato! Mi spiace aver deluso le tue aspettative!” esclamo, quasi infastidita dal paragone, apprestandomi a tentare un nuovo attacco. Mi getto a capofitto su di lui, frenetica, ma vengo fermata da un gesto della sua mano.

“Basta così per oggi, le gambe ti tremano, sei talmente concentrata sui tuoi obiettivi da non rendertene nemmeno pienamente conto. Per oggi è finita, vai in pace!” mi avverte, dandomi le spalle e allontanandosi di qualche passo, prima di sedersi sulla sabbia e guardare il mare che sta, lentamente, risucchiando il sole, ormai calante.

Invece di allontanarmi come da sue direttive, mi avvicino un poco, prendendo posizione a breve distanza da lui. Sono contenta che la sessione sia finita, effettivamente mi sento distrutta, lui deve averlo capito. Non sembra, ma sarebbe un ottimo insegnante… se solo imparasse a non dare schiaffoni che ti fanno compiere un giro su te stessa di 360°!

Lo osservo, pacatamente interessata. Fortunatamente si è tolto la camicia da boscaiolo, preferendo abiti civili quali dei jeans e una casacca. Io invece sono tornata a indossare il peplo. Non fa caldissimo ma nemmeno freddissimo, vista la stagione, ma devo cominciare ad abituarmi al gelo, essendo l’essenza del mio potere.

Contemplo anche io il mare irradiato dalla luce rossiccia del sole. Non è ancora tempo per quei bellissimi crepuscoli invernali apparentemente infiniti, ma anche questo tramonto, tendente all’arancione, non è affatto male.

“Perché… hai preso a chiamarmi ‘Mantus’?” mi chiede ad un certo punto Rhadamantys, a bruciapelo, senza però guardarmi negli occhi. Ora che razza di domande fa?!?

“Mi… mi piaceva, perché?”

“Semplice curiosità, la mia...”

“Ho pensato che il tuo nome fosse troppo lungo, Rhada è carino ma banale, quindi ho pensato alla seconda parte ‘Mantys’, ma è osceno, sembra mantide… allora mi sono concentrata, ho visto il tuo piumaggio da corvide, brillante come non mai, mi è sovvenuto il manto, e così… MANTUS!”

Inaspettatamente lo sento soffiare, guardandolo scopro che ha soffocato una risata dentro di sé, che però ha celato in fretta… ah, ma allora sa sorridere!

“Il corvo non è un mammifero, non ha un manto, ma un piumaggio!” mi fa notare, squadrandomi finalmente il volto.

“Oh, ma non l’ho scelto per quello, manto può significa anche cappa, o mantello, ed è un indumento indossato da personalità importanti!” mi affretto a riparare, arrossendo un poco.

“Da personalità importanti… la mia? Non mi conosci!”

“Ma abbiamo un vissuto comune insieme, no? Anche se non lo rammento ancora non significa che non lo avverta! Ti conosco, è stato così anche la prima volta che ti ho visto, sull’Olimpo durante la battaglia contro Crono”

Rhadamantys non aggiunge altro, rimane burbero a osservare l’orizzonte e il sole morente, che gli colora le iridi di un intenso scarlatto. Rispetto il suo silenzio, tornando a concentrarmi sui miei pensieri. Come mai continua a sfuggirmi questa parte della mia vita precedente?! Davvero non ne vengo a capo!

“Comunque… cerca di ottenere la forza il prima possibile, o non riuscirai a proteggere tuo fratello”

“E-eh?”

“Tuo fratello… Camus!”

“Lo so chi è mio fratello, ma cosa stai…?”

“Vi state avviando in una guerra e la guerra richiama SEMPRE le sue vittime! Con le tue attuali capacità non caverai un ragno dal buco, non riuscendo a proteggere nessuno di quelli che ti sei prefissata di salvaguardare. Non pensare al sacrifico, diventa forte e schiaccia il nemico, sii spietata, se occorre, sprofonda nelle tenebre, poiché potrai raggiungere i tuoi obiettivi solo se accetterai l’oscurità dentro di te. Non si ottiene nulla di duraturo se si rimane accecati dalla luce, questo i Cavalieri d’Oro non capiscono. Qualcuno deve avere il fegato di precipitare nel buio, rischiando di farsi contaminare dalle tenebre, senza averne paura. Questo significa proteggere gli altri!” mi avvisa, quasi come fosse la cosa più naturale del mondo.

“Mi stai dicendo che… è sbagliato perseguire la luce? Dovrei… diventare cattiva io stessa per proteggere coloro che mi stanno a cuore?!?”

“Osserva con attenzione le nostre ombre quanto sono lunghe… - mi dice, portandomi a guardarmi intorno, confusa, è proprio vero, ma questo cosa mai potrebbe…? - Più ti avvicini alla luce più aumenta l’oscurità; il giorno del Solstizio d’estate, in questo emisfero, è anche quello in cui le tenebre ricominciano a prendere il sopravvento...”

“Cosa… cosa ti sei fumato, oggi?” chiedo d’istinto, assomigliando paurosamente a Cardia, ma davvero non sto capendo perché questa uscita in un simile momento.

Nessuna risposta immediata, la mia domanda si perde nel vuoto, innervosendomi e sfiduciandomi nel giro di un unico, breve, secondo.

“Ehi!!!”

“...Sai, anche quando eravamo nel Limbo Seraphina mi aveva dato un nomignolo stupido, neanche fossi suo amico, o il cane da passeggio, era veramente irritante, avrei voluto trapassarla con queste mie mani, ma quella mi sorrideva sempre, ed ogni velleità di lotta sfumava!” rivela, cambiando totalmente discorso, smettendo di guardarmi. Sospiro, capendo che non avrò più risposte dopo quell’avvertimento soffiato a denti stretti. Mi alzo in piedi con tutta l’intenzione di tornare a casa di Myrto e concedermi un po’ di riposo, ma il Giudice sembra inaspettatamente loquace oggi.

“Quel suo sorriso, quella sua capacità di trasmettere calore a chicchessia, riscattandolo dalle tenebre, tu l’hai mantenuta, Marta. Hai perso la forma, l’eleganza e la regalia che le erano proprie, ma non questo, ed è ciò che farà la differenza tra te e il Mago...”

“E ora cosa… cosa vorresti…?”

“Nulla… vaneggiavo, capita anche a me!”

Rimango un attimo in silenzio, dubbiosa se porgli la domanda che mi assilla in testa, alla fine decido di tentare.

“E come... ti chiamava lei?”

Rhada si volta verso di me, imprimendo la sua espressione nella mia, le labbra perfettamente allineate, prima di tornare a contemplare il mare.

“...Mantus!”

 

Dopo l’allegra chiacchierata con la Viverna Infernale, mi avvio lentamente, trita, verso la casa che mi sta ospitando in questi giorni, quella di Myrto. La testa, neanche starlo a dire, è perpetuamente avvolta nei soliti pensieri nefasti, esacerbati dalle parole dure che mi sono state rivolte. Già, siamo in guerra, la guerra richiama le sue vittime… ma questa non dovrebbe essere una ragione sufficiente per ‘passare al lato oscuro’, no? Secondo Rhadamantys i Cavalieri d’Oro sono accecati dalla troppa luce, ed è sbagliato. Queste però, non posso permettermi di dimenticarlo, sono le parole di uno dei Tre Giudici degli Inferi, i campioni di Hades, il dio della morte, e la morte non è giusta, MAI! Diffido quindi di quanto ho udito, è come credere ad un sobillatore che ce l’ha morte con chi è migliore di lui perché lo vede risplendere di più, in questo caso i Cavalieri d’Oro, che credono nella giustizia.

Eppure, non posso proprio negarlo, le sue parole mi hanno colpita e… sconvolta, non riesco a non pensarci, non riesco a… esserne irrimediabilmente carpita!

Sono una persona cattiva? Oppure, non essendo stata influenzata dal Santuario, vedo le cose in maniera più oggettiva?

Scrollo violentemente la testa, tramortita da quel pensiero, serrando gli occhi e sentendo tremare il mio corpo. No, no… cosa vado a pensare, adesso?!

Davvero, quest’ultimo dialogo mi ha inquietato e non poco, vorrei semplicemente… uh? Sento vibrare il cellulare nella borsa, la apro e ci rovisto dentro, riuscendo infine a trovarlo e prenderlo in mano, leggendovi comparire il nome di Camus. Istantaneamente sorrido, trepidante, sentendomi la bambina più felice del mondo dopo aver ottenuto un regalo che aspettava da tanto, tantissimo, tempo. Schiaccio tutta contenta il tasto per accettare la chiamata. Benedetto fratello! Ora, come non mai avevo bisogno della tua voce e sei giunto, come se lo avessi percepito!

“Pronto?” chiedo con voce squillante, atta a mascherare sia lo sconvolgimento di prima che la stanchezza.

“Ciao, Marta! - mi risponde Camus in tono dolce, da farmi riscaldare immediatamente il cuore – Ti disturbo?”

“Tu non disturbi mai, fratellino!”

“Come stai?” mi chiede, sempre in tono gentile, felice a sua volta di poter parlare con me, anche se solo tramite il cellulare.

Se gli dicessi la verità, ovvero che mi sento a pezzi, si insospettirebbe e Rhadamantys ed io stiamo facendo di tutto per non essere beccati, meglio quindi ripiegare su qualcosa di più naturale.

“Un po’ stanca, Cam, ma sto bene, voi come state?” gli chiedo con dolcezza, ben sapendo che anche lui compirà un’iperbole per evitare di dirmi la completa verità. Conosco benissimo il suo precario stato di salute, aggravato dalla mancanza del suo Hyoga, non ancora tornato al nido. Tornerà più, poi?

“Sempre uguale qui al Santuario, si sente l’assenza tua e di Sonia… Milo viene sempre qui, ha perenne bisogno di compagnia altrimenti si deprime, pensa solo che l’altra sera si è addormentato sul mio divano, ho avuto l’impulso di cacciarlo fuori casa, ma dormiva docilmente come un bambino e aveva l’aria beata, non me la sono sentita di rispedirlo alla sua dimora e allora gli ho messo sopra una coperta, visto il mio Tempio, come sai, è il più freddo! - prende una breve pausa, prima di proseguire – Ha dormito come un sasso fino al mattino, quando, rintronato, si è svegliato per la colazione che gli ho preparato. Non riusciva a crederci, quasi piangeva per la sorpresa e ha tentato di abbracciarmi. Non sapevo che fare, mi imbarazzano certi gesti improvvisi e non me lo aspettavo proprio...”

Ridacchio nell’immaginarmi quella scena e nel pensare alla faccia di Camus in quel frangente, visto che ha non pochi problemi a palesare le emozioni. Sono unici, ognuno a modo proprio!

“Gli hai fatto pat pat, almeno? Povero Scorpionide, ahaha!”

“Gli ho fatto… cosa?!”

“Niente, lascia stare… Michela e Francesca?”

“Stanno bene, continuano gli allenamenti con determinazione, mi dicono che vi sentite spesso tramite messaggio, c’è qualcosa che non va?”

“N-no, perché dovrebbe?”

