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Autore: Kaiyoko Hyorin    12/12/2020    4 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Hail the king under the mountain!
A new king arises
to reclaim his deathless throne”
[ Majesty, Wind Rose ]




Bilbo era esterrefatto e, rimasto come istupidito a fissare la porta chiusa che Kat s'era tirata dietro, quando udì la voce di Thorin dar vita ad una sequela di imprecazioni in khuzdul non poté non voltarsi a guardarlo, del tutto spaesato. Il nano era già diretto a quella stessa porta quando la voce dell'Uomo del Lago lo bloccò sul nascere.
– Fermo, – gli ingiunse Bard, che già stava imbracciando il cappotto e prendendo una sciarpa dalle mani di una delle sue figlie – andrò io.
– No – protestò subito Thorin, riservando all'uomo una delle sue occhiate di diamante. Era ancora furioso, Bilbo poteva indovinarlo senza guardarlo, giacché la sua voce era ancor più bassa e autoritaria del solito – Restane fuori, non è cosa che ti riguardi.
Ma l'altro non parve affatto rimanerne impressionato perché fronteggiò l'erede di Durin senza alcun tentennamento, voltandosi a squadrarlo dai pochi passi di distanza che li separavano.
– Non è sicuro per voi uscire ora e, comunque, nessuno di voi conosce la città. Anche nel caso riusciste a trovarla vi perdereste o peggio, incappereste in qualche guardia cittadina, e allora sarà stato tutto inutile.
A quel punto Balin si accostò al suo compagno ed amico, con un sospiro a labbra serrate che gli gonfiò il torace massiccio.
– Credo abbia ragione, Thorin – affermò, con quel suo caratteristico modo di fare diplomatico che riusciva a tirar fuori nei momenti critici.
L'Uomo del Lago non perse altro tempo e, infilata la porta, chiamò suo figlio. Il giovane Bain si accostò a lui sul pianerottolo ed a Bilbo parve di udirlo ricevere poche brevi istruzioni sul da farsi, prima che Bard si allontanasse nella notte e li lasciasse lì. Nessun altro a parte lo hobbit aveva fatto caso al breve scambio fra padre e figlio, giacché nel mentre Dwalin aveva deciso di dar voce al proprio pensiero.
– Lasciate che la Piccola Furia si chiarisca le idee, – aveva esclamato, con quel suo caratteristico modo di fare burbero – una femmina quando perde la testa ha bisogno di tempo per ritrovarla.
– E tu da quando sei un esperto di femmine? – lo rimbeccò Dori, suscitando commenti analoghi da parte di altri del gruppo.
– Io invece penso che Dwalin abbia ragione – intervenne Gloin – lasciate che sia lo spilungone a occuparsene.
– È probabile che sappia meglio di ognuno di noi come prendere una donna, in questi casi – si accodò Oin, in sostegno al fratello.
– E anche se così non fosse, credo che la nostra giovane amica abbia bisogno di sbollire un po', prima di rivedere una qualsiasi delle nostre facce – concordò Ori, suscitando altri consensi.
Bilbo, che però non era del tutto convinto e covava un brutto presentimento da quando aveva scorto la Montagna Solitaria nel cielo del tramonto, non vedeva come un buon auspicio quanto era accaduto. Spostando lo sguardo ancora una volta su Thorin, lo vide dove lo aveva lasciato, accanto a Balin, che fissava con cupo cipiglio le assi del pavimento, come se fosse in conflitto con sé stesso.
E, poco distante dai membri della Compagnia, le piccole figlie di Bard stavano assistendo a quello scambio di battute con il medesimo disagio ed imbarazzo che lo hobbit avvertiva dentro di sé, perciò non gli fu difficile provare una certa empatia nei loro confronti. Fu grazie a tale empatia che egli, dopo una manciata di secondi di muta riflessione, sentì di poter comprendere ciò che aveva fatto scattare a quel modo Katla.
– ..Kat è una di noi – stava dicendo Kili, con tutta l'esuberanza della sua giovane età.
– Esatto – rincarò la dose suo fratello Fili, spalleggiandolo e lasciando spaziare i suoi occhi azzurri sui loro compagni – ..ormai fa parte della nostra famiglia e non mi piace affatto l'idea che sia un estraneo a risolvere i nostri problemi.
