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Autore: Aki_chan_97    18/12/2020    2 recensioni
Il regno di Domino era straordinariamente cambiato nel corso di un solo decennio. Da quando era finita la guerra, persino i draghi erano diventati più pacifici nei confronti degli umani, e le due specie coesistevano in pace. La magia permeava il mondo condiviso da uomini, maghi, streghe, e creature magiche; essa è un prezioso nettare prodotto da qualunque essere magico, nonché dalla terra stessa. I draghi ne rappresentano la massima fonte nota. Tuttavia, uomini avidi avevano scoperto che la magia fosse estraibile. C’erano due possibilità: raccoglierne in esigue quantità dalla terra, o rubarla a creature viventi, spesso uccidendole. Però nelle terre del re questo era illegale. E poi, gli umani interessati alla magia erano pochissimi, e spesso lo erano per losche intenzioni. Ad ogni modo, il vero problema non era la ovvia criminalità. Il dramma era che il leggendario Libro dei Draghi era sparito, e nessuno se n’era accorto...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Sorpresa, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4: quoque tu, Brute?
 
 “Il tradimento è comune per gli uomini senza una coscienza.” – Toba Beta
 
 
“Sayer, sei tornato prima del previsto, come mai?” domandò Aki mentre apriva la cigolante porta d’ingresso.
“Perché, non sei felice di vedermi?” ribatté il suo mentore fintamente offeso, adagiando sul pavimento il pesante bagaglio che portava con sé.
“N-no, figurati. Mi chiedevo come mai, tutto qui.” si scusò.
La strega sospirò sollevata. Una manciata d’ore di differenza e Sayer si sarebbe trovato un cavaliere del regno (armato, in effetti) e un lucertolone alto quanto un edificio a due piani nel giardino di casa. Insomma, il suo mentore ammirava molto queste creature mitiche, ma Aki temeva che una sorpresa del genere potesse comunque contrariarlo. Sayer era buono e gentile, ma non sopportava essere preso alla sprovvista.
“Uhm, com’è andata con i tuoi affari?” domandò per dargli conversazione.
“Oh, sarebbe andata alla grande, se solo fosse arrivato il carico che aspettavo. Purtroppo deve essere successo qualcosa ai trasportatori con cui mi ero accordato, e il mio viaggio è stato inutile. Non ho potuto mettere le mani sui cristalli che volevo. Peccato, quel mercante me li avrebbe venduti ad un buon prezzo.”
“Oh no, che peccato! Cosa può essere successo?”
“Non saprei, probabilmente si è trattato di un furto, ma se le voci che mi sono giunte sono vere, dev’esserci stato un sequestro. Sai com’è, pare che al castello mangino magia a colazione, sono insaziabili... quello che mi chiedo è come sapessero che quella banale magia non sarebbe stata venduta regolarmente. Le guardie non sanno distinguere la magia legale da quella illegale. Devono aver ricevuto una qualche soffiata da un mago doppiogiochista, oppure il re ha ordinato di sequestrare qualunque cosa luccichi. Onestamente, non ne sarei sorpreso.” aggiunse, con una vena di disgusto. Sayer non aveva mai avuto simpatie per il re, questo era ben noto ad Aki. D'altronde, era proprio per colpa del re che il suo mentore non fosse più ammesso nella città.
“Mi dispiace Sayer… non ci voleva questa…”
“Già, una vera iella. Ma per fortuna, una cosa sono riuscito a prenderla.”
Sayer tirò fuori dallo zaino un paio di guanti scuri, sembravano dei normali guanti in pelle, ma osservandoli meglio mentre li indossava, sul dorso erano incastonati alcuni dischi di pietra cristallizzata, chiaramente magica, cinque più piccoli in corrispondenza delle nocche, e uno molto più grande al centro, voluminoso ed emisferico.
“Ho fatto pratica con questi, per averli ho dato via anche un vecchio manuale, ma ormai l’avevo imparato a memoria. La buona notizia è che facendo pratica, ho scoperto che funzionano. La cattiva, è che ci vogliono gli incantesimi giusti. Credo che riprenderò presto a studiare.”
“Parli anche di quello strano libro sui draghi che ti ha dato quella sconosciuta?”
“Oh, anche quello.”
“Continuo a non capire cosa te ne fai. Che c’entrano i draghi con te?”
“Beh, non lo so nemmeno io. Ma ormai questa storia ha acceso la mia curiosità, sai come sono fatto. Potrei trovare qualcosa di utile per noi. In fin dei conti, un drago gestisce una quantità di magia che è dieci o addirittura venti volte superiore alla nostra… Oppure chissà, magari un giorno ne incontro uno e ci faccio amicizia!” commentò, ridendo con sprezzo.
L’immagine del cavaliere e di Stardust balenò nella mente di Aki. Quella di Sayer era una battuta tremendamente specifica. Aki fece un paio di velocissimi calcoli, chiedendosi con angoscia se non avesse già scoperto tutto. O se quella fosse solo una banale coincidenza.
“Sai Aki, se fossi un drago intelligente, allontanerei gli umani come la peste. O me li mangerei come spuntino, sempre che siano digeribili.”