“Non so… - bofonchia, velatamente infastidito – Magari hai dei problemi e, per paura che io mi possa preoccupare, ti sfoghi solo con loro...”

Ma sentilo da che pulpito..! Soprassediamo, va’.

“Ma no, fratello impiastro! Semplicemente noi abbiamo fatto sempre così, fin da prima del Santuario, ci sentiamo molto via messaggio, raccontandoci del più e del meno, ma sono tutte cazzate tra ragazze, davvero!” lo provo a tranquillizzare, ridacchiando nel costatare, ancora una volta, che Camus, checché ne dica lui, un po’ gelosetto lo è, come diceva Myrto. Il giusto, senza esagerare, ovvio, anche perché è fiero della sua libertà e della mia, ma un poco lo è… e lo trovo davvero adorabile!

“Quindi stai davvero bene, me lo puoi riconfermare? Il tuo tono è parecchio strascicato… è così stancante il riordino dell’archivio?” insiste ancora, quasi percepisse che c’è qualcosa che voglio tenere nascosto.

“Tutto bene, Cam, davvero, solo...”

“Solo...?” mi incalza, il tono che si fa un poco più urgente.

Mi vergogno un po’ a dirglielo così, considerando che sono passate appena tre settimane dalla punizione e rischio di risultare davvero patetica, ma...

Prendo un profondo respiro. La vita è così breve, rimpiangerò di più il non detto che il detto, questo mi ha insegnato Cardia, questo è ciò che vorrei essere: un po’ più simile a lui, il vivere la vita così come la viveva lui, senza rimpianti. Glielo devo!

“Solo che… mi manchi, Cam!”

Un singulto dall’altra parte del telefono, deve essersi imbarazzato, me lo immagino tutto rosso e un moto di tenerezza mi investe. Che buffo!

“S-so che è stupido, so che è… è passato poco tempo, m-ma...”

“No, non lo è… - si affretta a dire lui, addolcendo ancora di più il suo tono di voce – Manchi anche a me, piccola...”

Sorrido, mentre il cuore mi si accelera in petto. Mi sento così emozionata…

“Mi mancate sia tu che Sonia e… e so che anche per gli altri è così. Fate parte delle nostre vite, in questi mesi abbiamo vissuto insieme sotto lo stesso tetto, vedendoci ogni giorno, è… difficile… questa separazione, anche se solo temporanea, e lo è ancora di più ora che Hyo… - si interrompe, tossicchiando, cercando di recuperare due toni della voce – Lascia perdere, non voglio tediarti con questa faccenda!”

Capendo la difficoltà che ha nel parlarne, procedo con i piedi di piombo.

“Lo hai... più visto?”

“S-sì, un’unica volta, ad inizio novembre, come ti ho già accennato, ed è stata una tragedia. Successivamente ha usato mille e più precauzioni per non incrociarmi più sul suo cammino. Si allena spesso al Tempio, questo lo so dagli altri Cavalieri d’Oro e… beh, credo si veda con Michela...”

“Cam, ascolta...”

“N-non mi vuole vedere p-più, Marta...” si lascia sfuggire, in tono tremante.

“N-non è così, è che si vergogna per quello che ha fatto ed è rimasto ferito dalle tue parole, Camus...”

“...”

“Camus?”

“L’ho p-perso… anche lui! Che razza di...”

“Se stai per dire ‘che razza di maestro sono’, appena ti rivedo, ti rifilo le sberle a due a due finché non diventando dispari!”

E’ il mio turno di bloccarlo, con un pizzico di severità. Si sta facendo i castelli in aria come suo solito, quando dovrebbe solo andare da lui e riprenderlo, riprovarci, almeno, ma non ha davvero la più pallida idea di come fare, non sa come muoversi in questo percorso ed è davvero troppo, troppo, orgoglioso.

“Mi manca… tanto… non avrei dovuto permettere alle parole di uscire così spietatamente. Lui, sai, ha sempre vissuto molto male la perdita di Isaac, si sente responsabile in prima persona e, certo, lo è, ma io non sono stato da meno, ho permesso al legame che avevo con Isaac di trasparire fuori da me, quando invece avrei dovuto essere totalmente imparziale, e… lui… il mio Hyoga, lo ha percepito fin da piccolissimo, soffrendoci senza però lamentarsi mai. Sono io il primo responsabile delle sue insicurezze e dei suoi traumi, ed ora… ora non c’è più niente che io possa fare. Ho sbagliato tutto...” si confida con difficoltà, mentre io continuo a passeggiare lentamente verso casa di Myrto.

Fai così fatica ad esprimerti, fratellino, eppure ci stai provando con tutte le tue forze, non posso che essertene grata e di stimarti una volta di più per come, anche tu, stia crescendo dopo i fatti accaduti nel passato. Non sei avvezzo ad ascoltarti, figurati rivelare ciò che provi, ma dopo tutto ciò che hai subito ad opera di… quel mostro… stai dando tutto te stesso per non ricadere negli stessi errori. Sono orgogliosa di te!

“Camus… sei umano, devi sempre ricordarti questo! Avevi un legame speciale con Isaac, non puoi fartene una colpa, persino i genitori hanno...”

“Io non ero un genitore, ma un maestro, per questa ragione io...”

“Un maestro a 14 anni, certo! Eri un ragazzo, Cam, e ti hanno affidato un compito così gravoso e, nonostante questo, tu lo hai svolto nel migliore dei modi!”

Un grugnito dall’altra parte mi fa capire che lui non ne è altrettanto convinto. Che testa di rapa, anzi no, esimia testa di cazzo, come dice Milo!

“Comunque la si metta li hai fatti crescere, Cam… questo lo fa un genitore, sii fiero di te stesso!”

“Non lo sono...”

“E dovresti esserlo, invece!”

“...”

Si è di nuovo ammutolito, impossibile convincerlo. Ogni tanto mi fa venire voglia di sbattere la testa contro il muro, o forse fracassare direttamente la sua, di testa, sul cemento per convincerlo di ciò che vale. Vorrei che lo capisse; che capisse quanto lui sia prezioso per noi, quanto gli vogliamo bene, e quanto sia unico, ma sembra una battaglia persa già in partenza.

“Vorrei continuare a parlare con te… vorrei che tu fossi qua davanti a me, in modo da poterti stringere contro il mio petto e cullarti… - sospira ad un certo punto lui, in un imput di totale sincerità senza filtri – Sto così bene quando ci sei tu al mio fianco... ma devo salutarti tra poco, devo preparare la cena per Michela e Francesca che tornano tra poco dagli allenamenti e… beh, per quella testa quadra di Milo, ormai è come se lo avessimo adottato!” mi spiega, sbuffando divertito, rassicurato dalla mia voce.

“Non stancarti troppo, intesi? Fatti aiutare, ogni tanto, se puoi! Sei ancora… - mi fermo un attimo, pensando alla parole da utilizzare senza che lui si urti, meglio non usare ‘debole’ - Le tue ferite, seppur finalmente richiuse, non sono un’inezia, e… e...”

“Lo so, Marta, grazie! - finisce lui per me, in tono caldo, glissando al solito l’argomento pertinente alla sua salute – Tu ti preoccupi sempre troppo per me, sorellina...”

“Sei la persona più importante della mia vita… è più che naturale che mi preoccupi!” gli rivelo, imbarazzata, assecondando il suo volere di non trattare ulteriormente le sue condizioni psico-fisiche, malgrado il brivido lungo che mi ha percosso la schiena.

Pausa dall’altra parte, per una serie di secondi sento solo il suo respiro, un poco accelerato.

“Anche tu per me… l-la più importante!”

“Lo so… ma grazie per ricordarmelo”

Sorrido, apprestandomi a chiudere la chiamata, ma poi, ricordandomi di una cosa, sussulto, cercando di recuperare due toni della voce.

“Ah, Camus, ti avevo preso...”

TU-TUUUU.

Sospiro, riponendo il cellulare nella borsa. Anche questa volta non sono riuscita a dirgli del bracciale, preso durante la missione a Delphi, che gli volevo regalare. Uff, è perfetto per lui ma, non so perché, mi vergogno a darglielo, non sembra esattamente un tipo propenso a questi gesti, e se poi si offende?

Ancora un poco corrucciata, arrivo finalmente alla graziosa dimora di Myrto, stile casetta di pescatori su due piani. Ben sapendo che la porta è sempre aperta, la spingo per entrare, richiudendomela dietro e salutando timidamente. Mi risponde solo Myrto, mentre sento i suoi passi venire verso di me, Sonia deve essere al piano di sopra, oppure non ancora rientrata: al di fuori dei nostri compiti, siamo abbastanza libere di muoverci come meglio crediamo.

“Oh, ciao, piciula, ben tornat… - mi saluta amabilmente nel vezzeggiativo che ha scelto di darmi, ma appena mi osserva meglio, sussulta visibilmente – Per tutte le Ninfe, dove sei finita, questa volta?!”

Ricambio lo sguardo senza capire pienamente, arrossendo nel vedermela piombare praticamente in pantaloncini e reggiseno (da quanto ho potuto appurare in queste settimane, è molto libera di costumi!), prima di ricordami che Rhadamantys ha avuto la brillante idea di colpirmi in faccia e farmi sanguinare.

“Oh, ehm...” prendo tempo, non sapendo che scusa inventarmi, non è la prima volta che ritorno a casa conciata così, o anche peggio, questa deve essere già la terza. Io glielo ripeto a quel filibustiere di colpirmi da altre parti, che posso celare più agevolmente, ma lui no, dritto al punto, mettendo me nei guai.

Myrto si approccia immediatamente a me, annullando la distanza fisica nell’arco di un istante nel toccarmi il viso con preoccupazione. Il contatto, sulle prime, mi irrigidisce, poiché non ci sono ancora abituata, solo dopo una serie di secondi la mia muscolatura si permette di sciogliersi.

“Ehm, sono...”

Diavolo, non so proprio che inventarmi!

La sento sospirare un poco prima di guardarmi in faccia con serietà mista a comprensione.

“Non starai strafando un po’ troppo, con gli allenamenti?”

Sgrano gli occhi indietreggiando d’istinto: beccata!

“T-tu, io n-non… - mi rendo conto di non poterle mentire – Da quanto lo sai? S-Sonia… lo sa? Sapete anche… con chi mi alleno?” chiedo, titubante. Vorrei scavarmi una fossa da sola, accidenti!

“Perdonaci, non volevamo impicciarci, ma… eravamo preoccupate per te, quindi, sì, lo sappiamo, vi abbiamo visto sulla spiaggia già un paio di giorni fa”

“Scusatemi, io...”

“Perché ti stai scusando, ora? Sei abbastanza grande per decidere da te, dico bene?” mi rassicura lei, in tono leggero, posandomi una mano sulla testa e facendomi l’occhiolino in maniera molto materna.

“L-lo avete riferito a-al Santuario?” chiedo ancora, trovando infine il coraggio di alzare lo sguardo sul suo viso dolce.

“Certo che no! E’ una tua decisione, non compete certo al Tempio!”

