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Autore: LadyHeather83    17/12/2020    2 recensioni
Marinette si trova in coma, dopo una brutta caduta durante l'allestimento della recita di fine anno.
Durante il suo risveglio, avrà una brutta sorpresa: non riesce a trovare Tikki, le foto di Adrien appese in camera sua, non ci sono, ed in più la madre le dà una notizia sconvolgente, dovrà servire al catering di fidanzamento di Adrien Agreste e Kagami Tsurugi.
Riuscirà a portare tutto alla normalità?
Genere: Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Kagami Tsurugi, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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REALTA’ PARALLELA

*

Capitolo 7 – Papillon

**

Adrien percorse quel corridoio semibuio, accanto a suo padre, seguendo lo specialista, che li stava conducendo alla stanza dedicata ad Emilie, si era svegliata e aveva chiesto di loro.

Nessuno dei due, era in grado di proferire parola, nemmeno quando il medico si congedò da loro, erano riusciti a ringraziare o a dire altro, si erano limitati ad annuire con il capo e a sorridere forzatamente.

“Su, entriamo” Ordinò lo stilista al figlio, vedendolo esitare mentre osservava con aria malinconica il corpo della madre attaccato ad un fascio di fili, che fuoriuscivano dai macchinari accanto al suo letto.

Non dove essere facile per un ragazzo di sedici anni, accettare la malattia della propria madre, e vederla spegnersi giorno dopo giorno, ormai da qualche anno.

Non era facile nemmeno per lui, un uomo adulto, accettare di lasciarla andare.

Ma uno spiraglio c’era, si ricordò di quel viaggio in Tibet, di quelle due spille e di quel libro antico, trovato sotto la neve, nel promontorio dove si erano recati da quel misterioso guaritore.

Adrien varcò la porta, dopo aver indossato il camice sterile, sotto la supervisione dell’infermiera, seguì poi suo Gabriel.

Emilie, appena avvertì la presenza della sua famiglia, aprì gli occhi stanchi, e si levò la maschera dell’ossigeno.

“Siete qui”. Disse annaspando.

“Tienila, mamma” Adrien l’aiutò a mettere quel salvavita, che lei rifiutò, doveva parlargli.

“Siate forti, mi raccomando” Tossì convulsivamente.

“Mamma non sforzarti”.

“Emili devi riposare”.

Ma di ascoltarli, non se ne parlava, erano mesi che faceva quello che gli altri volevano, rimanere chiusa in casa, lontano da tutti per la troppa paura di contrarre virus, innocui per gli altri, ma che per lei si potevano rivelare letali, per questo girava per casa o al di fuori con la mascherina.

“Gabriel, dovrai prenderti cura di nostro figlio, so che ce la farai” Poi si rivolve ad Adrien “tu, figlio mio, non fare scelte di cui potresti pentirtene, scava affondo al tuo cuore e prendi la decisione giusta”. Il biondo capì subito che il suo riferimento era dovuto a Kagami.

Qualche settimana prima, avevano discusso tutto il pomeriggio sulla sua relazione con la ragazza, un dibattito nato quasi per caso, da quella domanda innocente “come va con Kagami? .

E subito Adrien si era rabbuiato, spiegando alla madre, che le cose si, stavano andando bene, ma che stava avendo dei ripensamenti, a volte la ragazza era troppo rigida per certi aspetti, e gli sembrava che si chiudesse in se stessa, piuttosto di esternare i suoi sentimenti, oppure confidandosi con lui se c’era qualche problema, come se non avesse abbastanza fiducia in lui.

Un altro colpo di tosse, questa volta più forte, ad Emilie, sembrava gli si lacerasse il petto.

Tossì del sangue, che inaspettatamente andò ad imbrattare il camice di Adrien, che in quel momento le stava sorreggendo la mano, divenne fredda, e il tracciato del monitor, segnava solo una lunga riga rossa, accompagnato da un bip lungo.

*

Marinette ed Alya, si accomodarono in classe, dopo che la campanella aveva scandito i tre rintocchi, che annunciavano l’inizio delle lezioni.

Erano sedute sulla prima fila, e al posto di essere banconi da due posti, lo erano da tre.

La mora ipotizzò subito, che la sedia vuota appartenesse a Chloè.

Fece una faccia di disgusto, pensando che lei, Alya e quella biondina, fossero un trio di amiche perfette.

Chloè entrò in classe, era decisamente in ritardo, ma fortunatamente riuscì a sedersi, prima che l’insegnante varcasse la porta d’ingresso e si mettesse dietro la scrivania di mogano.

“Ehi che hai?” Le chiese Alya, notando la sua faccia triste.

“Stanotte…è venuta a mancare la mamma di Adrien” Disse d’un fiato scoppiando a piangere.

