Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Luinloth    20/12/2020    7 recensioni
Gli angeli sono scesi sulla terra e hanno soverchiato l’umanità, regredendola ad uno stato quasi medievale. Gli umani lavorano come schiavi alla costruzione di una torre, di diverse torri sparse intorno al globo, ma nessuno sa cosa succederà una volta che il loro lavoro sarà concluso. John Winchester è a capo di una delle cellule della Resistenza e Dean nei confronti degli angeli non ha mai provato altro che odio, per ciò che hanno fatto alla sua famiglia, per ciò che hanno fatto a Sam. Finché, un giorno, Castiel non viene assegnato al suo cantiere e tutte le certezze che aveva iniziano a sgretolarsi. Ma come gli ripete spesso suo padre, un umano non dovrebbe mai fidarsi di un angelo.
80% AU, 20% what if (vi assicuro che non è così complicato come sembra)
Dal testo:
«Perché?» […]
«Perché ho sempre creduto che non mi importasse» […] «Ma mi sbagliavo»
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene



 

30. Aria

 

16 giugno 2009

Castiel era incatenato al centro di una stanza senza ombre.

Nel brevissimo lasso di tempo che intercorse tra lo sparo e il ruggito di dolore che eruppe dalle labbra di Naomi — dirottando immediatamente ogni attenzione su di lei — tutto ciò che la visione periferica di Dean registrò, intorno alla sagoma dell’angelo semi-accasciata sul pavimento, furono solo metallo verniciato in bianco e spigoli perfettamente squadrati.

Se non avesse avuto il blu sgranato dei suoi occhi a fargli da punto di riferimento, il ragazzo non avrebbe saputo distinguere il pavimento dal soffitto, o da una delle pareti liscissime che delimitavano il perimetro del cubo asettico in cui aveva appena fatto irruzione. 

A rompere la stordente identicità di quelle superfici immacolate erano solo lo schizzo di sangue sul muro e la porta alle sue spalle, spalancata sul corridoio buio come la bocca di una voragine infernale.

«TU!»

La pistola sfuggì dalla sua presa prima che Dean potesse premere di nuovo il grilletto: attraversò, volando, l’intera stanza e infine ricadde al suolo lasciando un leggero bozzo sulla parete metallica dove era andata a sbattere. 

Nonostante avesse un braccio fuori uso, a Naomi era bastato un cenno della testa per disarmarlo.

Al movimento seguente della sua mano ancora sana la porta della cella si richiuse di colpo, i contorni dell’anta sbiadirono fino a dissolversi, e fu come se quell’entrata non fosse mai esistita.

Dopodiché Naomi scattò verso di lui e lo inchiodò al muro con la sola forza dell’avambraccio sinistro.

«Come sei riuscito ad arrivare fin qui?» stridette «Chi ti ha fatto entrare nel grattacielo?»

Dean commise il madornale errore di incrociare le sue iridi avvelenate e una fiammata di dolore acuto gli dilaniò il torace, facendolo rattrappire su se stesso.

Lei lo afferrò dal bavero della maglietta e lo sollevò finché i suoi piedi non si staccarono da terra.

«Come hai fatto?» ripetè, sibilando, mentre lui provava invano a liberarsi dalla sua stretta, scalciando e dibattendosi contro il muro «Rispondimi…» continuò soavemente, abbassando la voce e avvicinandosi al suo viso paonazzo «E forse ti riconoscerò la dignità di morire in silenz-»

Dean le sputò in faccia.

«Puttana»

Un secondo dopo si schiantava dall’altra parte della stanza.

Un liquido tiepido e appiccicaticcio gli colò a gocce dentro l’orecchio destro, dal margine aperto della sua tempia spaccata.

«Se questa è la tua decisione…»

L’angelo si ripulì tranquillamente il volto e cominciò ad avanzare — stavolta senza la minima fretta — verso di lui. Il suo braccio straziato tracciava strade di sangue dove passava. 

