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Autore: morgana85    14/12/2020    5 recensioni
C'è sempre un momento, nel passato di tutti, che lascia sulla lingua il sapore di un "e se..." che rimarrà probabilmente irrisolto. Ma che può essere dolce come miele, come la meraviglia che porta con sé.
Dal testo:
(...) «Perdonami Hermione», la voce morbida di Luna precedette la sua comparsa, l’abito giallo ed eccentrico che sembrava un raggio di luce improvviso, «ma la Danza dei Firinferli è così impegnativa, ne stavo inseguendo uno che ti è passato proprio vicino all’orecchio».
«Danza dei Firinferli?».
«Oh sì, i matrimoni sono le loro feste preferite», si sistemò il grande cappello a forma di girasole sul capo, facendo oscillare i lunghi orecchini viola, «fanno fare strane cose alla gente». La fissò con aria sognante, prima di indicare Harry e Ginny dall’altra parte della stanza, «loro sicuramente sono stati morsi».
«Credo che i Firinferli non c’entrino niente», la Grifondoro scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
«Harry non bacerebbe mai Ginny davanti a tutti», lo disse come se stesse leggendo il meteo, quasi fosse la cosa più naturale del mondo, «fanno questo i Firinferli, svelano». (...)
[SECONDA CLASSIFICATA al contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Viktor Krum | Coppie: Vicktor/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Questa storia partecipa al contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP
 
 
 
Tutta colpa

dei Firinferli
 
E’ solo più tardi che si scopre se un bacio è stato una breve escursione,
l’inizio di un lungo viaggio
o un soffio che si sposta – forse per sempre – in una nuova dimora.
~F. Caramagna
 
 
 