Aki era ormai avvezza al sarcasmo di Sayer, ma continuava a pensare che quella del suo mentore fosse una vera e propria frecciatina… ma come poteva essere diretta a persone specifiche? Forse si stava semplicemente facendo troppe domande…
“Ma raccontami di te. Com’è andata mentre ero via?”
Aki si ricordò improvvisamente di non avere una pronta risposta a quella domanda. Ma ormai era troppo tardi, doveva improvvisare. Mentire? O dire tutta la verità?
“Allora?”
Aki girò lo sguardo distrattamente in giro, cercando di non fargli notare la sua esitazione. “No, è stato tutto tranquillo.” Asserì, infine.
“Ne sei sicura?”
“M-ma certo. Perché?”
“È che, sai, mentre venivo qui, mi sono imbattuto in qualcosa di strano...”
Aki cominciò a capire dove volesse arrivare. Si maledisse per l’ennesima volta. “Di che parli?”
“Sai, giusto questa mattina ho attraversato il bosco nero per venire qui, e mi sono trovato davanti a una specie di enorme cratere nella terra. Era incredibile, qualunque cosa fosse atterrata lì, aveva distrutto una quantità indicibile di alberi e scavato un notevole solco nel terreno. Doveva esserci stato un impatto devastante. Ho pensato che questa casa non fosse poi così lontana, anzi, era relativamente vicina a quella voragine. Hai per caso visto cosa è successo?”
“Ecco, dal rumore mi era sembrato solo un grosso lampo caduto a terra…”
Sayer si alzò, ridacchiando sottovoce. “Un lampo, eh? Aki, non c’era bruciature, le ho cercate. Che mi nascondi? Pensavo non dovessi dubitare anche della tua parola.”
Aki abbassò lo sguardo, purpurea dalla vergogna. Sayer aveva ragione, avrebbe dovuto semplicemente dirgli la verità. Lei più di tutti glielo doveva.
“Perdonami Sayer, hai ragione. In effetti è successo qualcosa, vorrei dirtelo, ma promettimi che non ti arrabbi!”
Sayer sospirò sollevato, sorridendo. “Se basta questo, allora non mi arrabbio, prometto. Basta che non mi dici più le bugie in futuro. Mi feriscono molto da parte tua. Non ti ho mai fatto mancare niente.”
“Hai davvero ragione, ti chiedo scusa...”
“Tranquilla, sei perdonata.” le rispose, sedendosi comodamente sulla sua sedia di legno. Accavallò le gambe e incrociò le braccia molto pacatamente, rilassando i tratti del viso. “Raccontami pure tutto dall’inizio.”
Aki prese un lungo respiro. Avrebbe vuotato il sacco, almeno non avrebbe avuto rimorsi, o cose da nascondere. E poi, era impossibile pensare che non si fosse accorta di una catastrofe tale a così poca distanza dalla sua casetta. “Ecco, la verità è che alcune notti fa ho avuto un incubo, ero fuori della città, e qualcuno mi chiamava dall’interno per nome. Come sono corsa a cercare chi fosse, mi sono trovata davanti a un ragazzo, ferito. All’improvviso, un drago enorme e orribile è apparso, e lo ha attaccato. Mi sono svegliata nel panico, sapevo che era una grave premonizione. Era come se qualcuno mi chiamasse lì, subito… così all’alba sono andata in città, per vedere se quella persona fosse davvero in pericolo di vita.”
Sayer la guardava allibito. “Sei veramente andata in città?! Aki, quel posto è pericoloso per te, lo sai!”
“Sì, ma ho preso la mantella di protezione, la gente normale non capisce se hai poteri o meno se non dai nell’occhio. È che ho pensato che se non fossi andata a controllare, non avrei più dormito serena. E magari sarebbe accaduta una qualche catastrofe... Volevo andare e tornare alla velocità della luce, e invece ho trovato per caso una grossa fonte di magia… e proveniva da alcune casse accatastate. Ho scoperto che contenevano scaglie di drago.”
Sayer assottigliò lo sguardo. “Scaglie di drago, hai detto…? Strano.”
“Già… non sapevo la gente le conservasse in quella maniera, pensavo fosse illegale la caccia ai draghi.”
“Lo è, infatti. E poi cosa è successo?”
“Ecco, quando degli uomini sono andati a caricare le casse, mi hanno vista lì attorno, ho avuto paura, e sono scappata.  Ma poi uno di quei due uomini mi ha presa, stavo per usare i miei poteri, ma…”
“Ma…?”
“Ma il ragazzo che avevo visto in sogno è intervenuto all’improvviso. Gli ha piantato un calcio in faccia e li ha stesi tutti e due in un batter d’occhio.”
Sayer scoppiò a ridere. “Seriamente?! Dai, non può essere vero. Non era ferito?”
“In effetti no, ero confusa anche io… alla fine volle sapere cosa era successo. Era un cavaliere, aveva detto che era da tempo che cercava quei carichi illegali.”
Sayer prese a guardare distrattamente i suoi guanti. “Un cavaliere, huh? Che ne sa un cavaliere della magia, o dei draghi?”
“Me lo chiedevo anche io… finché non l’ho visto volare sul dorso di un drago bianco proprio quella notte...”
Sayer spalancò gli occhi. Strinse un pugno, sfregando rumorosamente la stoffa dei guanti. Sembrava che qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco.