– Prima di questo – esordì Bilbo, interrompendo la discussione per la prima volta e facendo un passo avanti nella stanza – credo ci sia un'altra cosa che meriterebbe un poco della nostra attenzione.
– E cosa? – chiese Nori, piuttosto bruscamente.
– Ecco.. – ormai sotto l'attenzione di tutti, Bilbo avvertì il proprio spirito d'iniziativa vacillare, ma si fece forza ed espresse il proprio parere al meglio delle sue possibilità, come avrebbe fatto un qualunque altro, onesto, in buona fede, hobbit della Contea – ..parlo di ciò che Kat ha detto, riguardo a come ci stiamo ponendo nei confronti di Bard e dei suoi familiari – e nel dirlo, scoccò un'occhiata alle due bambine ed al ragazzo rimasti in casa con loro – molti di noi neanche se ne saranno resi conto, credo, ma non siamo stati proprio degli ospiti irreprensibili. Non che stia accusando qualcuno, però credo di non sbagliarmi troppo se dico che, probabilmente, le nostre ultime disavventure hanno inasprito diversi di noi.
– Noi abbiamo pagato la somma dovuta, Mastro Baggins, per armi degne di questo nome. – affermò di punto in bianco Thorin, facendo finalmente udire la propria voce, ed era seria e severa come la maggior parte delle altre volte, così come era severo lo sguardo che sollevò sullo hobbit – Non credo di doverti ricordare quale sia la meta ultima del nostro viaggio. Non posso accettare a cuor leggero strumenti di dubbia efficacia, quando il prezzo da pagare in caso di fallimento è la vita di qualcuno di noi.
– Ed io non sto dicendo che dovresti farlo... – gli rispose Bilbo, cercando di spiegarsi al meglio delle proprie possibilità, iniziando a sentirsi frustrato nel non riuscirci appieno – Dico solo che, forse, non è buona cosa disprezzare l'aiuto che ci viene dato, per quanto esso possa risultare insoddisfacente. E Bard s'è dimostrato Uomo di parola, mi pare...
– Nostro padre mantiene sempre la parola – intervenne di punto in bianco Bain, di poco più alto del più alto di loro, facendosi coraggiosamente avanti – se avesse potuto fornirvi armi migliori l'avrebbe fatto. Purtroppo, ogni arma degna di questo nome è ad uso degli uomini del Governatore e tenuta sottochiave nella sua armeria personale. A noi abitanti è vietato possederne.
– E perché mai, ragazzo? – se ne uscì sorpreso Dwalin.
– Per la rivolta..
– Bain, shht! – lo redarguì la sorella maggiore.
– Quale rivolta? – domandò Bofur.
– Quella che sarebbe scoppiata già da tempo contro il Governatore – rispose Bain, ignorando Tilda e apparendo tutto teso nell'esporre i fatti, stagliandosi come un fuscello nodoso fra loro – ..è un uomo egoista ed avido, che detiene il potere col pugno di ferro e non si cura delle sofferenze della gente comune.
– Quali che siano i problemi di questa città, i nostri non scompariranno e non abbiamo tempo di preoccuparci di quelli altrui – osservò Thorin, impietoso, prima di fissar lo sguardo sul ragazzo – Ma non vi priveremo del poco che avete.
E Bilbo, all'implicita concessione celata dietro quella semplice affermazione, si sentì meno inquieto e nervoso.
– Hai parlato di un'armeria, – continuò l’erede di Durin – sapresti dirci come arrivarci?
Bain parve venir preso alla sprovvista da tale richiesta e persino Bilbo inarcò un sopracciglio, mentre al contempo vide Fili e Kili scambiarsi un'occhiata d'intesa ed anche altri fra i nani esternare un certo compiacimento.
– Si trova accanto al palazzo del Governatore, nel centro della città – mormorò incerto il ragazzo, prima di riaversi, come rammentandosi di un dettaglio fondamentale – ..ma non potete andarci, vi arresteranno! Pa' ha detto di aspettare il suo ritorno.
– Devono solo provarci, ragazzo – se ne uscì con quel suo fare burbero e un po' da sbruffone Dwalin, ridendosela sotto i baffi.
