Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Fafanella    20/12/2020    6 recensioni
Un po' di romanticismo abbinato al Natale non guasta mai.
Il ramoscello di vischio ha un unico significato, anche dove questa festa viene vissuta diversamente.
1) Kojiro e Maki.
2) Genzo e Naoko.
3) Ryo e Yukari.
4) Jun e Yayoi
5) Hikaru e Yoshiko
6) Taro e Kumi
7) Tsubasa e Sanae
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: quasi tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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21 DICEMBRE
 
 
Prendo l'ennesima maglia e l'appallottolo buttandola sul letto con rabbia. Mi siedo e mi maledico, perché mai mi sono andato ad impelagare in questo genere di cose? Non sono un tipo da appuntamento io, le ragazze mi terrorizzano. Eppure con Akamine è stato sempre tutto facile, perché adesso mi sento così nervoso? Sono stato io a proporle di vederci dato che era da una sua parente qui in città, e l'ho fatto perché ho il desiderio di rivederla, solo che non mi ero reso conto che... quando con schiettezza mi ha domandato "Mi stai chiedendo di uscire con te? Si tratta del nostro primo appuntamento?" mi sono pietrificato. Non riuscivo più a respirare, per poco non svenivo, ho iniziato a sudare freddo, credo di aver emesso un suono che voleva essere un sì, e come sempre è stata lei a togliermi da ogni impiccio decidendo giorno e ora. Quel giorno è oggi e io sto nuovamente avendo un attacco di panico. Mi siedo sul letto sconfitto portandomi le mani nei capelli e sto per maledirmi ancora quando mia madre entra nella stanza e con fare sereno si avvicina a me con una camicia blu "Dovresti indossare questa!"
Ora mi sento ancora più imbarazzato.
"A tuo padre stava molto bene. Indossava sempre una camicia quando voleva fare colpo su di me."
Divento rosso all'istante e inizio a camminare in circolo cercando di trovare qualcosa di sensato da dire.
Mia madre non si scompone, toglie la camicia dalla cruccia e mi invita ad indossarla. Con calma me l'abbottona, mi arrotola di poco le maniche sugli avambracci, mi sistema il colletto e lisciando il tessuto sui miei pettorali "Sei quello che gli somiglia di più, sia come aspetto che come temperamento e..." mi sorride con dolcezza "Sei bello come lo era lui, vedrai che le piacerai molto."
Avvampo nuovamente facendola ridere e portandola a dire "Sei come tuo padre anche in questo, era molto timido!"
"Io, io... non sono... è solo che..."
"In verità è un bel contrasto, a noi ragazze piace!" poi mi fa un'occhiataccia e prosegue "E non azzardarti a dirmi che non sono più una ragazza, altrimenti ti faccio vedere chi è la vera tigre fra noi?!"
La fisso sbalordito mentre ride ancora, poi mi prende per mano, mi conduce alla porta, mi fa infilare il piumino, la sciarpa e le scarpe, mi guarda un'ultima volta e asserisce felice "Ho fatto proprio un bel ragazzo, sono stata molto brava."
"Mamma ma che..."
"Shhhh non mi contraddire e adesso va, che la tua ragazza ti aspetta."
Mi traumatizza così, mentre mi spinge fuori.
L'aria gelida di questo primo giorno d'inverno mi aiuta a tornare ad una temperatura corporea accettabile. Nel tragitto ripenso a mio padre, ai miei occhi è sempre stato un uomo sicuro e caparbio, un gran lavoratore e anche una sorta di eroe. Ogni sera appena rientrava, la prima cosa che faceva era baciare mia madre. Controllava fossimo tutti impegnati in altro e le accarezzava la schiena con il palmo aperto per farla voltare verso di lui, solo per avere un accesso più rapido alle sue labbra e il bacio che le dava, era casto e carico di devozione. Poi si lavava le mani in cucina e ci chiamava, ci abbracciava tutti contemporaneamente e cercava di sollevarci insieme. Io tentavo sempre di divincolarmi, ero il maggiore, non volevo far capire che quelle smancerie erano la mia debolezza, ma lui mi sussurrava sempre "Amare, amare la propria famiglia non è mai una vergogna" e mi accarezzava la testa con comprensione. Chiedeva ai più piccoli se avevano fatto i compiti e poi si rivolgeva a me "Andiamo a fare due tiri in strada campione?!"