Aki notò il turbamento di Sayer. Perché all’improvviso aggrottava le sopracciglia?
“Continua, Aki. Cosa c’entra tutto questo con quel cratere?” la invitò, più serio di prima. Sembrava inquieto, ma cercò di calmarsi.
“È che quella notte ho visto ben due draghi che combattevano, proprio sopra al bosco nero, qui vicino, e c’era un cavaliere su entrambi! Alla fine quello bianco è precipitato, mentre l’altro è volato a terra in direzione opposta. Il cratere è stato causato proprio dal drago bianco. Così sono andata a vedere se fosse ancora vivo… e ho trovato il cavaliere, gravemente ferito, stava morendo. Come nel sogno. Anche se il drago nero era diverso…” aggiunse, tenendosi il mento sovrappensiero.
Sayer continuava a ridacchiare sommessamente, coprendosi gli occhi. Forse trovava le coincidenze divertenti. “E tu cosa hai fatto?”
“Ecco, ho pensato che dopo quel sogno, e dopo quello che era accaduto in città, nulla ormai era una coincidenza. Anche il drago mi ha vista e mi ha chiesto di aiutarlo. Lui stava bene perché aveva una capacità di auto rigenerazione impressionante… Quindi ho guarito il cavaliere con i miei poteri. E ci sono riuscita, Sayer! Non pensavo la mia magia avesse fatto progressi del genere!”
‘Questo è un dannatissimo scherzo…’
“Quindi sono sopravvissuti? Notevole. Tutto merito dei miei consigli, suppongo.” aggiunse, con una punta di acidità.
“Beh, sì… lo sai che senza di te non sarei nemmeno qui. Te l’ho sempre detto, Sayer.”
“Questo è vero. Ma perché volevi nascondermi tutto questo?”
“È che era un peccato che una creatura che tu ammiravi così tanto fosse arrivata così vicino a questo posto, e che tu non fossi con me… e poi mi avevi detto che odiavi molto il regno, e un cavaliere in casa non era proprio il massimo...”
“Aspetta un attimo. In casa?!”
“Beh, sì… in effetti l’ho portato qui, perché aveva perso tanto sangue e non sapevo rimediare a quello… ho potuto solo ricucire insieme i tessuti… ho avuto paura per lui, era debole, non era ancora perfettamente guarito, così l’ho fatto riposare qui per un po’. In fondo, non poteva essere una minaccia in quello stato, avrei sempre potuto difendermi. E il drago era così buono…”
“Quindi sono stati qui?! Hanno visto questo posto? Aki, io sono un esiliato! Nessuno deve sapere che vivo qui! Anche tu sei in pericolo!”
“Ma Sayer, questa casa è nascosta dalla magia, non la si può trovare senza il nostro permesso! E di qui passano solo gli scoiattoli! Quel drago e quel ragazzo non torneranno mai più! Che problema c’è?!”
“Il problema? Scherzi?!” Sayer si alzò in piedi, sembrò sul punto di esplodere in una sfuriata, ma si bloccò, e con un ampio gesto delle braccia, espirò lentamente, prima di tornare sorprendente calmo. Si voltò senza guardare Aki direttamente.
“Allora, fammi capire bene. Prima metti a rischio la tua incolumità, senza che io ne sappia niente, mettendo piede in una trappola a cielo aperto, poi avvicini un drago, e mi riporti a casa un cavaliere del re… devi essere totalmente impazzita. Oppure il fato ha deciso di giocare a me un brutto scherzo, e a giudicare dagli eventi, deve avermi preso di mira molto, molto personalmente.”
Aki guardava a terra, purpurea dalla vergogna. Sayer non aveva torto. Non capiva bene il commento sul fato, ma quello che diceva sui rischi che aveva corso aveva perfettamente senso. Allo stesso tempo, doveva ammettere che in tutta onestà, non si era pentita delle sue azioni. Lei aveva salvato la vita a un’altra persona. Un ragazzo così buono e nobile poteva non essere più al mondo, e lei non sopportava l’idea che sarebbe stato meglio lasciarlo morire quella notte. Di gente come Yusei ce n’era un disperato bisogno, ecco la verità. Tuttavia, aveva tradito la fiducia di Sayer, e capiva perfettamente il suo punto di vista. Avrebbe dovuto salvare la pelle al cavaliere e lasciarlo infine al drago ancora così fragile e farsi gli affari suoi? Forse, era un’idea. Magari era il giusto compromesso. Ma se fosse morto comunque, magari per complicanze che poteva prevenire tenendolo d’occhio, se lo sarebbe potuto perdonare?
“Hai ragione, Sayer. Mi sono lasciata condizionare, avrei dovuto essere più prudente. Non posso che chiederti scusa. Potrai perdonarmi?” supplicò umilmente.
