Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Yuphie_96    16/12/2020    2 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
Okay… erano ufficialmente partiti… e questo gli fece montare non poca paura nel petto.
Come fermarli adesso?
Doveva inventarsi qualcosa, non poteva più rimandare, doveva farlo e doveva farlo alla svelta visto che sua madre era appena passata a parlare di ipotetici futuri nipotini (!), doveva… doveva… argh! Non riusciva a pensare a niente così sul momento, dannazione!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buonasera a tutt*! ♥
Allora, dolci ragazzuol*, piaciuto l'inizio della mia idea bislacca? Non ve l'aspettavate che me ne uscissi con qualcosa del genere, eh? (U.u) Ebbene, sappiate che questo è solo l'inizio, muhahahahah- no, okay, adesso giuro che la smetto. >.>''''
Comunque, da una parte sono anche abbastanza seria (cosa strana, sì, lo so), il primo capitolo è stato solo l'inizio, ce ne saranno altri di colpi di scena, soprattutto da parte di un certo personaggio che in questa storia mi sono divertita a 'stravolgere' un poco diciamo, di certo qualcun* di voi verrà a chiedermi cosa gli ho fatto fumare, ne sono certa. xD
Ma state tranquilli, tutto questo accadra dal prossimo capitolo (come stuzzicare qualcuno per farlo continuare a leggere xD), in questo le cose sono ancora abbastanza placide quindi godetevelo. ♥
Buona lettura! ♥



Ps: Anche questo capitolo è per la mia Serè, lei sa il motivo ♥



 