Lo hobbit non capì cosa ci trovasse di così divertente nell'eventualità di venir assalito dalla guardia cittadina, ma si astenne dal chiederlo, giacché la maggior parte dei suoi compagni sembrava dello stesso avviso del nano dalla testa tatuata. Cosa di cui, rifletté Bilbo, non avrebbe di certo dovuto sorprendersi ormai, giacché negli ultimi mesi aveva imparato a conoscere un po' il temperamento dei membri di quel popolo battagliero.
– Aspettate – stavolta fu la voce di Fili a levarsi fra le altre – e Kat?
– Torneremo a prenderla quando avremo le nostre armi – ribatté sicuro Thorin, guadagnandosi altri cenni di approvazione, ed a niente valsero i tentativi di Bain o delle sue sorelle di trattenerli ancora.
La Compagnia di Thorin Scudodiquercia ancora una volta fece di testa propria e lasciò la casa di Bard con lo stesso ottimismo che li aveva spinti ad uscire dalla porta di Casa Baggins ormai sei mesi prima. E Bilbo, pur con tutte le riserve del mondo, non poté non seguirli, giacché se di una cosa poteva star certo era che non era un bene per la Compagnia dividersi ulteriormente.
E poi, concluse fra sé e sé, meglio che pensasse lui a tener d'occhio i loro amici, finché Kat non fosse tornata.


Si era ritrovata a girovagare nei pressi del mercato ancor prima di rendersene conto, così aveva deviato verso Sud ed aveva imboccato una delle banchine laterali immerse nell'ombra appena in tempo per evitare il cammino di una delle guardie di ronda. Con l'animo in subbuglio, ci aveva messo un po' a fermarsi e lo aveva fatto soltanto quando si era ritrovata di fronte ad un vicolo cieco, l'ennesima banchina che si interrompeva in uno spiazzo d'acqua gelata. Aveva scelto una cassa a ridosso d'un edificio e ci si era arrampicata sopra, raccogliendo le gambe e nascondendo il volto fra le mani.
Solo a quel punto si era accorta di aver il respiro affannoso e di star ancora tremando dalla rabbia e dall'agitazione, e le ci era voluta una manciata di minuti ancora per riuscire a riprendere il controllo di sé. Quando si sentì di nuovo padrona di sé stessa, allora Kat ritornò a fissare l'acqua di fronte a lei ed il riflesso ondeggiante della luna che andava alzandosi nel cielo.
Cosa diamine le stava prendendo?
Le erano saltati i nervi per una sciocchezza ed era difficile da credere, difficile e pericoloso, perché non poteva permettersi errori. Era troppo vicina alla fase più pericolosa dell'intera avventura, a quella in cui si sarebbe decisa la fine degli eredi di Durin ed all'attuazione del suo piano per impedirla.
Ne aveva passate talmente tante da quel lontano giorno a Casa Baggins, che il solo pensiero di star iniziando a cedere proprio ora le fece nascere un malsano sorrisetto ironico sulle labbra. No, non si sarebbe permessa alcuna debolezza e, se necessario, avrebbe finanche soppresso le proprie stesse emozioni per evitare il peggio.
Fu in quell'istante, non appena quel suo ultimo pensiero prese forma, che la udì.
Era una musica lieve, appena percepibile nell'aria della sera, ma le sfiorò l'animo come se scaturisse da questo e Kat s'irrigidì, mettendosi istintivamente in allerta. Quando riconobbe gli strumenti che davano vita a quel ritmo frenetico, la giovane si ritrovò a balzare in piedi di scatto, saltando giù dal proprio appoggio per cercare l'origine di quella musica.
Lei la conosceva.
Era una delle sue canzoni preferite.
Guardandosi freneticamente a destra ed a sinistra, l'orecchio teso, le ci volle un'altra manciata di secondi per comprendere che non proveniva dal mondo intorno a lei. Eppure le risuonava nitida nelle orecchie, al di sotto dei rumori della città di Pontelagolungo, tanto che per un attimo pensò di aver addosso un paio di auricolari e andò a tastarsele con ambo le mani. Non trovò nulla ovviamente, ma a quel punto era ormai certa che quella musica provenisse dal suo mondo, e questo poteva voler significare una cosa sola: era ancora legata ad esso.
