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Autore: Dromeosauro394    18/12/2020    2 recensioni
Tracsorso un anno da quando il cucciolo d'uomo Mowgli ha messo in fuga la tigre Shere Khan e poi ha seguito sognante una rgazzina nel villaggio degli uomini. La storia sembrava conclusa. Ma purtroppo il piccolo Mowgli fa fatica ad ambientarsi nel villaggio dove Messua e Kamya che lo hanno preso come figlio lo chiamano Nathoo. Solo Shanti, la bambina che lo aveva condotto gli è amica.
Anche gli amici di Mowgli rimasti nella giungla hanno dei problemi. Baloo non riesce a diemnticare il suo cucciolo. E sebbene Shere Khan non si veda da un anno, giungono rumori su una tigre rimasta zoppa per una bruciatura che si aggira per la giungla.
Un seguito al classico Disney che combina anche elementi dei libri di Kipling.
"Perché era dovuto finire in quel villaggio? Sarebbe potuto restare nella giungla ora che Shere Khan era scappato. Nessuno poteva capirlo. Neanche Shanti per quanto ci provasse poteva capire la vita che aveva nella giungla. Sospirò e alzò lo sguardo verso la finestra. Quanto avrebbe voluto poter stringere il pelo caldo di Baloo in quel momento. Chissà cosa stava facendo il suo papà orso in quel momento?"
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mowgli capitolo 3 luigi

Il sole stava per sorgere sulle rovine del tempio. Un rumore di pietre spostate e grugniti di scimmia risuonava tra i resti degli edifici. “Forza. Forza, non fermatevi”, strillava re Luigi. Una scimmia con una criniera bianca lo seguiva reggendo una foglia di palma a mo’ di ventaglio. Davanti alle due figure si stagliava una torre traballante. Una fila di scimmie si stendeva ai piedi del cumulo di detriti. Ogni scimmia trasportava un blocco di dimensioni diverse e lo aggiungeva alla pila torreggiante. In alcuni punti la struttura era talmente inclinata che altre scimmie erano state messe come paletti o colonne e reggevano i mattoni con le facce arrossate. “Ancora, ancora. Non battete la fiacca, luridi scansafatiche. Voglio che per quando il sole sia sorto risplenda sul mio nuovo palazzo”.

“Sarà uno spettacolo magnifico immagino”, risuonò una voce in lontananza. L’orango girò la testa e vide una sagoma tra le ombre del tempio. Delle zampe artigliate e un manto striato entrarono in penombra, rivelando Shere Khan. La scimmia che reggeva la foglia di palma strillò, mollò la foglia e corse via. Le altre scimmie che stavano ricostruendo la torre strillarono a loro volta. “Tigre, tigre!”, esclamò una scimmia indicandola. In un parapiglia generale tutte le scimmie mollarono le pietre e fuggirono via. Quelle che reggevano in piedi le fondamenta scapparono a loro volta e in questo modo la torre si inclinò ancora di più fino a cedere e a crollare in frantumi. “Nooo”, gemette re Luigi, mentre con un rombo si distruggevano tutti gli sforzi delle ultime settimane. “No, no, brutti idioti. Che cosa avete fatto?”, disse pestando mani e piedi nella polvere della torre appena crollata. Con uno sguardo torvo si girò verso la tigre che aveva causato quel disastro. Appena vide il felino avvicinarsi zoppicando sogghignò. “Oh, ora capisco perché siete scappati. Guardate tutti è Shere Khan, il grande Shere Khan”. L’orango scosse il fondoschiena davanti alla tigre: “Sono Shere Khan, la tigre con le chiappe affumicate”. Le scimmie che poco prima erano scappate impaurite ora tornarono allo scoperto davanti allo spettacolo del loro re. Luigi si mise un dito sulle labbra con uno sguardo indifeso: “Oh no, come farò a sconfiggere questo felino indomabile. Nessuno può sconfiggere il potente Shere Khan... beh, a parte un soldo di cacio alto un metro e venti e pesante venti chili e mezzo. Oh, vi prego salvatemi dalla tigre mangia uomini, o dovrei dire mangia ragazzini o dovrei dire che non riesce a mangiare i ragazzini”. Le scimmie a quel punto stavano ridendo a crepapelle e additando la tigre completamente dimentiche della paura di prima. Shere Khan ringhiava sotto i denti irritato. Re Luigi intanto continuava nella sua pantomima e varie scimmie si erano unite. “Forza Shere Khan sono completamente indifeso e vulnerabile… come un bambino”. La tigre sbuffò ma mantenne la calma: “Re Luigi sono venuto qui per conferire con te su una questione importante. Da un signore della giungla a un altro”. L’orango smise di agitarsi e guardò confuso il felino: “Signore della giungla. E di chi saresti il capo, si può sapere? Delle tigri con le chiappe carbonizzate”. Shere Khan fece un sorriso amaro: “No, ho degli altri sudditi a dire il vero”. In quel momento tra i mucchi di pietre infestate dai rampicanti cominciarono a spuntare ad uno ad uno i lupi. Le scimmie si ritirarono di nuovo strillando sui muri ancora intatti del tempio. Re Luigi si ritrovò braccato dai lupi. L’orango corse e si rifugiò sul suo trono insieme alla scimmia dalla criniera bianca. I due primati si contendevano a vicenda la cima del sedile scolpito lontano dalle fauci dei lupi.

