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Autore: ElenaRiddle    13/12/2020    0 recensioni
Hellen ha cercato per anni di mantenere una vita normale, rimanendo pur sempre legata ad Hogwarts, dove ha vissuto i suoi anni più felici. Cerca di dimenticare quello che è successo dopo, gli anni terribili che sono seguiti sotto il potere di... Tom Riddle, il suo unico amore.
Quando il Signore Oscuro fa il suo ritorno, Hellen si trova di nuovo a fare i conti con la lotta tra i suoi valori e un amore che non riesce a comprendere, con i ricordi del passato, con il dolore dei suoi amici. E soprattutto, con una lotta alla quale dovrà prendere parte...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Calava la sera, mentre guardavo fuori dalla finestra, sfogliando un libro senza riuscire in realtà a leggerlo.
Fuori il cielo si tingeva di blu, che andava incupendosi, mentre le luci dei lampioni si accendevano.
Sorseggiai il mio tè alle erbe, allungando le gambe sul divano. Uno dei miei gatti si avvicinò e si acciambellò accanto a me.
Tentai di concentrarmi di nuovo sul mio libro che trattava di Qabbalah.
All’improvviso suonò il campanello e io sobbalzai. Non aspettavo nessuno.
Sicura del fatto che solo persone fidate erano a conoscenza del mio indirizzo, aprii la porta senza nemmeno guardare attraverso lo spioncino.
-Severus! Che sorpresa vederti, accomodati pure…-
-Sei attesa a Villa Malfoy- rispose lui, secco.
Rimasi in silenzio e lo guardai, cercando di cogliere nel suo sguardo qualche indizio a riguardo di quella insolita convocazione.
-Non ti dirò che Lucius è il benvenuto qui, ma un gufo sarebbe stato…-
Mi interruppi, di fronte a Piton che inclinava il capo con un’espressione spazientita.
-Che cosa…?-
Lo sapevo. Dentro di me lo sapevo.
-Non credo sia necessario doverti spiegare che non si tratta di Lucius. Non credo nemmeno che sia per me necessario sprecare ancora del mio tempo per darti spiegazioni per qualcosa di cui sono sicuro sei già a conoscenza. Vai, il prima possibile.-
Sì, ne ero a conoscenza. Senza bisogno di vedere Marchi Neri, senza bisogno di segni sulla pelle. Per la verità, lo avevo capito ancora prima che la missiva di Silente mi raggiungesse. Era tornato.
Sospirai.
-Non sono a conoscenza dei tuoi piani, ma se tornassi a Villa Malfoy, riferisci che…-
-Hellen, che diavolo ti prende? Credi che Lui non lo sappia che, in fondo, nonostante la repulsione, nonostante il tuo schierarti decisa dalla parte di Silente, hai aspettato a lungo questo momento, più di tutti i Mangiamorte messi insieme?-
Quella frase mi ferì, mi fece sentire orribile e colpevole. Ma era la pura verità.
-Hai ragione, Severus. Dopo tutto questo tempo, mi riesce difficile credere che tutto possa davvero essere come prima.-
Piton mi guardò con espressione indecifrabile.
-Temo sia molto peggio di prima-, disse sommessamente, prima di congedarsi con un cenno del capo e allontanarsi sul viale che portava dalla soglia di casa mia alla strada.
Chiusi la porta e mi trovai a fissare il vuoto: avevo immaginato per anni quel momento. Per anni mi ero detta che avrei rifiutato, che sarei rimasta salda sulla mia posizione e non lo avrei incontrato, se non in battaglia. E invece eccomi lì, a desiderare di essere già a Villa Malfoy, già al suo cospetto.
 
Ci impiegai mezz’ora.
Mi presentai alla porta dell’imponente maniero e bussai.
Fu Lucius ad aprire.
-Oh, eccola. Colei che tradisce continuamente e rimane inspiegabilmente intoccabile. Naturalmente mentirei, se ti dicessi che sei la benvenuta-.
Sorrisi, non sapendo nemmeno il perché.
-Naturalmente mentirei, se dicessi che mi importa del tuo benvenuto.-
Malfoy non mi risparmiò la sua espressione di disgusto, che era, del resto, comprensibile: avevo vergogna persino io di come gestivo quella situazione; pur nella totale disapprovazione dei Mangiamorte, delle loro ideologie e del loro agire criminale, non riuscivo a svincolarmi da quell’amore. Non riuscivo a svincolarmi da lui.
-Nel salone- disse Lucius andandosene, sapendo che sarebbe stato inutile accompagnarmi.
Attraversai i sontuosi ma tetri corridoi di Villa Malfoy, fino ad arrivare al salone. Vidi la lunga tavola, i candelabri al centro, e alcune figure avvolte in vesti nere, sparse per la stanza. Una, di spalle, spiccava su tutte le altre.
-Sei qui-, disse una voce fredda e sibilante.
Non risposi. Non riuscivo. Nonostante tutto, sentivo solo il mio cuore martellarmi in petto all’impazzata e lo stomaco stringersi in una morsa. Vedevo solo lui, niente e nessuno nella stanza avevano più importanza per me.
-In ginocchio!- mi intimò una voce femminile roca, che proveniva da un punto indefinito della stanza.
Bellatrix.
Non so come avevo potuto sperare che non fosse presente. Che non fosse accanto a lui. Lei era certamente la persona che più mi detestava al mondo. Non dubito del fatto che mi avrebbe spezzato il collo con le sue mani, se solo avesse potuto.
-Non… osare- sibilò nuovamente la voce, -non lei. E voi, siete tutti congedati.-
Le figure nere iniziarono a uscire dalla stanza, rivolgendomi sguardi pieni di disprezzo. Sentii qualcuno bisbigliare degli insulti; in un altro momento avrei risposto, ma non quel giorno.