“Tu hai detto cosa?!”
Urlò Tsubasa, fermandosi pochi istanti davanti al portiere ma riprendendo quasi immediatamente a camminare per lo spogliatoio senza attendere la risposta.
Non che ne avesse poi tanto bisogno, avendola già ascoltata altre sei volte… però ancora non si capacitava di cosa stesse succedendo, e Genzo non poteva biasimarlo per questo, anzi, doveva ancora ringraziarlo per avergli davvero retto il gioco poco prima in campo, ricambiando il bacio – un semplice sfioramento di labbra, ma pur sempre bacio era - come se fosse una cosa abituale tra loro e salutando i suoi genitori come se niente fosse.
Aveva stretto la mano a Shuzo e ricambiato l’abbraccio di Hanabi, non perdendosi, però, troppo in chiacchiere, siccome doveva avere altro per la testa… tipo perché tre Wakabayashi fossero lì e perché lui l’avesse appena baciato, sospettava Genzo… infine l’aveva preso per un braccio, addicendo a una scusa con i coniugi mentre al mister e ai compagni ci aveva pensato Rivaul dopo un’occhiata supplicante, e l’aveva trascinato fino agli spogliatoi vuoti, esigendo delle spiegazioni.
Il SGGK, per la seconda volta e a distanza di ore dalla prima, si ritrovò a darle queste spiegazioni partendo dal principio, ovvero dall’improvvisata dei suoi con la sorpresa rappresentata da Mizuki, seguendo a dire del perché la ragazza fosse lì, passando poi ai disastrosi allenamenti con a seguito la proposta fatta a Karl, di quelli dove aveva fatto scappare via la ragazza in lacrime, e concludendo con la cena della sera prima… e con la genialata avuta durante questa…
“Ma come… come… cosa…”
Boccheggiò ancora Tsubasa, prima di cadere a sedere su panchina poco lontano dal fidanzato (?).
Era talmente sconvolto da non sentire quasi più neanche le ginocchia.
“Cosa diavolo ti è venuto in mente?!”
Sbottò alla fine, guardandolo esterrefatto.
“Beh… c’era la tua partita in tv e-“
“E quindi?! Allora io dovrei essere fidanzato pure con Kojiro e Shingo, visto che seguo le loro partite?!”
“Hai ragione, hai perfettamente ragione su tutta la linea ma… ero nel panico, tu eri lì sullo schermo e… il tuo nome è uscito fuori naturale”
“Naturale, hai pure il coraggio di dire che tutto questo è venuto naturale?!”
In effetti... chiamarlo naturale forse era stato troppo esagerato…
“Hai ragione anche su questo, davvero non posso darti torto, se io fossi stato in te non avrei dato corda fin dall’inizio, ma tu no, tu sei il gentile, cortese, sempre pronto a dare una mano a tutti Tsubasa, ottimo leader e capitano della nazionale giapponese, calciatore di gran talento, mio migliore ami-“
“Dove vuoi arriva con tutta questa manfrina?”
Fin da quando era bambino Ozora aveva il pregio di fidarsi delle persone e delle parole che gli dicevano, questo a volte diventava anche un difetto, visto che si fidava talmente tanto da risultare un povero ingenuotto… ma neanche uno ingenuo come lui ci sarebbe cascato, quella volta, con tutti quei apprezzamenti sparati totalmente a caso.
Si capiva da lontano un miglio che il portiere volesse rabbonirlo prima di chiedergli qualcosa…
Wakabayashi imprecò in tedesco dentro di sé.
“Reggimi il gioco fino alla fine ti prego”
Chiese alla fine, senza girarci troppo intorno, facendogli sgranare gli occhi e perdere colorito in volto.
“Cosa?!”
“Ti prego, ti prego, ti prego”
“Ma… stai scherzando?!”
“Credimi, se stessi scherzando non farei mai una cosa del genere”
Si alzò dalla panchina e andò ad inginocchiarsi davanti a lui, prendendogli le mani e stringendogliele, facendolo boccheggiare stupefatto ancora.
Genzo Wakabayashi che chiede qualcosa in ginocchio?!
“Capisco che questa sia una richiesta insensata e impegnativa, e so di non aver alcun diritto di fartela perché ho fatto tutto di testa mia, senza prima avvisarti o chiederti il permesso, ma ormai non posso più tornare indietro Tsubasa, te lo sto chiedendo davvero per favore e letteralmente in ginocchio, ne va sia della mia libertà che della mia felicità”
“Io non… non credo sia una buona idea, insomma… per quanto durerà?”
Mormorò il centrocampista, tirandolo su per farlo sedere accanto a sé.
“Solo fino a quando io e i miei resteremo in Spagna, poi ti giuro che non dovrai più fare niente, sarò solo io a continuare la recita quando mi chiameranno per avere notizie”
“E fino a quando andrà avanti questa recita? Mesi? Anni?”
“No, certo che no, se tu o io dovessimo trovare qualcuno veramente, fingerei una rottura e-“
“Più vai avanti a parlare e più mi convinco che sia una pessima idea”
Lo interruppe Tsubasa, gli strinse poi le mani che ancora gli stava tenendo.
“Se fosse una cosa meno complicata, molto più semplice, non esiterei a dirti di sì, ti aiuterei senza fartelo dire una seconda volta perché io voglio che tu sia felice… davvero…”
Bisbigliò quella parola guardandolo dritto negli occhi, e Genzo accennò un sorriso nel leggere dentro quel nero famigliare tutta la sincerità che era un tratto distintivo del suo amico.
“Ma questo… non lo so Wakabyashi, non so neanche bene cosa dirti o risponderti… non posso farlo subito, dammi del tempo per pensarci per favore, devo anche tornare agli allenamenti”
Il portiere annuì, sorridendogli piano e dandogli una nuova stretta alle mani.
In confronto alla sua, quella di dargli tempo, era richiesta molto più piccola e sicuramente più ragionevole.

“Mi dispiace di averti messo in questa situazione”
Bisbigliò Genzo, mentre abbandonavano lo spogliatoio.
Tsubasa avrebbe voluto rispondergli che non era un problema… ma sarebbe stata una bugia grossa quanto un campo di calcio, quindi gli diede una giocosa spallata sorridendo, come a dire di non pensarci.
Wakabayashi accennò ad una leggera risata, e tentò di ricambiare.
Tentò, sì.
Perché, prima che potesse riuscirci, le braccia di un’altra Wakabayashi si strinsero intorno ad Ozora, abbracciandolo per la seconda volta.
“Mamma!”
Urlò il portiere, guardando esasperato Hanabi stringere il centrocampista.
“Cosa? Lo sto salutando come si deve!”
Obiettò la donna, facendo ridere Tsubasa e sospirare Genzo.
Il primo ricambiò volentieri la stretta della signora Wakabayashi, restandogli abbracciato un po’ più di prima ma staccandosi comunque dopo poco, si era già assentato troppo dagli allenamenti e non poteva perdere ancora del tempo, doveva correre di nuovo in campo e questo lo capirono anche i due coniugi.
“E lasciatelo stare!”
Borbottò il SGGK, quando Shuzo batté una mano sulla ad Ozora per dargli un piccolo incoraggiamento prima che tornasse sul campo verde.
Con lui ed i suoi fratelli non erano mai stati tanto fisici, com’è che si comportavano in quel modo all’improvviso? Con qualcuno all’infuori del nucleo famigliare, per di più.
Forse avevano preso quella notizia della relazione con Tsubasa come una manna dal cielo e, avendo paura che potesse rovinare tutto quanto, con quelle attenzioni volevano invogliarlo a restare magari per sempre?
Poteva essere,  dato che per loro quella era la relazione più sana che il figlio avesse mai avuto in vita sua.
… Non che Genzo avesse mai fatto qualcosa per smentire tale pensiero, a conti fatti…
“Adesso, possiamo andare in albergo?”
Chiese il portiere, anche per togliersi dalla testa quei pensieri decisamente poco carini sulla sua stessa persona.