Sorpresa e spaesata, Kat rimase in piedi nella penombra della banchina, col cuore che le batteva energico nel petto e la musica che proseguiva a sfiorare la sua coscienza con un ritmo ed una musicalità del tutto estranei all'universo di Arda. Chiuse persino gli occhi, cedendo all'intimo desiderio di abbandonarvisi come aveva fatto molte volte in passato, sgombrando la mente per seguire quelle note giunte chissà-come fino a lei.
Fu grazie ad esse che riuscì a calmare sé stessa per quanto appena accaduto in casa di Bard e per le emozioni che la stavano dilaniando dall'interno. Grazie ad esse si ritrovò e riconobbe, e rammentò a sé stessa chi era, da dove veniva e dove stava andando, in un modo del tutto nuovo ed irrazionale, come solo la musica che si ama saprebbe fare.
Quando questa si concluse, sfumando in un rinnovato silenzio interiore, Kat tardò a schiuder nuovamente le palpebre, cedendo all'impulso soltanto quando fu sicura che non sarebbe giunto nient’altro dal suo mondo. Una volta riaperti gli occhi sulle acque del lago, lo spicchio di luna le riempì le pupille del suo riflesso e quasi la accecò, eppure ancora una volta la ragazza se ne sentì affascinata ed attratta come non le era mai capitato in passato, tanto da sollevar gli occhi chiari verso il cielo.
L'astro notturno l'accolse con straordinaria immutabilità, splendente come il più prezioso dei gioielli ed ammaliante nella sua sottile forma ricurva. Era bellissima incastonata in quel cielo solcato di nubi scure e ovattate, tanto che Kat, nella sua contemplazione, si ritrovò a sospirare di uno struggimento interiore altrettanto intenso. Con quel sospiro, gli ultimi sprazzi della tensione e del turbamento precedenti scivolarono fuori da lei, abbandonandola, lasciandola sola con la quieta bellezza della notte ed il ricordo di quella melodia tanto lontana da lei. 
Un rumore di passi ovattati sul legno della banchina la riportò presente a sé stessa con una rapidità tale che agì d'istinto e, nel voltarsi di scatto a fronteggiare la presenza in avvicinamento, cercò meccanicamente la spada al fianco sinistro con la mano opposta. Quasi sussultò quando, già in posizione di guardia, le sue dita si richiusero nel vuoto, e sgranò gli occhi al ricordo di dove la lama di Gondolin le era stata sottratta. Non fece in tempo nemmeno a mettere a fuoco la figura che, alta e scura nella notte, si era fermata sotto l'ombra del portico a qualche metro da lei, prima che la sua voce risuonasse insolitamente nitida nel silenzio pregno di tensione.
– Sono io – esordì Bard con tono pacato e contenuto, mentre usciva dall'ombra del portico – non allarmarti.
Sorpresa, la giovane donna tornò a raddrizzare la schiena, abbassando le braccia lungo i fianchi mentre, sbattendo le palpebre, fissava con rinnovata chiarezza la figura dell'erede di Girion mostrarle le mani in universale segno di pace.
– Che fai qui?
– Non è saggio girare per la città, nemmeno durante la notte: le guardie del Governatore vanno di ronda anche dopo il calar del sole.
Quella semplice spiegazione le fece storcere le labbra in una smorfia. Aveva ragione, ovviamente.
– Ho capito – borbottò, non senza sentirsi un po' Dwalin in quel momento, ma senza poterselo evitare, tanto da porre le braccia conserte. 
Il pensiero di tornare dalla Compagnia non la entusiasmava, non ancora, avrebbe voluto qualche altro minuto da sola per metabolizzare tutto quanto le stava accadendo e godere di quel piccolo momento solo per sé.
Bard però non fece cenno di raggiungerlo, invece le camminò incontro sino a ché non le si fermò ad un paio di passi di distanza, guardandola con quell'espressione tipicamente seria di qualcuno che è in procinto d’esternare un cruccio o un dilemma. Facendosi allora attenta, Kat si limitò a ricambiarne lo sguardo con la medesima serietà, inarcando giusto un sopracciglio nella breve attesa che seguì.