Sentire musica nell’aria e non urla o sussurri spaventati, le sembrava quasi strano. Trovare un motivo per sorridere, quando la Guerra premeva ai confini delle loro vite con un assedio costante, appariva ingiusto.
Ma in fondo era solo una ragazza di quasi diciotto anni, con un vestito elegante e delle splendide scarpe che la facevano sembrare più adulta. Come se ne avesse davvero bisogno. Non doveva fare altro che godersi il momento, conservando l’aria spensierata di quella sera per tempi in cui ci sarebbero stati esclusivamente paura e dolore.
Si fermò appena fuori dal grande tendone bianco, il chiacchiericcio e le risate allegre degli ospiti che risuonavano come campane a festa, concedendosi ancora un minuto di solitudine.
Scorse gli sposi, sbirciando da uno spiraglio lasciato da una tenda scostata, sentendo gli occhi inumidirsi e un sospiro sognante sfuggirle dalle labbra. Erano così belli al centro della pista da ballo, avvolti in un abbraccio che sembrava escludere il resto del mondo, ergendo quasi uno scudo fatto di qualcosa che lei non riusciva a decifrare fino in fondo.
Era felice per Bill e Fleur. Non che la splendida Delacour le piacesse particolarmente, ma il modo in cui lui la guardava era esattamente quello con cui ogni donna sperava di essere osservata per il resto della vita. Dolce, appassionato, quasi il mondo di William iniziasse e finisse tra le braccia della sua sposa.
Quel matrimonio era ciò che serviva a tutti quanti per ricordare che si, c’era altro oltre alla sofferenza. C’era amore, nonostante tutto.
Lisciò una piega inesistente dell’abito, schiarendosi la voce e prendendo un profondo respiro prima di entrare. Scambiò qualche rapido convenevole con Gabrielle, la timida e dolce sorella di Fleur, scegliendo un calice da uno dei vassoi che fluttuavano pigri per la stanza. Ne trangugiò una buona sorsata, congedandosi con un sorriso e andando alla ricerca dei suoi due migliori amici.
Scorse Ginny trascinare Harry tra gli invitati, fermandosi ai margini della pista da ballo e indirizzando le sue mani in una presa di valzer quasi perfetta. Si godette per qualche istante la scena, mentre il Bambino Sopravvissuto contava i passi a mezza voce fissando con profonda concentrazione le punte dei piedi in movimento, provando a non pestare quelli della piccola Weasley. Trattenne a stento una risata vedendo Ginevra stringergli il mento tra le dita, costringendolo a guardarla negli occhi e cancellando ogni sua protesta con un bacio.
Distolse lo sguardo, quasi in imbarazzo, quando Harry si lasciò andare accarezzandole la schiena e portandosela più vicina. Alzò il bicchiere nella loro direzione, in un brindisi che sperava davvero potesse celebrare la loro unione, accostandolo poi alle labbra e guardandosi intorno mentre il sapore amarognolo del vino le scaldava la gola. Se lo meritavano, forse più di chiunque altro.
Qualcuno la urtò facendola ondeggiare, cosa che le permise di ringraziare con un grugnito il suo proverbiale istinto, riuscendo miracolosamente ad evitare di macchiarsi il vestito.
«Perdonami Hermione», la voce morbida di Luna precedette la sua comparsa, l’abito giallo ed eccentrico che sembrava un raggio di luce improvviso, «ma la Danza dei Firinferli è così impegnativa, ne stavo inseguendo uno che ti è passato proprio vicino all’orecchio».
«Danza dei Firinferli?».
«Oh sì, i matrimoni sono le loro feste preferite», si sistemò il grande cappello a forma di girasole sul capo, facendo oscillare i lunghi orecchini viola, «fanno fare strane cose alla gente». La fissò con aria sognante, prima di indicare Harry e Ginny dall’altra parte della stanza, «loro sicuramente sono stati morsi».
«Credo che i Firinferli non c’entrino niente», la Grifondoro scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
«Harry non bacerebbe mai Ginny davanti a tutti», lo disse come se stesse leggendo il meteo, quasi fosse la cosa più naturale del mondo, «fanno questo i Firinferli, svelano». Alzò le spalle, agitando la mano in segno di saluto e saltellando nuovamente verso Xenophilius Lovegood.
Hermione rimase a guardarla con le sopracciglia aggrottate, deglutendo a vuoto e ingoiando la risposta che le era rimasta incastrata tra i denti. Luna aveva la straordinaria capacità di lasciarla sempre senza parole.
Un applauso scrosciante la fece sobbalzare, mentre un coro di Bacio! Bacio! Bacio! sostituiva le note dolci della musica con cui gli sposi avevano aperto le danze. Si unì ai fischi e agli urletti di incoraggiamento, frastornata ma felice, incontrando lo sguardo di Ron in lontananza nello stesso istante in cui Bill si chinava su sua moglie, facendole fare il casquè e baciando il sorriso che le aveva illuminato il viso. Si chiese se Ronald avrebbe mai trovato il coraggio di fare una cosa del genere, dandosi una risposta il secondo successivo. No.
«Ti afrei ricvonosiuta ofunque», stava per allontanarsi, quando qualcosa le oscurò gli occhi, bloccandola di colpo, «sei sempve bellissima».
Ci mise il tempo di un battito di ciglia per riconoscere quella voce profonda e maschile. Strinse le mani che le schermavano la vista, girandosi di scatto con un enorme sorriso sulle labbra, «Viktor!». Gli buttò le braccia al collo, avvolgendolo in un abbraccio affettuoso, «cosa ci fai qui?», si scostò di un poco, scuotendo appena la testa per lo stupore e tornando a stringerlo. Si era ripromessa almeno un milione di volte di accettare uno dei numerosi inviti con cui l’aveva pregata di raggiungerlo in Bulgaria, ma la sua vita aveva preso una piega inaspettata e c’era sempre stato qualcosa di più importante dietro cui nascondere i propri desideri o le speranze.
«Fleur afermi invitato, siamo ancvora buoni amici», le prese una mano tra le sue, così grandi e calde, posandovi un piccolo bacio accompagnato da un accenno di sorriso, «è un pviacere rifederti, Hermaionii».
«Quando imparerai a pronunciare il mio nome?», la Grifondoro scoppiò a ridere, accettando di buon grado il braccio che le porse.
 