Mi ritrovo a sorridere, gli occhi luminosi, rasserenata dal suo modo di porsi. Lei mi regala un altro sorriso, mi prende per mano e mi conduce in soggiorno, dove mi fa sedere sul divano, raccomandandosi di aspettarmi lì, mentre va a prendere la scatola dei medicinali. Ritorna poco dopo, cominciando ad armeggiare con l’acqua ossigenata e i dischetti di cotone. Mi soffermo un po’ a guardarla, studiando le sue fattezze corporee. E’ una donna sulla trentina, dal fisico alto, snello e sinuoso, con la pelle sempre abbronzata e i tratti chiaramente mediterranei. I capelli lunghi e scuri, che tiene spesso raccolti in uno chignon basso, ben si confanno con i lineamenti del suo corpo. Ha le forme giuste al posto giusto… è davvero una bellissima donna!

Sorrido tra me e me, toccandomi istintivamente i miei, di capelli, che già considero lunghi eppure mi arrivano poco sotto le scapole.

Sonia si è lasciata sfuggire, qualche giorno addietro, che Milo e Myrto, un paio di anni fa, hanno avuto una bella e divampante tresca tra loro, che è andata avanti più o meno, tra alti e bassi, fino agli albori della Battaglia delle 12 Case. In verità, la cosa, non mi ha stupito affatto. Ho ben visto gli occhi luminosi e pieni dello Scorpione quando mi ha parlato di lei, ancora adesso, non sono propriamente sicura che non provi interesse e, in tutta franchezza, è proprio una tipetta adatta ad uno come lui.

Finito di armeggiare, si siede di fianco a me dove, prendendomi delicatamente il volto, comincia a tamponarmi il labbro. Io la lascio fare, docile.

“Marta… capisco bene le tue intenzioni di diventare forte, capisco anche che, visto di chi sei sorella, non ti curi troppo di te stessa, ma… davvero, di’ a quel tizio di andarci piano con te, sei comunque una ragazza, è vergognoso ridurti così!” afferma, con decisione, sempre pronta a difendere me e Sonia (e credo ogni ragazza di questo mondo!) da tutto e tutti.

“Mantus è fatto così… ho chiesto di essere allenata da lui proprio perché non si esime, come, invece, purtroppo, farebbe Camus… - le dico, non riuscendo a mascherare una smorfia di dolore a causa del bruciore – Mio fratello ed io siamo troppo legati, lui non riesce più ad andarci giù duro con me, io non riuscirei ad usare tutta la mia forza contro di lui per paura di fargli male...”

“Vuoi diventare forte… per lui?” mi chiede lei a bruciapelo, una strana luce negli occhi.

“Per lui e per le persone che amo, ma… - tossicchio a disagio, arrossendo – sì, è lui la ragione prima, il… motore, se così si può dire, che mi spinge a lottare e, ancora, lottare… lui cerca sempre di non dimostrarlo ma… è così fragile, eppure altrettanto forte e coraggioso, malgrado tutto ciò che ha passato. Io… devo aver cura almeno di lui, come non… come non sono riuscita a fare… p-prima...” le confesso, discostando lo sguardo dolente.

Non ci conosciamo che da qualche settimana, però lei, Myrto… non so, mi ispira fiducia, come una mamma. Non può capire totalmente quello che vorrei dire, tuttavia… sento che potrei rivelarle qualsiasi cosa qui e ora.

“Come… pensi di non essere riuscita a fare con Dègel?”

...Può capirlo eccome, invece!

Istintivamente allontano bruscamente la testa da lei, guardandola con occhi spalancati e uno sconvolgimento che si manifesta con un tremore forte e ben visibile.

“L-lo conosci, o-o… - provo a rabboccare aria, sentendomi il cuore a mille – No, aspetta, non puoi conoscerlo personalmente, lui è nato...”

“E’ nato il 5 febbraio del 1721 ad Orléans e morto il 27 ottobre del 1743 ad Atlantide nel tentare di fermare l’anima di Poseidone risvegliata, vero? Effettivamente non potrei conoscerlo...”

Abbasso lo sguardo, sentendomi esposta, mi pizzica il bordo degli occhi nel sentire le sue parole, il respiro è spezzato nel petto, ma, sforzandomi di rimanere con i piedi per terra, continuo nel dialogo.

“Lo hai… letto nei volumi degli archivi?” le chiedo, una mano premuta sul petto.

“Sì, ho letto la sua storia, come quella degli altri Cavalieri d’Oro non solo della precedente Guerra Sacra, ma anche di quelle prima – mi accontenta, placida, permettendosi di sfiorarmi i ciuffi di capelli con dolcezza – Però, Marta, vedi… io l’ho conosciuto davvero, è… è un mio caro amico!”

Capisco immediatamente cosa voglia dire e non riesco a non sussultare nell’appurare un simile fatto.

“Tu… riesci a vedere… gli spiriti? - chiedo conferma, in tono tremante – Ci hai… parlato?”

“Sì… fa molta fatica, ma, ogni tanto, riesce a mantenersi visibile davanti a me, laddove non fosse possibile, invece… si percepisce come una brezza leggera. E’ rimasto sempre al tuo fianco, sai? Anche se non l’hai potuto vedere, prima di quest’estate...”

La guardo, un nodo in gola, la sensazione di aver ricevuto un pugno in pieno stomaco. Quindi lei riesce a vedere il frammento dell’anima di Dègel, ci parla, probabilmente ci ha parlato in tutti questi anni addietro, anche se non so bene da dove partire.

“Grazie… per non averlo lasciato solo” biascico a fatica, la gola secca.

Lei mi fissa sorpresa, prima di regalarmi un buffetto sulla guancia e sorridermi intenerita.

“Marta… so che sei stata Seraphina nella precedente vita, la persona amata da Dègel, e so che sei rinata per salvare la sua anima e quindi Camus… - spiega, in tono più dolce possibile – Proprio per questo ti posso dire che capisco bene il tuo desiderio di proteggere tuo fratello, ma cerca di non esagerare...”

“...”

“Vi muovete in una relazione difficile, entrambi sapete cosa siete stati, entrambi sapete a cosa avete rinunciato. Il sentimento che vi unisce è cambiato nel corso del tempo, non poteva essere diversamente, ma, lo avverto, ogni tanto hai paura che un coinvolgimento emotivo così forte sia sbagliato, vero?”

“Ogni tanto lo penso, sì… e ne ho paura...”

“Ma… ti fa stare bene?”

Questa volta annuisco con forza, arrossendo nettamente. Altroché se sto bene, mi sento in pace con me stessa quando sono tra le braccia di mio fratello, mi sento a casa quando parlo con lui e, se solo potessi, vorrei che questo non cambiasse mai, anche se so che è impossibile.

“Se ti fa stare bene e non fai del male a nessuno, non c’è niente di cui vergognarti, né di cui aver paura!” arriva alla conclusione, con semplicità e praticità al tempo stesso.

Rimango un poco in silenzio, corrucciata nei miei pensieri, mentre, con la coda dell’occhio, la vedo alzarsi e riporre i medicinali nella cassetta.

“Potrò… rivedere Dègel, prima o poi?” chiedo, in tono supplichevole. Anche se sono consapevole che la cosa non dipenda da lei, avrei tanto bisogno di avere delle conferme.

“Gli è molto faticoso mantenere una forma visibile, lo sai, ma… non disperare, Marta, un modo c’è… - mi da una leggera speranza, voltandosi verso di me, poi però vede la mia espressione ricolma di gioia, luminosa come non mai e aggiunge – Ma, mi chiedo… ti farà bene?”

Ingoio nuovamente a vuoto, rendendomi conto che ha pienamente ragione.

“Ho… ho scelto di salvare Camus, nel passato, ho… ho abbandonato Dègel al suo destino...” mi colpevolizzo ulteriormente, le mani che si stringono sulle ginocchia.

“Oh, piciula… non l’hai abbandonato, hai lasciato semplicemente che le cose andassero come dovevano andare, Camus è vivo grazie a te e...”

Scrollo la testa, socchiudendo gli occhi.

“Ma… ma non riesco completamente a separarmi, non riesco a… staccarmi da D-Dégel...” quasi singhiozzo nell’esporre quest’ultimo particolare.

“E’ perfettamente normale...”

Mi prova a tranquillizzare, prima di tornare alle sue faccende. Mi nascondo il viso tra le braccia, mordendomi il labbro inferiore allo scopo di trattenermi. Ha ragione, non mi fa bene pensare anche solo a lui, come potrei reagire quindi a rivederlo ancora una volta? Mi manca… mi manca da impazzire e sento di averlo abbandonato anche se tutti mi provano a tranquillizzarmi nel dirmi che non è così. Non voglio che Camus faccia la sua stessa fine, non voglio che muoia, non voglio più perderlo… NON VOGLIO!

L’acciottolio dei piatti mi fa compagnia, giungendo alle mie orecchie come amico, come un atto di ordinaria manutenzione della casa, ciò mi spinge lentamente a calmarmi. Torno allo scoperto, sfregandomi gli occhi, che avverto brucianti, ma il bisogno di piangere è cessato senza aver ceduto. Mi reputo soddisfatta.

“Myrto...”

“Sì?”

“P-puoi… non dire niente a Camus dei miei allenamenti extra? Si arrabbierebbe moltissimo, oltre che a preoccuparsi e… e non capirebbe...”

“Perché, quell’essere è mai stato capace di capire gli altri?” risponde lei, piccata, non nei miei confronti ma nel parlare di lui.

Mi ritrovo a sbuffare divertita, ulteriormente rasserenata dalla sua espressione colorita.

“Scusami… - si affretta ad aggiungere, grattandosi maldestramente la testa come farebbe Milo – Immagino che con te sia come con nessun altro, più aperto, più premuroso, più socievole...”

Non rispondo, mi limito ad annuire, gli occhi luminosi ed un sorriso malinconico.

“Comunque, come hai potuto ben appurare, non sono esattamente la prima fan di tuo fratello, inoltre ti reputo abbastanza grande per decidere la tua strada da sola. Vuoi proteggerlo e agisci per diventare forte, è perfettamente coerente e apprezzabile questo, per cui puoi stare tranquilla, rimarrà un segreto tra me, te e Sonia! - mi rassicura, con un largo sorriso, prima di gonfiare le guance e regalarmi un’espressione assolutamente deliziosa – Tuo fratello è sin troppo protettivo nei tuoi confronti, impara a strigliarlo a dovere, quando esagera, hai tutta una serie di sentieri davanti a te, è tuo diritto scegliere quale imboccare e percorrere, checché lui concordi o discordi!” mi consiglia, decisa.

“Grazie, Myrto… farò tesoro dei tuoi pareri!” le sorrido, completamente rasserenata.

 

 

* * *

 

 

16 novembre 2011, tarda mattinata

 

 

Quest’oggi il riordino dell’archivio è finito prima del solito, ancora mi chiedo la motivazione. Semplicemente Myrto, dopo aver ricevuto una chiamata via cellulare, ci ha riaccompagnato sull’isola di Milos con la direttiva che forse continueremo oggi pomeriggio, forse no. E’ stata… un bel po’ misteriosa!