– La vostra meta ultima è la Montagna, vero? La storia dei parenti ai Colli Ferrosi era una menzogna – le domandò, pur mancando di assumere un tono interrogativo.
Di fronte all'affermazione altrui, Kat serrò le labbra in una linea piatta mentre il cuore tornava ad accelerarle nel petto. Non poté comunque sottrarsi in alcun modo a quel momento e, dopo una breve staticità di alcuni secondi, infine annuì.
– Il nano a capo della vostra Compagnia non è quello con la barba bianca – proseguì l'uomo.
Lei scosse il capo in segno di diniego.
Il silenzio che seguì crepitava di rinnovata tensione e, nel sostenere lo sguardo altrui con fermezza crescente, Kat sentì il proprio corpo reagire a quella sorta di elettricità nell'aria: era di nuovo pronta al balzo, eppure sapeva non essere necessaria tanta diffidenza, persino quando gli occhi dell'uomo si indurirono.
– Non avete il diritto di entrare in quella montagna – affermò Bard, contenendo il tono aspro che gli stava risalendo la gola. Anche lui era teso.
– Ti sbagli – ribatté prontamente Kat, e le parole che pronunciò le vennero dal cuore, cosicché colmarono la distanza a separarli con una severità assoluta – è Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna, a guidarci. Nessun altro ha più diritto di lui di entrarvi.
E, di fronte a tanta fermezza, Bard tacque pur sostenendo ancora il suo sguardo, mentre Katla faceva lo stesso, del tutto inconsapevole di aver incarnato la medesima tempra dimostrata in più di un'occasione dallo stesso erede di Durin. In quella nuova stasi, la ragazza tuttavia non permise a tale durezza di dilagare e incastonarsi nel proprio animo o nel rapporto che si stava ancora andando ad instaurare fra lei e l'Uomo del Lago, e per questo fu la prima ad infrangerla, ammorbidendo l'espressione con un lievissimo sorriso.
– Sei un uomo giusto, Bard, e la preoccupazione che dimostri per la sorte della tua gente ne è la conferma. Ma vi è in te una forza di cui tu stesso fatichi ancora a riconoscere – esordì con la medesima serietà e pacatezza – e lo so perché è la stessa che alberga in ogni membro del nostro Popolo. Puoi farvi affidamento, Bard, erede di Girion, e non fallirai, te lo garantisco – il suo sorriso si allargò e in risposta l'Uomo del Lago seguitò a guardarla, tradendo una nota di sorpresa, ma ella non permise ad essa di mutare in qualcos'altro – La profezia, se si avvererà, lo farà in ogni sua forma, e tu hai ancora tempo per preparare il tuo Popolo al peggio. Puoi fare in modo che le genti di Pontelagolungo siano pronte alla fuga e, nel mentre, puoi nascondere fuori città quanto più cibo e altri beni di prima necessità possibili con la tua chiatta.
– Dispensi consigli eppure non farai nulla per evitare che la tragedia si compia. Seguirai quel nano comunque, qualunque cosa comporti – la rimproverò amaramente l'altro, trapassandola con il proprio sguardo scuro.
Kat si strinse nelle spalle.
– Lo farò, – confermò senza scomporsi, con un candore ed una semplicità unici – perché è questo il destino che mi sono scelta. I legami che mi vincolano alla Compagnia vanno oltre il mero dovere e non intendo sottrarmene, perché anche io ho qualcosa che devo fare prima della fine. Ma ciò non ti riguarda. Ciò che ti riguarda è legato al destino della tua città e della tua gente ed io, nel mio piccolo, non posso far nulla per esso. Però questo non vuol dire che tu debba aspettare immobile la fine ed è questo il mio consiglio ultimo, sta a te decidere se seguirlo o meno.
Concluse così e, combattendo la nuova agitazione che le si era ridestata sotto pelle, osservò l'espressione dell'Uomo del Lago che andava rabbuiandosi in una più riflessiva e combattuta. Pareva intento a vedersela con il conflitto interiore che le parole che si erano detti doveva aver generato in lui, e sarebbe rimasto lì in piedi a fissare un punto indefinito fra loro ancora per qualche tempo se non fosse stato per l'improvviso infrangersi della quiete notturna.
