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Autore: jinkoria    16/12/2020    2 recensioni
[ BakuDeku; multicharacter, multipairing | Prompt dell’iniziativa #25DaysofBakuDekuChristmas ]
Di come in venticinque giorni Midoriya Izuku si faccia innanzitutto eroe del proprio Natale e di quanto Bakugou Katsuki sia, non poi così sorprendentemente, fondamentale in tutto ciò.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mina Ashido, Shouto Todoroki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Bonsoir!
Il prompt originale era Bundle Up, Bitch ma l'ho modificato perché non mi piaceva il termine e penso questo (inserito sotto) gli si addica di più :') Mi è venuto un po' troppo breve oggi mi sa, però mi stavo perdendo troppo sul senso tecnico dell'impacchettamento in sé per sé e mi stavo annoiando da sola, quindi l'ho accorciato (non ne ha risentito l'andazzo in sé, al massimo il contaparole). È che quest'anno ho riscoperto un insano piacere nel fare pacchetti regalo, quindi stava diventando un'adorazione dedicata all'attività specifica... questo non so se sia da considerarsi un capitolo di passaggio, guardando il prompt di domani mi viene da dire che è considerabile tale ma non necessariamente, mi ero un attimo distratta su altri lidi e ritornare ai due scemi mi ha destabilizzata chiamasi incapacità cronica.
Spero non ci siano erroracci che noterò sicuramente sempre troppo tardi (o che la mia dolce metà mi farà presente con grande pazienza quando approderà in questi lidi çç
❤️️) e grazie di cuore, come sempre, per la lettura e il supporto 
🧡💚


 

 

-16: Bundle Up, Nerd.
 

Midoriya non sapeva cosa gli fosse preso, posseduto da chissà quale spirito del Natale, probabilmente passato, presente e futuro insieme, forse era stata colpa della botta di disperazione che lo aveva investito nel ritrovarsi pieno di regali da incartare e tuttavia dotato di una spiccata incompetenza nell’ambito e dunque bloccato sul da farsi. O forse, in una visione più ottimistica, si era semplicemente detto che poteva essere un’occasione come un’altra da sfruttare, unire l’utile dell’impacchettamento al dilettevole del condividere un momento insieme; meglio ancora, magari aveva capito che peggio di così non poteva andare, del resto subito dopo chiedere aiuto a Bakugou nell’oneroso atto veniva l’essersene innamorato ed era un danno già commesso, mica una richiesta lo avrebbe ucciso.
Certo, gli ci erano volute più di ventiquattro ore contaminate da pensieri invasivi e ragionamenti contorti sul perché, come e quando fosse stato travolto a tal punto da quella disastrosa valanga emotiva, però alla fine era giunto a una diplomatica presa di consapevolezza e conseguente rassegnazione. Di conseguenza gli era sembrata un’ottima idea, quella di invocarlo in soccorso con un vergognosissimo messaggino ridotto all’essenziale, come piacevano a quel disgraziato deambulante, maledicendosi per non aver resistito alla tentazione di inviare anche l’emoji di due indici che premono l’uno contro l’altro.

Proprio come Endeavor e Hawks, gli suggerì la spia maligna nella sua testa, quella più meschina, destinata ad attivarsi negli attimi di elevato disagio esistenziale e precario equilibrio della schifiltosa fase della pubertà.

Non che si aspettasse qualcosa, in realtà, da quel messaggio: era convinto Katsuki si sarebbe limitato a leggerlo, al massimo mandargli a sua volta un’immagine ben più esplicativa di qualsiasi combinazione di caratteri messi insieme al meglio del suo animo scurrile. Ecco perché non riuscì a smettere di fissare con tanto d’occhi, incapace persino di sbattere le palpebre anche solo per un istante, lo schermo del proprio smartphone illuminato da un messaggio di Kacchan.

Diretto, conciso, un semplice: “Ok, quando?”.

