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Autore: EleWar    21/12/2020    14 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Trafelata arrivo di gran carriera e col fiatone! Ecco a voi il cap 15 (grazie a MarinBriz, la betatrice più veloce del west :D)
Scusate il “ritardo” e… dateje giù con la lettura! XD XD XD
Eleonora



Cap. 15 Il piano
 
  
“Andiamo?” chiese Miki a Reika.
 
“Sì, ci sono!”
 
“Kaori si è offerta di intrufolarsi nella cabina dei Sora, per cercare tracce del furto e della refurtiva, mentre noi non dovremo perdere di vista i sospettati” ricordò la mercenaria, appena uscite dall’alloggio, dirigendosi a passo svelto verso la sala principale dei ricevimenti.
 
“Ho sentito mentre lo diceva… speriamo che la banda sia composta solo da loro quattro, e non ce ne siano altri in giro.”
 
“Già, speriamo” fece di rimando Miki, per poi aggiungere: “E Kaori dovrà pure far presto, che i Sora si ritirano presto nei loro alloggi, con la scusa che sono anziani e non gli piace far tardi. Ma… secondo te, sono vecchi veramente, o hanno un travestimento? In fondo si è sempre detto che il Camaleonte è imprendibile perché è abile nel camuffarsi, e se poi sono più di uno è ancora peggio!” domandò infine la barista alla sua collega ritrovata.
 
“Tutto può essere… dovrei vederli da vicino per giudicare. Magari stasera faccio la pazzia e invito a ballare il signor Taiyo!” esclamò Reika con una risata.
 
La cosa poteva apparire insensata, una trovata delle sue, eppure l’investigatrice non aveva tutti i torti: alla fine dovevano controllare i quattro sospettati, e cioè i coniugi Sora, Momo ed Iro, e quale modo migliore se non quello di ballare con uno di loro, con quello che avrebbe potuto essere il capo della banda?
I segnali dei gioielli rubati a Kaori e a Miki portavano dritti nella sua cabina, e finché lui avesse volteggiato fra le braccia dell’affascinante Reika, nemmeno sua moglie Tsuki si sarebbe mossa di lì.
La detective, suo malgrado, aveva avuto una bella idea.
Poi chiese alla compagna:
 
“Quando sei andata da loro, non hai notato nulla di strano?”
 
“A dir la verità, a parte aver dovuto attendere fuori un po’, e sentito tutto quel trambusto dentro prima di farmi entrare, sembrava tutto normale… normale come può essere un alloggio messo a soqquadro dai ladri” fece un’alzatina di spalle, e dopo una pausa aggiunse: “Non so perché alla fine non mi sia sentita di dirgli che avevo subito la stessa sorte. Forse perché, al contrario, il mio alloggio era rimasto intatto. Se non fosse stata Kaori a suggerirmi di controllare i gioielli, forse non me ne sarei accorta che molto dopo. Figurati che il bracciale con la trasmittente credevo di averlo perso! Sarà stato il mio sesto senso che mi ha spinto a tacere!” finì per ridacchiare piano l’ex-mercenaria.
 
“Hai ragione, hai fatto bene!” la gratificò Reika, e aggiunse: “Forse il furto che hanno subito i Sora non era vero, e lo hanno inscenato loro per depistare le indagini. Nemmeno gli altri due sembrano essere quelli che dicono…” e la ragazza glissò sul fatto che avesse avuto un incontro abbastanza rovente con la parte maschile del duo.
 
“Saeko ha detto che effettivamente esiste una Momo Momotaro, figlia di un magnate dei colori, ma che è perennemente in viaggio, e così poco dedita alla vita sociale, che è difficile anche reperire foto che la ritraggono per fare un paragone. Pur concedendosi spesso delle crociere come questa, è un tipo estremamente solitario che dà poca confidenza agli estranei… Tutto il contrario della nostra Momotaro… che però non fa di lei, per questo, una ladra di professione. La vera Momotaro, inoltre, è ricca sfondata e potrebbe comprarsi una nave da crociera come questa, se volesse… quindi non avrebbe nemmeno bisogno di rubare. Dobbiamo essere sicure che non sia veramente lei la ladra, altrimenti, se la tirassimo dentro apertamente in un casino del genere, potrebbe distruggere noi e l’intera polizia di Tokyo: la sua famiglia è estremamente potente. Discreta, ma potente” ragionò Miki.
 