La conosceva bene Emilie, si poteva dire che fosse una seconda mamma per lei.

Passava molto tempo a Villa Agreste fin da quando ne aveva memoria, le loro madri erano migliori amiche e si incontravano spesso, facendo così passare del tempo insieme ai loro figli, che erano diventati come fratelli.

La professoressa Bustier, si era avvicinata a lei, chiedendole il motivo del suo sfogo, lei le comunicò della sua perdita.

“Se hai bisogno di rimanere un po' fuori dall’aula, fai pure, Chloè. Prenditi il tempo necessario”.

“No, grazie. Adesso mi passa” Singhiozzò soffiandosi poi il naso in un fazzoletto di carta.

A Marinette mancò un battito, le sembrava anche lei di aver perso una persona cara, amata.

Non le era mai capitata di vederla di persona, solo in alcune foto che le aveva mostrato Adrien, e un frame di un film che erano andati insieme a vedere, prima di essere chiamati a proteggere Parigi.

Aveva avuto l’occasione di parlare con lei, durante i festeggiamenti, in onore del figlio e della futura nuora, e quei pochi minuti, le erano bastati per farle capire, quanto era straordinaria, proprio come le aveva descritto il suo amico.

Scese anche a lei una lacrima, che venne catturata dalle sue labbra.

Alzò la mano, e chiese all’insegnate se poteva uscire dall’aula, un permesso che le venne accordato.

*

“Che ti è preso poco fa?” Le aveva domandato Alya durante l’intervallo.

“Scusami, è che…sapere che Adrien ha perso la mamma, mi ha messo tristezza”.

“E’ comprensibile, ma nemmeno lo conosci”.

“Certo che lo conosco, è uno dei miei migliori amici”. Disse senza ricordare dove si trovasse, che da qualche giorno era bloccata in quella dimensione, se vogliamo definirla così.

Alya strabuzzò gli occhi “Ma cosa stai farneticando?”.

Marinette raccontò tutto alla sua migliore amica, tralasciando il fatto che lei era Lady Bug, anche se glielo avesse rivelato, probabilmente non avrebbe capito di cosa stesse parlando, in quanto in quella realtà, la super eroina che combatte le akuma, accanto a Chat Noir, non esiste, al momento.

Alya in un primo momento pensò, che la sua amica con i codini, fosse pazza, non poteva certamente credere, che provenisse da un altro mondo, uguale identico al suo, ma con alcune varianti, e che per ritornare nel suo presente, aveva bisogno di ripristinare l’ordine naturali delle cose.

Che cosa significasse, per la ragazza dalla pelle olivastra, rimase un mistero, lei conosceva solo quello che stava vivendo, non poteva immaginare che, da dove provenisse quella Marinette, lei era follemente innamorata di Nino, e che erano pure fidanzati.

Lui, quel ragazzo imbranato e bullizzato da mezza scuola.

Quel dettaglio, lo aveva omesso, le aveva solo raccontato che si era innamorata di un ragazzo e che stavano insieme da molto tempo.

Forse il primo passo era quello, farli innamorare, e perché il suo piano riuscisse, doveva ricreare la stessa situazione della volta prima.

Ma ora non aveva tempo per questo, Chloè, aveva informato le amiche (ancora non ci credeva di essere una delle sue migliori amiche, e che si comportasse in modo gentile e garbato con tutti), che l’indomani si sarebbero tenuti i funerali della mamma di Adrien, e lei era intenzionata a parteciparvi.

*

Adrien rimase seduto a fissare il feretro della madre, per tutta la durata della cerimonia, non si era scomposto di un millimetro e mai alzato dalla sua panca, per onorare i soliti riti.

Kagami, seduto accanto a lui e a suo padre, gli teneva la mano, con la sua aria impostata e seria, nemmeno lei, stava versando lacrime, per la suocera prematuramente scomparsa.

Lo sguardo di Gabriel, era nascosto da degli occhiali da sole neri, che ogni tanto spostava, per passarsi sugli occhi un fazzoletto candido.

Ci stava pensando Marinette, a piangere per tutti e tre.

Alya, seduta accanto a lei nell’ultima fila della cattedrale, le posò gentilmente la sua mano, sopra la sua, non era andata al funerale per scriverci un articolo, come stava facendo un ristretto numero di persone, presenti più per curiosità che per compassione verso una famiglia, che aveva appena perso un suo caro.

“Non fare così, Marinette”.

La mora tirò su col naso, poi soffiò via il muco accumulato “E’ più forte di me…”.

“Nemmeno la conoscevi”.

“Ma conosco Adrien, e sono triste per lui, vorrei fare di più”. Sussurrò.

“C’è la sua ragazza lì con lui, ci penserà lei”.