Sayer si alzò dalla sedia e si accostò alle vetrate colorate senza dire una parola. Guardava i verdi rami degli alberi pensieroso. Aki osservò la sua ombra, il suo folto ciuffo mogano, la veste curata e brillante, le spalle rilassate. Il suo mentore una volta apparteneva ad un casato nobile, e ancora si poteva intuirlo dal portamento, e Aki trovava una vera ingiustizia che il re lo avesse esiliato solo perché aveva cercato di denunciare un fatto di corruzione. La vita era stata dura con lui, ma Sayer non si era perso d’animo. Aki lo ammirava molto per questo. E sin da quando era avvenuto quel tragico incidente, lui si era preso cura di lei per compassione, e le aveva anche insegnato a controllare la magia. Aki doveva solo essergli grata, e sperare che i suoi guai non fossero senza rimedio. Ma lei lo conosceva bene ormai, alla fine sarebbe stato clemente, e avrebbero pensato insieme a una soluzione, come avevano fatto sempre. Almeno era questo che pensava, finché non avvertì una ventata di oscurità provenire da lui. Bastarono pochi secondi a farle accapponare la pelle e a spingerla lontano da lui. Si chiese se quella percezione fosse reale.
Il suo mentore si voltò, sollevando leggermente una mano. I dischi di cristallo sui suoi guanti si riempirono di luce sfolgorante nella penombra della stanza.
“Dovrei? Dovrei perdonarti, Aki?”
 
***
 
Yusei e Stardust non erano ancora tornati nel regno. In realtà, i due erano ancora alla ricerca del drago misterioso, ma il bestione piumato sembrava essere sparito nel nulla. Nel bosco nero ormai non ce n’era più traccia, Stardust aveva fatto abbastanza giri di perlustrazione durante la convalescenza di Yusei per accertarsene, e il cavaliere e il drago si erano ritrovati con un pugno di mosche in mano. Non solo avevano perso il vantaggio su un nemico ferito -che si era dimostrato estremamente temibile- ma non avevano scoperto nulla su di lui, né chi fosse né cosa volesse, e per quanto ne sapevano avrebbe potuto attaccare il regno da un giorno all’altro, e nulla assicurava che Yusei e Stardust sarebbero stati lì per impedirlo. Così i due si accordarono per un ultimo giro prima di tornare a far rapporto dal principe, sperando di ottenere nuovi indizi lungo la strada.
“Eppure l’avevo preso in pieno…” bofonchiò il drago, infastidito. La sconfitta gli bruciava più di quanto volesse ammettere.
“Evidentemente non così in pieno da buttarlo giù nel bosco. Dev’essere arrivato al lago, mi pare che è parecchia strada per un drago ferito…”
“Io sono sicuro di quello che ho visto, tu eri già svenuto a quel punto.”
“Primo, non è vero, me lo ricordo che stavamo precipitando, secondo, scusa se non ho le ali e una corazza infrangibile!”
“Allora piantala di provocarmi. Non sono dell’umore.”
“Non cambi mai, Stardust. Spero che questa storia ti insegni a perdere...”
“Col cavolo. Mi prenderò la rivincita, stanne certo.”
“D’accordo. Ma per vincere, dobbiamo trovarli. Scendi al lago se puoi, voglio dare un’occhiata in giro.”
Il drago annuì, perdendo costantemente quota, sorvolando tutti i larici e i salici che affollavano la radura. Yusei doveva ammettere che la vertigine del volo non fosse la parte che amò di più dei suoi primi giretti con Stardust, ma finì col prenderci gusto, finché non ne ebbe più timore. Stardust probabilmente se n’era anche accorto. Non che il drago avesse da lamentarsi, in fin dei conti anche lui aveva un debole per le acrobazie aeree…
Quando ormai giunsero sulle sponde del lago, Yusei scese cautamente sulla breccia della costa, flettendosi sulle ginocchia per attutire al massimo l’atterraggio. Un vago giramento di testa lo colse ancora, costringendolo ad appoggiare una mano a terra. La nausea si affievolì considerevolmente dopo una manciata di secondi. Si consolò considerando che poteva essere messo molto peggio.
Adagiò sovrappensiero la mano libera sull’addome. Era davvero assurda la coincidenza che gli aveva salvato la vita, e in maniera così miracolosa poi. Si chiese se non esistesse qualcosa di prestabilito, una specie di storia già scritta in qualche libro… Ma rifiutò l’idea, perché quello rendeva la sua libertà inutile. Era più il tipo da pensare che quel genere di libro venisse scritto pagina per pagina fino all’ultimo dei suoi giorni, vivendo il presente. Ma non riusciva a smettere di pensare alla ragazza che profumava di rose. Con i poteri che aveva, era in grado di aiutare una quantità sconfinata di persone, eppure per colpa dei pregiudizi e della malafede della gente comune preferiva rimanere distaccata dal mondo. La trovava un’ingiustizia, oltre che uno spreco. Ma probabilmente non si sarebbero più rivisti. A meno che lui stesso non decidesse di farle una visita per il gusto di farlo. Certo che poteva, ma poi chi lo sentiva Stardust? Di farsi prendere in giro non ne aveva proprio voglia.
“Yusei, mentre scendevamo qui, ho notato degli avvallamenti anomali sotto la superficie dell’acqua. Credo che quel drago sia atterrato davvero nel lago, ma poi non ha lasciato più tracce. E non ci sono scie magiche abbastanza recenti per seguirle. Non capisco…Eppure non poteva sparire nel nulla… che razza di trucco c’è dietro?!”
 
***
 
Aki fece due passi indietro. Sayer non poteva fare sul serio, era semplicemente impossibile.