Una volta approdate, Sonia mi ha fatto da guida e mi ha condotto su una spiaggia poco frequentata a cui lei è molto legata. Per la verità, in questa stagione, per fortuna, aggiungerei, qui sulle Cicladi non c’è troppa gente, sebbene le belle giornate e il clima temperato continuino ad oltranza, ma fa comunque piacere avere un luogo dove ritrovarsi e chiacchierare tra noi senza ingerenze esterne.

Milos, la patria di Milo, è un’isola bellissima, dalle temperature gradevoli, il mare cristallino, il terreno marroncino chiaro e le casette bianche coronate da tetti e finestre dipinte di azzurro cobalto. E’ un luogo paradisiaco che, da quanto ho capito, ha visto crescere la piccola Sonia e che ha incorniciato il sogno d’amore di Milo e Myrto.

Perché, sì, quel furbetto di Milo ha davvero buon gusto in fatto di donne, ecco spiegato il motivo del suo lungo sostare con lo sguardo su di lei. La stessa Myrto mi ha confermato, senza peli sulla lingua, che c’è stato del tenero tra loro due, è anche scesa in particolari succosi ma non richiesti, concludendo che, per consigli circa il sesso, posso contare su di lei. Sì, come no… non ho più la materia prima e, anche se l’avessi, mi vergognerei a chiedere, preferendomi piuttosto basarmi sulle esperienze della mia vita passata, Seraphina. Tossicchio tra me e me per buttare giù l’imbarazzo che mi ha colto.

Non mi è comunque chiaro perché poi Milo e Myrto si siano allontanati, forse i doveri, forse la crescita… chissà… del resto, le responsabilità hanno allontanato, consapevolmente, anche me e Dègel, ben consci dei nostri rispettivi ruoli.

Sospiro, sorridendo amaramente, prima di essere riscossa da Sonia che, prendendomi per mano, mi dice un “è là!” e mi trascina a tutta birra sulla sabbia.

Non c’è nessuno su questa spiaggia, solo noi, un paio di gabbiani irriverenti che subito si mettono a controllarci guardinghi per vedere se portiamo cibo e un altro paio di piccioni, prudentemente lontani dagli uccelli più grossi. Oltre a loro, solo due alberi vicinissimi all’acqua, che destano la mia curiosità, vado a controllarne le foglie, non riconoscendoli affatto, strano che vivano così a ridosso del mare, la cosa mi incuriosisce. Riconoscerei un ontano nero da quello bianco, un pioppo tremulo da un altro pioppo, ma questi no, non sono così esperta di alberi marittimi, avendo sempre privilegiato l’Entroterra di Genova.

Finita l’ispezione, comprendendo che, da sola, non riuscirò a scoprire il nome di quegli alberi, torno docilmente da Sonia, la quale, levandosi i sandali, si è seduta sulla sabbia gialla e si è messa a contemplare il mare, sorridendo tra sé e sé. Mi sistemo al suo fianco, sentendomi in pace con me stessa e felice di poter trascorrere un po’ di tempo con lei su un isola a me sconosciuta. Ho imparato ad amare il Grande Tempio, un po’ meno l’affollata Atene, ma a me piace cambiare, stare nello stesso luogo mi annoia, dopo un po’, come se non fossi mai contenta, alla perenne ricerca di qualcosa di inafferrabile.

“Quali sono i tuoi progetti, Marta?” mi chiede genuinamente Sonia, portandosi le ginocchia al petto e stringendole con le braccia.

La guardo per un attimo senza capire pienamente, prima di farmi seria e contemplare il mare.

“Progetti… possiamo anche solo pensarli, nella situazione traballante in cui ci troviamo?” le chiedo a mia volta, ricordandomi delle parole di Rhadamantys. Accidenti, in questi giorni sono stata troppo tempo con lui, deve avermi contagiata con il suo grugno e la poca gioia di vivere, perché davvero, se solo penso al futuro incerto, non riesco a far altro che rinchiudermi nella sicurezza di vivere alla giornata, sfiduciata del futuro. Sonia ridacchia nervosamente, forse capendo le motivazioni dietro la mia frase, prima di fissare la sua espressione nella mia e sorridermi.

“Facciamo conto di essere due ragazze normali, cosa vorresti fare nel medio/lungo periodo?”

“Al di là di diventare più forte?”

“Al di là di diventare più forte, sì!”

Ci rimugino un po’ su, scrutando il cielo come se potesse darmi delle risposte, nello stesso momento una brezza fresca mi smuove i capelli e un pesce salta nell’acqua, sparendo subito dopo e lasciando solo cerchi concentrici al posto della pinna. La risposta, in verità, mi è chiara.

“Vorrei diventare Sciamana!” dico in un soffio, socchiudendo e riaprendo le palpebre in un guizzo esplosivo. Sì, è proprio così, non Cavaliere di Atena, né tanto meno Sacerdotessa Guerriero, le ho viste le maschere che sono costrette a portare…

Stringo di riflesso le mani a pugno, un poco infastidita. Sicuro non ho niente da spartire con la dea della Saggezza, non perché la odi, anche se tutt’ora alcune sue.. scelte… mi lasciano basita, ma proprio perché so che non giungerò a massima maturazione se rimarrò segregata qui.

“Oh, come tuo fratello, quindi!” commenta Sonia, gli occhioni brillanti.

“Come lui, sì, è un po’ il mio mito, vorrei prenderlo ad esempio, ma, sai, non sembra così altrettanto contento della mia decisione” mi lascio sfuggire, un pizzico di disappunto.

“E’ perché ha paura per te, Marta… teme che tu voglia seguire la sua, sofferta, strada, invece di volare per conto tuo”

“Io volerò per conto mio, quando i tempi saranno maturi, ma la partenza me la deve dare lui, io non sono Sciamana, senza il suo aiuto io… non potrò scegliere il percorso da intraprendere!” le dico, corrucciata, prendendo di riflesso una manciata di sabbia e lasciandomela scivolare tra le dita.

Sonia rimane in silenzio per diversi secondi, lo sguardo rapito dall’orizzonte un poco increspato, poi si riscuote, tornando su di me.

“Sai… Camus mi ha spiegato, tempo fa, che ci sono vari tipi di Sciamani...”

La osservo, interessata. Che ci fossero varie tipologie lo supponevo, anche se non ne avevo la piena certezza, ma non ho la minima idea di quali possano essere, sono del tutto inesperta su questo settore, anche se…

Mi massaggio debolmente la testa: Seraphina non era forse una Sciamana? Perché… non ho memoria nitide, neanche su questa sua dote? Ho recuperato tutti i ricordi legati alla sua vita da umana, ma, come ha detto lo stesso Crono, come ha confermato lo stesso Rhadamantys, alcuni tasselli mi mancano e non ne conosco la ragione. Ci sarà un modo per ottenere di nuovo tutto? Per tornare ad essere… ciò che ero?

“Tra tutti, i più misteriosi e leggendari sono gli Evocatori...”

“Evocatori?”

Sonia annuisce, facendosi sempre più seria.

“Sì, ma la loro genealogia si perde nella notte dei tempi, ormai nessuno vuole essere Evocatore, la gente non ci crede di più, il progresso tecnico ha spazzato via tutto il resto, così mi ha detto Camus, quel giorno...”

“Quale giorno?”

“Uno in cui ha rischiato di morire, Milo ed io siamo andati a trovarlo”

“Ah… - incasso il colpo, la gola secca – Quante volte ha rischiato di morire?!”

“Troppe...”

Già, troppe davvero! Stringo il pugno, serrando la mascella. Anche adesso non stai bene, fratellino, non mi hai detto nulla su quello che ti ha fatto subire quel bastardo, anche se l’ho capito… io e Milo lo abbiamo capito… ma non ci restano altro che le supposizioni.

“Mio fratello… è un Guaritore, se ben ricordo!” devio argomento, non desiderando approfondire quello inerente a quando ha rischiato di morire. So che, se vorrà, sarà lui a rivelarmelo.

“Sì, ma… non ama parlarne molto”

“Ma ha dei poteri eccezionali, Sonia, dovevi vederlo quando, dopo esserci riuniti con lui, Milo, Michela e Francesca, dopo la nostra lotta contro i robot nel passato, mi ha curato le ferite che avevo subito solo toccandole e soffiandoci sopra! Io… vorrei essere come lui, lo stimo sinceramente!” le dico, davvero euforica, gli occhi che luccicano come di consueto.

“E lo diventerai, ne sono sicura! - mi incoraggia, allegra, prima di continuare sul discorso di prima – Ma, sai, forse, chissà, potresti diventare anche Evocatrice, la prima, dopo secoli!”

“I-io… - mi blocco un attimo, pensierosa – Non so se ne sono in grado...”

“Camus mi ha narrato che gli Evocatori, un tempo, erano soliti partire per un viaggio di formazione accompagnati da persone fidate, questi ultimi venivano chiamati Guardiani”

“U-un viaggio? Evocatori? Guardiani?!”

Mi accorgo che non so un sacco di cose, Sonia è ben più lanciata di me, e dire che vorrei pure diventare Sciamana, come farò, se parto non da zero, bensì da sotto zero?!

Un viaggio di formazione… per dove, poi?! L’idea del viaggio mi piace, io stessa ho bisogno di muovermi in continuazione, così facendo potrei… ma mi blocco, una fitta al petto. No, un secondo, se partissi per un viaggio dovrei dire di nuovo addio a mio fratello, non credo di…

“Non penso diventerò Evocatrice, mi basterebbe essere Guaritrice, come mio fratello, o chissà, magari qualche altra tipologia!” mi affretto a dire, scrollando la testa.

Rimaniamo un altro paio di minuti in silenzio, ognuna persa nelle proprie cogitazioni, finché non mi sento di ribaltarle la domanda.

“E tu cosa vuoi fare in futuro?”

“A parte diventare forte, intendi?” ricalca la mia risposta, con uno sbuffo divertito. Non ribatto verbalmente, mi limito ad annuire e a soffiare aria fuori, in una specie di pernacchia a metà strada tra una risata e un verso.

“Penso che… - prosegue poco dopo, raddrizzando la schiena – se tu vorrai diventare Sciamana, io ti seguirò come tua Guardiana, se mi accetterai!”

A questo punto mi giro verso di lei, sconvolta, mentre la vedo lasciarci andare e posare la testa contro la mia. Mi ritrovo ad arrossire, mio malgrado, a quella affermazione, ritrovandomi rigida in un contatto che invece dovrebbe emanare calore.

“S-Sonia...”

“Lo desidero… perché tu sei la mia migliore amica!”

Migliore amica… mi ritrovo mal partita davanti a quelle due parole che possono significare tutto.

Migliori amiche… come Milo e Camus…

Arrossisco, non sapendo cosa dire. Francesca e Michela sono mie sorelle, ci sono cresciuta insieme, Stevin è -era- non so neanche io bene cosa, Camus è mio fratello di sangue, per scelta, per affezione; Milo è un mio carissimo amico e Dègel… Dègel è -era- l’amore della mia vita… ma Sonia… non mi sono mai soffermata su cosa sia lei per me. So che mi sono affezionata molto a lei in brevissimo tempo, che quando l’ho vista è scattato qualcosa, in me, che mi ha sussurrato che, con lei, sarebbe andato tutto bene, tuttavia ora, così su due piedi, senza nemmeno sapere totalmente perché, mi ritrovo ad arrossire a queste due parole, lusingata, certo, ma anche un bel po’… spaventata.