“Ho la tua attenzione adesso? Vostra maestà?”, chiese calmo Shere Khan.

“Gnnn, oh, sì, assolutamente. Benvenuto nel mio regno Shere Khan. E benvenuti anche i tuoi sudditi. Giù bello, giù”, disse a un lupo ringhiante. Shere Khan fece allontanare i lupi e si avvicinò al trono. “Siediti pure Luigi. Fa come se fossi a casa tua”, sorrise la tigre. L’orango si sedette impaurito sul trono abbracciato alla sua scimmia attendente. “Come vedi ora sono il nuovo capo branco dei lupi”.

“Lo vedo. Come diavolo hai fatto? Hai provato a uccidere il loro cucciolo d’uomo appena un anno fa”.

“Con un piccolo aiuto da parte di un viscido amico”, disse la tigre girando il capo. In quella direzione si sentì un sibilò e apparve il serpente Kaa che sghignazzava sibilando.

 “Ora, l’ultima volta che ero passato da queste parti, queste rovine sembravano… meno rovinate. O sbaglio?”

“No, non sbagli. Puoi ringraziare il tuo cucciolo d’uomo e quei suoi due compagni per questo. Cos’è un re senza il suo palazzo? Oh, se avessi quell’orso tra le zampe”, disse tirando su i piedi e facendo il gesto di stringere una gola, “giuro che… Come ha potuto tradirmi così quel cucciolo d’uomo? Lo ho accolto nella mia casa. Gli ho dato banane. Pensa che eravamo pure cugini”.

“Una storia terribile”, mormorò Shere Khan.

“Esatto”, continuò Luigi, “Tutto quello che gli avevo chiesto era di dirmi il segreto su come fare il fuoco, e lo avrei tenuto alla mia corte come ospite d’onore per sempre. Ti rendi conto che privilegio gli concedevo a invitarlo nel mio reame illuminato?” Shere Khan sollevò lo sguardo su una scimmia che si grattava il posteriore per poi annusarsi il dito e cadere svenuta. “Già, perle ai porci, re Luigi. Speravo che la pensassi proprio così quando ho deciso di venire qui. Sia io che te abbiamo subito un torto dal cucciolo d’uomo. Ed è mia intenzione porvi rimedio”. Luigi aggrottò la fronte: “Che vorresti dire?”

 “Intendo dire che voglio vendicarmi del cucciolo d’uomo”, Shere Khan si avvicinò a una piccola scultura ancora in piedi di un essere umano, “Ho intenzione di distruggere lui. E tutti coloro a cui ha tenuto”, con una zampata ridusse in briciole la testa della piccola statua, “Questo include l’orso e la pantera che hanno distrutto il tuo bel palazzo. Se ti fa piacere la pantera è stata eliminata stanotte”.