Era capace di dare attenzioni a tutti. Un uomo semplice, timido ma presente.
Una voce a me cara mi distoglie da quei ricordi "Stai pensando a qualcosa di bello a giudicare dal tuo sorriso!" 
Fermo il mio incedere e la guardo, forse ho un'espressione un po' smarrita perché si affretta a dire "Non intendevo che stavi pensando a me, non mi fraintendere" abbassa per un istante gli occhi fingendo di aggiustarsi la tracolla della borsa.
"A mio padre, stavo pensando a mio padre" le rispondo ancor prima di salutarla.
Si apre in un sorriso dolce e vorrebbe forse dire altro, io inclino un po’ la testa verso destra e le sorrido di rimando sapendo che avrei avuto la stessa espressione pensandola.
Anche lei è un bel pensiero per me!
Improvvisamente arrossisce e per la prima volta, credo sia senza parole, vorrebbe esprimersi ma non emette suoni, non so perché la cosa mi fa ridere "Non eri tu la chiacchierona? Ora cosa ti prende?"
"E’ solo che tu... tu mi stai... mi stai guardando in un modo che... e comunque non mi hai neanche... neanche salutata."
"E' bello rivederti Akamine!" replico con tranquillità, improvvisamente le mie insicurezze sono svanite, perché con lei mi sento a mio agio.
"Offrimi una tazza di tè sto diventando un cubetto di ghiaccio!" mi impone spingendomi per farmi camminare.
Entriamo in un locale nelle vicinanze, nell’aprire la porta veniamo quasi soffocati dal caldo eccessivo, tolgo il giaccone ancora sull’uscio e, quando mi srotolo via anche la sciarpa, finalmente torno a respirare “Perché diamine mettono l’aria calda così forte?” e la cerco per poter continuare a lamentarmi, ma mi fissa in un modo strano “Che c’è?”
Sbatte le palpebre mentre i suoi occhi percorrono il mio corpo più volte.
“Cosa c’è?” le chiedo ancora.
“Eri così anche l’ultima volta che ci siamo visti?”  
Alzo un sopracciglio e indago “Cosa intendi?”
Mi indica gesticolando molto, troppo, la cosa inizia a imbarazzarmi così le prendo la mano e mi dirigo verso un tavolo vuoto costringendola a sedersi, mentre io prendo posto di fronte a lei.
Si morde il labbro più volte e scuotendo la testa “Sono certa che non eri così… o sì? E’ come sei vestito forse…”
“Perché cos’ho che non va?”
“CHE NON VA?” sbatte le mani sulla tavola e si sporge verso di me alzandosi, di contro indietreggio sulla sedia e cerco di rabbonirla “Per-Perché stai facendo… così? Non possiamo fare come al solito che tu parli, parli e parli, mentre io ti ascolto?”
“E’ la seconda volta che mi dai della chiacchierona e comunque, credi sia facile mantenere una conoscenza telefonica se dall’altra parte c’è quasi sempre il silenzio?”
La cameriera mi salva “Cosa vi porto?” ci domanda mordicchiando la penna senza togliermi gli occhi di dosso, cosa che mi mette ancora più nei guai.
“PRENDIAMO DUE TAZZE DI TE’!” ruggisce Maki facendomi sobbalzare.
La poveretta corre via e lei si siede con fare sconcertato e infuriato, poi mi punta e insiste “Lo vedi che sei diverso? Quando ci siamo conosciuti nessuna faceva la svenevole con te. Sicuramente incutevi un certo timore mentre cercavi di abbattere un albero a suon di calci, ma…” inizia a togliersi i guanti, la sciarpa e si sbottona il cappotto. Solo adesso mi rendo conto che indossa una gonna e quando si libera definitivamente capisco che anche lei è cambiata; è una donna.
Deglutisco e cerco di non farle comprendere che sto memorizzando ogni dettaglio: i capelli leggermente più lunghi la rendono molto femminile, sarà anche merito di quella treccia sul lato destro che sembra quasi una rasatura. Credo si sia truccata, ha le labbra lucide e rosse, come se fossero fatte di gelatina, gli occhi profondi con una sfumatura tutto intorno che li rende espressivi e intensi. La camicia color porpora di un tessuto leggero con un nodo al collo e il cardigan blu con i bottoni che le partono proprio sotto il seno. Un seno abbondante e sodo che si alza ritmicamente ad ogni suo respiro.