Madama Pince le si avvicinò con aria orgogliosa, annuendo alla quantità spropositata di libri che la ragazza aveva accumulato sulla scrivania, quella che ormai non occupava più nessuno tranne lei. «Signorina Granger, volevo farle presente che la biblioteca sta per chiudere».
«Oh, non potrebbe concedermi ancora cinque minuti?», sollevò gli occhi con aria implorante, indicando la ricerca quasi conclusa a cui stava lavorando, «la prego, non se ne accorgerà nessuno».
«Le regole sono regole, ragazza mia», la fissò di rimando, la solita espressione severa ad incupirle il volto, «impieghi il suo tempo per riordinare. Non un solo libro deve rimanere fuori dalla sua collocazione».
«Ma…».
«Si sbrighi signorina Granger, prima che sia costretta a togliere punti a Grifondoro».
Hermione si arrese con un sospiro, borbottando delle scuse e affrettandosi a chiudere tutti i volumi che aveva selezionato. Trovare un modo per aiutare Harry con le prove del Torneo Tremaghi stava mettendo a dura prova la sua conoscenza degli incantesimi, e la cosa la irritava oltre ogni misura.
Impilò sei tomi, sollevandoli con un notevole sforzo e dirigendosi verso il primo corridoio di scaffali. Si allungò sulle punte, cercando di direzionare nel miglior modo possibile il libro di Incantesimi per uova, beato chi li scova, tenendo in precario equilibrio gli altri. Perché non trovava mai una scala, quando ne aveva bisogno?
Capì che sarebbe caduta nell’esatto istante in cui avvertì il tonfo sordo di un volume che urtava il pavimento, mentre si sbilanciava all’indietro e chiudeva gli occhi per istinto. Contro ogni aspettativa, qualcosa di caldo e solido attutì la sua imbarazzante rovina, mentre due braccia dalla presa ferrea le cingevano la vita.
« Vnimanie!»[i], la cosa alle sue spalle parlò una lingua che non conosceva, ma che trovò in qualche modo musicale, «tu svtare attenta. Può fare male».
Si scostò in fretta, sistemando meglio i libri che ancora stringeva al petto, «scusami, devo essere…», alzò gli occhi per ringraziare il suo salvatore, scontrandosi con quelli scuri e penetranti del Campione di Durmstrang, «oh». Si schiarì la voce, avvertendo uno strano calore risalirle lungo il collo e scaldarle le guance, «tu sei…».
«Viktor», la anticipò, raccogliendo il tomo caduto accidentalmente e prendendole gli altri senza il minimo sforzo, ignorando i suoi balbettii di protesta, «io aivtare te, afere bisogno». La invitò con un mezzo sorriso a fargli strada, seguendola senza quasi fare rumore.
«Grazie», mormorò Hermione in un sussurro quando anche l’ultimo volume tornò al suo posto, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e trovando particolarmente interessante i segni lasciati sul pavimento dall’usura e dal tempo.
«Io segvito te in qvesti giorni».
«Mi pedinavi?», la Grifondoro spalancò gli occhi, trovando finalmente il coraggio di guardarlo in viso. Alla luce fioca delle candele della biblioteca, capì per quale motivo la gran parte della popolazione femminile avrebbe venduto l’anima a Voldemort stesso, per riuscire ad attirare la sua attenzione. I lineamenti erano ben definiti, con quella giovane maturità di un ragazzo che stava crescendo, le folte sopracciglia a sottolineare uno sguardo incredibilmente profondo. C’era qualcosa di particolare in lui - forse gli occhi scuri simili a nubi di tempesta o l’aria seria e concentrata – che lo rendeva se non bello, straordinariamente affascinante.
«No per spiare», Krum alzò le mani in segno di difesa, «io folere… mmmh… come dire non so», si massaggiò la nuca, aggrottando le sopracciglia, «io folere chiedere cosa a te».
«Hai bisogno di parlare con Harry?».
«Harry?», il ragazzo scosse la testa, guardandola con aria sorpresa, «io no folere andare al ballo con Harry Potter».
«Ballo?», Hermione si coprì la bocca con le mani, sentendo le gambe farsi improvvisamente molli, costringendola ad appoggiarsi alla libreria alle sue spalle.
«Fuole tu Hermaionii accompagnvre me al Ballo del Ceppo?», le rivolse un inchino garbato, lo sguardo dolce a coronare il piccolo sorriso che gli incurvava le labbra piene.
La Grifondoro prese un profondo respiro, poi un altro, portando una mano all’altezza del cuore solo per assicurarsi che non le uscisse dal petto per l’emozione. Si mordicchiò il labbro inferiore, guardandosi intorno smarrita, prima di raddrizzare le spalle e ricambiare il sorriso. «Con molto piacere».
 