Si voltarono entrambi a guardare in direzione della via principale del mercato, appena in tempo per scorgere un paio di guardie correre lungo questa, superando la stradina trasversale senza nemmeno lanciarvi un'occhiata tanta era la loro fretta.
Dopo un istante di tesa immobilità, Bard e Kat tornarono a scoccarsi un'occhiata reciproca e l'uomo cambiò argomento.
– Meglio tornare in fretta a casa mia, prima che ci vedano. Non ho nessuna voglia di dover dare spiegazioni sulla tua presenza, non ora che so qual è il motivo per cui tu e i tuoi compagni vi trovate qui – le disse senza mezzi termini, ma senza un'ostilità che, arrivati a quel punto, Kat avrebbe trovato comprensibile.
La ragazza annuì con un nuovo cenno del capo, sollevata, ma quando Bard la condusse di nuovo verso il mercato, nell'unica direzione possibile, nel momento in cui sgusciarono oltre l'angolo per guadagnare il riparo della penombra di un’altra banchina, un nuovo rumore di passi affrettati fece rintanare Kat dietro una delle casse colme di reti, separandola dall'Uomo del Lago che era già al sicuro oltre la piazzola di legno. Fu così che, nel suo nascondiglio di fortuna, rannicchiata sull'assito, la ragazza poté udire distintamente l'esortazione che la guardia stava rivolgendo al suo compagno mentre correvano.
– ..che si tratti di nani o ribelli, dobbiamo catturarli! Corri, prima che il merito se lo prendano altri!
La risposta dell’altro non le giunse chiara, ma Kat non se ne curò, rimasta come impietrita da ciò che aveva colto il suo udito. Si sporse, gli occhi sgranati, per guardare nella direzione in cui le due guardie s'erano dirette e le vide appena in tempo, prima che svoltassero un angolo, diretti verso il centro della città.
Nani. 
Avevano detto “nani”.
Trattenne il fiato un solo istante, prima di agire d'impulso e balzare in piedi. L'attimo seguente già stava correndo in quella stessa direzione e quasi non colse l'Uomo del Lago che la chiamava per nome nella notte, senza dubbio in un tentativo di riportarla indietro. Kat non se ne curò, invece raggiunse rapida la strada intrapresa dagli uomini in arme, seguendoli quasi alla cieca, data la distanza che in un baleno si era creata fra lei e questi ultimi, tanta da costringerla più d'una volta a indovinare la direzione intrapresa più che a vederla.
Per quanto agile ed allenata, la stanchezza degli ultimi giorni e l’intorpidimento reclamarono i suoi muscoli e le guardie la distanziarono ben presto, cosicché le ultime svolte ella dovette farle alla cieca. Quando colse finalmente il tumulto caratteristico di una lotta in corso e suon di voci nella brezza notturna, il cuore le si bloccò in gola. Si lanciò nella direzione in cui pensava provenisse quel baccano, ma l'impeto la portò a gettarsi oltre l'ultima curva senza pensare.
Fu così che si ritrovò nel bel mezzo della mischia: andò dritta ad inciampare contro qualcosa, un piede o forse una gamba, e cadde con un urletto addosso ad una delle guardie girate di spalle. L'attimo dopo era a terra, dolorante per la botta data all'assito di legno e con gli occhi che si spalancavano di scatto mentre veniva immobilizzata da una salda mano guantata sul petto ed una lama proprio sotto la gola, in una silenziosa e concreta minaccia.
Col sangue ghiacciatole nelle vene Kat non osò nemmeno deglutire, eppure, malgrado la smorfia natale in volto, distinse chiaramente i suoi compagni di viaggio che venivano catturati ed immobilizzati dalle guardie della città. Quando, con un gesto brusco, notò l'arma che veniva tolta dalle mani di Fili, allora la mente d'ella collegò tutti gli indizi: avevano appena cercato di saccheggiare l'armeria cittadina.
Stava ancora cercando di spiegarsi come avessero fatto a farsi sorprendere a quel modo che qualcuno la fece alzare con uno strattone.
– Capitano!
L'uomo che ella aveva distinto al mercato poche ore prima, quello con la cappa rossa sopra l'armatura di cuoio e metallo, si voltò nella loro direzione.
– Questa è sbucata dal nulla – gli disse quello che la teneva immobilizzata.