“Esatto! E anche il suo fantomatico fidanzato, Iro Murasaki, non è da meno. Effettivamente i due, in passato, hanno avuto una relazione ufficiale, ma poi lui si è dato alla macchia; qualcuno ipotizza che sia successo quando si era iniziato a parlare di matrimonio. Questi sono i pettegolezzi che mia sorella ha raccolto per vie traverse, e che ha comunicato a Kaori per telefono quando si sono sentite, oggi pomeriggio. In ogni caso anche lui, al momento, risulta non reperibile altrove, se non qui, a bordo di questa nave… quindi potrebbe essere lui veramente, o un impostore che si finge lui per i suoi loschi traffici. Perché il vero Iro Murasaki ha una rendita di tutto rispetto, e se si dedicasse al furto sarebbe solo per passatempo… o per malattia, nel caso fosse un cleptomane. Ma questi furti sono tutto tranne che opera di un nevrotico che ruba in maniera disordinata e compulsiva” argomentò Reika, con il suo solito acume, finalmente a pieno regime.
 
Perdere Reika nelle indagini, sarebbe stato davvero un peccato, pensò Miki, e sorrise fra sé.
 
Parlando e ragionando, le due splendide ragazze erano arrivate alla sala del ricevimento; presentarono gli inviti all’ufficiale addetto all’entrata, il quale ne controllò i nominativi nella lista, e facendo un cenno ad un suo collega, che le avrebbe scortate al tavolo del capitano, con un lieve inchino le lasciò passare.
 
“Quanto era carino quel bel marinaretto!” cinguettò Reika.
Sì, non c’erano dubbi: era tornata quella di sempre, ma Miki puntualizzò:
 
“Quello era un ammiraglio… però sì, hai ragione, non era niente male” e si portarono una mano alla bocca a nascondere quel principio di ridarella.
 
Era un sollievo potersi far vedere insieme, e non dover più fingere di non conoscersi affatto; le faceva sentire meno sole e soprattutto adesso, che non avevano più gli auricolari per comunicare a distanza, era inevitabile stare vicine per discutere, parlare del caso e decidere di volta in volta il da farsi.
E comunque quella era la sera del secondo giorno, e chi avrebbe avuto da ridire se due donne sole avessero fatto conoscenza e amicizia durante la crociera?
Sarebbe stato del tutto normale.
 
Miki aveva portato con sé il rilevatore portatile, sempre sapientemente nascosto nel suo libro; forse avrebbe fatto la figura dell’eccentrica, ma fra i ricchi chi non lo era?
Inoltre, i convitati del capitano conoscevano tutti la vera identità delle ragazze e di Ryo, quindi non correva nessun pericolo di essere sorpresa a sbirciare fra le pagine di un libro che non era tale.
 
Quando le due giunsero al tavolo, scortate dal loro steward, Ryo e Kaori erano già seduti, come pure il capitano Musashi e gli altri sottufficiali.
Gli uomini si alzarono in un gesto di ossequio che, seppur formale, gratificò le donne appena arrivate.
Poi Reika posò fuggevolmente lo sguardo su Ryo, che quella sera era più bello del solito nel suo smoking blu scuro, e le si strinse il cuore quando vide che la sua mano era appoggiata mollemente al braccio della socia; quel gesto esprimeva un affettuoso possesso che le fece male.
Distolse subito lo sguardo che finì però su Kaori, la quale le sorrise semplicemente; forse aveva capito tutto o forse no, non lo diede a vedere.
Avere la comprensione di Kaori non era il massimo, ma non poteva neanche avercela con lei, se le aveva rubato Ryo, visto che non era mai stato suo.
Si sforzò di sorriderle di rimando e si disse che avrebbe digerito anche quella.
 