«Aspettavo te per trofarmi», scostò una sedia per farla accomodare, raggiungendola un istante più tardi.
«Oh io… ci ho pensato spesso e», Hermione intrecciò le mani in grembo, ridacchiando imbarazzata, «lo so. Avrei dovuto farlo». Non rifiutò il calice pieno che le offrì, facendolo tintinnare contro quello di Viktor e brindando insieme a lui, «è bello rivederti».
«Sono contento non essevre tuo matrimonio».
«Il mio… oh no!», la Grifondoro rise di gusto, prendendo un sorso generoso di idromele e scuotendo il capo, «sono troppo giovane per sposarmi». Bevve ancora, scoprendo quanto fosse piacevole avere la testa leggera, lontana dagli schemi di piani studiati infinite volte e dalla tensione che percepiva nell’aria, sempre presente sotto la cortina fin troppo sottile di spensieratezza. «Non avrei uno sposo da portare all’altare, comunque».
«Tu e Harry non essevre coppia?», Viktor si sporse verso di lei, aggrottando le sopracciglia, «sembvrate molto uniti».
«Harry ha una parte importante del mio cuore», lo cercò tra gli ospiti, trovandolo impegnato in quella che sembrava essere una profonda discussione con Ginny, due membri dell’Ordine che lo sorvegliavano a distanza, «ma non quella dedicata all’amore. È il fratello che non ho mai avuto». Un fratello che rischiava di perdere ad ogni stupido passo falso. Il pensiero l’attraversò veloce e crudele, privandola della gioia con la stessa rapidità di un Dissennatore. Svuotò definitivamente il bicchiere, ingoiando la preoccupazione insieme al liquido che le bruciò la gola.
«Sembri triste», Viktor le posò due dita sotto il mento, sollevandole il viso e sfiorandole la guancia in una carezza leggera, «chvi far soffvrire te?».
La Grifondoro increspò le labbra in un nuovo sorriso, meno convinto e più fragile del precedente. «È complicato», si inclinò inconsapevolmente ad assecondare quel tocco gentile, socchiudendo le palpebre e meravigliandosi di quanto la scaldasse.
Una strana sensazione le fece correre un brivido lungo la schiena, portandola a guardarsi intorno con circospezione. Attirata da una forza invisibile, continuò a cercare fino a quando non incontrò le iridi chiare e adirate di Ron. Di nuovo.
La stava osservando con aria corrucciata, quasi la sfidasse a continuare in quello che ai suoi occhi probabilmente doveva apparire come un frivolo corteggiamento. Aggrottò le sopracciglia, ponendogli una muta domanda solo con un cenno del capo. Perché non era andato da lei? Perché doveva sempre aspettare che qualcuno lo facesse prima di lui?
Era stanca di assecondare i capricci della sua gelosia, dell’umore volubile e perennemente in competizione con chiunque. Lo capiva, il penultimo di sette figli e forse il meno dotato, ma a lei non era mai importato granché. Non voleva più giustificarlo e non gli doveva alcuna spiegazione.
Strinse con forza le dita fino a farle sbiancare, serrando la mascella e alzandosi con uno scatto. Sentiva le lacrime pungere fastidiosamente per trovare libero sfogo, e l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era replicare il pianto isterico che quella zucca vuota le aveva provocato al termine del Ballo del Ceppo. «Scusa Viktor, credo di avere bisogno di un po’ d’aria», gli sorrise mortificata, allontanandosi a passo svelto e zigzagando tra la gente per poter uscire dal tendone, dove improvvisamente faceva fatica a respirare.
Non appena la brezza fresca e profumata della sera la investì, portandole gli odori dei boschi intorno alla Tana e della miriade di fiori usati per le decorazioni, si sentì subito più calma. Chiuse gli occhi per un istante, espirando e lasciando che la tensione le scivolasse dalle spalle, fino a scomparire.
Sfilò una ad una le forcine – una quantità davvero spropositata – che aveva incastrato per riuscire a dare stabilità all’acconciatura, scuotendo con forza la testa e lasciando ricadere i capelli lungo la schiena, finalmente liberi da ogni costrizione. Tolse anche le scarpe, mugugnando di soddisfazione quando i piedi si mossero sull’erba morbida. Non aveva mai sopportato volentieri i tacchi alti.
Le sembrò quasi di essere tornata indietro di anni, quando il Campione di Durmstrang l’aveva accompagnata lungo i corridoi di Hogwarts con le sue scarpe tra le mani, dopo una serata trascorsa a danzare e saltare e cantare, il cuore leggero e l’unico pensiero quello di non aver studiato abbastanza i movimenti giusti per poterlo baciare senza fare brutta figura. Eppure lui non l’aveva fatto – non in quel frangente, almeno - dimostrandosi un vero cavaliere. In tutto.