Izuku rimase incollato alla replica per una buona manciata di secondi, se non proprio minuti interi nei quali cercava di capire se per caso non avesse dimenticato di colpo come si leggesse, se per caso non avesse interpretato un carattere al posto di un altro, perché era stato così facile e aveva la sensazione che, a dirla tutta, fosse una sorta di umore costante delle ultime settimane. Avere a che fare con Katsuki, s’intende; sembrava più facile. Lo era? Si stava raccontando una frottola mentale per convincersi di quanto ogni cosa andasse bene e tale fosse destinata a rimanere?

Azzittì qualsiasi inutile paranoia aggiuntiva quando un secondo messaggio di Bakugou, stavolta più irritato, attivò il suono di notifica di LINE.

“Entro oggi, nerd.”

Il piccolo broccolo gestore delle funzioni cognitive di Izuku esplose, bollito dal sovraccarico.

Entro oggi? Che significa entro oggi? Vuole venire adesso? Più tardi? O in questo momento? Devo sbrigarmi a rispondere o vuole dirmi che non può se non oggi? Se non oggi quando? Devo chiedergli un altro giorno o a che ora gli viene più comodo? E se oggi non può e ha chiesto quando dando per scontato capissi della sua impossibilità? Come può pensare riesca a intuire una cosa simile? Che ne so quando ha da fare? Perché dovrei saperlo? Dovrei chiedergli se ha da fare? Adesso glielo chiedo ma poi faccio finta di non aver chiesto nulla? Però ho già visualizzato e si sta spazientendo per ques-

“Anche ora?”.

Midoriya trovò ironica e crudele l’incapacità di potersi rompere le dita proprio lì, sul posto, considerando la facilità con la quale era stato in grado di fracassarsele fino a qualche mese addietro; stavolta riuscì infatti a muoverle eccome, complice quell’inopportuno e a tratti stucchevole formicolio interno che aveva deciso di prendere il controllo delle proprie falangi. Quindi rispose, odiosamente onesto e suo malgrado agitato dall’anticipazione, di sì.


 

Era quasi paradossale sentirsi emozionato al pensiero di rivederlo a distanza di pochi giorni, l’ennesima volta nel breve raggio di una settimana, quando a conti fatti gli si sedeva di fronte pressoché per la maggior parte dell’anno, proprio nel banco davanti al suo. Eppure non poté controllare il battito fin troppo traditore col quale accolse l’ospite in casa, Katsuki stesso sembrava ormai abituato e a suo agio nonostante fosse disabituato all’ambiente per il distacco passato.

Vederlo così tranquillo – per quanto riuscisse a esserlo, chiaramente – aggirarsi nel proprio salotto e prendere posto, il solito ormai, sulla medesima sedia delle volte precedenti, e guardarlo senza alcun sentimento rancoroso o di scomodità per la situazione… convinse Izuku di potersi permettere e credere che sì, fosse più facile.

«Quindi?» fece l’altro dopo un po’, il tono alto e giusto un po’ impaziente mentre picchiettava il dito contro il tavolo «Dove sono questi regali che devi impacchettare, nerd imbranato?».

Ah, quanto lo odiò, Midoriya, il modo in cui persino quel soprannome – da che pulpito, poi – andasse a colpirlo sempre lì, al centro dello stomaco che non voleva saperne di zittirsi.


 

«No, no e no» borbottò Bakugou con disperazione, quasi gli strappò la carta di mano «Se tiri in questo modo la stropicci e se metti il nastro biadesivo in questo punto rischi che si strappi appena proverai a chiuderla dall’altra parte!»,

Izuku incassò la testa tra le spalle, le punte delle orecchie rosse mentre recuperava le forbici per salvare la porzione rovinata «Se tu non avessi tirato proprio quando avevo iniziato ad applicarlo-».

Il compagno berciò qualcos’altro al suo indirizzo, dopodiché pose una delle confezioni, ancora spacchettata, al centro di un largo foglio di carta regalo; Midoriya lo guardò senza nulla dire, le labbra sporte in un broncio sentito e più che intenzionato a farglielo notare. Non che gliene importasse, neanche quando gli passò le forbici come il palmo di Katsuki, aperto sotto al proprio naso, pareva richiedere.