 “Cosa? Davvero?”, chiese saltellante l’orango.

“Certo. L’orso è un’altra questione ma penso che vorrai occupartene tu di persona. Altrimenti che divertimento ci sarebbe”.

“Oh, Khanny mi leggi nel pensiero. Posso chiamarti Khanny?”. La tigre lo guardò con uno sguardo tetro. “Va bene, al Khanny ci arriveremo col tempo. Tornando alla questione del cucciolo d’uomo, tutto questo è molto interessante, le mie orecchie reali ne sono compiaciute. Ma dimmi come pensi di attuare esattamente il tuo piano di vendetta? Il cucciolo d’uomo ora è nel villaggio degli uomini. Se non sei riuscito a battere lui che era solo un cucciolo come pensi di fare contro un villaggio intero armato di fiamme e fucili?”

“Ci stavo giusto arrivando”, disse il felino spaparanzandosi su un muretto lì accanto e lisciandosi il pelo, “Dovremmo trovare un modo per far uscire il piccolo dal villaggio. E prima di escogitare qualunque piano ci occorrono informazioni. Io vedi non sono… Come dire? Molto ben accetto vicino ai villaggi degli uomini. Specialmente in questi mesi, mi sono fatto una nomea ammazzando bufali. Neanche i miei lupi potrebbero avvicinarsi con discrezione o Kaa”. Sollevò lo sguardo in cerca del serpente e lo vide che stava ipnotizzando una scimmia e cominciava a spalancare le fauci. “Kaa!”, lo rimproverò calmo Shere Khan. Il serpente sentandosi chiamare dalla tigre interruppe all’istante l’ipnosi della scimmia che scappò via svelta. “Per favore Kaa, siamo ospiti. Non mangiare i sudditi del nostro nuovo amico. Dicevo che quindi non sono nella posizione di avere informazioni su Mowgli di qui a poco. Ma tu potresti. Le scimmie bazzicano spesso i villaggi dell’uomo. E se tu mandassi qualche spia a vedere, potremmo scoprire in breve tempo come far uscire Mowgli di lì”.

Re Luigi sogghignò: “Un idea eccellente mio caro Khan–  Voglio dire Shere Khan. Beh, dunque mi sembra un buon affare. Mi assicuri che quando avrai avuto il cucciolo d’uomo io potrò avere Baloo”.

“Avrai la testa dell’orso su un piatto d’argento. Adesso manda i tuoi servi, veloce. Purtroppo stanotte mentre prendevo il comando alla Roccia del Consiglio, qualcuno è scappato”, disse lanciando un’occhiataccia a Kaa. “Perciò i testimoni vanno trovati e isolati il prima possibile. Non vogliamo certo che l’intera giungla sappia di tutto questo, o non avremo più l’effetto sorpresa sulle nostre prede. Oh, e inoltre non vorrei che la cosa giungesse alle orecchie del colonnello Hati. Detesto ammetterlo, ma per quanto quell’elefante sia idiota neanche con tutti i lupi avrei molte chance di vincere contro un branco di pachidermi”.

 “Oh, non ti preoccupare allora. Quanti sono questi testimoni?”

“Sei lupi. L’ex famigliola del moccioso”.

“Hu, bene, me ne occupo subito. E ho anche un’ideuccia per la tua preoccupazione riguardo il caro vecchio colonnello”, disse re Luigi sfregiandosi le mani.