Si incamminò verso la grande quercia che svettava al limitare dell’orto, i rami addobbati con file e file di piccole lanterne dorate, in cui brillavano fiammelle dai colori caldi che facevano sembrare incantato quel minuscolo angolo di giardino.
Si lasciò scivolare tra le coperte e i cuscini variopinti sparsi sotto la chioma lussureggiante, che offrivano un po’ di tranquillità in quella confusione di musica e vociare. Distese le gambe in avanti, appoggiandosi sui gomiti e reclinando appena il viso verso la volta celeste, un’immensa tavola blu scuro limpida come vetro.
Il pensiero di volere qualcuno da baciare sotto quel cielo, che sembrava aver accumulato stelle tutto l’anno solo per farle esplodere in onore di Bill e Fleur, le fece venire da ridere. Forse avere Lavanda come compagna di stanza stava avendo una brutta influenza su di lei. O probabilmente Luna aveva ragione, i Firinferli l’avevano punta e lei non se ne era nemmeno accorta. Per quello aveva idee così assurde.
«Sembva che tu trovato pensiero speciale», la voce che la raggiunse era profonda ma dolce, come una carezza sotto le coperte, «occhi brillano».
Hermione sobbalzò, scorgendo la sagoma di Viktor stagliarsi nitida e massiccia contro le luci in lontananza. «Dovresti essere alla festa», cercò di ricomporsi, incurvando le labbra in un accenno di sorriso e appiattendo i capelli come meglio riuscì, «non credo di essere un’ottima compagnia questa sera».
«Tu essevre troppo bella, per stavre nascosta qui».
Quando vide il ragazzo allungare la mano verso di lei, sorridendole in maniera così accattivante da farle provare un improvviso vuoto allo stomaco, abbassò il viso, imbarazzata. «Oh, io non credo di…».
«Non può lavsciare me così», si avvicinò ancora di un passo, chinandosi alla sua altezza con una strana luce di sfida nelle iridi scure come terra bagnata di pioggia, «non senza afere almeno concvesso me ballo».
La Grifondoro si guardò intorno, alla ricerca di una qualsiasi scusa per rifiutare senza sembrare scortese, ma erano soli e Viktor era così carino e affascinante che non le rimase che annuire. La ringraziò con un galante baciamano dopo averla aiutata ad alzarsi, facendole fare una giravolta e stringendosela contro.
«Sono senza scarpe», cercò di scostarsi per poterle infilare, inclinando il viso verso l’alto quando si sentì trattenere e accorgendosi di quanto fosse più alto di lei.
«No essevre importante», le passò un braccio attorno alla vita e attirandola più vicina, quasi avesse paura di vederla scomparire all’improvviso, «essevre bravo ballerino, no schiacciare te piedi».
Hermione rise di gusto, sollevandosi appena sulle punte e posandogli una mano sulla spalla, «me lo ricordo bene. Il migliore». Si meravigliò di come il suo corpo si adattasse perfettamente alla presa del Cercatore, quasi fosse un luogo tranquillo a cui tornare dopo aver visitato il mondo intero. Era caldo e accogliente e comprese che se ne sarebbe allontanata a fatica.
Rimasero per un istante così, occhi negli occhi, con la convinzione di poter scorgere il ricordo di quella sera ormai lontana riflesso nello sguardo dell’altro. C’era sempre stata una strana intesa tra di loro, qualcosa che la maggior parte della gente non era riuscita a comprendere. Ritrovarla immutata, con la stessa naturalezza con cui tutto ciò che li univa era cresciuto, la spaventò e la inebriò allo stesso tempo.
Per una volta, non si fece domande. Era esattamente nel posto dove voleva essere, tra braccia forti che le avrebbero concesso di potersi abbandonare senza sforzo. Per una volta, qualcuno avrebbe portato al posto suo il peso che le gravava sulle spalle.
Quando Krum mosse il primo passo, la Grifondoro lo seguì con facilità. Volteggiarono al ritmo del valzer che giungeva fino a loro dal tendone, continuando a guardarsi con la stessa complice felicità. Hermione aveva dimenticato quella sensazione, quel piacevole calore che aveva scoperto di provare ogni volta che Viktor le sorrideva, o semplicemente la sfiorava. E capì che le era mancato.
Lui era stato il primo – il primo bacio, la prima cotta, il primo uomo che si fosse interessato a lei – ed avrebbe sempre avuto qualcosa di speciale.
 