«Adesso» riprese quest’ultimo, sempre troppo forte ma ingentilito abbastanza da risultare quasi gradevole, quando spiegò «Guarda cosa sto facendo e poi fallo tu, con uno dei pacchi più piccoli magari, almeno il danno sarà minore».

Il padrone di casa lo guardò, tra il diffidente e il cedevole, quindi annuì e si posizionò meglio al suo fianco per seguire ogni passaggio alla lettera; notò, con non poco divertimento, che anche Bakugou stesso sbagliasse di tanto in tanto, imprecando contro le dimensioni della carta e contro questa o quella misura che andava seguita per non combinare guai, senza però sembrare impacciato o scoordinato come Midoriya pochi minuti addietro, pareva semmai piuttosto portato.

«Ti piace impacchettare?».

Pensò che mordersi la lingua sarebbe stata la scelta più saggia, stupito da se stesso e dall’assurda domanda, tuttavia lo sorprese ancor di più la replica effettiva di Katsuki qualche secondo dopo.

«Me l’ha insegnato la megera» snocciolò brevemente, che non era né un sì né un no, Izuku si ritrovò però a sorriderne comunque, superato l’attimo di sbigottimento, perché gli parve quasi stesse ammettendo di gradirlo, sebbene tra le righe, in quanto collegato a qualcosa condiviso con Mitsuki. E si scaldò, quello stesso sorriso, al pensiero di come avesse ceduto in fretta nel renderlo partecipe di quello spaccato quotidiano a lui estraneo e sconosciuto, non aveva però negato o allontanato la curiosità e anzi gli era andato incontro, non per cortesia ma quasi volesse rispondere.

Midoriya agitò la testa, certo fosse tutta una sua convinzione distorta dal sentimento ingombrante che aveva finito inevitabilmente per porre tra loro.

Infine passò Katsuki ripeté il gesto dell’offrire la mano, indicando con un cenno del capo il fiocco decorativo accanto all’altro, così Izuku si voltò in fretta e fece per allontanarsi subito dopo averlo posato sul palmo di Bakugou, salvo sentirsi appena trattenere dalle sue dita, strette probabilmente con errato anticipo su quanto ricevuto prima di riaprirsi e liberarlo; le falangi parvero bruciare laddove la presa era stata più marcata, Midoriya le ritirò letteralmente scottato dal contatto e le nascose dietro la schiena, le guance sempre più roventi e il petto scosso da un battito forte al limite del frastornante. Temette persino di poter venir sentito dal compagno, il quale comunque non mostrò alcun segno che indicasse disagio o fastidio. Piuttosto chiuse definitivamente il pacchetto, lo guardò da più angolazioni per accertarsi non vi fossero imperfezioni o spiegazzamenti di sorta e lo passò a Izuku.

«Questo è andato. Hai capito?».

No, Kacchan, non ci capisco proprio niente.

Annuì lo stesso, andando contro a un pensiero che esternato sarebbe stato perlopiù inutile. Forse il ragazzo avrebbe ripetuto la spiegazione, in ogni caso parve credergli sulla parola, perché prese un altro regalo da incartare e lo pose sul tavolo con un tonfo secco – delicato abbastanza da non distruggere l’eventuale fragile contenuto -, fissandolo poi con uno sguardo che Midoriya, ancora in piena corsa cardiaca, registrò come terrificante.

«Perciò adesso» disse infatti Bakugou, il ghigno affilato e i denti in bella mostra in un’espressione arcigna e goduta «Tocca a te, Deku».

Izuku spostò l’attenzione sulla carta regalo sparsa sul ripiano, i nastri ritagliati e le coccarde di ogni colore che giacevano abbandonate un po’ ovunque.

Pensò, delirante e disperato mentre afferrava della carta lucida blu, dispiegandola al di sotto dell’oggetto a essa destinato e osservandone le dimensioni con interesse, che tutto quello che avrebbe voluto impacchettare in quel momento – e spedirsi altrove, magari – era se stesso.

 

 

 
   
 
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