“Sayer…?”
Il mago non rispose. Continuava a fissarla, ma non abbassava la mano. Anzi, l’energia oscura continuava a crescere attorno a loro, e Aki si chiedesse se avesse davvero intenzione di attaccarla, o se quello fosse una specie di test, uno delle sue peggiori trovate per inaugurare una sessione di allenamento non programmata.
“Aki, tu non sai proprio niente.”
“Che vuoi dire? Cosa non so?” chiese lei, confusa. Teneva i palmi delle mani aperti verso terra, pronta a colpire a sua volta. Almeno in questo si era esercitata per bene.
“Non sai niente, e basta. Da questo momento in poi, ogni cosa cambierà per te e per me.”
“Sayer, di che diavolo stai parlando?! Mi fai paura così! Spiegati!”
“Sto dicendo che è finita la messa in scena. Addio, Aki.”
Sayer alzò il palmo della mano, come per scagliare un attacco magico. Aki richiamò delle robuste piante che spaccarono gli assi del pavimento, puntando al braccio e al collo di Sayer, ma si fermarono ad un centimetro appena dalla sua carne: Sayer non stava attaccando. Era rimasto immobile come una statua, fissando Aki, sicuro di sé. Alla fine abbassò la mano, spegnendo il marchingegno sul guanto.
“Hah! Ci sei cascata!” rise, indicandola.
Aki sbatté le palpebre, estremamente confusa.
Non posso crederci, guarda la tua faccia!” esclamò, battendo le mani sulle ginocchia a furia di risate. Una reazione assolutamente atipica, quasi inquietante, ma Aki doveva ammettere che fosse molto sollevata. Le piante si ritrassero lentamente sotto le assi di legno del pavimento, ormai in frantumi. Sayer rideva di gusto e Aki non poteva credere ai suoi occhi. Non pensava che il suo mentore fosse in grado di fare scherzi del genere, a dire il vero. Non erano di buon gusto, ma era la cosa più divertente che Sayer si fosse mai sforzato di fare. Anche Aki cominciò a ridere.
“Sayer, che paura che mi hai fatto! Per un attimo ho pensato che mi avresti attaccata davvero!”
Sayer riprese fiato, tenendosi una mano sul petto. La trovata era stata esilarante. “Oh Aki, suvvia, come potrei?”
“Ah, lo sapevo che non mi avresti fatto mai del ma-!”
Una saetta bianca centrò Aki nel petto. Troppo veloce, troppo improvvisa, troppo meschina. Aki non poté reagire. L’attacco la prese in pieno. E la ragazza fu avvolta da una bolla di luce.
Qualunque fosse l’energia che le turbinava attorno e che le attraversava la carne, non bruciava, non distruggeva, ma soffocava. Quella specie di luce la stava prosciugando dalle viscere. Ogni rumore le giungeva ovattato, ma vedeva carte volare ovunque, nella casa era scoppiato il caos, e Aki non sentiva più i piedi toccare il suolo, forse era stata sollevata in aria, ma quel raggio di magia cristallina era così potente da tenerla sospesa senza sforzo, nonostante si agitasse come un’anguilla. Tentò di urlare, emettere un suono, qualunque suono, ma una mano invisibile la stava strangolando, le mancava l’aria, le mancava la magia, stava perdendo sempre più forze, il suo corpo pareva collassare e la sua vista si annebbiava sempre di più… cercò di richiamare dei robusti rovi per difenderla, ma la magia non funzionava, e il suo cuore batteva sempre più faticosamente, mentre la sua vista si annebbiava. Una sola domanda risuonava nella sua mente, “Perché, perché Sayer?” ma con un ultimo tremendo sforzo, richiamò un virgulto dalle viscere della terra. Non fu sufficiente per attaccare, ma fu utile per scombussolare il flusso di energia, che deviò verso l’alto, sfondando gli assi di legno e la paglia del tetto che piovve ovunque. L’incantesimo si interruppe bruscamente. Aki cadde a terra come morta, mentre il germoglio svanì come polvere.
Sayer barcollava. Fu costretto a cadere su un ginocchio, pur di non andare al tappeto. Vene e nervi erano a fior di pelle, e le sue braccia tremavano dallo sforzo. Dalla veste saliva una specie di vapore. Le mani andavano a fuoco. Aveva il fiatone. Maledisse Aki per aver reagito quando la sua resistenza era già tanto vicino al limite. Quella magia aveva scatenato il finimondo dentro e fuori la casa, il vento aveva spaccato i vetri e la luce era salita fino in cielo creando un buco in mezzo al tetto, ma a lui non importava.
Alla fine il giorno della “mietitura” era arrivato. Aki non ne sapeva nulla, non poteva saperne nulla. Lei era la sua arma segreta, la sua scorta segreta di magia, ma lei non doveva saperlo. Doveva fidarsi così ciecamente di lui da non sospettare nulla fino al momento opportuno. Per questo aveva rubato i suoi veri ricordi, rinchiudendoli nell’amuleto che portava sempre appeso al collo, e sostituendoli con edulcorati surrogati, in cui lui fosse il buono della storia, e lei la cattiva, graziata dal salvatore. Ma le cose erano cambiate da quando era riuscito a impossessarsi del libro dei draghi, grazie a quella misteriosa profetessa dai capelli biondi. Aki ormai non gli era più utile, e gli ultimi eventi avevano giocato contro i suoi stessi piani. Ormai era ora di agire. Qualcuno stava cercando di mettergli i bastoni fra le ruote, specialmente il cavaliere, e lui lo avrebbe impedito a tutti i costi.