«Sarò ben lieta di cavarti fuori la risposta in altro modo» mormorò.

«No…»

I passi misurati di Naomi si arrestarono a due metri da Dean. 

«No…»

Più che sorpresa, evidentemente seccata, lei abbassò appena lo sguardo.

Teso — come la catena che lo bloccava a terra — oltre il limite estremo dell’ignobile raggio di movimento cui era stato costretto, Castiel aveva allungato la mano e l’aveva fermata agguantandole l’orlo del pantalone.

Le labbra di Naomi si piegarono in una smorfia.

«La mia pazienza è ufficialmente finita, Castiel» dichiarò, prima di ruotare su stessa e assestargli, con la gamba libera, un calcio in pieno viso.

Castiel rovinò sulla schiena — guaendo un lamento che Dean non sarebbe riuscito a dimenticare fino alla morte — e non fece in tempo a rimettersi seduto che la catena iniziò a sprofondare nel pavimento in cui era stata piantata, accorciandosi sempre di più, finché anche l’ultimo anello di ferro sparì e Castiel non finì bloccato con la faccia a terra, la guancia premuta direttamente sul metallo verniciato. 

Dean non lo poteva guardare.

Mentre i suoi occhi rimbalzavano disperati da una parte all’altra della cella, la sua attenzione ricadde sulla sua pistola, incredibilmente e fortunosamente finita solo a qualche palmo di distanza dal punto in cui lui era stato scaraventato.

Naomi era ancora rivolta verso Castiel.

Il ragazzo trattenne il fiato e scivolò rapido in direzione dell’arma.

«Sorella, basta così»

La pistola si disintegrò sotto le sue dita. 

Sul palmo non gli rimase che mucchietto di limatura scintillante.

Dean alzò lo sguardo, attonito — mentre quella polverina inutilizzabile gli scivolava tra le falangi — e si ritrovò proiettato dentro le iridi indecifrabili di Michael. 

Per una frazione di secondo, dopodiché la soggezione inculcatagli a forza in vent’anni di asservimento terrorizzato lo riportarono con la fronte verso il basso prima che lui potesse anche solo pensare di reagire in modo diverso.

«Puoi andare» la punta candida della sua scarpa destra disegnò un perfetto arco di circonferenza mentre l’Arcangelo si girava verso Naomi «Va’ ad occuparti delle tue ferite» le ordinò «I proiettili che gli umani hanno imparato a fabbricare sono assai più pericolosi di quelli con cui hanno tentato di frenare la nostra venuta, ventisei anni fa» 

In un primo momento lei parve esitare, ma alla fine si schiarì la voce: «Come desideri» sospirò.

Dean racimolò il coraggio necessario a risollevare la testa in tempo per vedere la cornice della porta riaffiorare sulla parete. Naomi, una volta uscita, si riaccostò diligentemente l’uscio alle spalle ma Michael non si diede la pena di farlo nuovamente scomparire.

«Hai il permesso di guardarmi» l’Arcangelo inclinò impercettibilmente il capo, portando le mani dietro la schiena «E voglio che tu lo faccia» 

La punta della sua scarpa ruotò di nuovo, stavolta mirando dritta su di lui.

«Dean, giusto?»

Gli occhi di Michael erano sabbie mobili.

Nel corso della sua vita, lui aveva avuto il dispiacere di trovarsi al cospetto dell'Arcangelo, nonché di fingere di ascoltarlo — disgustosamente solenne nel suo completo immacolato, che sembrava intessuto di diamanti se paragonato agli stracci che invece toccavano agli uomini del cantiere — una volta all’anno, durante il giorno della Celebrazione, ma non era mai stato tanto stupido da rischiare una punizione inutile — e una conseguente sfuriata di suo padre — cercando di incrociare direttamente il suo sguardo.

Dean si sentì sprofondare.