Ovviamente, la risposta fu un grosso no.

I genitori insistettero per restare a guardare gli allenamenti di Tsubasa e così il figlio dovette capitolare forzatamente – ecco da chi aveva ereditato la cosa dell’ottenere quello che voleva quando voleva -, sedendosi con loro sugli spalti in prima fila a guardare l’amico.
Ironia della sorte, adesso si ritrovava negli stessi panni di Mizuki con, in aggiunta, sua madre a chiedergli cosa stesse succedendo esattamente in campo… doveva proprio avere un pessimo karma…
“Cosa sta facendo adesso?”
Domandò curiosa, Hanabi, stringendosi al braccio del marito e guardando interessata.
“Credo che si siano divisi per una partitella”
“Credi?”
“Non sono mica in campo”
“Hai ragione tesoro, scusami… Tsubasa in che ruolo giocherà?”
“Forse il suo solito”
“Forse?”
“Mamma…”
Sospirò Genzo, alzando gli occhi verdi al cielo.
“In che ruolo gioca Tsubasa, di norma?”
Chiese stavolta Shuzo, prendendo il posto della moglie su piccola insistenza di quest’ultima che gli aveva smosso un poco il braccio per richiamarlo, dato che non voleva far arrabbiare troppo il figlio con le sue domande.
Come se fare a cambio fosse davvero la soluzione migliore… ma il più piccolo decise di starsene buono e rispondere, in fondo erano pur sempre i suoi genitori.
“Centrocampista attaccante”
Wakabayashi senior annuì, restando serio e continuando ad osservare i giocatori del Barcellona, dando l’impressione di aver capito cosa facesse Ozora grazie al ruolo appena detto dal terzogenito… quest’ultimo sospettava che fosse tutto il contrario, ma apprezzò lo sforzo del padre con una piccola risata che andò a nascondere con la mano, visto quanto era suscettibile il genitore.
Erano sempre stati così i suoi, di calcio non ci capivano molto però non perdevano mai nessuna delle sue partite in tv.
Genzo non l’avrebbe mai confessato, soprattutto davanti a suo padre, ma questo gli aveva sempre fatto un enorme piacere.

Finalmente, dopo quell’ultima domanda, marito e moglie stettero in silenzio, troppo presi dalla piccola partita che si stava disputando davanti ai loro occhi, e così anche il SGGK poté concentrarsi su di essa.
O meglio, sul centrocampista attaccante di cui aveva parlato fino a pochi secondi prima.
Era dall’ultimo ritiro della nazionale giapponese che non vedeva il suo capitano allenarsi, quindi da un bel po’ di tempo, e doveva ammettere, anche se l’aveva già notato nella partita in televisione, che Tsubasa era migliorato ancora, i suoi movimenti erano più puliti, i suoi scatti più veloci… non che fosse una novità comunque, se ne usciva sempre con qualcosa di nuovo ad ogni loro incontro con cui, a seconda dei casi e degli allenamenti o partite, farlo sbalordire o farlo dannare.
La maggior parte delle volte era soprattutto l’ultima, dato che il capitano si divertiva particolarmente a tentare di fargli goal, ma Genzo ormai era abituato alle sue sorprese… e a pararle.
Una novità era stare lì a guardarlo senza essere con lui in campo o senza essere divisi da uno schermo, non era spiacevole però… era quasi bello, rilassante… senza rendersene conto, il portiere indossò un sorriso enorme sul volto e si perse totalmente ad osservare l’amico… almeno fino a quando sua madre non gli fece presente che lo stesse guardando con occhi a forma di cuoricino, dopo quel momento iniziò a trovare interessante contare i fili d’erba del campo.
E non era mica arrossito eh, proprio no, era solo una leggera insolazione, era normale con il sole che batteva più forte in Spagna, no?