La cameriera torna e nel porgerci il tè “Posso portarvi anche qualcosa da mangiare?” usa il plurale nonostante si rivolga solo a me, rispondo senza smettere di fissare la bocca di Maki “Gelatina, vorrei della gelatina di fragole!”
“Io un mochi con confettura di fagioli rossi!” non viene ascoltata e così tamburella sul vassoio della tipa per attirare la sua attenzione, facendola spaventare. Le ripete ciò che vuole e poi la guarda male fino a che non scompare.
Sospira e si lamenta “Era necessario vestirsi così? Perché diamine con le camicie siete tutti degli stra-fighi?! Fortuna che sei seduto altrimenti non farebbero altro che guardarti il c…” si morde ancora le labbra e si rimprovera “Hai ragione tu, uffa, sono una chiacchierona, non so tenere a freno la lingua.”
La trovo bellissima in questo momento, mentre si tortura le mani ed evita di incrociare i miei occhi, poi entra nuovamente in assetto da guerra e capisco che sta tornando la cameriera che, questa volta, lascia tutto sul tavolo rapidamente e si dilegua.
Bevo un po’ del mio tè e gioco con lei “Perché indossi i colori del Barcellona, io andrò a giocare in un’altra squadra.”
“Lo ricordo perfettamente, ma questi colori mi stanno bene e volevo…”
“Concordo!” la interrompo facendola arrossire ancora, poggio la mia tazza di tè e le rubo il mochi dal piatto.
“Ehi quello è il mio!” si alza con fare minaccioso e cerca di riprenderselo, ma riesco comunque a rubarne un morso.
“Non è giusto, avresti dovuto ordinarne uno an…” non termina la frase, con le dita mi toglie una rimanenza di zucchero a velo poco sotto il naso.
I suoi polpastrelli sono gelati, istintivamente le afferro quella mano e dopo aver ingoiato il mio boccone, avvicino le labbra alle mie che hanno creato una capanna intorno alla sua per riscaldargliela.
Dopo qualche istante sussurro “Era vero che stavi diventando un ghiacciolo. Forse avresti dovuto indossare qualcosa di più pesante.”
“Io… io volevo… volevo essere più… femminile e ...” ma non termina la frase, si limita a guardarmi negli occhi nel frattempo che proseguo a riscaldarla. Poi si fa spazio fra le mie con l’altra mano e afferma “Anche questa è… ancora fredda… potresti…”
Annuisco e proseguo ciò che stavo facendo.
"Il blu ti sta molto bene" mi dice con tono pacato.
"Non mi sembravi entusiasta del mio abbigliamento pochi minuti fa."
"Sei un cretino!" esclama imbronciata, facendomi sorridere, cosa che la fa agitare e si divincola affermando "Sono calde adesso, grazie!"
"Allora come prosegue con la tua squadra, capitano?" le chiedo per scegliere un argomento che la faccia sentire sicura, e infatti, diventa un fiume in piena, mi racconta di una nuova compagna di squadra con la quale non riesce ad instaurare un rapporto. Una tipa caparbia e cocciuta, così le suggerisco "Sfidala! Tu contro di lei."
"Cosa? Dovrei quindi fomentare quest'astio?"
"No, le darai un motivo per rispettarti, indipendentemente da chi sarà la vincitrice."
"E' per questo che sfidi sempre tutti?"
Mi affogo con il tè e mi lamento "Non sfido costantemente le persone, io!"
"Devo farti l'elenco? Il primo fra tutti è..."
"Ok, non me lo nominare, ho capito. Forse hai ragione tu."
"Forse? Salto il primo, il secondo è Ozora, poi c'è stato Misugi, poi quello che viene dal nord, non ricordo il nome..."
"In verità a loro non li sfido, mi confronto."
"Adesso, ma inizialmente non è stato così."
"Perché sfidandoli sono stato rispettato e li ho rispettati a mia volta, ma stavamo parlando di te e della tua nuova compagna di squadra."
"Sì, ma mi piace ascoltarti, quindi possiamo anche parlare di te e dei tuoi compagni e... prometto che eviterò l'innominabile."