“Si, la regina di ghiaccio” Il suo sguardo si posò su di lei, ancora impassibile, mentre Adrien, sembrava sul punto di scoppiare e mandare tutti al diavolo.

“Vieni anche tu a Villa Agreste dopo il funerale?”

“Si, mamma e papà stanno allestendo il buffet”.

Il vescovo pronunciò una preghiera, che anche i presenti pronunciarono all’unisono, mentre l’organo suonava quella melodia, che echeggiò per tutta la cattedrale.

Prese infine dell’acqua santificata e dell’incenso, che sparse nei quattro lati del feretro, consacrando il corpo, augurando alla sua anima un buon viaggio nell’aldilà.

Dopo la benedizione ai fedeli, la bara, poté proseguire il suo cammino verso il cimitero vicino, seguita per prima cosa dai famigliari.

*

Dopo il funerale, seguì il ringraziamento agli amici e parenti, che hanno potuto presenziare al rito, a Villa Agreste, dove era stato allestito nel salone principale, un generoso buffet.

Marinette si guardò attorno, indossava un vestito nero con una gonna lunga fin sopra il ginocchio, un piccolo grembiulino bianco ed aveva acconciato i capelli in uno chignon alto.

“Non vedo Adrien” Disse rivolgendosi a sua madre.

Sabine iniziò a fare un po' d’ordine sopra il tavolo, alcuni degli invitati avevano lasciato alcuni piatti sporchi e bicchieri.

“Se ne sarà andato via, del resto ha appena seppellito sua madre, è normale che se ne voglia stare un po' da solo”.

“Vado a cercarlo” Disse togliendosi il grembiule per lasciarlo in mano alla madre.

“Aspetta…dove stai andando?” Ma a quella domanda, non arrivò nessuna risposta, la vide sparire due persone più lontane.

Marinette non era mai stata a Villa Agreste, o meglio, non aveva mai vagato per quei corridoi, quindi non sapeva di preciso dove potesse essere la camera di Adrien.

Aveva ipotizzato fosse lì.

Da una porta, vide uscire Kagami e si nascose dietro una colonna, sperando non l’avesse vista.

La passò accanto, senza accorgersi della sua presenza, con la solita aria accigliata e priva di sentimento, cosa ci trovasse in lei, Adrien, era un mistero.

Aspettò qualche secondo che il battito del suo cuore, si regolarizzasse, poi prese coraggio ed avanzò lungo il pavimento a scacchi.

Bussò alla porta da cui era uscita la giapponese ed aspettò risposta “Non voglio vedere nessuno”.

“Adrien” Lo chiamò, ma non entrò, dopo qualche secondo la porta si aprì.

Marinette, giusto?”

La ragazza increspò le labbra e annuì con il capo timidamente.

“Vieni” Le fece segno con il capo di entrare, lei si guardò attorno estasiata, camera sua non era cambiata così tanto, tranne per un paio di foto che lo ritraeva con Kagami e qualche trofeo in più di scherma.

“Volevi dirmi qualcosa?” Quella domanda la colse un po' impreparata.

Lo guardò negli occhi, aveva un aspetto semplicemente stravolto, le borse sotto gli occhi, le fecero capire che non aveva mai dormito la notte, aveva gettato la cravatta e giacca nera sulla poltrona della scrivania e slacciato i primi due bottoni della camicia, i capelli erano arruffati, gli occhi rossi.

La cosa più banale che le passava nella testa, era quello di dirgli che le dispiaceva per sua madre, ma chissà in quanti glielo avevano già detto.

Ma lui non era banale, era speciale, e per un amico speciale, ci vuole un gesto semplice, ma speciale.

Lo abbracciò senza dire nulla, stringendolo forte a se.

Adrien ricambiò, e uno strano tepore lo avvolse, come non lo faceva da tempo.

Venne investito da un profumo di vaniglia e cocco, quando lei appoggiò la sua testa sull’incavo del suo collo.

Sapeva di casa e di una sensazione mai provata prima.

*

Dopo aver congedato tutti i presenti, Gabriel entrò nel suo studio, chiuse la porta dietro di sé e sospirò.

Aprì l’imponente quadro attaccato alla parete alla sinistra della porta, digitò la combinazione della cassaforte celata dietro, e prese una spilla a forma di farfalla.

L’attaccò alla camicia, facendo comparire un piccolo esserino viola al suo cospetto.

“Buongiorno padrone. Ho saputo della sua perdita, mi dispiace molto”.

Nooro, non abbiamo tempo per queste cose, abbiamo una missione ora, riportare indietro Emilie”.

“E come intende fare, padrone?”.

Nooro, che le ali della notte si innalzino”.

*

continua

  
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