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Autore: thors    15/12/2020    1 recensioni
Storia seconda classificata nel contest “In Another Life, In Another World” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP (Settembre 2020).
Rin, Yukio, Bon e tanti altri personaggi di Ao No Exorcist si trovano alle prese con una sanguinosa vicenda di mafia in un Giappone che sta attraversando un periodo di protezionismo in stile americano.
Ad osservare pensieroso quella scena attraverso l’ampia vetrata del suo lussuoso salotto mentre accarezzava distrattamente un gatto nero di nome Kuro accoccolato tra le sue braccia, vi era un uomo di ventisette anni, i cui capelli scuri davano bizzarri riflessi dello stesso colore azzurro dei suoi occhi.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izumo Kamiki, Rin Okumura, Ryuji Suguro, Shiemi Moriyama
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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26 Marzo 1953, Shibukawa – prefettura di Gunma


Meno di mezz’ora dopo aver lasciato Maebashi raggiunsero Shibukawa. Si diressero verso la stazione ferroviaria, svicolarono su di una strada laterale dopo un paio di chilometri e, mentre parcheggiavano in una piccola area industriale, udirono distintamente da uno dei magazzini più vicini diversi colpi di arma da fuoco e le raffiche sparate da almeno una mitragliatrice.

«Quegli idioti!» esclamò Rin arrabbiato. «Dovevano iniziare la loro operazione di merda tra quasi un’ora! Perché diavolo hanno anticipato i tempi? Avanti, muoviamoci prima che la festa sia finita!»

Izumo fece uscire le sue volpi dal bagagliaio e, ad un cenno di Nemu, corse verso un’auto in sosta a pochi passi di distanza, che scassinò e mise in moto in meno di venti secondi. Dopo essersi domandata per quale motivo quel genere di compiti toccassero sempre a lei, ingranò la marcia e puntò dritta verso la saracinesca, usando l’auto come un ariete ed uscendone in corsa pochi metri prima dell’impatto. Si rialzò mentre gli altri la raggiungevano ed ebbe il tempo di rassettarsi il vestito alla meglio prima di partecipare all’irruzione.

Nemu corse in testa al gruppo, alzò la mano sinistra in alto e lasciò che a condurre la carica al piano superiore fosse il suo inseparabile pupazzo rosa. Salendo le scale, lui e Rin abbatterono a colpi di fucile cinque uomini armati che vennero loro incontro; e, mentre raggiungevano gli ultimi scalini, Rin fece segno ai suoi di fermarsi e restare in attesa. Subito dopo, si tolse il cappello e s’arrischiò a sporgere la testa per farsi un’idea della situazione.

Davanti a lui si apriva uno spazio aperto adibito a zona di attesa per i clienti, in mezzo al quale si trovavano un divanetto e alcune poltroncine in pelle, più un tavolino di vetro con qualche rivista sopra. A terra, vi erano i corpi martoriati di sei persone, delle quali due indossavano le uniformi della polizia, ma, dietro una parete di metallo e vetro frantumato, vi erano altri due uomini ancora vivi e vegeti che facevano la guardia.

Per sua fortuna, nessuno di loro scorse la testa di Rin fare capolino, ma lui nulla poté per evitare il colpo che lo raggiunse in pieno petto non appena tornò indietro. Izumo, dopo avergli sferrato un dritto degno di un pugile professionista, rivolgendogli uno sguardo carico d’ira, sibilò: «Razza d’idiota, perché diavolo l’hai fatto tu? E se ti avessero sparato?»

«Zitta adesso», rispose Rin, piegato per il dolore e parlando a fatica. Poi fece un respiro lento e profondo, ed usò il tono deciso che contraddistingueva i suoi ordini: «Ne sono rimasti undici. Due sono qui davanti, ad otto metri di distanza: uno un metro a destra e l’altro due a sinistra. Non colpite gli sbirri. Fuoco di copertura. Tu, Izumo, libera le volpi. E cerca di essere un po’ più dolce la prossima volta».