«Puoi uscire», Hermione sogghignò, incrociando le braccia dietro la schiena e avanzando con lentezza, «l’esercito delle galline sta cercando in un altro pollaio». Spostò le grandi foglie palmate e dalla consistenza vellutata di una pianta alta almeno tre metri, quasi stesse provando a stanare qualcuno, aggrottando le sopracciglia quando non trovò altro che piccoli insetti luccicanti. «Viktor?».
Le serre di Erbologia erano immerse nella luce del crepuscolo, le ombre morbide e variopinte che si espandevano come colore ad olio sulla tela, mentre il vapore umido e gocciolante faceva scintillare l’aria.
Passò in punta di piedi accanto alle Mandragole, sbucando in fondo ad un corridoio che non ricordava di aver mai percorso. «Viktor?», lo chiamò di nuovo, cercando inconsapevolmente la bacchetta sotto al mantello.
Un fruscio alla sua sinistra la fece voltare di scatto, mentre socchiudeva gli occhi per guadare con più attenzione tra i fusti sottili e flessibili di una pianta simile al bambù. Un’ombra più scura si mosse, emergendo dalle altre con la rapidità di uno spettro, sovrastandola e allungandosi verso di lei. Aprì la bocca per urlare, ma qualcosa di caldo e leggermente calloso le impedì di produrre qualunque suono, facendola ansimare per lo spavento.
«No afere paura tu Hermaionii», la prima cosa che riconobbe furono i suoi occhi, così scuri e intensi, come quando scorgeva il Boccino ed era intenzionato a non lasciarselo sfuggire, «fenire con me, far federe una cosa». Si portò un dito alle labbra, chiedendole con un cenno di non fare rumore e lasciandola libera solo per poterle prendere una mano, intrecciando le dita e stringendole appena, con la stessa semplicità di un gesto ripetuto infinite volte e non come se fosse la prima.
Camminarono in silenzio per qualche istante, scansando i rami nodosi di quello che sembrava un germoglio di Platano Picchiatore e superando un cespuglio di piante dai denti così affilati da competere con quelli di un Lupo Mannaro, per sbucare infine in una stanza ottagonale, completamente ricoperta da ampie vetrate da cui filtrava la notte sovrapposta agli ultimi stralci di un tramonto infuocato. Al centro, una grande vasca di marmo molto antica, adornata dalla statua di una sirena – quella delle favole, non di certo simile alle abitanti del Lago Nero – da cui zampillava acqua dalla conchiglia che reggeva tra le mani. Sulla superficie cristallina galleggiavano enormi foglie verde scuro a forma di cuore. Erano così lucide e perfette, da sembrare finte.
«Ninfee», Hermione sorrise, poggiando le mani al bordo della fontana e sporgendosi appena alla ricerca dei fiori. Rimase un po’ contrariata, non trovandone nemmeno uno, «non sono così rare, mia madre ne ha diverse nel piccolo stagno nel giardino di casa nostra». Alzò lo sguardo, incontrando l’espressione corrucciata di Viktor. Sembrava quasi deluso. Si morse il labbro inferiore, in imbarazzo. Aveva cercato di fare qualcosa di carino per lei, e non se ne era nemmeno accorta… ma non era abituata a ricevere quel tipo di attenzioni, non sapeva come gestire il miscuglio di emozioni che le provocavano quel piacevole vuoto allo stomaco. Quasi fosse pieno di farfalle. «È stato un pensiero molto dolce», provò a rimediare, posando una mano sul suo braccio e arrossendo un istante dopo.
Il Cercatore sembrò non ascoltarla, allungandosi e immergendo le mani a coppa nell’acqua, sollevandole poi con cautela fino a portarle all’altezza del suo viso, schiudendole quel tanto che fu sufficiente per mostrarle quello che custodivano.
Hermione spalancò gli occhi dalla sorpresa, osservando lo strano fiore che fluttuava sul palmo del ragazzo, così bianco ed intenso da sembrare fatto di luce, mentre i bordi brillavano di un alone azzurrognolo e argento, quasi fossero stati imbevuti di raggi di luna. «Non avevo mai visto niente del genere», allungò un dito per sfiorarlo, ma si fermò titubante, quasi impaurita di poterlo rovinare, «cosa sono?».
«In nostra lingva chiamare zvezdno tsvete», sbattè più volte le palpebre, cercando le parole adatte, «cvredere cosa simile a Fiore di Stelle, in fostra». Il sorriso che le rivolse le mozzò il fiato, rendendo dolci i lineamenti solitamente duri. La Grifondoro sentì il cuore battere inspiegabilmente più forte mentre le incastrava il fiore tra i capelli, proseguendo poi in una carezza sulla guancia con la quale non poté più sfuggire al suo sguardo. «Tu sembrvrare Veda così».
«Una strega cattiva?», sfregò le mani sudate sulla gonna, incapace di allontanarsi da quelle iridi così calde, che la osservavano come se fosse la cosa più bella al mondo.
«No, essere splendvida fata dei boschi», le sfiorò la bocca con il pollice, facendo una leggera pressione per attirarla più vicina.
Hermione trattenne il respiro, schiudendo le labbra per istinto e inumidendole, posando la mano contro il petto ampio del ragazzo in cerca di sostegno. Non era sicura che le gambe l’avrebbero sorretta ancora a lungo.
Il primo bacio che Viktor le diede fu un semplice incontro di bocche, timido e delicato quanto un refolo di vento. Gli occhi aperti, si guardavano come se lo facessero davvero per le prima volta. Insieme al secondo, appena più profondo, le percorse la schiena con le mani, avvolgendola completamente e posando la fronte sulla sua.
La Grifondoro non sapeva cosa fare, si sentiva una stupida e aveva il terrore di rovinare quel momento così perfetto. Quasi le avesse letto nel pensiero, Krum le sorrise contro le labbra, sussurrando qualcosa che capì solo vagamente, ma che la fece rilassare. La sua voce era profonda e musicale, che la inebriava come dell’ottimo idromele.
Hermione non si oppose quando avvertì la lingua chiederle l’accesso con tocchi leggeri, lasciandosi guidare in quel territorio sconosciuto con una fiducia incondizionata. La stuzzicava con dolcezza, senza fretta, concedendole il tempo di scoprire il ritmo che preferiva e assecondando la sua timidezza.
Scoprì che il sapore di Viktor le ricordava il vino caldo e speziato che i suoi genitori preparavano ogni anno per Natale, con un accenno di miele amaro e qualcosa che non riuscì a riconoscere.
Le piaceva, immensamente.
 