Sto ancora cercando il modo per rispondere, quando, dall’altro lato della spiaggia, giunge alle nostre orecchie la voce squillante di Myrto.

“Eeeeeeeehiiii, allora eravate qui!” ci strilla, raggiungendoci di corsa, tutta contenta.

Ci voltiamo entrambe nella sua direzione, pur rimanendo sedute composte, fissandola interrogativamente.

“Myrto, che succede?” chiede Sonia, un poco in apprensione.

“Nessuna emergenza, tranquille, dovete solo seguirmi nuovamente all’archivio!” ci dice lei, affabile, scompigliandoci i capelli affettuosamente.

“Continuiamo con l’archivio?” chiedo, determinata, contenta del lavoro che stiamo portando avanti.

Ma Myrto scrolla la testa.

“No, dobbiamo incontrarci con il Sommo Shion e… un’altra persona, sempre all’archivio, vi sarà tutto chiarito là!” ci dice, con un largo sorriso.

Sonia ed io ci scambiamo un’occhiata interrogativa, inarcando entrambe un sopracciglio con fare dubbioso, prima di seguirla.

Non parliamo più per tutto il viaggio, perse nei nostri pensieri ed emozioni. Via mare fa davvero fresco, il vento sferzante mi fa diventare la pelle esposta d’oca (sto continuando ottusamente a tenermi il solo peplo, ma mi sa che tra non molto dovrò cedere), nulla a che vedere comunque con la sensazione che sto provando dentro il mio petto. Scocco una breve occhiata a Sonia, anche lei seduta, più coperta di me, con le ginocchia strette in grembo. Condivide i miei pensieri e sentori, lo so, ma ciò non mi tranquillizza per niente.

Arriviamo quindi all’orologio della meridiana senza passare per i Templi, che tanto non possiamo raggiungere, visto che siamo in punizione, ma l’istinto di tornare a “casa” ce l’ho comunque. Lo ricaccio indietro, percependo che ci sono cose ben più urgenti.

Arriviamo in fretta all’ultimo piano dove vi è già Shion, con indosso la solita tunica ricamata d’oro da Grande Sacerdote, ci sorride cordialmente.

“E’ un piacere rivedervi, ragazze, state facendo un ottimo lavoro qui all’archivio! - si congratula, con un cenno, prima di passare a guardare Myrto – Grazie per averle condotte qui così celermente, su di te si può sempre contare!””

“Abbiamo impiegato tempo per prepararci, ma finalmente oggi ce la faremo, abbiamo accumulato abbastanza energie, sono assolutamente trepidante!”

Gli sguardi miei e di Sonia navigano, spaesati, da una parte all’altra, indecisi se focalizzarsi su uno o sull’altra, decidiamo comunque di rimanere in disparte, in attesa del procedere degli eventi. Il loro dialogo continua così con naturalezza.

“Pensi davvero che basteranno come vettore?” chiede Shion, gli occhi profondi.

“Non ne sono sicura, ma i libri più antichi dicono che è possibile, e poi… abbiamo un catalizzatore ancora più importante – spiega, indicandomi con lo sguardo – se c’è riuscito una volta, da solo, può farcela anche adesso, noi lo aiuteremo, gli daremo le energie sufficienti e voi, Sommo Shion...”

“Io lo stabilizzerò, sì, con le onde cerebrali, possiamo davvero farcela questa volta!” si illumina lui, raddrizzando la schiena, una strana energia lo avvolge.

Ma di cosa stanno parlando? Perché mi sento al centro dell’attenzione, perché il cuore ha cominciato a battermi all’impazzata?!

“Scu-scusate, di cosa state trattando?” chiede una titubante Sonia, facendo un passo avanti, un poco timorosa.

Shion prende un profondo respiro, radunando tutte le sue forze nel pronunciare a vivo cuore le parole che permeano le sue labbra già da un po’, poi si avvicina a me con fare paterno, sorridendomi con calore.

“Marta… e anche tu, Sonia, perdonatemi, non… non è solo per la punizione che vi ho voluto far venire qui in archivio, c’è… un motivo molto più profondo!” inizia, prendendosi una breve pausa. Anche Myrto si avvicina a noi.

“Ho un solo dubbio, Nobile Shion… - parafrasa il suo timore la giovane donna, un poco tesa – Siamo davvero sicuri che Camus… non abbia ripercussioni? Che non avvertirà niente?”

“L’anima di Camus è… mutila… gli manca un pezzo e, quel pezzo, è esterno a lui da moltissimo tempo, talmente tanto da risultargli completamente estraneo, lo sai bene, quindi non dovrebbe avvertire nulla. Potrebbe però percepire qualcosa se fosse nelle vicinanze, ma mi sono premunito di spedirlo lontano in missione con Michela, almeno per oggi!”

“Dove lo avete mandato, Grande Sacerdote?” chiede Sonia, un poco traballante sulle gambe.

“A Efeso per una missione, Michela è con lui, non avete quindi di che temere per la sua salute”

Sto cominciando a capire… il mio cuore accelera impetuosamente, un nodo mi si stringe in gola. No, non vorranno davvero… NO!

“Se ne siete davvero sicuro… spero davvero che sia così - accetta alla fine Myrto, ancora titubante, posando l’occorrente per poi ricercare i suoi occhi – Quel frammento di anima, per quanto estraneo, è comunque il suo. E’ lontano d’accordo, ma il rischio che percepisca qualcosa è ugualmente persistente!”

“Correremo questo rischio, le informazioni che reca con sé sono troppo importanti, potrebbero salvare la vita dello stesso Camus!”

“Volete… evocare lo spirito di Dègel?” arrivo infine alla conclusione, tremando convulsamente, appoggiandomi allo scaffale più vicino per evitare di cadere, perché altrimenti le gambe non mi reggerebbero.

Shion si raddrizza, il viso gentile, mentre con una mano mi accarezza i capelli come un padre. Annuisce. Il mio cuore perde un battito davanti a quel semplice gesto.

“Gli spiriti… sono onniscienti, sai? Dopo il vostro arrivo dal passato, ho chiesto a Dégel, tramite Myrto, che ha più facilità a vederlo, se potesse indagare sul Potere della Creazione di tuo fratello, del resto… uno spirito come lui può attingere al totale potenziale della mente umana, spingersi oltre i limiti fisici, arrivare fino alla Notte dei Tempi per disvelare… l’Origine del Tutto!”

“L’Origine del…? S-stiamo parlando di un tempo antecedente alla Regolazione del Creato?” chiedo, incredula, raschiandomi la gola.

“Ebbene… sì! Da lì dipende questo potere che è detto della Creazione”

Non riesco a dire nient’altro, il cuore in gola, mentre Sonia si approccia a me, tesa a sua volta. Shion, nel frattempo, si affianca di nuovo a Myrto, cominciando ad espandere il proprio cosmo dorato.

Ora che sono in ballo, mi rendo ancora più conto di non riuscire a reggere ad una nuova visione di Dégel, sto cercando di dimenticarlo, di dirmi che ormai appartiene al passato, che non ha senso struggersi per lui. Mi manca da morire, come mi manca Cardia, da togliere il fiato, la sola idea di rivedere almeno lui mi provoca una netta reazione di rifiuto, unita a qualcosa di caldo, che si irradia nel mio petto. Non lo voglio vedere, soffrirei solo di più e basta, però… però…. Vorrei anche rivederlo con tutte le mie forze, di nuovo, quel suo volto gentile, che posso ammirare solo nei miei sogni più profondi, quando ancora ho le sembianze di Seraphina, quel sorriso leggiadro, a cui mi appiglio nei momenti più difficili, il calore che mi provoca…

Non posso vederlo senza desiderare di riaverlo con me, ma al contempo il non poterci più parlare mi fa soffrire terribilmente.

Se… davvero possono evocarlo? Davvero potrò… riabbracciarlo, anche se solo con lo sguardo? Mi è… concesso? Nonostante io abbia scelto Camus, abbandonando lui al suo destino?

Vedo Shion lasciare il mio fianco per tornare sulla scrivania, aprendo l’immenso tomo che era adagiato sopra e che racchiude un sacco di disegni e formule strane. Ricalca più volte il foglio con le dita, leggendo con attenzione.

“Occorre un tributo… - asserisce imperturbabile, gli occhi infinitamente gentili, ma quando vede un movimento provenire da Myrto, mentre Sonia ed io fissiamo allibite entrambi, la blocca con movimento sinuoso del braccio – No, non il tuo, non quello di una giovane donna, basta il mio, quello di un vecchio!”

“Ma Nobile Shion, voi siete...”

“Non preoccuparti, è un’inezia per me!” le sorride, rassicurandola, dopodiché, come se niente fosse, si taglia abilmente le vene di entrambi i polsi, lasciando colare il fluido rubino sulle pagine.

Esclamazioni di sorpresa da parte mia e Sonia, sempre più sbigottite e tese dalla scena davanti a noi. Il Grande Sacerdote, con nonchalance, come se fosse abituato a versare litri e litri di sangue, continua a rimanere concentrato su ciò che sta facendo, la mente attenta e ferma in un punto davanti a sé.

“Myrto, avverto qualcosa… prova a chiamarlo per nome, al resto penserò io, le energie sufficienti per stabilizzarlo e rimanere visibile le prenderà da me”

La giovane annuisce, un po’ titubante, prima di portarsi una mano al petto, chiudere gli occhi e poi riaprirli, con una nuova scintilla di determinazione.

“Dégel, so che ci puoi sentire, per favore, accogli la nostra chiamata e palesati, abbiamo bisogno di te, della tua profonda conoscenza e del tuo… buon cuore!” esclama, ad alta voce, nell’esatto momento in cui la stanza prende ad irradiare luce e calore, di più, sempre più forte, sempre più intenso. I contorni svaniscono da quanto è luminoso. Serro le palpebre, rannicchiandomi quasi per terra, impossibilitata a vedere. Sonia è con me, si accuccia al mio fianco, quasi abbracciandomi e nascondendo il suo viso tra i miei capelli. Rimaniamo lì per diverso tempo, le mani intrecciate, i cuori che battono all’unisono, velocizzando il loro ritmo. Infine, una brezza leggera, come di vento aureo, passa tra i nostri ciuffi, facendoci rabbrividire. Il mio respiro si mozza nell’avvertire una presenza famigliare intorno a noi.

Pochi secondi soltanto, ancora…

La luce svanisce in un sussulto…

I contorni tornano nitidi, così come le sagome…

Qualcosa si muove impercettibilmente…

Mi raddrizzo, alzandomi in piedi…

Le forme sono ora definite. I miei occhi si spalancano nel vuoto, tutto si immobilizza.

Di colpo, tutto ciò che ho intorno non è più importante.

C’è solo lui, davanti a me, evanescente, pallido… ma lui, nessun altro.

Ingoio a vuoto, mentre gli occhi mi pizzicano e qualcosa prende a scorrere sulle mie guance, incontrollabile.