Michael lo osservava placidamente, senza nessuna espressione particolare ma con la scrupolosa attenzione di chi sta esaminando un dettaglio molto importante, e il ragazzo avvertì sottopelle l’impulso istintivo di combattere. Di reagire, di ribattere, di impedirgli di continuare a scrutarlo così, ma allo stesso tempo c’era una benevolenza strana nel colore di quegli occhi — peraltro non ben definibile da quella distanza — da non fargli desiderare nient’altro se non abbandonarsi con fiducia al suo giudizio. 

Come un uomo in procinto di annegare che incominci a soppesare l’idea di lasciarsi andare, anziché continuare a lottare contro la corrente.

«Speravo fossi sufficientemente misericordioso da risparmiare a Castiel questa ulteriore, incresciosa situazione»

L’Arcangelo non attese oltre una sua — decisamente improbabile — replica, raggiunse il centro della stanza, si piegò sulle ginocchia e depositò una carezza leggera sui capelli aggrovigliati di Castiel.

«Va bene… va bene così…»

I suoi polpastrelli scesero giù — sfiorando appena, nel passaggio, il suo zigomo tumefatto — fino a raggiungere il collare di ferro che teneva l’angelo inchiodato al pavimento. 

«E’ tutto finito»

L’anello metallico si aprì di scatto.

Castiel inspirò con violenza dalla bocca, si rigirò su un fianco e tossì, espettorando sangue e saliva. Quando i singulti smisero di scuotergli le spalle curvò la schiena e si portò le ginocchia al petto, ma per il resto non si mosse.

Rimase lì, immobile, con le dita di Michael ancora sospese sopra su di lui.

Le ecchimosi estese, rosse e blu, che gli imbrattavano il collo, facevano a pugni con il colletto bianco della sua camicia.

«Riesci a curarti da solo?»

La fronte dell’Arcangelo s’increspò solo lievemente quando Castiel esalò un gemito passabile per un no.

«Era un’eventualità di cui ero stato purtroppo informato…» sospirò, posando la mano sulla sua nuca livida, per poi passare a strofinargli piano la schiena «La reazione fisiologica del corpo di un angelo al tentativo esterno di fare breccia nella sua mente: i tuoi poteri sarebbero stati la prima parte del tuo organismo che avrebbe risentito dei provvedimenti di Naomi»

C’era qualcosa di profondamente sbagliato nei suoi gesti. 

Nella sua postura, in ognuna delle parole che Michael pronunciava.

Dean non avrebbe saputo spiegare di cosa si trattasse ma sapeva, sapeva — perché lo ricordava, quando Sam aveva quattro anni e il terrore dei tuoni e lui gli accarezzava le scapole ripetendogli di non preoccuparsi, che papà sarebbe tornato presto e che nessun umano era mai morto, nella cava, per un po’ di pioggia, nonostante non fosse vero niente e appena il giorno prima una valanga di fango e detriti ne avesse travolti e ammazzati due — che era sbagliato, era terrificante, che non era quello il modo, che non si consolava qualcuno così.

«La scorsa volta sei rimasto qui tre settimane, eppure alla fine non eri così debole» commentò l’Arcangelo, amareggiato «Ti sei ristabilito subito…»

La schiena di Castiel tremava sotto il suo tocco.

Appiattito contro la parete — nell’angolo dal quale, in verità, non aveva ancora trovato l’ardire di muoversi — Dean vedeva i lembi sgualciti della sua giacca agitarsi a un centimetro dal pavimento.

Michael si voltò di colpo verso di lui e lo paralizzò con un’occhiata di pietra.

«Sarai soddisfatto, adesso» sibilò.

«Io…» 

Dean s’inumidì le labbra. Accostata al timbro lucente dell’Arcangelo, la sua voce assomigliava di più a un fastidioso pigolio.

«Non sono stato io a fargli questo» dichiarò, con tutta la fermezza di cui era capace.

«Ah no?»