Cercò di rialzarsi, ma le giunture non collaboravano. Assorbire tutta quella magia era stato un rischio che non avrebbe dovuto accettare, non tutto in una volta. Infatti non aveva potuto finire il lavoro. Aki era ancora viva, e questo voleva dire che c’era ancora un filo di magia in lei. Ma Sayer poteva a malapena muoversi, una sola goccia magica in più e sarebbe stata la sua fine. Doveva aspettare che quella già assorbita si uniformasse a quella che già possedeva. Una volta in circolo, il suo salto di livello sarebbe stato consolidato. Non per niente, quei guanti contenevano pietre buie. A furia di studi e ricerche, le aveva trovate. Nemmeno quel venditore rincretinito aveva idea di cosa tenesse fra la merce. Non esisteva mezzo migliore per assorbire magia da fonti esterne, quello che sorprendeva Sayer era che nessuno avesse mai pensato di usarle in quel modo. Una risorsa del genere rendeva inutile persino reperire scaglie o denti di drago. Ma adesso, la musica cambiava.
 
***
 
Stardust e Yusei fissavano attoniti le nubi concentriche formatesi improvvisamente vicino le montagne. Una colonna di luce lontanissima aveva squarciato il velo azzurro del cielo, come un lampo, per poi svanire con un boato lontano. Ma i lampi cadevano dall’alto verso il basso, e non il contrario. Non ci volle molto affinché il cavaliere e il drago calcolassero il punto di provenienza. Si scambiarono uno sguardo preoccupato. Quel bagliore proveniva dalla casa della loro amica strega.
“Stardust, hai visto anche tu…?”
“Sì. Guarda cosa ha fatto alle nubi. Ho una pessima sensazione, Yusei.”
 “Cosa pensi sia successo?”
“Aki non mi pare sia un’alchimista dedita a sperimentazioni artistiche o pericolose. Non credo sia stata lei.”
“Ho una pessima sensazione anche io. Andiamo a vedere.”
Il drago annuì.
 
***
 
Aki giaceva sulle assi del pavimento come una bambola gettata via, le vesti bruciacchiate, pallida e cadaverica, ma un lieve movimento del petto confermava che in lei ci fosse ancora respiro. Sayer era riuscito a malapena a rimettersi in piedi. La sua strega era sopravvissuta, e questo Sayer non poteva permetterselo. Ma in quel momento non poteva fare nulla, la magia che aveva in circolo era troppa pure per muoversi, e il suo corpo non la tollerava bene. Scagliare un attacco era fuori questione. C’era sempre il vecchio metodo, quello più violento. Gola tagliata e via. Se la sarebbe presa con calma. O almeno così pensava di fare, quando improvvisamente udì il ruggito di un drago riecheggiare in lontananza.
Drago. Forse era quel drago. Magari con quel cavaliere. L’incantesimo era deviato verso il cielo. Loro sapevano dove abitasse Aki. Evidentemente erano nei dintorni, e Sayer non lo sapeva. Doveva andarsene subito.
Afferrò con immane sforzo prima il libro dei draghi rimasto sul tavolo, poi la sua mantella anti-aura. Era un utile trucco per nascondere la sua energia magica, poiché il mantello era composto anche da fibre schermanti molto speciali e rare. Nessuno si sarebbe accorto di lui, non ora che era vulnerabile, e questo era tutto quello che gli serviva al momento. Non aveva tempo per uccidere Aki, pazienza. Anche se si fosse ripresa, ci avrebbe messo un’eternità a recuperare i suoi poteri. Adesso era perfettamente paragonabile ad un’umana qualunque. Insomma, disgustosamente inutile e vulnerabile.
Uscì arrancando malamente fuori dalla casa, il libro gli cadde dalle mani più volte. Si era allontanato di circa duecento passi quando il drago posò le zampe a terra.
Lo tenne d’occhio cautamente dai cespugli. Il tremore dei muscoli non ancora gli passava, e i suoi sensi erano ancora storditi. I draghi erano bravi a scovare tracce di magia, ma non erano cani, il loro fiuto e udito erano ottimi, ma non così ottimi.
Sayer udì una nuova voce, maschile. Doveva trattarsi del cavaliere di cui gli aveva parlato Aki. Che ironia. E così quell’insofferente ragazzino era diventato un cavaliere, e il drago era rimasto amico suo per tutto quel tempo. Sembrava una favoletta per bambini creata apposta per fargli saltare i nervi. Di tutte le possibilità, i suoi corrieri dovevano proprio imbattersi in quel cavaliere… e la sua stessa streghetta, il fiorellino che aveva curato con tanta attenzione e fatica, aveva ben pensato di salvargli la pellaccia. Che scherzo crudele del fato. Ma Sayer era paziente, avrebbe aspettato. Dopo di che, nessuno sarebbe stato al sicuro. Nessuno. Nemmeno quel lucertolone a quattro zampe.