Il capitano la squadrò con cipiglio altero, facendo un paio di passi in sua direzione. Aveva capelli rossicci e legati con un laccio dietro la nuca, ed un pizzetto dello stesso colore. Era alto, grassoccio ma non mollaccione, con le spalle larghe e rughe d'espressione intorno agli occhi che tradivano la sua età non più fiorente.
– Sei una di loro, ragazza?
Ella volse allora uno sguardo incerto ai suoi compagni, scorgendo i volti di Balin e Dwalin, di Fili, Bombur e Oin, e persino di Bilbo, tutti intenti a guardarla colmi di tensione. Le bastò un istante per decidere ed annuì con un cenno.
L'uomo con la cappa scarlatta allora deviò lo sguardo da lei al suo sottoposto.
– Con gli altri. – ordinò secco – Li porteremo dal Governatore.
E mentre veniva condotta con i suoi compagni verso la dimora del Governatore, Katla scorse con la coda dell'occhio Bard, rimasto nascosto dietro l'angolo di uno degli edifici in legno della città, che li osservava allontanarsi.


Quando le porte dinanzi allo spiazzo si schiusero, colui che era il Governatore della città di Pontelagolungo si mostrò loro come un uomo di bassa levatura, grasso e vestito di stoffe pregiate che apparivano allo sguardo di Kat come se fossero state di seconda o, persino, di terza mano. Sul suo petto spiccava una grossa spilla ingioiellata che fermava una mantella bordata di pelliccia bruna che gli pendeva dietro la schiena. Aveva capelli scuri, radi, lunghi a coprire un'evidente principio di calvizie sulle tempie e nella barba c'erano ancora i resti del pasto che doveva esser stato in procinto di terminare in una delle sale alle sue spalle.
– Ebbene – esordì con voce sgraziata, puntando il suo sguardo arcigno su di loro – Che succede?
I membri della Compagnia di Thorin Scudodiquercia erano stati fatti fermare sull'ampia banchina che era la piazzola del centro cittadino ed un folto numero di persone, oltre alle guardie, si era riunito tutt'intorno a loro per assistere a quanto stava accadendo. Molti li avevano visti passare per le strade e li avevano seguiti sin lì, incuranti del freddo di quella notte d'autunno inoltrato, e ora bisbigliavano fra loro, dando vita ad un brusio altalenante.
– Li abbiamo sorpresi tentar di entrare nell'armeria, Signore – affermò con voce chiara il capitano delle guardie, stagliandosi dinanzi all'autorità di Pontelagolungo.
– Ah – esordì quello, come illuminandosi di cupa soddisfazione, continuando a squadrarli – nemici del governo, dunque.
Katla era ferma in seconda fila, nella speranza di passar inosservata fra i suoi compagni, pur consapevole di essere più alta di molti di loro, e per questo aveva finito per avvicinarsi istintivamente a Thorin ed ai suoi familiari. Quando lo sguardo del Governatore, sovrastante un grosso naso aquilino, si posò su di lei, le venne naturale cercare riparo dietro al capo della Compagnia, sfiorandogli un braccio tanto era vicina. Tale reazione non passò inosservata a Thorin, che le rivolse una rapida occhiata da sopra la spalla, prima di tornare a fissare la più alta autorità della città che un tempo era stata Esgaroth. Con la stoica fierezza e l'orgoglio che la ragazza aveva imparato essergli propri, l'erede di Durin fece un passo avanti, affrontando il Governatore a testa alta.
– Non siamo criminali, noi siamo i Nani di Erebor. – affermò, e la sua voce trasudava tutta la sua autorità mentre si stagliava fra loro come il capo che era, mentre le sue parole già davano vita ad un nuovo diffuso brusio fra le genti raccolte in piazza – Siamo tornati a reclamare la nostra terra natia.
E fra le voci che presero a diffondersi nell'aria circostante Kat, alle prese con il battito forsennato del proprio cuore, credette di udire qualcuno pronunciare il nome del Signore delle Argentee Fonti ed altri pezzi dei versi che componevano la profezia del ritorno del Re sotto la Montagna. Tuttavia non si concesse più di una rapida occhiata intorno, prima di tornare a fissare la schiena di Thorin, l'ambiente illuminato dalla luce delle torce disposte agli angoli della piazza.