 
“Smettila di tentare di allargare il colletto, così finirai per rovinarla”
Riprese bonariamente, Genzo, l’amico che gli camminava di fianco.
“Non posso farci niente, mi sembra di soffocare!”
Protestò Tsubasa, lottando ancora con il colletto citato.
“Andiamo, non è mica la prima volta che indossi una camicia”
“Sì, ma mio padre le ha sempre allargate prima!”
“Mi stai dicendo che tutte le camice che ti ho visto indossare alle convocazioni e davanti ai giornalisti erano di tuo padre?!”
Ozora annuì tranquillo, non trovandoci nulla di male.
“Ho paura a chiederti cosa indossi agli incontri con la società del Barcellona”
“Dipende dal tempo, ma di solito la felpa della tuta, perché?”
Wakabayashi scoppiò definitivamente a ridere, abbracciando l’amico confuso per le spalle per potersi reggere a lui mentre si sbellicava.
Si stavano dirigendo al ristorante comunicato da Shuzo e Hanabi per la cena a cui i due li avevano praticamente costretti a giurare di partecipare, non erano valsi a nulla i tentativi del portiere di dire che Tsubasa fosse stanco e che dovesse riposarsi per il giorno dopo, no, ancora una volta i coniugi avevano fatto di testa loro e di conseguenza loro due erano andati a comprare una camicia abbastanza elegante per Ozora, dato che quest’ultimo affermava di non averne neanche una in tutto l’appartamento in cui viveva.
E adesso Genzo capiva anche il perché.
“Oh Tsubasa, se non ci fossi dovrebbero inventarti!”
Rise il portiere, scompigliandogli i capelli neri come la pece.
“Non so se prenderlo come un complimento o come un insulto”
Borbottò il centrocampista, arrossendo un poco per l’imbarazzo.
Era davvero così strano mal sopportare di indossare un indumento come la camicia? Era così costrittiva! Lui si trovava decisamente meglio con le tute.
“Tranquillo, ovviamente è il primo, non so davvero cosa farei senza di te, specialmente adesso”
Mormorò Genzo, cambiando umore all’istante, continuando ad accarezzargli i fili color pece.
“Mi hai chiesto del tempo per rifletterci, eppure vieni lo stesso alla cena con i miei anche se non sei costretto, sei un vero amico”
“Beh, ho giurato con tua madre, non posso fare altrimenti”
Scherzò all’inizio, Ozora, regalandogli poi il migliore dei suoi sorrisi.
“Prendermi del tempo non significa doverti lasciare per forza nei guai”
“Confermo capitano, se non ci fossi dovrebbero inventarti”
Si sorrisero a vicenda e Wakabayashi continuò a camminare tenendo l’altro abbracciato per le spalle, fino a quando non raggiunsero il ristorante dove marito e moglie li avevano preceduti.
“Che bella camicia Tsubasa”
Commentò Hanabi sorridendo sibillina, non appena si furono seduti.
Era impossibile, almeno per lei, non notare che quella camicia blu notte fosse completamente nello stile di suo figlio.
“Ah… grazie”
Mormorò il centrocampista arrossendo, effettivamente si era affidato al portiere per la scelta, visto che se ne intendeva molto più di lui su quei capi di vestiario.
“Ti prego mamma, non iniziare”
Le disse il figlio, sapendo bene che la camicia sarebbe stata solo l’inizio.
“Non usare quel tono con tua madre, Genzo, te l’ho già detto un sacco di volte! I tuoi fratelli non l’hanno mai usato!”
“Già, Shuichi ed Eiji non hanno mai dato i problemi che ti ho dato io, eh papà?”
“Vi prego di non incominciare, non siamo da soli!”
Li riprese la signora Wakabayashi, facendo sbuffare entrambi.
“Perdonali Tsubasa, quando iniziano a punzecchiarsi non finiscono più, ma da adesso staranno buoni per tutta la cena, vero?”

Se quella era una minaccia, né Shuzo, né Genzo la presero come tale.