I poliziotti rimasti in vita si erano asserragliati dentro un ufficio, usando tre robuste scrivanie di legno come barriere. Erano circondati, e un fuoco continuo impediva loro qualsiasi possibilità di fuga. Inoltre, era solo questione di tempo prima che le ripetute scariche delle mitragliatrici avessero la meglio sulle loro protezioni improvvisate e già in procinto di andare in pezzi.

L’intervento di Rin ruppe l’accerchiamento e cambiò drasticamente l’esito dello scontro. I poliziotti uscirono coraggiosamente dal loro rifugio non appena ne videro l’opportunità e costrinsero alla resa tre dei loro assalitori, mentre i loro salvatori facevano tacere per sempre gli altri, disinteressandosi completamente della loro volontà di arrendersi.

«Ispettore Ryuji», gridò una voce che il poliziotto non fu in grado di riconoscere. «Vi prego di gettare le armi lontano da voi. Ho solo bisogno di parlarvi, ispettore, e non voglio che nessuno si faccia male. Perciò, preferirei che nessuno dei vostri uomini opponga resistenza.»

«Chi ti credi di essere?» replicò il poliziotto con voce irata. «Vieni qui a ripeterlo, se ne hai il coraggio, ed io ti spaccherò quella faccia da culo che ti ritrovi. È chiaro che non sei delle forze dell’ordine, ed io sto svolgendo un’indagine. Pertanto, ti ringrazio per l’aiuto, ma vattene subito via di qui se non vuoi avere guai!»

«Sembra che la parte più difficile arrivi adesso», mormorò Izumo, accarezzando le sue volpi.

«Con tutto il rispetto, ispettore,» replicò Rin, «valutate con cura la situazione. Noi siamo in sette, mentre i vostri uomini ancora capaci di combattere sono soltanto tre o quattro. Fate come vi dico e rivedrete tutti la vostra famiglia».

«Idiota! Noi, qui, abbiamo una mitragliatrice e molte più pallottole di quante ce ne servano per uccidervi tutti. Quindi fate come vi ho detto e tornatevene a casa, finché siete in tempo!»

Una breve raffica di mitra diede maggior chiarezza alle sue intenzioni, se mai ve ne fosse stato bisogno.

Noriko, che aveva una brutta ferita alla spalla, chiese con il volto stravolto dalla sofferenza: «Cosa vuoi fare adesso, capo?»

«Dobbiamo trovare il modo di convincere quel testone. E dobbiamo farlo in fretta, perché tra non molto potrebbero arrivare altri uomini di mio padre. Izumo, hai qualche idea?»

«Senza ferirli?» replicò lei. Non andò in escandescenze solo perché si sentiva ancora in colpa per il pugno di poco prima. «Mi dispiace, ma non saprei come fare…»

«L’interruttore generale è proprio qui dietro!» esclamò il pupazzo di Nemu.

Rin toccò un braccio di Izumo e le chiese: «Le volpi potrebbero riuscire a portare qui uno di loro?»

«Se i tuoi amici in uniforme non hanno portato delle torce, sì».

«Nemu…», disse Rin con l’idea di fargli togliere la corrente, ma il suo uomo era già sparito quando si voltò per dargli l’ordine.

Pochi istanti dopo, il buio più totale avvolse l’edificio. Rin, allora, lanciò alcuni pezzi di legno verso i poliziotti e, non vedendo nessuna luce accendersi, sussurrò ad Izumo di procedere.

Dopo una lunga attesa, il mormorio inquieto proveniente dagli agenti bloccati a pochi metri di distanza mutò in una serie di urla, sovrastate per un momento da un colpo di pistola.

«Idioti! Non sparate!» gridò Ryuji. «E voi, maledette bestiacce, mollatemi! Ah! vi spezzerò tutti i denti, lo giuro!»

Gli strilli dell’ispettore si fecero sempre più vicini; e, quando lui si trovò a meno di un metro di distanza da Rin, le luci si accesero da sole, mostrando le due volpi che lo trascinavano per le maniche, e prendendo anche di sprovvista un paio di uomini avventuratisi fuori dalla loro tana per soccorrerlo. I due, trovandosi allo scoperto e sotto tiro, si fermarono di colpo e alzarono le mani sorridendo nervosamente.