Le era quasi parso che il nano si fosse fatto avanti per lei, in reazione ai suoi timori, e questo era il motivo principale per cui il suo cuore ancora le batteva con forza nel petto, al di là del momento di tensione che stavano affrontando.
– Disarmati? – proruppe stupito e scettico il Governatore, come se non volesse dar mostra della reale sorpresa che aveva scatenato in lui l'affermazione di Thorin.
– Non abbiamo bisogno di armi, noi che torniamo ai nostri possessi secondo l'antica profezia.
Un nuovo brusio si levò di sottofondo, più forte dei precedenti, e in reazione ad esso l'uomo a capo della città li fissò con rinnovato cipiglio, palesemente infastidito.
– Belle parole, per dei briganti di ventura che han tentato di derubarci – ribatté però l'altro, con una punta di scherno ed un vago mezzo sogghigno.
Kat sussultò violentemente per quell'accusa per nulla velata, comprendendo che le cose stavano rapidamente volgendo al peggio, e la sua reazione attirò più d'uno sguardo, compreso quello del Governatore stesso. Tuttavia, Thorin fu lesto ad approfittare della distrazione fornitagli dalla giovane, perché non attese che quelle accuse sedimentassero negli animi di chi ascoltava, ma tornò subito alla carica, ben piantato con gli spessi stivali sull'assito ligneo.
– Io sono Thorin, – esclamò, rivolto non solo all'uomo a capo della città ma anche alle genti di Lago Lungo, facendo spaziare il suo sguardo su di loro lentamente mentre proseguiva – figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna! E ricordo questa città al tempo della sua grandezza – e mentre proseguiva, con voce un poco più bassa ma non meno ferma e chiara nel silenzio che s'era di nuovo addensato nell'aria, mosse qualche altro passo, andando ad affiancare il capitano e superandolo, finendo sotto i pochi gradini che conducevano al portico del Governatore – ..rammento flotte di navi attraccate al porto, colme di sete e gemme preziose. Questa non era una città abbandonata su un lago, questo – e sollevò una mano dinanzi a sé, chiudendola a pugno mentre metteva enfasi nelle proprie parole – era il centro di tutto il commercio del Nord!
Katla trattenne il fiato mentre le voci delle genti di Pontelagolungo tornavano a levarsi oltre le guardie che li cingevano come un recinto per il bestiame. Non avrebbe dovuto sorprendersi, eppure non poté evitare di fissare ammirata Thorin che, intuendo il punto debole degli Uomini, vi faceva leva per trarli d'impiccio e guadagnare tutti i vantaggi che poteva.
– Io garantirei il ritorno di quei giorni, – affermò infatti l'erede di Durin, serio, solenne, tornando a squadrare il Governatore dritto in quel suo volto untuoso – riaccenderei le fornaci dei Nani e farei fluire di nuovo le ricchezze dalle sale di Erebor.
Le acclamazioni del popolo si levarono chiare e distinte, insieme all'eccitazione generale, tanto che il Governatore non poté rimanerne indifferente. Eppure, non del tutto convinto, dopo essersi guardato un poco attorno ad osservare la reazione della gente della città, esitò un'ultima volta.
– E come possiamo noi credere alle promesse di uno sconosciuto? Non sappiamo nulla di voi. – insistette – Chi potrebbe garantire per la tua parola?
La giovane donna non si sorprese quando Bilbo si fece avanti, ma lo seguì comunque con lo sguardo mentre prendeva le difese del loro capo, finendo addirittura per sorridere al temerario hobbit che era diventato. Ascoltandone le parole, per un attimo pensò di far altrettanto, ma lei sapeva che le cose, invece, erano destinate a finire diversamente da quanto tutti si auguravano e decantavano. Così, pur con una punta di rimorso e disagio crescenti, rimase in disparte, assistendo al cedimento del Governatore ed all'abbandono di ogni traccia di ostilità nei loro riguardi.
– ..che possiate essere i benvenuti fra noi, amici del Regno di Erebor! – concluse con un gran sorriso che sapeva di opportunismo.
E Kat tirò un sospiro di sollievo.
Ancora una volta, ce l’avevano fatta.


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).

   
 
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