«N-non-»

«Tu, miserabile, imperfetta ed egocentrica creatura»

Il suo istinto di autoconservazione lo stava implorando di darsela a gambe — o quantomeno di arretrare e di allontanarsi il più possibile da quell’espressione accusatoria — ma c’erano Castiel e un Arcangelo tra lui e porta, e a forza di indietreggiare Dean era ormai finito con le spalle al muro. 

Le sue unghie grattavano sul metallo verniciato già da qualche secondo.

«E’ sempre stato questo il problema di voi umani»

Michael scosse tristemente il capo.

«Siete talmente effimeri. E le vostre prospettive sono così ridotte. Se solo aveste un briciolo di lungimiranza in più di quella che vi è stata assegnata insieme alla vostra esistenza mortale…» mormorò, afflitto «Capireste che tutto ciò che sto facendo lo sto facendo per voi, e voi soltanto»

«Michael…» 

Se il setto nasale sbriciolato di Castiel non stesse gocciolando rosso — e se l’angelo fosse almeno riuscito ad alzare la testa dal pavimento sul quale se ne stava raggomitolato — Dean gli sarebbe stato grato per aver trovato la forza di aprire bocca e di deviare quello sguardo su di lui.

«Michael, stai…»

«Commettendo un errore?»

Ma in quel momento l’unica cosa per cui Dean pregava era che Anna arrivasse presto. 

Che irrompesse nella cella, che desse inizio all’attacco, che la Resistenza travolgesse gli angeli di guardia al piano terra e cominciasse a risalire all’interno dell’Empire State Building, mettendo a ferro e a fuoco ogni piano che attraversava.   

«Castiel, questa non è una china che vuoi risalire una seconda volta»

Castiel sussultò e tacque.

«Guarda come ti sei ridotto…»

Michael si chinò verso l’angelo e gli prese delicatamente il viso tra le mani.

«Eppure forse davvero…» sussurrò, esaminando lo stato pietoso dei suoi lineamenti maltrattati «Davvero ho commesso un intollerabile errore di giudizio nei tuoi confronti…» 

Castiel sussultò di nuovo.

«Quando ti ordinai di giustiziare Aniel, colei che era tra le tue più care sorelle…» l’Arcangelo si lasciò andare all’ennesimo sospiro addolorato.

«Non avrei mai dovuto chiederti tanto» ammise in un soffio «Puoi perdonarmi per questo, Castiel?»

Dean lo aveva visto ferito.

Lacero ed esausto, con il sangue che gli inzuppava i vestiti e gli colava giù dalla punta delle dita. Lo aveva visto nervoso, frastornato, infuriato, lo aveva visto impotente e disperato e poi lo aveva tenuto stretto mentre piangeva ma mai, mai, sul fondo delle iridi abissali di Castiel, Dean aveva scorto un terrore simile a quello.

«Ma ti prometto che a nessun angelo verrà mai più chiesto di ucciderne deliberatamente un altro, mai più»

Michael era stato la sua guida. Il suo comandante. 

Il suo fratello più amato, la figura di riferimento che più di chiunque altro Castiel aveva sempre rispettato e alla quale aveva sempre obbedito; l’unico Arcangelo al quale, nonostante tutto, si era sempre, ciecamente, affidato. 

Ma il giorno in cui aveva teso il braccio e indicato a lui e Sam la direzione da prendere, lungo i binari della metropolitana, Castiel aveva fatto ritorno a Corte e aveva sperato in una comprensione che non gli era mai stata accordata. 

In un dialogo che non era mai avvenuto e in una pietà che non gli era mai stata concessa.

Il suo comandante l’aveva chiuso in quella cella.

Il suo fratello più amato l’aveva fatto mettere in catene e aveva permesso a Naomi di ridurlo allo spettro esangue di se stesso. 

«E ti prometto che tornerai a essere il soldato fedele che eri un tempo…»

E adesso, a ogni nuova carezza che arrivava a lambire le sue guance livide, Castiel singhiozzava.