Solo una persona non sembrava essere intenzionata ad andarsene; vidi i lunghi capelli ricci, la figura sinuosa: Bellatrix si avvicinava a lui.
-Mio Signore,- disse abbassando la voce, - se me lo concedete, posso restare. Se aveste bisogno…-
-Vattene. Non voglio nessuno, qui. Soltanto lei.-
Bellatrix chinò il capo.
-Mio Signore… dovreste liberarvene, lo sapete che lei non…-
-Ho detto vattene, non aggiungere una parola di più, o credi forse di potermi dare ordini e consigli? Credi che abbia così bisogno di te da non poterti uccidere?- disse lui, gelido.
-Non davanti a me- dissi. Finalmente stavo riprendendo possesso delle mie facoltà.
Bellatrix si avviò verso la porta, ma prima si avvicinò a me, per fissarmi con sguardo truce. Poi, finalmente, uscì dalla stanza, lasciandoci soli.
Finalmente potevo farlo; finalmente eravamo soltanto noi, come ad Hogwarts, quando eravamo soltanto due giovani studenti.
-Tom-
Lui rimase in silenzio. Studiai il suo corpo di spalle: era certamente molto più alto e possente di quanto non lo fosse prima di essere sconfitto in quella notte fatale per troppe persone.
-Tom- ripetei, dolcemente.
Mi stupii di quella dolcezza nella mia voce. Mi stupii di non provare alcun odio per lui. E mi sentii in colpa.
-Sei qui- disse lui.
Fui ancora più sorpresa nel ritrovarlo senza parole. Non  era una cosa che gli capitava di frequente.
Non risposi. Attendevo che rispondesse al suo nome, che si voltasse, che facesse qualcosa.
-Sono così… diverso-
La sua voce sembrava non tradire emozioni. Per un attimo fui colta dal terrore: forse era davvero arrivato il momento in cui lui aveva smesso di provare qualcosa per me? Forse aveva deciso di porre fine a tutto, compresa la mia vita, per evitare che mi schierassi definitivamente e combattessi contro di lui?
C’era un patto, che coinvolgeva entrambe le parti; lui e Silente. Silente sapeva che naturalmente non approvavo la condotta malvagia di Tom, ma allo stesso tempo mi perdonava quell’amore incomprensibile a tutto il mondo, tranne che a lui, forse. Lui, che aveva accolto Tom quando era un bambino, portandolo via da un orfanotrofio, nonostante la vita lo avesse già reso ciò che era destinato ad essere.
-Perdonami- continuò.
Mossi alcuni passi verso di lui.
-Per cosa?-
-Per averti convocata dopo di loro. Per aver incontrato prima loro piuttosto che te. Dovevo essere  sicuro di avere ancora il mio esercito.-
Non risposi. Sentii un leggero moto di rabbia in quel momento. E il nostro patto? Non doveva esistere la sua “missione”, quando si trattava di me e lui.
-Per quale motivo ero attesa, dunque?-
Mi resi conto che la mia voce era suonata sferzante, tradendo il mio disappunto. Poco importava; se avesse deciso di uccidermi, questa volta avrei combattuto. Non che ritenessi di avere speranze, poiché la Profezia parlava chiaro, ma gli avrei quanto meno dato del filo da torcere.
Vidi, con mia somma sorpresa, le sue spalle muoversi leggermente in un sobbalzo.
Quel momento di debolezza mi diede forza, tanto che mi avvicinai a lui.
-Se devi sbarazzarti di me, fallo, ma non aspettarti che io non…-
-Hellen, smettila con queste sciocchezze e non rendermi le cose ancora più complicate. Eri attesa perché nulla è cambiato, in quello che rimane del mio cuore. Sorprendente che ne sia rimasto ancora qualcosa, non è vero? E quel piccolo frammento continua ad appartenere a te. Ma sono ancora più crudele e malvagio di quanto non lo fossi prima e… il mio corpo… il mio volto… non sono più ciò che amavi-
Quelle parole colpirono il mio cuore come un sasso in uno stagno. Sgranai gli occhi.
-Tom…-
Mi sentivo così sciocca a saper ripetere soltanto il suo nome. Mi avvicinai ancora; dovevo solo allungare un braccio per poterlo toccare. E lo feci.
Posai una mano sulla sua spalla.
-Tom, voltati-
Lo sentii sospirare.
Dopo una manciata di secondi, si voltò lentamente, calandosi il cappuccio che aveva tenuto sul capo fino a quel momento.
Mentre si voltava, sentii quanto freddo era il suo corpo sotto le mie dita.
Guardai il suo volto: aveva ragione, non era più lui. Il colorito verdognolo, le due fessure al posto del naso, il cranio calvo, le labbra violacee.
Solo gli occhi erano rimasti di quell’azzurro glaciale che ricordavo dai giorni di Hogwarts…
Studiai quelle nuove fattezze, che rispecchiavano la sua crudeltà. Eppure lo sapevo che a me riservava quel Tom Riddle che non voleva mostrare al resto del mondo; brillante, divertente, romantico, capace di amare. Almeno questo era ciò che aveva in serbo per me tra i banchi di scuola.
Strinsi la mia mano sulla sua spalla e quel movimento tradì il mio desiderio, a cui lui rispose immediatamente, abbracciandomi.
Sentii di nuovo il freddo del suo corpo attanagliarmi, ma non mi importava: avevo atteso quell’abbraccio per quattrodici lunghissimi anni e, finalmente, stava accadendo.
   
 
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