 
 
La cena si svolse in tranquillità, nonostante tutti fossero allerta e non perdessero di vista i sospettati.
Ryo si dimostrò gentile e premuroso con tutte, un vero gentleman, e Miki e Reika, e la stessa Kaori, si stupirono del suo savoir faire, perché non s’ingozzò come un maiale, né fece il maniaco o lo scemo come di consueto.
La sua socia era felice e appagata, e se non fosse stato che di lì a poco sarebbe dovuta entrare in azione, e che quindi c’era ancora in sospeso la questione Camaleonte, le sarebbe tanto piaciuto che quella serata, quella crociera, non finissero mai: le pareva di sognare.
Un paio di volte Ryo allungò una mano discretamente sotto il tavolo per toccarla, ma stavolta non era la solita mano morta da pizzicare o da infilzare con la forchetta; il suo gesto furtivo era solo per stabilire un contatto intimo con la compagna, all’insaputa di tutti gli altri.
Dimostrava amore, appartenenza, di sicuro gli ricordava che ora potevano andare ben oltre, fare molto di più, che erano finalmente una coppia e presto, appena ne avrebbero avuto l’occasione, si sarebbero concessi l’uno all’altra, e a quel pensiero fremettero entrambi.
In quel momento potevano anche essere due sweeper in missione, ma erano pur sempre due amanti, e accanto a quel mondo pericoloso, c’era il loro nuovo personalissimo paradiso, fatto di amore e passione.
 
A Miki non sfuggirono le occhiate che i due soci ogni tanto si scambiavano, quel loro sfiorarsi, le piccole gentilezze che si facevano.
A vederli ora non sembravano nemmeno più i suoi soliti amici che si rincorrevano per la città, che fracassavano invariabilmente il suo locale a suon di martellate e kompeiti in preda alle liti più violente, lui come un animale in calore, e lei posseduta dal fuoco della gelosia e dall’ira.
Adesso erano due persone normali, posate e civili, innamorati sicuramente, e Miki sorrise soddisfatta: ah, se li avesse potuti vedere il suo Falcon!
Chissà come sarebbe stato tornare alla vita di sempre…?
Come si sarebbero comportati quei due?
Guardò di sottecchi la bella Reika, che in quel momento doveva inghiottire un rospo bello grosso: perché se per lei era piacevole vedere i suoi amici tubare come colombe, per l’investigatrice sicuramente era un vero strazio.
Miki si augurò che non le saltassero agli occhi troppi dettagli che tradivano la sintonia e l’intesa dei due sweepers; loro erano comunque discreti e per nulla sfacciati, quasi timidi in queste nuove vesti, ma ad un occhio attento come il suo non sfuggiva niente.
Sperò che in qualche modo Reika non se ne accorgesse.
 
Al termine della cena, l’orchestrina attaccò con dei ballabili e diverse coppie si riversarono in pista: era tutto un volteggiare leggero di tessuti pregiati, uno sfavillio di paillettes e lustrini, brillio di gioielli, spille e diademi sapientemente infilati nelle acconciature più elaborate.
A guardarsi intorno c’era da sentirsi in soggezione, ma le tre ragazze, naturalmente belle e rivestite da autentici capi di alta moda che mettevano in risalto le loro peculiarità, non sfiguravano affatto, e in mezzo a quella vacua ostentazione, parecchi occhi erano rivolti su di loro.
 