“Davvero? Quale sarebbe?”, chiese curiosa la tigre, non aveva ancora trovato una soluzione contro la pattuglia di pachidermi. “Te lo dirò a cose fatte. Intanto occupiamoci dell’immediato. Fiuuu, fiii”, fischiò forte Luigi. Tre scimmie si calarono ai piedi del trono, un po’ sull’attenti per via dei lupi. “Andate al villaggio degli uomini e scoprite tutto ciò che potete sul cucciolo d’uomo. Già che ci siete prendete anche qualche bel ogettuccio se lo trovate, eh? Bravi, e ora andate miei tesori, andate, andate”, disse sollevando le braccia pelose ridicolmente lunghe. “Sì, vostra maestà”, esclamarono le scimmie sparendo tanto velocemente quanto erano apparse. Shere Khan sorrise sotto i baffi: “Bene Luigi. Sembra che questa nuova alleanza porterà buoni frutti” “Adoro i frutti. Gradisci una banana?”, disse l’orango porgendogli uno dei frutti gialli tirandolo fuori da non si sa dove. “No, grazie”, disse Shere Khan, guardandolo confuso. Re Luigi fece spallucce e cominciò a divorarsi la sua banana. Kaa guardò l’orango ingozzarsi felice e gli brontolò lo stomaco. “Shere Khan”, sibilò avvicinandosi alla tigre, “Non potrei assaggiare sssoltanto una ssscimmiettina. Non prendo una preda da quando mi avevi ordinato di ipnotizzare i lupi e sssperavo che ieri notte mi sarei rimpinzato con la pantera. Ma ora sssono terribilmente affamato”.

“E di chi è la colpa per non aver trattenuto Bagheera come gli era stato ordinato?”, ringhiò Shere Khan al serpente tremante, “Ma suppongo che tu abbia fatto un buon lavoro finora. Ma non posso lasciarti fare uno spuntino delle nostre nuove compagne d’armi. Visto che era proprio la pantera che volevi, torna alla Roccia del Consiglio. Fai sparire il suo corpo insieme a quello di Akela non voglio che ci siano ulteriori prove di questa notte”.

 “Sssì, certamente. Ti assssicuro che non rimarrà alcuna traccia”. Il pitone sparì veloce tra i muri cadenti del tempio. La tigre si rilassò sul trono e allungò lo sguardo oltre i mucchi di macerie che lo circondavano, verso la distesa verde della giungla che cominciava ad essere illuminata dal sole. Gli occhi osservarono chiazze verdi di foresta fino a un puntolino marrone sulla riva del fiume: il villaggio degli uomini. ‘Mowgli’, pensò la tigre, ‘Presto tardi sarai mio, cucciolo d’uomo’.

 

Mowgli si svegliò frizzante al canto del gallo. Di solito non si alzava fino a che qualcuno non lo buttava giù dal letto ma questa mattina non vedeva l’ora di scendere giù dalle coperte. Coperte! Aveva dormito tutta la notte nel letto e non sull’albero, non voleva far arrabbiare ancora Kamya e rischiare di perdere la sua “punizione”. Fece colazione ingoiando tutto in fretta, non stava più nella pelle. Notò che Shanti non c’era quel mattino. Pensò che fosse uscita prima di casa o non fosse tornata dal torrente a prendere l’acqua. Messua lo guardava con espressione a metà tra il felice e il rattristato. Kamya lo aspettava sulla porta. “Allora Nathoo. Pronto per la tua punizione?”, chiese quando stavano per uscire.

“Sì”, rispose impaziente Mowgli, per poi cambiare in un sì dal tono più triste e decorso per l’occasione. Kamya soffocò un sorriso. Aveva capito quanto in realtà Nathoo fosse contento, ma era così felice e speranzoso anche lui per questa nuova esperienza del bambino che quasi non gli importava. Messua diede al figlio una sacca con dentro il pranzo e lo baciò sulla guancia. “Sta attento mio dolce Nathoo”, gli disse accarezzandogli il viso, “E se vedi una tigre o un altro animale feroce non fare come nelle storie che ci racconti sempre, ma scappa via, scappa più veloce che puoi. Capito?”, gli strinse la mano sulla spalla.

“Va bene”, sussurrò Mowgli, come sempre un po’ stranito dalla preoccupazione di Messua.