«…che le tue sofferenze cesseranno oggi stesso…»

Le labbra di Michael si posarono con dolcezza sulla sua fronte sudata.

«…e che non permetterò a nessun altro umano di farti del male»

L’Arcangelo riadagiò con estrema accortezza la testa di Castiel sul pavimento, ma quando si rimise in piedi le sue ferite, il naso rotto e gli ematomi accesi che si aggrovigliavano sulla pelle traslucida dell’angelo erano ancora tutti lì.

«Mi sono interrogato per giorni su cosa, anzi, su come» esordì poi, e Dean ebbe giusto il tempo di accorgersi del fruscio morbido dei suoi pantaloni immacolati e del refolo freddo — che s’insinuò sotto la sua maglietta — provocato dal rapido spostamento d’aria.  

Al suo successivo battito di ciglia l’Arcangelo lo aveva già raggiunto, lo aveva afferrato per il collo e lo aveva tirato su.

«Come abbia potuto un qualunque, anonimo essere umano, condurre un angelo alla follia»

Grigi.

Gli occhi di Michael erano grigi e sfolgoranti come il mercurio. 

Dean si aggrappò con tutte le sue forze alla sua manica candida e provò a spingerlo via ma era una lotta impari e, piuttosto che contro un braccio e delle dita, lui aveva la sensazione di star combattendo contro la radice inamovibile di una quercia. 

«Ad ogni modo, adesso sei qui» 

E Anna ancora non arrivava.

Perché Anna non arrivava?

«Per cui non perderò ulteriormente tempo a tormentarmi su domande prive d’importanza» concluse l’Arcangelo, facendo giusto un mezzo passo indietro; dopodiché socchiuse le palpebre e si chiuse in uno strano silenzio calcolatore, come se stesse prendendo le misure di qualcosa alle spalle del ragazzo.

Infine, allungò lentamente la mano libera — quella che non sembrava intenzionata a sfondare la trachea dell’essere umano che teneva ancora per il collo — verso il muro, e l’illuminazione della cella cambiò.

Il bianco elettrico del filo al neon che scorreva sul soffitto sbiadì miseramente, mentre la luce calda e dorata del mezzogiorno di giugno invadeva la stanza e ne sfumava di ombre tutti gli spigoli.

Dean poteva percepire il calore del sole sulla sua schiena. 

Il venticello leggero che gli sfiorava le caviglie. 

Quello che poteva essere lo stridio lontano di un gabbiano, o di chissà quale uccello marino.

«Tu oggi morirai, Dean Winchester, e tanto basta»

I suoi piedi che dondolavano nel vuoto. 

La parete bianca della cella non c’era più, e lui era sospeso a trecento metri d’altezza: sul bordo di ciò che un attimo prima era un banalissimo pavimento d’acciaio e che si era appena trasformato in un panoramico, e altrettanto terrificante, affaccio a strapiombo sulla devastazione di New York.

I Collaborazionisti infedeli Michael li fa volare giù dall’ultimo piano. 

Non ricordava nemmeno più chi glielo avesse detto.

«E con te, finalmente…» proseguì l’Arcangelo, inesorabile «Morirà anche l’insano germoglio che sei riuscito a piantare nella mente di Castiel»

Se anche Anna fosse arrivata in tempo per salvarlo, Michael l’avrebbe schiacciata sotto la suola della sua scarpa come fosse una formica: non sarebbe mai riuscita a coglierlo di sorpresa.

Avrebbe lasciato precipitare lui giù di sotto e — nel pugno di secondi che il ragazzo avrebbe impiegato a raggiungere l’asfalto e a sfracellarcisi sopra — avrebbe riportato il muro al suo posto e sarebbe partito alla ricerca di Sam, o di qualunque altro umano tanto spavaldo da osare intrufolarsi all’interno dell’Empire State Building.

Avrebbe trovato gli uomini della Resistenza, nel tunnel tra la quinta e la trentaquattresima strada, e li avrebbe fatti a pezzi.