“Dé-gel...” quasi rantolo nel pronunciare il suo nome.

E’ qui, davanti a me, il profilo delicato, gli occhi ancora chiusi. So che non è che uno spirito, ma mi sembra di percepire il suo profumo.

Qualcosa di liquido cade ai miei piedi, per poco non cado anche io, solo l’ultimo barlume di raziocinio non mi fa cedere. Un’arcana felicità mi riempie il cuore con un retrogusto amaro, qualcosa di pungente, che ancora mi fa male. Terribilmente.

“Dégel… - ripeto un poco più convinta il suo nome in tono strozzato, tremando – Mi sei mancato da morire!”

A quelle poche parole i suoi occhi lentamente si aprono. Ancora blu. Ancora dolci, gremiti di sentimenti. Non guarda nella mia direzione, ma avverto il suo percepirmi.

“Dégel!!!”

Al mio richiamo si aggiungono quelli degli altri.

Di Shion, tutto trepidante, commosso.

Di Myrto, che sorride felice, incredula ancora nel rivederlo.

Di Sonia, che è saltata su, volendo quasi abbracciarlo, ma ricordandosi che è uno spirito.

“P-per fortuna, D-Dégel, anf… - lo saluta Shion, in evidente affanno, spossato dalla perdita di sangue, che non si è affatto fermata -E’ così bello rivederti...”

Sembra quasi sul punto di piangere, anzi forse lo sta già facendo, perché intravedo qualcosa di brillante scorrere sulle sue guance un poco pallide.

“Shion… - lo saluta cordialmente Dègel, stirando le labbra nel suo più bel sorriso. Al solo udirlo, con queste mie orecchie, un mormorio sommesso mi sfugge, riempiendomi il cuore di gioia ma facendomi altresì male – La veste di Grande Sacerdote ti dona, il Sommo Hakurei sarebbe fiero di te!”

“I-Io...”

Persino Shion, il nobile Shion, non riesce più ad andare avanti, sopraffatto dalle emozioni. Vedo Dègel avvicinarsi a lui, alzare entrambe le mani per prendere -metaforicamente, visto che non ha corporeità!- i suoi polsi, grondanti di sangue. Non può ovviamente toccarlo, ma è come se per magia il fluido smettesse di defluire, rimarginando così ferite.

“Dégel, no! S-servivano per...”

“Per stabilizzarmi, ne sono consapevole. Non occorre, Shion, non sprecare le tue risorse per me, per un morto, sei… troppo prezioso!”

“Ma così tu...”

“Ho abbastanza energie per rimanere distinguibile a voi e discorrere circa la questione che mi hai affidato”

“Dègel!!!”

Anche Sonia e Myrto hanno infine la forza per sbloccarsi e corrergli incontro, le lacrime a fior di palpebre, il cuore in tumulto. Lo vedo alzare nuovamente le braccia, posando la sinistra sulla testa della prima e la destra su quella della giovane donna. Sorride un poco tristemente, consapevole che non può davvero toccarle e di essere percettibile solo come brezza leggera.

“Un giorno, tre autunni… è il tempo che mi è parso per ogni istante in cui ho camminato, come spirito, su questa Terra. Sapete, il tempo si allunga o si accorcia in base a come lo percepiscono le persone, uno spirito errante in una dimensione essenzialmente temporale, non fa differenza e… è stato così anche per me. Ogni singolo giorno in cui ho camminato tra le nebbie, desiderando rincontrarvi, l’ho trascorso come se fossero passati tre anni, nella speranza di potermi ricongiungere a voi. Questo miracolo è solo temporaneo, ma… sono felice di essere di nuovo qui” sussurra, socchiudendo gli occhi.

Tutto è appannato intorno a me, non riesco a dare un freno alle lacrime. Mi tappo la bocca, cercando di mascherare un singhiozzo più forte degli altri, ma lui, infine ha la meglio, sfugge dalle mie labbra, portandomi a nascondere il viso per la vergogna di farmi rivedere così.

“Marta...”

La sua voce, che si rivolge direttamente a me per la prima volta, è in grado solamente di aumentare gli spasmi nel mio petto nel vano tentativo di controllarmi. Tutto inutile. Mi mordo il labbro inferiore, trattenendomi a forza, ma sono comunque scossa da movimenti repentini che non riesco a celare.

“Dégel… - riesco infine a chiamarlo, avvertendolo avvicinarsi a me, dischiudo le palpebre, tentando di asciugarmi gli occhi grondanti, ma non riesco e ciò mi fa sentire ancora più male – Perdonami...” soffio infine, sopraffatta.

“Non hai… nulla… da farti perdonare! - mi rassicura, mentre con la mano fatta di luce, mi prende il volto, accarezzandomi, con il pollice, la guancia sinistra – Stai diventando sempre più forte, proprio per questo… non piangere! Meriti di sorridere sempre!”

Anche lui parla a fatica, sforzandosi di mantenere un tono composto.

“Ma io ti ho...”

“Tu non mi hai mai abbandonato, Marta! Mi hai raccolto, e protetto, e lo continui a fare, con tutta te stessa, anche adesso. Non ho paura, con te al mio fianco, non ne ho avuta mai...”

Ingoio a vuoto, cercando di calmarmi, mentre provo a stringergli di riflesso la mano che mi sta accarezzando, come brezza leggera. E’ tutto vano. Lo sapevo anche prima, non ha consistenza, mi sfugge, come aria, eppure percepisco le sue dita su di me, le trattengo sulla mia guancia. Vorrei che rimanesse qui per sempre.

“Ti amo… questo non potrà mai cambiare!” gli sussurro, sforzandomi ad aprire completamente gli occhi annacquati per vederlo e rammentare, ancora una volta, tutti i particolari del suo viso.

“Ed io amo te, ma devi andare avanti, Marta, te l’ho già detto. Il mio percorso è concluso, il tuo no...”

“Non voglio! Mi manchi… troppo… non voglio!” ribatto, decisa, pur vergognandomi nel manifestare i miei sentimenti davanti a tutti, che infatti mi guardano con apprensione, partecipi del mio stato.

“Rondinella… lo capisco bene, questo, non c’è stato un momento che non abbia rimpianto il tuo sorriso, le tue mani su di me. Anche a me manchi, come terra arsa dal sole che aspetta la pioggia, come albero che aspetta la primavera, come tenebre che rincorrono la luce… la mia luce sei tu, Marta, sei stata tutto, ma io posso dirlo, perché sono morto, sono… immobile… tu no! Ti aspetta ancora così tanto di bello in vita, non hai che da prendere e correre, inseguendolo fino al confine del mondo...”

“E se non volessi, se non… mi interessasse?!” ingoio di nuovo a vuoto, singhiozzando, ricacciando indietro le lacrime, nel guardarlo, nel guardare il suo bellissimo volto, quel dolce sorriso, quegli occhi che sembrano un mare limpido. Voglio che lui rimanga con me, voglio che rimanga nel mio cuore, nessuno può prendere il suo posto, nessuno! Ed io non voglio permettere a qualcun altro di scalzarlo via, ricominciando una nuova vita, innamorandomi ancora. No, voglio che rimanga qui, con me, anche se non lo posso più toccare.

“Con il tempo, riuscirai a raccogliere i cocci che ti ho lasciato io, riuscirai a regalare la parte migliore di te a qualcun altro, e tornerai ad innamorarti… è la mia speranza – mi sussurra lui, lo sguardo dolente – Perdonami… per averti lasciata… sola!” riesce ancora a dire, sempre con maggior difficoltà, serrando a sua volta gli occhi.

“Dégel...”

“Scusatemi… - interviene Shion, un poco impacciato – non vorrei in nessun modo interferire, ma...”

“...ma ci sono urgenze ben più importanti, lo so! - finisco di dire io, asciugandomi con stizza gli occhi per scacciare via il pianto e imprimere il mio sguardo determinato prima su Dègel e poi su Shion – Scusate la pagliacciata, sono pronta, la debolezza è passata. Non abbiamo un istante da perdere!”

“Marta...”

“V-va tutto bene, Nobile Shion, è stato un attimo di debolezza, u-un attimo di… - devo buttare giù a forza il magone che mi è salito, prima di picchiarmi le guance con i palmi delle mani – Procediamo, ordunque!”

Nell’archivio ricade il silenzio, più nessuno sembra capace di parlare, ognuno pressato da emozioni troppo grandi da esprimere. Alla fine è di nuovo Shion a forzare il blocco, andando dritto al punto.

“Dégel… hai scoperto qualcosa?”

“Purtroppo sì...”

Il suo tono di voce un poco acre mi mette immediatamente sull’attenti, consegnandomi la spiacevole sensazione che le rivelazioni non saranno affatto piacevoli, né per me né per mio fratello.

Dégel sospira sonoramente, compie qualche passo per la stanza con gli occhi chiusi, andandosi a sistemare dalla parte opposta del tavolo. Esita ancora per qualche istante, prima di riaprire di scatto le palpebre e far traballare distintamente la sua pupilla, che emana una luce strana.

“Il Potere della Creazione di Camus… è il Principio Primo di Tiamat!” arriva subito al succo, appoggiandosi al tavolo, anche se, di fatto, non gli è concesso.

“Tiamat?! La dea Madre mesopotamica?!” ripete Shion, sbalordito, totalmente incredulo

Sonia ed io ci scambiamo occhiate confuse, sguardi che si provano a sostenersi reciprocamente. E’ chiaro che nessuna di noi conosca una simile divinità. Per quanto mi sforzi, pur appassionata della mitologia, non ne ho mai sentito parlare, ma, questo Principio Primo citato… il suono mi dice qualcosa. Potrebbe essere che…?

Spalanco attonita gli occhi, il respiro quasi mi si mozza, mentre la mia testa mi porta a rivivere i momenti del primo scontro contro il Mago, nel passato, la prima prova come Marta, non più come Seraphina.

 

Per questo io sono qui, nella vostra dimensione, per dare un freno a tutto questo mondo così sbagliato e assurdo. Il Principio Primo... sto cercando un modo per acquisirlo senza l'aiuto di sciocchi dei pagani, senza l'aiuto dell'Unico Dio, senza altre, ulteriori, interferenze. E sapete cosa? L'ho trovato, il modo, dopo lunghe Ere l'ho trovato, il potere necessario per tornare all'origine, riavvolgendo il tempo per poi annullarlo.

 

“IL PRINCIPIO PRIMO! - strepito improvvisamente, facendo prendere un risalto a tutti – Ne parlò il Mago quando mi mise alla prova con il pretesto degli occhiali di Dégel!!!”

“Il Principio Primo… si riferiva al Potere della Creazione di tuo fratello, Marta...” mi conferma l’Antico Acquario, teso, increspando le sue labbra.

“Che cosa comporta un tale potere? Anzi, partiamo dal principio CHI è Tiamat? Perché non conosciamo una simile divinità? Eppure, a detta del Nobile Shion, è la dea Madre, colei che ha generato i mondi, perché si sa così poco di lei?” chiede Sonia, affiancandomi, desiderosa di ricevere al più presto delle risposte.

“Le tue domande sono sempre molto argute, Sonia… non ne sono meravigliato! - sorride Dégel, un poco disteso, prima di impensierirsi nuovamente – Vi narrerò brevemente ciò che ho scoperto...”