Le faccio un'occhiata contrariata e lei scoppia a ridere affermando "Non è che in realtà è quello che ti sta più simpatico fra tutti perché ti somiglia?"
"Non diciamo sciocchezze, non abbiamo nulla in comune noi due."
"Sarà, ma è l'unico che ti sprona a fare sempre meglio."
"Solo perché non sono ancora riuscito a segnargli da fuori area."
Poggia i gomiti sul tavolo e il viso nelle sue mani, è radiosa e dolcissima mentre puntualizza "Però basta parlare di lui per farti scorrere l'adrenalina nel corpo."
"E' un degno avversario" ribatto girando il viso verso destra, ma me lo volta e mi coregge "Il tuo più grande avversario!"
"Avevi detto che non avremmo parlato di lui" accigliato e contrariato.
Mi scruta attentamente e mi imbarazza dicendo "Sei bello anche quando ti arrabbi!" appena termina la frase si rende conto e anche lei si imbarazza, si alza affermando di dover andare in bagno ed io resto impalato come un idiota.
Ho il viso che con ogni probabilità sarà un semaforo rosso e il caldo mi toglie nuovamente il respiro, tanto da dovermi sbottonare un po' la camicia e tirare ulteriormente su le maniche.
Quando torna, sembra ancora molto imbarazzata, in silenzio beve il suo tè e mangia il dolce. La cosa inizia a rendermi nervoso, non so cosa dire per smorzare questo momento, in genere è lei a cavarmi dagli impicci. 
Mangio la mia gelatina alla fragola, che in realtà non mi piace affatto, perché cavolo l'avrò ordinata è un mistero.
Respiro profondamente e mi arrovello il cervello per trovare qualcosa da dire, ma più ci penso e più brancolo nel buio. Fa nuovamente troppo caldo, così cerco di far salire ancora un po’ le maniche della mia camicia.
Senza guardarmi afferma "La strapperai così, non le puoi arrotolare oltre."
Quando posa la sua tazza mi rendo conto che è vuota e ne approfitto "Ti andrebbe di fare una passeggiata? Fa troppo caldo qui dentro."
"Certo, possiamo andare."
Nel frattempo che si mette il cappotto vado a pagare e quando torno la trovo con una faccia accigliata e irritata.
"Cosa c'è?" le domando.
"Come fai a non rendertene conto? Non ti senti osservato?"
"Rendermi conto di cosa?"
Mi indica qualcosa alle mie spalle, mi volto e diverse ragazze mi stanno fissando, ma non mi interessano anzi, in realtà mi infastidiscono "Non è una cosa che noto!" replico asciutto.
"Come si fa a non notare delle cretine che ti sbavano dietro?"
Indosso il cappotto e con sincerità "Perché è avanti che guardo" e incrocio i suoi occhi furenti che si rabboniscono rapidamente "Inoltre le ragazze mi terrorizzano, in genere."
Si trattiene dal ridere e curiosa "Che significa che ti terrorizzano?"
"Che mi fanno paura."
"La tigre che ha paura di semplici ragazze indifese?"
"Sì!" 
Scoppia a ridere e io mi avvio all'uscita, sto soffocando.
Fuori dal locale finalmente torno a respirare normalmente, stringo la sciarpa nella mano destra ed evito di abbottonare il mio piumino, non mi dispiace quest'aria pungente.
Con la coda dell'occhio la vedo rabbrividire ad una folata di vento, istintivamente mi fermo e le avvolgo anche la mia sciarpa al collo affermando "Sei freddolosa."
"Ci sono 2 gradi e non sono neanche le 16.30, sei tu ad essere troppo focoso!" sentenzia senza riflettere, poi sgrana gli occhi e si morde il labbro lamentandosi "Ma perché non sto mai zitta?!" sprofonda la testa nelle spalle e cerca di nascondersi completamente. 
Resto con le mani vicino al suo corpo mentre stringo ancora la lana e scoppio a ridere.
Si nasconde di più e mi dà un pugno sul petto "Smettila di ridere, è imbarazzante!"
"Hai ragione, scusami... ma devo ammettere che sei pazza e buffa."
"Dovrebbero essere dei complimenti?"
"No!" e rido più forte.
"Non eri terrorizzato dalle ragazze tu? Non mi sembra di farti particolarmente paura."
"Non... Non tu. Tu sei la mia chiacchierona" ribatto ridendo ancora.