Era stato tutto inutile.

Non avrebbero mai vinto.

La Resistenza non avrebbe mai vinto.

Loro non erano che fragili creature mortali, e di fronte a lui c’era un Arcangelo che aveva appena polverizzato una parete d’acciaio — il cui spessore doveva ammontare ad almeno due metri — con il solo tocco della mano.

Dean smise di divincolarsi.

Le braccia gli ricaddero lungo i fianchi e le sue gambe smisero di scalciare.

«Non mi aspetto che tu capisca» mormorò Michael, con una nota disgustosamente indulgente nella voce «Nè che voi umani capiate»

La morsa che a ogni secondo pareva stringersi sempre di più intorno alla sua gola era l’unica cosa che ancora trattenesse il ragazzo dalla caduta libera.

«Dopotutto, l’ingratitudine è sempre stata la vostra principale caratteristica, insieme alla più totale mancanza di predisposizione al sacrificio» concluse.

La saliva di Dean s’impastò in fiele e un sapore amaro gli riempì la bocca.

Non voleva.

Non voleva andarsene con la compassione ipocrita di Michael che gli risuonava nelle orecchie.

Non voleva che l’ultima immagine che si sarebbe portato via nell’oltretomba fosse la pietà distorta riflessa nei suoi occhi d’argento.

Non se c’era Castiel raggomitolato al limite estremo del suo campo visivo.

Non se anche l’angelo si era penosamente trascinato fino all’altro angolo della cella, soltanto per riuscire a guardarlo. 

Dean sentì il proprio respiro ridursi a un filo, mentre tentava di ruotare il collo della manciata di gradi necessaria a raggiungere con lo sguardo quelle due schegge bluastre che lo fissavano: i cocci di tutte le notti stellate che Naomi aveva frantumato dentro le iridi di Castiel.

Avrebbe voluto avere fiato per dirgli molto di più. 

Avrebbe voluto raccontargli di Jack — dell’ingenuità gentile dei suoi eterni sedici anni — del sorriso di Sam che aveva sentito attraverso la maglietta, la prima notte al bunker, di Missouri, di Aniel — di Anna — del rosso improbabile dei capelli di Charlie — un colore meno assurdo solo del turchese trasparente dei suoi occhi —, di Rufus, e di Kevin, di cosa stesse realmente cercando Crowley nella sua biblioteca. 

Avrebbe voluto abbracciarlo, e baciarlo, fargli sapere che non c’era niente di cui avere paura, perché una volta che che Dean Winchester sarebbe morto lui sarebbe ritornato ad essere quello di prima, l’angelo strambo e generoso che era stato, si sarebbe ripreso, i suoi poteri sarebbero ritornati, Naomi non l’avrebbe più toccato, sarebbe stato di nuovo bene. 

Avrebbe voluto implorare il suo perdono, se solo avesse avuto abbastanza aria nei polmoni. 

«I-io…» 

Ma stava lentamente soffocando.

Non credeva che Michael avesse realmente intenzione di strangolarlo, prima di buttarlo giù dal grattacielo. Più probabilmente, l’Arcangelo non era capace di calibrare la propria forza intorno alla sua esile gola umana. 

«…ti amo Cas-»

Michael lo lasciò andare.

La sua voce si perse nel vento.












Ok. Ok.
Ok lo so che questo non è propriamente il capitolo migliore da regalarvi per Natale, ma le tempistiche sono quelle che sono, purtroppo -.-
Come sempre, grazie per le vostre recensioni, grazie per l’affetto (e la pazienza) con la quale continuate a seguire questa storia. In questi tempi confusi non so più nemmeno quali parole spendere per queste festività, perciò vi auguro di trascorrere un Natale, quantomeno, sereno.
Ci rivediamo tra due settimane.
Take care ❀*

 

Through the years we all will be together
If the fates allow
Hang a shining star upon the highest bough
And have yourself a merry little Christmas now

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Luinloth