Rimaniamo in attesa di spiegazioni, tutti trepidanti, la tensione è sempre più tangibile, accelera di riflesso i nostri cuori.

“Dunque… Tiamat è, come è stato detto, la dea Madre mesopotamica, ma più ancora è associata al Caos primigenio, la personificazione dell’Acqua Salata su cui galleggiava il Grande Tutto...”

“Il Grande… Tutto?” ripete Myrto, visibilmente allibita.

“Sì… con questo termine voglio definire proprio… tutto… ogni atomo, ogni atollo, ogni cosa che, in principio, era unita da un legame indissolubile e omogeneo, un… concentrato di materia, possiamo dire, che venne poi sconvolto dalla Grande Esplosione nota come Big Bang, che diede così origine all’universo, di cui la nostra Terra fa parte, e ai vari, distinguibili, anche se non raggiungibili, Mondi Paralleli...”

Dégel prende una breve pausa, guardandoci uno ad uno nell’attesa che l’informazione attecchisca, cosa di per sé già difficile, perché, con quest’unica frase, già ha messo a soqquadro intere concezioni di generazioni e generazioni.

“Cioè… stiamo parlando di un’epoca prima del Big Bang, g-giusto? Quando tutto era un tutt’uno...” mormora Sonia, massaggiandosi la testa confusa. E’ difficile persino concepire una simile rivelazione. Per tutti.

“Comprendo le difficoltà, la mente umana si perde a trattare argomenti concernenti simili questioni inarrivabili, ma vi prego di sforzarmi di seguirmi, il momento è serio – dice Dègel comprensivo, accarezzando delicatamente uno dei tomi, anche se non riesce a toccarlo. Sospira, prima di riprendere – Sonia, Marta, vi ricordate quando, nel passato, dissi che era inaudito pensare a qualcosa, o meglio, qualcuno che avesse creato tutto? Che i miti greci parlavano di Intelligenza Regolatrice, non di Creazione...”

“Sì...” rispondiamo all’unisono, leste.

“Ecco, era perché, all’epoca, non conoscevo Tiamat, la sua esistenza è stata cancellata dalla storia, neanche le divinità sanno molto su di lei, ma è stato tramandato che esistesse un potere che la rappresentasse, sebbene questa abilità si pensava smarrita per sempre... - continua il suo discorso spassionato, gli occhi brillanti come accadeva in vita quando spiegava qualcosa a qualcuno – Ebbene, sbagliavano… l’effige di Tiamat, la sua fonte inesauribile, si è, infine, incarnata, proprio in Camus!”

Per la terza volta in brevissimo tempo ricade un silenzio colossale, gremito di preoccupazione. Un simile potere di origine femminile… in mio fratello, in un corpo maschile?!

“In verità, il potere di Camus ha impiegato un bel po’ a svilupparsi, passando prima da me, che lo conservavo inconsciamente a livello embrionale, per poi raggiungere la sua forma definitiva in lui, che tutt’ora lo conserva”

“Camus… tiene un simile potere?! - esclama Sonia, sempre più scioccata – E’ questo che cerca il Mago?! Perché?! Che gli serve?! Cosa se ne fa???”

“Un passo alla volta… come vi dicevo, non è semplice trattare di un simile argomento...”

“Perché Tiamat è stata cancellata dalla storia? Perché se ne sono perse le tracce?” chiedo invece io, corrucciata, sentendomi, non so bene perché, frenetica. Dègel mi guarda per pochi, decisivi, secondi, prima di parlare.

“Quando lassù...”

Sussultiamo nell’udire il suo tono farsi sempre più glorioso, quasi evocativo, non più suo comunque, come se parlasse per bocca di altri.

“Quando lassù il cielo non aveva nome, e quaggiù la terra ferma non era ancora chiamata con un nome… soli Apsu, il primo, loro progenitore e Madre Tiamat, genitrice per tutti loro, mescolavano insieme le loro acque: né banchi di canne vi erano ancora raggruppati, né canneti vi erano distinguibili. E mentre degli dei nessuno era ancora apparso, Essi non erano né chiamati per nome, né definiti da un Destino… - riprende poco dopo, guardando un punto non ben definito del soffitto, prima di tornare concentrato su noi, sbalorditi a guardarlo – Questa è la parte iniziale dell’Enuma Elish, il poema che narra la genesi della Creazione e, così, della dea Madre Tiamat, nonché… della sua nefasta sorte...”

“L’Enuma Elish...” ripete Shion, quasi meccanicamente, fremendo distintamente. Che il nome gli dica, forse, qualcosa?

“Non si sa molto del periodo prima dell’esplosione del Big Bang… trattiamo di un’era in cui gli stessi concetti di spazio e tempo non esistevano. Tutto era legato, TUTTO, un concentrato di atomi, una.. Supermateria possiamo dire, eppure, in potenza, esisteva già ogni cosa che oggi è distinguibile da altro. Fu Tiamat a crearlo, ma, come vi dicevo, non si sa molto di lei, quasi niente e… ciò che è narrato dai miti, la definisce in maniera negativa – continua la sua dotta spiegazione, prima di sospirare sonoramente – Effettivamente… tutto ciò che fu prima di Marduk ha valenza avversa. Marduk, l’Ordinatore del Cosmo, Marduk, colui che sventrò il corpo mitologico di Tiamat, creando il cielo e la terra, generando i mondi, tutti, che da quel momento in poi si espansero come tante linee rette, parallele ma non più toccabili: ciò che ora definiamo come Multiverso!”

“Marduk?! - esclamo, allibita, cercando il sostegno visivo degli altri, che paiono sconvolti come me – Chi è costui? L’hai definito Ordinatore del Mondo, ma… perché uccise Tiamat, perché la distrusse?”

“Ebbene… non lo so, Marta, me ne dolgo – ammette Dégel, prostrato da dover dire una cosa simile – Marduk è il principale dio Babilonese, ha molti nomi e molti talenti. Come vi ho rivelato poc’anzi, è dalla battaglia tra lui e Tiamat che nacque l’universo come ora lo conosciamo, dal Caos Primordiale di Tiamat, ne derivò l’ordine cosmico, il dio fu inneggiato come salvatore, e gli uomini lo riempirono di magnificenze. Il messaggio che ne derivò fu della dea Madre malvagia e se ne perse quasi totalmente le tracce...”

“Tiamat era davvero malvagia?” chiede argutamente Sonia, ormai in fibrillazione.

“Ciò che passò, tramite lo scritto, la definisce malvagia, sì, io non ho elementi per scagionarla, essendoci così poche fonti, ma, se volete la mia opinione, un potere simile non può in alcun modo essere maligno...”

“Però… vi era nient’altro che Caos, all’epoca, no? Non c’erano leggi...” chiede conferma Myrto, pensierosa.

“Mia cara Myrto, è forse il Caos sostanzialmente malvagio o siamo noi a considerarlo tale?”

“Ecco, io… non saprei, delle leggi… servono”

“E chi stabilisce che una legge sia giusta o sbagliata, se non… colui che la legge medesima stabilisce? - ci incalza nuovamente, forse desiderando farci riflettere – Io sogno, fin da quando ero ancora in vita, di una umanità in grado di autoregolarsi senza bisogno che qualcuno, dall’esterno, gli imponga ciò che considera giusto. Anelo un mondo di questo genere, ma per arrivarci l’uomo dovrebbe maturare a tal punto da scacciare le briglie del divino che ci tengono soggiogati, e non so se sarà mai possibile, essendo l’umana specie infinitamente limitata. E’ il mio sogno, è il mondo che vi avrei voluto consegnare a voi generazioni future, ma… ho fallito!”

Esprime la sua teoria Dégel, da buon illuminista, con la sua consueta umiltà. Un mondo così, in effetti, sarebbe auspicabile, ma… impossibile. Non credo agli uomini, non credo si potrà mai arrivare ad uno stato simile di maturazione, ma, nondimeno, non voglio neanche essere schiacciata da leggi ingiuste. Il problema non è di facile risolvimento.

Ricade nuovamente silenzio tra noi, pesantissimo, quasi da potersi tagliare con un coltello. La quantità di informazioni giunta a me e a Sonia è decisamente troppa, non riusciamo più a raccapezzarci, la stessa logica di questo potere, serbato in Camus, ci sfugge. Butto una veloce occhiata fuori dalla finestra, il grigiore novembrino si è fatto più persistente, sembra quasi preludere a qualcosa di brutto, ma cerco di non darci peso, tornando a concentrarmi sugli immensi tomi. Mio fratello… sa qualcosa di Tiamat? Di certo ha paura del potere che sente sgorgare da lui, questo l’ho ben percepito in Siberia, quando me ne ha parlato per la prima volta, ma lui ha trattato del Potere della Creazione, non certo della dea né del Principio Primo, significa…

“Camus non sa di Tiamat… - mi delucida inconsapevolmente Shion, teso e dubbioso come non mai – Ha usato quel potere in passato per tentare di salvare Marta, ne ha perso il controllo, da allora ha cercato di bandirlo con tutto sé stesso...”

“Cerca di bandirlo, è vero, ma il potere cresce comunque di giorno in giorno in lui, questo non lo può evitare, anche se molte cose gli sono oscure...” conferma Dègel, guardandosi intorno nervosamente, come se percepisse qualcosa.

“Aspettate! - salta su Myrto, desiderosa di sapere – In quale parte del suo corpo conserva una simile, favillante, capacità?”

“Oh, beh...”

Dègel sembra a disagio a rispondere a quell’ultima domanda, lo vedo coprirsi istintivamente la pancia, sebbene sia puro spirito e quindi non corporeità; il gesto, da solo, mi da un’illuminazione.

“E’ l’addome vero? E’ davvero come se fosse un… feto… dentro di lui...” trovo il coraggio di dire, stringendo i pugni e soffocando un ringhio. Il suo ventre… quel mostro glielo ha toccato e torturato più e più volte, facendogli male. E’ una zona che lui ha sensibilissima, reagisce violentemente se gli viene anche solo sfiorato. E ora so perché...

Maledetto bastardo!

“Qualcosa di simile sì… sta nel suo grembo, l’ombelico, possiamo dire, che lui ha così particolareggiato, ne è la forma esteriore...”

Vedo Myrto strabuzzare gli occhi, quasi soffocando, suo malgrado, una risata, in una espressione che mi riporta il ricordo di Cardia.

“U-un secondo!!! Mi state dicendo che Camus è incinto?!”

La sua domanda riesce a rompere la tensione, facendoci ridacchiare tutti sommessamente un po’ per l’ingenuità, un po’ per il modo in cui l’ha espressa.

“E’ pregno di qualcosa di meraviglioso quanto pericoloso, Myrto… una benedizione, che può diventare facilmente maledizione; una speranza, una disperazione in base a chi padroneggerà per primo quel potere...” proferisce Dègel, facendosi tuttavia serio e un poco triste.