Ryuji era un uomo che chiunque avrebbe scambiato per un criminale travestito da poliziotto a causa degli anelli infilati nelle orecchie, della striscia tinta di biondo tra i suoi capelli neri e anche del suo carattere irruente. Uno dei suoi soccorritori era un piccoletto con la testa pelata e gli occhiali, mentre l’altro era di statura normale e aveva i capelli tinti di un rosa improponibile.

A una parola di Izumo, le due volpi lasciarono le maniche della loro preda, ma gli rimasero vicine e gli mostrarono minacciosamente le loro zanne. L’ispettore accettò con rabbia la sua sconfitta, si mise a sedere incrociando le gambe e rivolse a Rin uno sguardo misto di ira e meraviglia.

«Tu? Il capo mafia di Gunma? Maledetto bastardo, che diavolo vuoi da me?»

«Bon… E pensare che un tempo eravamo tutti amici.» Rin si rivolse poi ai due agenti ancora immobili, fermi a quattro metri di distanza, e disse loro: «Konekomaru! Renzo! Che bello vedervi! Avanti, mettete a terra le armi e venite a sedevi qui». Tornò quindi a guardare l’ispettore e aggiunse: «Quanto a te, Bon, devi solo promettermi che non cercherai di giocarci qualche brutto scherzo. Dillo anche ai tuoi uomini rimasti dietro i tavoli, così potremo uscire tutti insieme da qui».

«Rin! Maledizione! Mi credi forse un imbecille? Qui ci sono documenti importanti per le mie indagini, e tu lo sai. E devi sapere anche che sono venuto qui per poter incriminare te e tuo padre. Quindi cosa aspetti? Evita di prenderci in giro! Avanti, sparaci un colpo in testa e facciamola finita!»

Come spesso gli era capitato di essere fino ad una decina di anni prima con quello stesso zuccone seduto davanti a lui, irritato ed arrabbiato, Rin gli rispose: «Ispettore, sei davvero un idiota, maledizione a te! Sono sempre stato un uomo d’onore! Mai mi sono rimangiato la mia parola! Sono venuto qui solo per salvare la tua pellaccia e ti ho già detto che tu e tutti i tuoi uomini tornerete sani e salvi dalle vostre famiglie. Ora devi fidarti di me. Le tue preziose indagini, come forse avrai capito, sono già arrivate alle orecchie di mio padre. Farò bruciare tutto per rendere irriconoscibili i corpi, e tu dovrai fingerti morto per qualche giorno, fino a quando le acque non si saranno calmate. Ho ancora molte cose da dirti, ma lo farò in un posto più tranquillo. Ah, gli “importanti documenti” che stanno in questo ufficio non valgono niente neppure per pulircisi il culo. Allora, vuoi crearmi altri problemi?»

Ryuji afferrò incerto la mano che l’altro gli porgeva. «Io… Bruciare tutto…» Pensò ai colleghi caduti e alle famiglie che non li avrebbero più rivisti, nemmeno per l’ultimo saluto nella bara, poi, con rabbia, rispose: «Fa come vuoi, tanto non ho modo di impedirtelo. E ti sia ben chiaro che non posso fidarmi di un uomo come te».

Quando i cinque poliziotti superstiti furono ammanettati e fatti sedere sul pulmino, Rin diede ordine di uccidere i tre uomini di Tanasa ancora vivi senza far rumore e di bruciare uffici e magazzini.

«Non potremo imprigionare anche loro?» chiese Noriko, tenendosi la fasciatura improvvisata con una mano e nutrendo la sincera speranza di poter evitare altre morti quella notte.

«No,» rispose Rin con tono freddo, «sicuramente hanno capito che sono stato io a rovinare i loro piani. Anche se tutto andasse per il meglio nei prossimi giorni, la loro parola metterebbe in pericolo te e tutti gli altri. Ed io non posso permetterlo».