La musica rallentò e loro insieme a lei, trovandosi più vicini di quanto avessero previsto. Ma Hermione non era spaventata da quella vicinanza, il calore del corpo del ragazzo contro il suo era una presenza solida che la faceva sentire al sicuro.
Lasciò che per una volta fosse l’istinto a guidarla, mentre gli allacciava le braccia dietro al collo e poggiava la guancia contro la sua. Ed eccolo lì il suo profumo, che si scoprì a ricordare alla perfezione, quel misto di pino di montagna, erba fresca e vento. Inspirò a fondo, ritrovandosi a sorridere sulla sua pelle calda e leggermente ruvida per la barba.
«Io mai dimenticato te», Viktor le sfiorò la fronte con le labbra, premendo la mano alla base della schiena, «non esseve riuvscito».
La Grifondoro non rispose, limitandosi a stringersi a lui con la stessa forza con cui si sarebbe aggrappata ad uno scoglio in mezzo alla tempesta. Affondò il viso nell’incavo del collo, cercando di placare il battito impazzito del cuore. Non lo aveva dimenticato neanche lei – come avrebbe potuto farlo? - eppure c’era sempre stato qualcosa che l’aveva irrimediabilmente ricondotta da un’altra persona. Ma Viktor era lì e le stava inconsapevolmente offrendo una seconda possibilità. «Deve essere colpa dei Firinferli», lo sussurrò a mezza voce, lasciandosi sfuggire una risatina e allontanandosi di un poco per poterlo guardare.
«Fenir… Firenf», il Cercatore grugnì, sbuffando e borbottando qualcosa nella sua lingua madre, «cosa essevre? Mai sentito parlare».
«I Firinferli. Ecco vedi, Luna sostiene che…», si lasciò annegare nel colore scuro e profondo degli occhi di Viktor, che conservavano qualcosa di misterioso che non era mai riuscita ad afferrare del tutto. Erano schietti e a volte troppo severi, come lui, ma quando la guardavano assumevano una sfumatura dolce e inattesa che la faceva avvampare come una ragazzina. «Non ha importanza», scosse appena il capo, inumidendosi le labbra improvvisamente secche.
Forse fu davvero a causa degli stani esseri di cui le aveva parlato l’amica Corvonero, ma non si oppose quando lui le circondò il viso con le mani, delineandone i contorni con i polpastrelli con una tale delicatezza che la fece sorridere, sfiorandole il naso con il proprio ed infine immergendo le dita tra i suoi ricci aggrovigliati. Le posò un bacio leggero tra le sopracciglia, uno sullo zigomo, uno sul mento, in un lento ed inesorabile pellegrinaggio che lo stava conducendo alle sue labbra, fermandosi alla distanza di un respiro.
Hermione avvertì il profumo dell’idromele nel fiato caldo che le scivolò sulla pelle, facendole schiudere la bocca, quasi a volerlo assaporare direttamente dalla sua lingua. Voleva baciarlo. Davvero. Strinse le dita tra i capelli corti, attirandolo più vicino e assecondando la lenta carezza con cui Viktor le stava percorrendo la schiena, inarcandosi contro di lui.
Ci fu un boato, un insieme di voci che gridarono nello stesso istante. E subito dopo, un silenzio così profondo da rendere assordante persino il loro respiro affannoso.
La Grifondoro si voltò di scatto verso il tendone, scorgendo lo strascico argenteo di un Patronus intrufolarsi tra i presenti e seminando il panico.
 