 
***
 
Yusei aveva visto il tetto distrutto dall’alto. Stardust fu l’unico a notare che non esisteva più il velo di magia che nascondeva la casa. Quando arrivò, Yusei ebbe l’impressione che in quella casa fosse passato un uragano. I vetri erano rotti e sparsi ovunque, la porta spalancata. Si precipitò all’interno. Quando fu dentro, si trovò davanti ad uno scenario ancora più catastrofico, e Aki giaceva al centro della stanza, inerte. Yusei pregò fra sé e sé di non essere arrivato troppo tardi. Si inginocchiò accanto a lei, sollevandola delicatamente da terra. Aki respirava ancora, ma era pallida e debole. Qualche vetro volante l’aveva anche ferita qua e là sul corpo, ma per il resto pareva essere tutta d’un pezzo. E nessuno sembrava aver approfittato del suo stato vulnerabile, per fortuna. Era solo incomprensibile cosa diavolo fosse potuto succedere lì dentro…
“Aki? Aki, riesci a sentirmi?” la chiamò ansiosamente. Le scosse leggermente le spalle, ma non reagiva. Stardust li scrutava dall’esterno, silenzioso. Yusei insistette, chiamandola per nome, stringendole le spalle, finché non notò le dita della ragazza muoversi appena. “Aki! Aki, stai bene?”
Aki aprì a malapena gli occhi. Tutto era annebbiato. Qualcuno la chiamava e le stringeva una spalla saldamente. Ma lei era stanca, e voleva solo dormire.
All’improvviso, in un principio di pensiero cosciente, il sinistro sorriso di Sayer le balenò davanti agli occhi. Bastò poco perché Aki ricordasse ogni cosa. Pregò che fosse solo uno scherzo della sua mente esausta, un’invenzione di pessimo gusto dei meandri più tetri del suo cervello. Ma come ritrovò la sensibilità del suo corpo, si accorse di essere stesa a terra, dolorante, aveva la gola secca e davvero qualcuno la stava chiamando. Cercò di mettere a fuoco il suo volto. Quegli occhi blu erano familiari…
Ma certo, era il cavaliere gentile…
“Aki, cos’è successo?” insisteva, come se avesse fretta di sapere. Ma lei era esausta, e di andare di fretta non se ne parlava proprio.
Aki si sforzò di rispondergli, davvero. Ma prima che fosse in grado di pronunciare qualunque parola, due calde lacrime le rigarono il volto. Inutile negarlo a sé stessa, i ricordi erano ormai nitidi. La verità la sapeva.
Il suo amato Sayer l’aveva attaccata e quasi uccisa. E lei non sapeva nemmeno perché.
“Aki… chi è stato?”
La ragazza tentò di articolare suoni coerenti, ma la verità era che non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome. Il pianto le stringeva la gola. Il suo mentore, il suo salvatore, il suo migliore amico l’aveva crudelmente tradita. Se c’era una persona di cui lei era convinta potesse fidarsi, così come un bambino si fida di un adulto intelligente, era Sayer. E ora il suo beneamato custode era diventato il suo stesso carnefice. Il cuore le faceva male come se qualcuno l’avesse fisicamente pugnalato. Non immaginava che il tradimento fosse così doloroso. Così come non immaginava di diventarne vittima, un giorno.
Aki pressò il viso nella spalla del cavaliere, in un vano tentativo di far sparire le lacrime. “A…Andiamo via… ti prego…” singhiozzò, esausta. Ormai pensava solo a quanto volesse andarsene. Scomparire, nascondersi per il dolore e la vergogna di essersi fidata così tanto di un uomo che evidentemente aveva avuto secondi fini sin dall’inizio. Lei non sarebbe rimasta un minuto di più in quelle quattro fatiscenti mura. Pareti che mai l’avevano protetta, piuttosto, ingabbiata fino al momento opportuno.
Yusei era d’accordo: doveva portarla via di lì. Le domande poteva farle in un secondo momento. Ma dove portarla? Forse da Martha? Era vero che lei si trovasse nella città, ma almeno lì non avrebbe corso rischi.
Aki sentì il suo corpo venir sollevato da terra come fosse una piuma. Strano, era convinta di essere pesantissima. A meno che il cavaliere non avesse sviluppato nottetempo una forza erculea, lei non era nemmeno in grado di fidarsi dei suoi sensi. Perché quella pesantezza? Perché si sentiva così prosciugata? Forse era sopravvissuta, ma cosa c’era di diverso nel suo corpo? Cosa le aveva fatto Sayer?
Quando Aki aprì gli occhi di nuovo, Yusei la stava adagiando sul prato. Stardust li attendeva, sdraiato sul ventre. La fissava intensamente. Aki si chiese se fosse cambiato qualcosa nel suo aspetto. Perché il drago la scrutava così? Magari era cambiato il colore dei suoi capelli?
“Aki, come ti senti?”