Durante la cena, tra le varie domande che Hanabi faceva ai due sulla loro relazione, a cui cercavano di scappare come potevano visto che non erano ancora effettivamente d’accordo, c’era sempre una certa domanda di Shuzo che faceva scattare Genzo all’istante, e la risposta di quest’ultimo faceva scattare il padre di rimando.
Il figlio sapeva che non lo faceva di proposito a provocarlo, semplicemente lui aveva deciso di uscire fuori dai canoni della vita che Shuzo aveva immaginato per lui, non aveva seguito l’esempio dei suoi fratelli maggiori, e questo aveva lasciato al padre dell’amato in bocca pur essendo comunque fiero di lui e di dov’era arrivato, da lì partivano le frecciatine a cui non riusciva a non rispondere.
E Shuzo ribatteva per lo stesso motivo perché tale padre, tale figlio no?
All’ennesimo confronto con il primogenito e il secondogenito dove la signora Wakabayashi era davvero a poco dal prendere a schiaffi entrambi, però, non fu Genzo a rispondere.
Fu Tsubasa.
“Io credo che suo figlio sia fantastico così come sia, non ha bisogno di essere paragonato ad altri, va bene com’è”
Sorrise poi, prendendo la mano del portiere sopra al tavolo ed intrecciandola con la sua.
Davanti a quella manifestazione di dolcezza, ma soprattutto davanti a quella risposta, persino Shuzo non riuscì a controbattere, restò in silenzio e così rimase per la maggior parte della cena, intervenendo solo a favore della moglie ogni tanto e facendo domande che seguivano le sue.
Genzo sorrise soddisfatto, giocherellando con quella mano nella sua.
Sì, se il suo capitano non ci fosse stato, allora avrebbero dovuto inventarlo.

Finita la cena, il più piccolo dei Wakabayashi aveva pensato di essere ormai libero… conoscendo i suoi, avrebbe dovuto immaginare che si sbagliava su tutti i fronti.
“Dove stai andando?”
Chiese, infatti, suo padre non appena uscirono fuori dal ristorante.
“In albergo, perché?”
“Come perché? Non vai a dormire da Tsubasa?”
Tale domanda fece sgranare gli occhi ai due calciatori.
Come spiegarla, adesso, che aveva preso la direzione dell’albergo perché non era per niente abituato ad andare a dormire nell’appartamento dell’amico, visto che non stavano insieme come loro credevano?
Per fortuna, furono salvati a sorpresa da Hanabi.
“Caro! Non sono mica domande da fare queste, guarda come li hai messi in imbarazzo!”
“Beh ma pensavo… insomma non si vedono da tanto e…”
“Ha perfettamente ragione signor Wakabayashi, ma la ha anche la signora, Wa-Genzo non voleva mettermi in imbarazzo davanti a voi”
Diede man forte il centrocampista, aggrappandosi a quel salvataggio inatteso e correggendosi in tempo anche sul nome, non era mica facile con tutti quegli anni passati a chiamare il portiere per cognome!
“Infatti papà, sei stato parecchio indelicato nei suoi confronti”
Il figlio non perse l’occasione per vendicarsi di quella domanda, e godette nel vedere il padre arrossire per la vergogna.
“Approfittatene, però, adesso potete andare senza più preoccuparvi dell’imbarazzo”
Sorrise loro, Hanabi.
… Il SGGK avrebbe dovuto sapere di non dover giocare con il suo karma...

 
Dovevano essere le due, o forse anche le tre di notte, quando Tsubasa riaprì gli occhi ossidiana dal sogno che stava facendo, non lo sapeva con esattezza e non gli importava poi molto scoprirlo, non quando questo sarebbe significato doversi girare verso il comodino e dare le spalle al volto dormiente e rilassato di Genzo.
Ci avevano pensato per bene, non appena erano arrivati al suo appartamento, se farlo dormire nella stanza degli ospiti o in camera con lui, nel suo letto matrimoniale.
Temendo un’improvvisata da parte dei genitori, alla fine avevano optato per la seconda opzione, e al commento di Wakabayashi sul fatto che si aspettasse che dormisse con almeno due palloni nel letto, Ozora aveva risposto con una ciabatta in faccia.
Quella non era riuscito a pararla, ridacchiò silenziosamente il centrocampista, allungando un dito verso l’amico per passarlo delicatamente sul contorno del segno ancora visibile in volto.
Poi il sorriso si spense, lo sguardo diventò serio e il dito si fermò sulla guancia, che accarezzò con attenzione, perdendosi in quel gesto.
Restò così per un po’, e alla fine gli diede le spalle.



 

*
Io e Serena siamo fermamente convinte che nell'armadio Tsubasa tenga solamente tute e palloni.
Provate a farci cambiare idea! U.u


   
 
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