Aggraziata e lucente, la lince atterrò lieve in mezzo ai ballerini esterrefatti.
Le teste si voltarono, i più vicini rimasero assurdamente paralizzati a metà della danza.
Poi il Patronus parlò con la voce forte e fonda di Kingsley Shacklebolt.
«Il Ministero è caduto. Scrimgeour è morto. Stanno arrivando».
 
Harry Potter e i Doni della Morte – cap. 8, pag. 152

 




Benvenu* car* lettrici/lettori!
Non mi dilungherò molto perchè oggi il tempo è tiranno, ma solo qualche piccola precisazione.
Il contest richiedeva di immaginare un missing moment a nostra scelta, qualcosa che avremmo tanto voluto vedere e che zia Row invece ha fatto passare un po' in sordina.
Ora, so che tutte le fan della coppia Ron/Hermione mi odieranno ma... io ho tifato per Krum. Davvero.
Credo che la loro storia, seppur breve, avrebbe meritato qualche parola in più. Ma sono convinta che la potenzialità di un libro sia anche questa, permettere ai suoi lettori di fantasticare su quei tanti "e se..." che ne costellano le pagine.
Quindi perdonatemi, ma loro mi sono entrati un po' nel cuore <3
Spero vogliate lasciare un pensierino, seppur piccolo, di questa inuscola storia. E' tutta per te Ella, non potevo di certo mancare <3
A presto
Morgana



 
 
[i] In bulagro (perdonate se la traduzione non è corretta, ma ho dovuto accontentarmi di Google): Attenzione!
  
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