“Accidenti! E’ vero, Camus non mi è sembrato mai troppo, ehm, maschio, per dire… troppo elegante, troppo delicato, troppo lunatico, ma da qui a scoprire che porta, nel suo grembo, un simile potere… che potenzialità avrebbe? Come lo potrebbe utilizzare e, soprattutto, come impediamo a quel mostro di impadronirsene?” chiede Myrto, ripresosi da poco prima.

“Non so nemmeno questo, me ne dolgo, è un qualcosa ti totalmente arcano...”

“Dègel, non eri diventato onnisciente sotto questa forma?” chiede Sonia, genuinamente sorpresa.

“Ecco, io… non riesco più a divinare ciò che accadrà nel futuro, persino in un futuro vicino. N-non riesco più… è ben nitido solo il passato, su cui infatti sto indagando per cercare di aiutarvi!”

“Che… che significa? Da quanto non ne sei più in grado?”

Dégel esita un solo attimo, il tempo necessario a permettere me di rispondere in sua vece.

“Da poco dopo il nostro ritorno in questo tempo presente, vero?” tiro ad indovinare, certa delle mie supposizioni. Lui annuisce, scuro in volto, vergognandosi di non poterci aiutare di più.

“E’ così, Marta, fino a settembre, io… riuscivo ancora a vedere qualcosa, frammenti del futuro, ma ora...”

“Ora non ci riesci più, perché la Terra si è spostata su una linea di universo detta delle possibilità, io ho voluto questo, anzi… S-Seraphina… - provo a spiegare, guardando altrove, avvertendo gli occhi di tutti puntati su me – Non c’è più una certezza, non esiste più un Destino ineluttabile, tutto sarà deciso dalle azioni di ognuno di noi e… vale anche dall’altra parte...” termino il mio discorso, assottigliando lo sguardo.

“Marta, il Mago, immagino tu lo sappia, non si è affatto arreso all’idea di non poter possedere tuo fratello. Vi attaccherà… con tutte le sue forze, dovrete essere pronti!”

“Può attaccare anche te, Dègel, non hai forse detto che, prima di passare a Camus, lo hai custodito anche tu, quel potere? Il tuo corpo è ancora qui, in questa dimensione, non è che..?” gli fa notare Sonia, fremendo, gli occhioni sbarrati in seguito alla paura.

“E’ corretto quanto dici, Sonia, e ti ringrazio per la premura… - gli sorride lui di rimando, avvicinandosi a lei per sfiorarle alcuni ciuffi, che si muovono appena come accarezzati da una brezza – Ma abbiamo un vantaggio su di lui: non è consapevole che il Potere della Creazione sia prima passato da me, per questo si sta concentrando solo su Camus, voi… dovete proteggerlo, a tutti i costi, è un essere speciale, infinitamente superiore a me, se il Mago dovesse prenderne il corpo… per la Terra, anzi, per il Multiverso stesso, per l’immane molteplicità del tutto, sarebbe la fine. Non so bene cosa desideri ora, si è discostato dal suo obiettivo primario, quello che è certo è quell’essere ha perso completamente la ragione, e un potere così immane nelle sue mani, nelle mani di un pazzo… non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbe portare!”

Cala il sipario e, con esso, il terrore, che serpeggia tra noi. Dègel non ha ulteriormente approfondito il discorso, ma si presagisce dal suo tono la gravità della situazione. Osservo brevemente gli altri: Shion è rimasto pensieroso con una mano sotto il mento, la lunga tunica che lo ricopre ben nasconde la muscolatura, che tuttavia si percepisce rigida già a partire dalle braccia; Myrto sembra essersi chiusa a riccio, fissa il pavimento con insistenza, non sapendo bene cosa fare, in testa pensieri che mi sfuggono; Sonia, al mio fianco, ogni tanto scambia occhiate come me, ugualmente prostrata come mi sento io, ma anche determinata come non mai.

Rabbocco aria, preparandomi ad esplicare un nuovo dubbio. In verità ci sono innumerevoli cose di cui vorrei discorrere, supposizioni, ma al momento me ne preme solo una, la principale.

“Conosci Ipsias, Dègel? Una volta, nel passato, la nominasti, ma… non sembravi in te, non...”

“I-Ipsias?!”

Sussulto nel vederlo sbiancare, per quanto possa impallidire un fantasma, almeno, ma la sensazione che mi da è esattamente questa, unita alla paura.

“S-sì, sai qualcosa su...”

“N-no… la mia sfera di azione, per quanto spettro, si limita a questa dimensione, non mi è consentito guardare altrove, al di là dell’orizzonte degli eventi! - si affretta a rispondermi, chiaramente sconvolto. Sono sul punto di lasciar perdere e ritentare in un altro momento, ma lui, dopo un breve giro del tavolo, mi guarda fisso negli occhi – Tuttavia...”

“Tuttavia..?!”

Un coro è uscito dalle voci congiunte mie, di Myrto, di Sonia e di Shion.

“...essendo la dimensione più vicina alla Terra, essendosi scontrata con quest’ultima diverso tempo fa in più di un’occasione...”

“Aspetta! Cosa intendi per scontrata?!”

“… so quanto di là sia venuto di qua e quanto, di qua, sia andato di là...”

Sbatto le palpebre, allibita, guardando speranzosa gli altri, perché magari hanno capito un po’ di più, rispetto a me, ma li vedo persino più sconvolti di me medesima. Andiamo splendidamente!

“Le tue parole sono oscure, Dègel, non è da te essere così criptico...” gli fa notare Shion, ancora più teso di prima.

“Me ne dolgo enormemente, amico mio… - sospira lui, prima di chiudere e riaprire gli occhi – Non so niente direttamente di Ipsias, ma… so che è la patria del Mago, come sapete voi e...”

“E..?”

Un altro coro di voci, sembriamo quasi a lezione.

“...E le ripercussioni che la sua interferenza ha avuto con questa Terra...”

E tace, il fu Dègel dell’Acquario, la persona che ho amato in un’altra vita, e che sento di amare anche in questa, al di là di essere stata Seraphina, come Marta; come Marta e basta, perché, in fondo, il mio cuore, non appartiene che a me soltanto, indipendentemente da ciò che sono stata, questo mi ha insegnato Cardia, questo devo sempre serbare dentro di me. Seraphina e Marta, congiunte, ma anche Marta e Seraphina disgiunte, io sono stata lei; lei è parte di me, ma i sentimenti non possono essere che i miei!

“Piccola rondine…”

Il tono con cui mi raggiunge la voce di Dègel mi fa saltare un battito. Adoro quel nomignolo, l’ho sempre amato e ora… perché mi guarda nuovamente con quegli occhi così tristi? Perché sento che, presto, dovremo dirci di nuovo addio?

“S-sì, Dègel?” gli rispondo, con voce fievole, deglutendo a vuoto. Sembra davvero così stanco, così distrutto, quanto vorrei fare qualcosa per alleviare le sue pene, ancora una volta, per riscattarlo dalla situazione ingiusta in cui si è trovato, lui, puro e candito come un fiocco di neve, lui…

“Il tuo amico Stefano...”

Il cambio di soggetto mi spiazza, portandomi a sgranare gli occhi, del tutto costernata. Sa della sua esistenza?! Per forza, è uno spirito! Ma allora perché quelle quattro, semplici parole, sembrano sconvolgermi fin dal profondo?

“...state molto attenti anche a lui!”

“Lo faremo, Dég, ma… perché?! Cosa sai di lui?!” lo incalzo, quasi tremando per l’emozione.

Dègel esita ancora per una serie di secondi, mordendosi il labbro inferiore, prima di guardare altrove, come se si vergognasse a proseguire nel dialogo.

“Lui è...”

Sono così presa dal voler continuare il dialogo che, sulle prime, quasi non mi rendo conto delle leggere vibrazioni sotto le mie piante dei piedi. Esse tendono a farsi sempre più forti, consistenti, la situazione sembra quasi bloccarsi. Io guardo Dègel, lui guarda, un’ultima volta me… i nostri occhi blu si cercano per una serie di secondi che pare infinita, poi lo vedo baluginare, quasi cadere all’indietro, mentre io sono ancora a chiedermi come intendesse continuare la frase, perché quella strana, quanto, inscindibile sensazione di urgenza, di conoscere un’informazione basilare.

Troppo tardi…

Percepisco appena il tremore sotto ai miei piedi, prima di cadere in avanti, quasi sbattendo il mento per terra, gli scaffali intorno a me che cadono in avanti. Rumore sordo, urli vari. Capisco infine di cosa si tratta, quando ormai non sono più in grado di alzarmi, perché Myrto, con in braccio Sonia, è saltata sopra di me per proteggermi, facendoci da scudo con il suo corpo.

Un terremoto che sarà almeno di 8 gradi della scala Mercalli, qui, in questo momento… che accidenti?!

E’… la prima volta… che ne sento uno così forte… Genova… non è mai stata... così sismica!

“ATTENTE!!!”

Il grido di Shion mi frastorna le orecchie, strizzo con foga le palpebre, tentando di ripararmi la testa, che tuttavia è già schermata dalla presenza di Myrto sopra di noi, che ci protegge. Un altro tonfo sordo, come di qualcosa che colpisce qualcos’altro, io non capisco, mi sento così confusa, se non quando, da qualche altro angolo, torna la voce di Shion.

“CRYSTAL WALL!!!” sento appena il suo grido, mentre tutto intorno a me si fa buio e il sembra rimbalzarmi dritto in gola, ultima sensazione davvero tangibile prima di perdere coscienza.

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

E benvenuti nel capitolo “cita tu”! XD Sul serio, ho sparso talmente tante citazioni di opere che mi piacciono da averne perso il conto, chissà se ne conoscete qualcuna e se la riconoscerete! <3

Comunque informazione di servizio: da questo capitolo, la Melodia della Neve entra ufficialmente in pausa per un tempo prolungato e imprecisato, non per mancanza di idee, ma perché, prima di proseguire qui, ho da concentrarmi sulla storia dei 5 Pilastri, soprattutto, e sulle altre, in modo da dare sufficientemente risalto anche alle altre protagoniste dell’opera e ai Cavalieri d’Oro senza il filtro naturale che l’impostazione della Prima Persona Presente, che ho scelto per questa serie, inavvertitamente da a chi legge.

Non potevo che lasciarvi con un chiarimento generale del Potere della Creazione di Camus, di cui si è parlato a lungo, ecco, ora sapete da cosa gli deriva, sapete perché il Mago è interessato a lui e cosa voglia ottenere… oppure no? Ci sono ancora una marea di dubbi, mi dite?! Beh, è voluto, non posso dare tutte le risposte qui e ora, anche se sono ben chiare nella mia mente.

Il mito mesopotamico di Tiamat è ispirato a quello reale, ma l’ho un po’ rimaneggiato, rendendolo funzionale alla mia storia, cambiandolo in certe parti. Quel che è certo è che è un potere assoluto, ma… cosa comporta per il nostro Cam? Anche qui mi tocca dire che vedrete, anche se ne avrete un assaggio proprio nei 5 Pilastri.

Dovrei avervi già detto tutto, per chiarimenti, dubbi e altro non esitate a scrivermi e a chiedere, mi fa sempre molto piacere chiacchierare con voi ^_^

Dunque, è il caso di dire, buona lettura e alla prossima :)

 

  
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