La strega cercò di raddrizzarsi. Un po’ di forze erano tornate, ma era ancora intorpidita e stanca. Quando però guardò meglio il drago, la ragazza spalancò gli occhi dall’orrore. Si girò su un fianco, ignorando Yusei, e tastò freneticamente l’erba con le mani, come se avesse perso un oggetto. Attese senza fiatare, passarono diversi secondi in completo silenzio, ma non succedeva nulla. Ed era proprio questo il problema: Aki non vedeva più la magia da nessuna parte. Il drago non brillava più, la terra era spenta e fredda. Cercò di far crescere una piantina, ma solo con tremendo sforzo riuscì a far nascere un esile trifoglio. Poi nulla più. C’erano solo quelle tre fragili foglioline e un silenzio assordante a rispondere alla sua angoscia.
Stardust aveva capito, con suo orrore. Qualunque cosa le fosse successa, Aki non aveva più magia nelle vene. Una goccia, non di più.
Aki si mise le mani fra i capelli, la bocca spalancata in un muto grido. Stava di nuovo piangendo. I singhiozzi divennero rantoli d’angoscia. Yusei allungò una mano ma non la toccava, la guardava addolorato e confuso chiedendosi cosa fare, finché Stardust non lo avvisò telepaticamente. Poi anche lui capì. E desiderò di poterla abbracciare per consolarla. Ma non osava avvicinarsi.
Cautamente, sfiorò la spalla di Aki, ma lei scacciò via la sua mano. La ragazza si alzò rapidamente sulle gambe per andar via, ma dopo qualche passo cadde di nuovo clamorosamente a terra. Yusei non si avvicinò molto, ma rimase all’erta. Era impotente davanti a un dolore così grande.
Aki era inconsolabile. Affondava le unghie nella terra, la stringeva, tanto forte da strappare l’erba, ma nessuna magia scorreva fra le sue dita, niente attorno a lei brillava, niente cresceva. Il mondo era diventato un deserto arido.
Il sole calava sul profilo delle montagne, mentre le nuvole divenivano color porpora, come quello dei capelli di Aki. La ragazza alzò il viso rigato dalle lacrime, gridando al cielo tutta la sua disperazione.
Quando non ebbe più voce per urlare, si afflosciò su sé stessa, esalando deboli sussurri. “Ridammeli… ridammi i miei poteri… ridammi la mia magia… ridammi la mia anima…” mormorò, fra le lacrime, come sul punto di svenire di nuovo. Quando parve più calma, Yusei si accostò a lei, sfiorandole cautamente la spalla, chiamandola dolcemente per nome. Aki si voltò, i suoi occhi gonfi di pianto. Cercò di rialzarsi, ma solo per buttare il viso nella spalla del cavaliere, appendendosi al suo collo. Yusei la tirò un po’ su, stringendola finalmente forte a sé. In un altro momento, avrebbe potuto notare che quella che aveva tra le braccia era una giovane e bella ragazza. Ma questo no, non era proprio il momento giusto. A lui importava solo darle conforto, come persona. Aveva fra le braccia una creatura vulnerabile e fragile come porcellana. E lui era un cavaliere, con un compito molto semplice: proteggere chi è più debole.
Aveva il cuore in fiamme. C’erano così tante emozioni contrastanti nel suo petto che il suo corpo quasi tremava. Voleva portarsi via quel dolore ingiusto e atroce, toglierlo dalle spalle di lei ed estinguerlo nelle sue fiamme, voleva fare giustizia contro chi le aveva fatto questo, voleva togliere di mezzo una volta per tutte chi era causa del dolore di un innocente. Se c’era una cosa che non riusciva a spiegarsi, né accettare, era il dolore di chi non aveva fatto nulla per meritarselo. Se odiava il mondo, era perché esisteva il dolore di chi non aveva colpa. Era anche l’unica cosa in grado di farlo reagire con rabbia, di rompere le catene che costituivano il suo autocontrollo, di cui per altro andava molto fiero. Tuttavia, questo era il suo punto debole, e lui lo sapeva benissimo. Ma era anche il suo punto di forza, in un certo senso. Era per proteggere le persone come Aki che la sua esistenza acquistava un senso. Nessuna delle persone che difendeva era santa, sicuramente nemmeno Aki, ma lei si era fatta in quattro per lui quando era debole e vulnerabile. Gli aveva salvato la vita, santo cielo! Era una motivazione più che sufficiente per prenderne le difese, strega o non strega. Questo forse spiegava perché nutrisse sentimenti così forti e contrastanti verso di lei.
“Mi dispiace tantissimo, Aki. Avrei voluto essere rimasto con te, forse nulla di tutto questo sarebbe successo.”
“Non potevi saperlo Yusei, nemmeno io potevo...” cercò di rassicurarlo Aki, ma Yusei poteva vedere che era esausta persino per parlare.
“Non sforzarti, Aki. Ascoltami soltanto. Voglio aiutarti. Se a te va bene, Stardust può portarci in un posto sicuro, dentro il regno. Te la senti di venire con me?”
Aki annuì debolmente. Il pensiero di raggiungere un posto tranquillo, magari una bella casetta con un bel letto soffice, era abbastanza per tirarla su di morale. In tutta onestà, aveva solo voglia di fiondarsi sopra un materasso qualunque e piangere il resto delle sue lacrime, e magari sparire dal mondo per sempre.
“Ormai non ho più una casa, Yusei. Dovunque tu andrai, ti seguirò.”
  
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