“Sono certo che andrà tutto bene e non avrà nulla di cui preoccuparsi”, disse Kamya alla moglie, “Forza ora andiamo o faremo tardi”, lo incoraggiò. Messua lo strinse in ultimo abbraccio poi lo guardò allontanarsi insieme al marito dalla soglia della casa. Si tormentò il velo mormorando una preghiera perché tutto, effettivamente, potesse andar bene. Il bramino intanto li stava aspettando all’uscita del villaggio accanto alla mandria di bufali. I grossi bovini azzurro ardesia erano degli animali imponenti dalle corna lunghe e ricurve. Il loro aspetto intimidiva ma avevano un’indole pigra e mansueta. Abituati com’erano al comando dell’uomo spesso si vedevano mandriani dell’età di Mowgli che nonostante non arrivassero al muso di quelle bestie li comandavano a bacchetta con un solo colpo di ramoscello. Quando Mowgli e Kamya arrivarono il bramino li accolse e guidò il ragazzino in mezzo alla mandria per illustrargli quello che avrebbe dovuto svolgere quel giorno. Avrebbe dovuto far pascolare gli animali per tutto il giorno e poi farla tornare verso sera. Niente di troppo complicato. I bufali erano animali pacifici e portati vicino a un torrente si mettevano a mollo nel fango per ore. Il bramino Purun diede a Mowgli una canna di bambù per dirigere la mandria. Ora ci fu il problema dei numeri. Siccome sapevano che Nathoo non era esattamente un genio con i numeri non volevano certo che si sbagliasse a contare nel riportare a casa i capi di bestiame, gli allevatori in particolar modo. Fra loro c’era anche Buldeo che possedeva un paio di capi e se da una parte gradiva l’idea di Nathoo fuori dal villaggio, dove magari sarebbe stato la cena di qualche animale, non gradiva l’idea di perdere una delle sue bestie. Ma il bambino li sorprese tutti quando elenco tutti i capi di bestiame dal primo all’ultimo, secondo le loro caratteristiche individuali. Un dente guasto, il pelo di un colore leggermente diverso, di ogni singolo bufalo sapeva qualcosa. Quando Buldeo ebbe finito di fare i conti sulla punta delle dita, tutti realizzarono che il numero era esatto.

“Come fai a ricordarli tutti?”, chiese sconvolto il bramino, “E come fai a sapere tutti questi dettagli? Di un bufalo neanche il suo proprietario sapeva del dente guasto”.

Mowgli sorrise imbarazzato: “Sono nel villaggio ormai da un anno e ogni tanto sono passato davanti le stalle. Così ho fatto un po’ di conversazione e ora so i loro nomi e qualche altro particolare. Per questo sono sicuro di non perderli anche se non so contare bene. Potrei chiedere direttamente a loro se ne manca qualcuno”.

A quella risposta Kamya sì scurì: “Nathoo”, sbuffò, “Io ...”

 “Scusa, scusa. Lo so ho sbagliato a dire quelle cose. Dimenticate quello che ho appena detto. Giuro che sarò attentissimo ai bufali per non perderne nessuno. Ti prego so che lo posso fare… papà”. Kamya di solito lo avrebbe redarguito di più su tutta la questione dei bufali parlanti, ma quel papà lo aveva lasciato senza parole. Mai prima di allora il bambino lo aveva chiamato padre, né a Messua l’aveva chiamata madre. L’uomo compiaciuto si affrettò a dire: “Va bene sei perdonato. Non parliamone più e corri a portare quei bufali sul fiume prima che cambi idea”.

Nathoo sorrise e tutto contento trotterellò in groppa a Mysa, il toro più grosso della mandria. Borbottò un paio di frasi che gli uomini in piedi lì accanto fecero fatica ad afferrare. Ma il loro stupore poi fu un altro. In men che non si dica l’intera mandria era partita spedita in fila ordinata e compatta.

Buldeo era rimasto a bocca aperta. Kamya sorrise felice sotto la barba. Il bramino si accarezzò la barba bianca. “Ogni volta vedo così lontano nelle vite degli uomini”: disse tronfio. 

 

 


   
 
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