Archie si armò di tutta la sua risolutezza ed entrò nel salotto privato della zia Elroy.
-Ciao zia Elroy. Ho bisogno di parlarti.-
-Visto che sei entrato senza neanche bussare, parlami pure.-
-In privato zia.-
L’anziana matriarca si girò verso la cameriera che le stava servendo il tè.
-Vada Kate, e lasci pure il vassoio. Ci penserà dopo a prenderlo.-
-Sì signora.-
-E chiuda la porta per cortesia.-
Quando la donna ebbe chiuso la porta del salotto, Archie si sedette.
-Spero che tu non voglia parlarmi di Candy.-
-No zia Elroy, voglio parlarti dello zio William.-
-Ancora nessuna notizia. Gli investigatori privati che ho assoldato ne hanno perso le tracce in Italia.-
In Italia, pensò Archie.
-Zia, forse so dov’è lo zio William, ma ti chiedo di raccontarmi la verità su di lui. È una richiesta della massima importanza la mia. Credimi zia Elroy.-
-Incredibile!- commentò Archie dopo aver sentito il racconto di sua zia. -Terence aveva ragione.-
-E chi è Terence? Il degno compare di quella sciacquetta di Candy?-
Il volto di Archie si corrugò e il ragazzo batté un pugno sul tavolo.
-Non permetterti di chiamare Candy in questo modo! E adesso alzati! Devi assolutamente venire in un posto con me!-
Elroy fu sconcertata dalla reazione del nipote, mai si era permesso tanto. Certe reazioni erano state tipiche del povero Anthony, ma mai Archie era arrivato a tanto nei suoi confronti. Tuttavia vide negli occhi del ragazzo una determinazione tale da suggerirle di fare come diceva lui.
-D’accordo Archie, fai chiamare l’autista.-
-No zia, niente autista. Andremo con l’utilitaria e guiderò io. Solo io e te, d’accordo?-
-Va bene, facciamo come vuoi tu.-
Arrivarono in men che non si dica sotto casa di Candy e Albert.
-Se quello che dici è vero Archie…-
-Fra poco lo sapremo.-
Archie parcheggiò esattamente davanti al portone d’ingresso della palazzina dove c’era l’appartamento che Candy e Albert condividevano.
Salirono rapidamente le scale che portavano all’appartamento e bussarono alla porta.
-Albert, sono Archie! Apri subito per favore!-
Come Albert ebbe aperto la porta, la zia Elroy rimase di stucco, e dalla sua bocca uscì solo una parola che l’emozione le consentì appena di pronunciare a mezza bocca: -William!-
Albert sentì una fitta alle tempie e fu come se una nebbia invisibile avvolgesse il suo cervello.
A New York la signora Marlowe aprì la porta di casa sua. Sicuramente la sua efficiente governante era rientrata dal fare la spesa.
-TU!- esclamò quando si vide davanti Terence Grandchester, l’uomo che a suo dire aveva causato la rovina di sua figlia.
-Devo parlarle!- disse semplicemente lui bloccando con la mano e la gamba la porta che la signora voleva sbattergli in faccia.
-Come osi farti vedere qui!-
-Io come oso?- disse lui dopo essersi richiuso la porta alle spalle
-Lei come ha osato fare quelle dichiarazioni su Candy! Lei non sa niente di quella ragazza!-
-Avete rovinato mia figlia! L’avete rovinata!-
Terence lasciò che quella povera donna si accanisse contro di lui tempestandolo di pugni che lui nemmeno sentiva.
-No signora.- le disse poi quando quella donna cadde in ginocchio davanti a lui tenendosi il volto fra le mani.
-No signora. Noi non abbiamo rovinato nessuno. Pensi alle sue di colpe. Avrebbe potuto far ragionare Susanna, lasciare che noi le stessimo vicino.
Io e Candy volevamo aiutarla e lei ce lo ha impedito!-
La signora Marlowe continuava a singhiozzare convulsamente.
-Susanna… la mia Susanna… volevo solo il meglio per lei… volevo che avesse quello che io non ho avuto…-
Terence ebbe pietà di quella donna, che pure tanto male aveva fatto alla sua Candy.
La porta di casa si aprì e la governante della signora entrò.
-Chi è lei? Cosa fa qui? Sicuro… lei è Terence… se ne vada subito!-
-Non ci penso nemmeno signora. Una povera ragazza innocente ha avuto la vita rovinata, è stata additata come quello che non è ed esposta al pubblico disprezzo. Tutto per le menzogne che questa donna ha vomitato su di lei!
Non me ne andrò finché non avrò ottenuto giustizia per quella ragazza!-
-Avrà quello che vuole Terence…-
La voce della signora Marlowe era flebile come un sussurro, mentre la donna con grande fatica si rialzava.
-Ho cercato di persuadere la signora a non fare quelle dichiarazioni.-
Disse la governante a Terence mentre la signora Marlowe riposava.
-Ma non ha inteso ragioni, quella ragazza ha fatto leva sui suoi sentimenti…-
-Quale ragazza?-
-Una ragazza di Chicago, è venuta a trovare la signora dopo il funerale della signorina Susanna, ha suggerito lei quelle dichiarazioni infamanti…-
Ragazza di Chicago… ha suggerito lei quelle dichiarazioni…
Queste frasi disegnarono nella mente di Terence un volto e un nome, che si stampò sulla sua bocca deformata dall’odio:
-IRIZA!!!!-