"Oh e dai però, smettila, io...io... mi sento a disagio..." si imbroncia a si allontana ma non si rende conto che sta arrivando un tipo in bici a tutta velocità, così l'afferro e la stringo a me facendo qualche passo verso un portone nelle vicinanze.
"Stai bene?"
Non mi risponde, ma sento le sue mani farsi strada sulla mia schiena da sotto il cappotto e nonostante abbia i guanti sono gelate. Un brivido mi attraversa il corpo e il cuore inizia a battere in maniera strana, soprattutto quando arriva a stringermi completamente.
Non è la prima volta che ci abbracciamo, era già successo quando la sua squadra aveva perso, ma ora è diverso, ora c'è qualcosa che mi lega a lei.
"Maki" sussurro, è la prima volta che la chiamo per nome, ha un sussulto che mi porta a scostarmi leggermente con il busto per poterla guardare negli occhi.
Trema quando cerco di alzarle il viso e le domando ancora "Stai bene?"
Scuote la testa in un no e mi allarmo "Ti ho fatto male? Quando ti ho afferrata ti ho fatto male? Maki!"
"No, solo vorrei essere diversa e invece... sono impulsiva, chiacchierona, pazza e buffa."
Faccio un paio di passi ruotando verso sinistra per portarla spalle al portone e proteggerla da sguardi indiscreti, il mio corpo le fa da scudo e la invito "Potresti guardarmi per favore?"
Nega ancora con la testa, ma le sue mani stringono maggiormente il tessuto della mia camicia.
Mi faccio strada nei vari strati di sciarpa e le sollevo il viso, un viso arrossato con degli occhi liquidi che cercano di non incrociare i miei, spaziano oltre me, verso l'alto e incappa in qualcosa che la agita così anche io guardo sopra la mia testa e noto un ramoscello di vischio.
Mentre torno a lei il mio cuore pompa poderoso, cerca di divincolarsi, di allontanarsi mentre si giustifica "Non ho... non ho pensato a niente, davvero! Riprendiamo la passeggiata, vuoi?" 
La tengo bloccata ma annuisco, la cosa sembra tranquillizzarla perché sospira e argomenta ancora "Scusami e che certe volte non vorrei dire le cose che dico, non vorrei fare le cose che faccio e invece faccio e dico sempre tutto e hai ragione tu, sono pazza e buffa, quando invece dovrei essere una donna ormai, ma mi impegnerò, perché voglio migliorare e voglio piacerti perché tu mi piaci tanto e..." sgrana ancora gli occhi e assume un'espressione avvilita, colpevole fa un passo indietro e sbatte contro il portone, torna ad alzare il viso ma lo riabbassa subito arrossendo di più e tremando.
Si fa coraggio e mi affronta "Lo so, non avrei dovuto dirlo ma ormai l'ho fatto e..."
La faccio tacere poggiando le mie labbra alle sue, sono fredde ma morbide ed effettivamente sanno di fragola. Le accarezzo con calma, le assaporo e inizio a conoscerle. Mi interrompo per dirle qualcosa che deve sapere "Mi piaci già e mi piaci così, pazza e buffa."
Torno su quella bocca dolce e sensuale e questa volta gliela schiudo per avere un bacio vero. Inizialmente le nostre lingue si muovono con un po' di incertezza, poi trovano il loro ritmo, i nostri respiri si fondono e così anche i nostri gusti. La stringo di più e la sento completamente arresa a me, come fosse mia e mia soltanto.
Ci allontaniamo e la vedo liberarsi di tutti quei giri di lana intorno al collo, scoppio a ridere e mi rimprovera "Non ridere, fa caldissimo adesso!"
Mi allontano e la vedo respirare a pieni polmoni, infilo le mani in tasca e la esorto "Camminiamo?"
"Ok, ok!" si sfila il guanto destro, si mette sottobraccio e mi prende la mano che è nella mia tasca facendomi rabbrividire.
"Non avevi detto di sentire caldo?" le domando.
"No, sì, ho anche detto che sei tu quello focoso fra noi..." poggia la testa sul mio braccio e si lamenta "Maledizione, le ripeto anche certe cose che non dovrei proprio dire."
Scoppio a ridere nuovamente mentre lei si lamenta ancora.
 
   
 
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