LA CADUTA
Orsù, ragazzi, scappate da questo inferno di pioggia!
Ah, nel mercoledì nero,
le strade sono affollate,
piene di ombrelli variopinti,
più che in un giorno di sole,
che solo adesso rimpiango.
Mentre corro sotto un cielo minaccioso,
mi guardo intorno,
e ovunque scorgo la disperazione.
I visi sono rigati di lacrime
oppure stanchi e preoccupati,
le mani giunte in preghiera.
Oh Dei del Cielo,
salvateci da questa sciagura,
da questa apocalisse!
Mi fermo
sono stanca di scappare da questa disperazione.
Dinanzi a me si apre una voragine:
mi sporgo,
ma non riesco a vederne il fondo.
Sposto lo sguardo verso la montagna.
Sta per crollare, come me.
Sta per abbandonarsi alla morte, come me.
Sa che non può sfuggirle, come me.
E inevitabilmente, con un tonfo,
cade,
cade con me.
Precipito dentro il baratro, giù, giù, sempre più giù.
Sopra di me sento le urla di chi cerca di mettersi in salvo,
ma non ce la farà, lo so.
Mentre sprofondo
vedo in alto una sagoma scura;
forse è la montagna,
non vivrò abbastanza a lungo
per scoprirlo.
Sento un'aria fredda lambirmi il viso,
il vento danzare con i miei capelli,
nelle orecchie lo sciabordio
delle onde.
Ecco cosa mi si prospetta, morire come Lui.
Ma sono serena,
affronterò Ade come se fosse
un'altra partita a carte.
Mi sbagliavo,
l'impatto con l'acqua non mi uccide, riesco a respirare.
"Ciò che appartiene al mare, al mare farà sempre ritorno".
C.M.