«Me ne occuperò io», propose Izumo, «ma voglio che tu mi aspetti in auto».

«Va bene», concesse lui con un sorriso di riconoscenza appena accennato.

Non appena le fiamme divamparono all’interno degli uffici, Rin, che per abitudine si era seduto dal lato del passeggero, fu raggiunto dalla sua guardia del corpo. La ragazza mise in moto senza dir nulla, ma, al momento di ingranare la marcia e tenendo lo sguardo dritto davanti a sé, disse: «Capo… ti devo chiedere scusa per prima. Non avrei dovuto colpirti. Mi dispiace».

Assumendo un’aria allegra, lui cercò di rassicurarla: «In effetti, mi dà un po’ fastidio che l’unica persona ad avermi quasi ucciso in una notte come questa sia stata la mia guardia del corpo».

Lei non si sentì affatto meglio. Premette con decisione sull’acceleratore e attese alcuni chilometri prima di riaprir bocca. «Eravamo tutti compagni di classe al liceo, lo so. Ma Ryuji, Konekomaru e Renzo sono nostri nemici, adesso. Per quale motivo hai voluto rischiare la vita per loro, lì, sulle scale?»

«L’ho fatto per Bon. Era lui il bersaglio di mio padre, e non sapevo ci fossero anche gli altri. È vero, ora è l’ispettore Ryuji, mentre noi siamo mafiosi ai quali lui dà la caccia. Ma sai bene che non ho mai accettato i metodi di mio padre e che gli unici sbirri che ho fatto ammazzare erano delinquenti ben peggiori di noi.»

«Continuo a non capire, ma ho scelto io di accompagnarti in questa pazzia, perciò non voglio insistere ancora. Una cosa, però, voglio dirtela. Se per proteggere quei tre ti farai ammazzare, io mi assicurerò di persona che le loro anime scendano velocemente all’inferno.»

«Se mi farò ammazzare, temo che non dovrai darti molta pena per loro. Quei tre, prima o poi, finirebbero tra le mani del Diablo; ed allora ci penserà lui a spedirli all’inferno.»

«Non scherzare, ti prego. Gli uomini che ho portato ti sono tutti fedeli e non ti tradiranno mai, mentre quei cinque… Prima o poi dovrai liberarli. E se loro raccontassero quel che hai fatto al collega sbagliato o se il Diablo riuscisse a mettere le mani su uno di loro… anche se sei suo figlio, pagheresti con la vita il tuo tradimento. Ed io non saprei più che fare se tu morissi.»

Rin vide una lacrima scenderle lungo la guancia, e il suo animo non poté evitare di intenerirsi. «Izumo, non devi preoccuparti per me. Non ho nessuna intenzione di lasciar fare a mio padre quello che vuole. Io e Yukio abbiamo già da tempo preparato un piano per sbarazzarci di lui. Beh, lo ha ideato tutto quel quattrocchi pieno di nei, a dir la verità… Comunque, i nostri prigionieri saranno al sicuro nel rifugio sotterraneo di Shiemi. Certo, non posso tenerli lì dentro per mesi, perciò dovrò chiedere a mio fratello di anticipare un po’ i tempi.»

«Vuoi uccidere tuo padre?» chiese incredula. «E di Yukio, il suo figlio prediletto, pensi di poterti fidare? È passato tanto tempo dal diploma.»

«Certo!» esclamò Rin, dimostrando una fiducia incrollabile nel fratello. «Continua a essere un gran rompiscatole, ma è uno che sa quello che fa.»

«Andare contro tuo padre… Spero che il piano sia davvero buono, perché mi sembra una follia. Quanti uomini pensi ti serviranno?»

Rin ripensò alla discussione avvenuta solo il giorno prima e con tono serio le rispose: «Izumo, ti ho raccontato tutto questo solo perché ho la massima fiducia in te e so che non mi tradiresti mai, ma non accetterò nessuna protesta. Porterò con me solo dei mercenari e ti farò legare assieme ai poliziotti se tenterai di seguirmi. Se qualcosa andasse male, tu dovrai pensare solo a cambiare aria.»

   
 
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