Il capitano Musashi invitò Kaori per un ballo, e per un attimo lei rimase indecisa sul da farsi: rifiutare le sarebbe parso sconveniente, però non voleva far ingelosire Ryo inutilmente, tanto più che di quel tipo era veramente geloso.
Ma il socio, che dapprima si era irrigidito e aveva stretto la mascella in un moto di stizza, finì per annuire benevolo, sorridendo alla sua compagna.
Sapeva che lei non avrebbe flirtato, né fatto la svampita col bel capitano, e che non c’era motivo di rifiutare apparendo, così, estremamente scortesi; Ryo era innamorato, con una buona dose di gelosia a fargli da contorno, ma sarebbe stato solo un semplice ballo, ben poca cosa in confronto a ciò che lui le aveva fatto passare negli anni… e si era sempre comportato da stupido intenzionalmente!
Bene, quello era il prezzo da pagare per avere una donna bellissima come compagna, e la giusta espiazione per i suoi peccati.
 
In ogni caso il ballo durò molto poco, e quando Kaori tornò al tavolo, tese la mano al socio e lo portò a ballare, mentre il capitano invitava Reika.
Anche Iro e Momo si buttarono in pista, e ballavano così incollati che davvero davano l’idea di essere molto innamorati e presi; forse erano realmente i fidanzati che dicevano di essere, o forse no, ma a quel punto  sapevano fingere benissimo.
Ryo e Kaori erano molto a loro agio a ballare così allacciati, e l’eco di quel ballo rovente avuto giusto la sera prima, tornava prepotentemente a turbarli, ma ora più che mai non potevano lasciarsi andare ai propri istinti e desideri: non dovevano perdere di vista i coniugi Sora, che continuavano a sedere al tavolo gustandosi la musica, e Murasaki e la Momotaro che si comportavano come una coppia qualsiasi.
 
“Kaori, tesoro?” esordì Ryo, pericolosamente troppo vicino al suo orecchio, sfiorandole il collo col suo alito caldo e procurandole un lungo brivido elettrizzante; se poi la chiamava tesoro, lei era già lì per perdere la testa.
Mugugnò un “Mmmm?” di risposta, continuando a tenere il viso appoggiato alla sua spalla.
 
“Te lo ripeto… sei sicura di volerlo fare?” chiese lui, leggermente preoccupato.
 
Lei allora si staccò da Ryo quel tanto per poterlo guardare negli occhi; voleva vedere quale fosse il sentimento che lo spingeva a rifarle quella domanda: se semplice apprensione o la sensazione che non sarebbe stata in grado di farlo.
Indubbiamente era la prima opzione che offuscava il suo bel viso, e lei gli sorrise rassicurante.
 
“Te lo ripeto anch’io: andrà tutto bene. E poi si tratta solo di entrare nella cabina dei Sora, o dei fidanzati, e cercare la refurtiva. Mi basterà usare il congegno di Miki per trovare il giusto alloggio, e con il passepartout di Musashi… emm, del capitano Musashi, sarà facilissimo. Avremo le prove che loro sono i ladri e li incastreremo. L’importante è  che tu e le ragazze riusciate a tenerli qui in sala più a lungo possibile. Non ci vorrà tanto” e gli strizzò l’occhio.
 
Kaori non aveva tutti i torti, si disse Ryo.
Il piano era semplice e privo di rischi oggettivi, e se anche i sospettati fossero riusciti a svicolare, loro della banda, aiutati dai membri dell’equipaggio che erano stati messi a parte del programma, li avrebbero seguiti e, a quel punto, presi con le mani nel sacco.
Lui aveva fiducia nelle capacità della sua socia, anche se non poteva fare a meno di preoccuparsi… un po’.
 
“Anzi” aggiunse Kaori “È ora che vada, che i vecchietti si ritirano presto e non vorrei ritrovarmeli in camera mentre frugo nelle loro cose” e così dicendo entrò pienamente in modalità sweeper; era piacevole restarsene così languidamente fra le braccia di Ryo ma il lavoro chiamava.
Anche Ryo, sospirando, si preparò a lasciar andare la sua ragazza: capiva che era finito il tempo di sognare.
 
“Hai ragione socia, come sempre” e le regalò un sorriso che le fece rimpiangere di doversene andare “Ma stai tranquilla che ti copriamo le spalle noi” e le accarezzò brevemente una guancia; continuarono a ballare aspettando che la musica finisse, e poi tornarono al tavolo.
Le ragazze si guardarono senza dire una parola: anche loro sapevano che era arrivata l’ora.
 
Reika si alzò, e si diresse direttamente al tavolo dei Sora:
 
“Permettete?” chiese la ragazza chinandosi leggermente verso i due “Ma voi siete veramente i coniugi Taiyo e Tsuki Sora?”
 
I due per un attimo parvero spaesati, poi annuirono, e si decisero a sorridere; parlò per prima la signora:
 
“Sì, siamo noi, figliola… perché?”
 
“Ho sentito molto parlare di voi: ho letto da qualche parte che avete avuto una vita avventurosa, e che avete partecipato agli scavi dell’antica Luxor nel ‘75…”
 
“Era il ‘77” corresse l’uomo, sollevato che la ragazza non dubitasse della loro identità per altri motivi “Nel ‘75 eravamo ad Ebla.”
 
“Ma no, Taiyo-chan, quell’anno eravamo in Europa, a Pompei! Fai sempre confusione” lo rimbeccò bonariamente la moglie, anch’essa più tranquilla nei confronti di Reika, tanto che si lasciò sfuggire:
 
“Ma la prego, si segga qui con noi… almeno faremo due chiacchiere” e l’investigatrice si ricordò che Miki aveva sempre detto che i due amavano parlare, e che per questo l’avevano tenuta impegnata per ore.
Meglio così, si disse la Nogami, se li avesse bloccati al tavolo più a lungo possibile, Kaori avrebbe avuto tutto il tempo e l’agio di aggirarsi per la nave e perquisire anche la loro cabina.
 
“Oh, ma siete davvero sicuri? Non è che vi rovino la serata? Volevo solo conoscervi di persona; sapete, vi ammiro così tanto…”
 
Ma i due, lusingati, insistettero:
 
“Si figuri, figliola cara, tanto noi non avremmo ballato comunque, altrimenti chi le avrebbe sentite poi le mie povere ossa…” rispose la signora Tsuki portandosi una mano alla bocca trattenendosi dal ridere.
 
Bene allora” pensò la Nogami junior “Siete caduti nella mia trappola! E magari vi faccio anche gola, che sono l’unica a non aver subìto una vostra visitina…” e così facendo si toccò prima il braccialetto di smeraldi, e poi il ciondolo verde formato dalle stesse pietre preziose, attirando la loro attenzione.
Notò subito l’interesse dei due e lo sguardo accendersi di una strana luce famelica.
Allora siete due nonnini birboni, eh? Vi piacciono i miei ninnoli? E magari li vorreste anche voi, non è vero?” continuò lei esaltandosi; non aveva perso il suo acume, sapeva ancora riconoscere due furbastri.
Continuò la sua recita:
 
“Questo bracciale mi sta dando dei problemi, sono già due volte che si rompe la chiusura, mi ha così stancato che la prossima volta che si rompe lo butto!”
 
“Oh, ma che dice?” esclamò l’uomo, quasi con la bava alla bocca “Può darsi che è un problema da poco” la rassicurò senza staccare gli occhi dal gioiello.
 
“Il mio Taiyo è molto bravo a riparare le cose, sa?” s’intromise la donna “Forse potrebbe dargli un occhio…” buttò lì.
 
“Veramente? Sarebbe molto gentile… io non me ne intendo molto, non ricordo nemmeno più chi me l’ha regalato e perché” disse Reika con aria annoiata, trionfando dentro di sé: aveva trovato il modo di tenerli a bada, e sganciandosi il bracciale lo porse al signor Sora.
Da quella distanza poi, avrebbe anche potuto scoprire se i due avessero un travestimento oppure no.
 
Distrattamente si voltò in direzione di Kaori e le fece un cenno, impercettibilmente, a significare che sul fronte Sora era tutto sotto controllo, e non doveva preoccuparsi.
 
Kaori, prima di allontanarsi, cercò con lo sguardo Miki, che stava ancora ballando con il capitano e che le lanciò un segno d’intesa; Ryo invece era sceso in pista con la bella Momo, e la gelosia la pungolò per un istante.
Sapeva che Ryo le sarebbe stato fedele, e quello era solo un modo per tenerla occupata; anche in quel frangente la sua priorità era lei, e ciò bastò a farle passare tutti i dubbi e, nemmeno l’uomo avesse potuto sentire i suoi pensieri, si voltò giusto quell’attimo, al termine di una semi piroetta e la guardò intensamente.
Non ebbero bisogno di dirsi altro o di fare gesti ulteriori: come sempre si erano capiti.
Si amarono con lo sguardo, e lui le infuse coraggio e fiducia; lei, dal canto, suo ricambiò con occhi scintillanti di determinazione e gratitudine, poi con noncuranza afferrò il libro di Miki e guadagnò l’uscita, perdendosi fra la folla.
 
Non appena fu sufficientemente lontana dalla sala, rallentò il passo: il cuore era in tumulto e se non si fosse data una calmata, avrebbe ceduto alla tentazione di lanciarsi in una corsa a perdifiato per i corridoi, tanto era l’impazienza di entrare in azione.
Ma doveva essere scaltra, non sapevano ancora se c’erano o meno altri complici in giro, e non poteva dare comunque troppo nell’occhio.
Si guardò velocemente intorno per controllare se qualcuno l’avesse seguita, ma le persone in transito non sembravano minimamente interessate a lei: giravano a coppie o a piccoli gruppi, ridendo o chiacchierando; dimentiche del resto del mondo, raggiungevano i numerosi luoghi di svago che offriva la Princess Raven, e ognuno di loro aveva solo una cosa in testa: divertirsi.
 
Riprese a camminare più lentamente, e quando fu sicura di essere lontana da occhi indiscreti, aprì il libro che aveva portato con sé e controllò le spie luminose: quella di Reika lampeggiava fissa nella grande sala dei ricevimenti, le altre due, la sua e quella di Miki, erano insieme e lampeggiavano alternativamente. Controllò bene, e constatò che erano proprio nella cabina dei Sora.
Ancora a testa china avanzò senza guardare e, quando girò l’angolo, si scontrò con una coppia di giovani sposi.
Il portatile di Miki le sfuggì dalle mani e cadde sul tappeto con un tonfo; per fortuna la copertina si chiuse all’istante, celando ai due la vera natura del tomo.
 
“Mi… mi scusi!” esordì la sposina, mentre il marito già si chinava per raccogliere il libro.
Ma Kaori fu più lesta, e lo afferrò in tempo dicendo:
 
“Ma no, scusate voi, ero così distratta dalla lettura… sono davvero una sciocca” e ridacchiò mentre la fronte le si era imperlata di sudore.
 
“Si è fatta male?” chiese il giovane in tono apprensivo.
 
“No no, si figuri, non è successo niente” rispose la sweeper, pensando fra sé: “Ci mancavano anche questi due, che non la smettono più di scusarsi e mi fanno perdere tempo!” e fra un “Mi scusi” e un “Mi perdoni”,    riuscì ad infilare un piede dietro l’altro e ad allontanarsi dai due.
Non vedeva l’ora di controllare il suo portatile, e per poco non le prese un colpo quando constatò che si era spento.
 
Dannazione! L’urto l’ha mandato in tilt!” si disse allarmata la ragazza.
Poi iniziò a pigiare tutti i pulsanti, a scuoterlo vigorosamente, a dargli forti pacche sui lati, nemmeno fosse un vecchio juke box da far ripartire, fino a quando con un unico bip ritornò alla vita.
Tirò un sospiro di sollievo, e il suo cuore riprese a battere.
 
Questa volta, però, affrettò il passo, temendo di aver perso fin troppo tempo, e in men che non si dica giunse in vista della cabina dei Sora.
Rallentò l’andatura fin quasi a fermarsi, e diede nuovamente uno sguardo al mini monitor in cui lampeggiavano vivacemente le due spie gemelle, come ad invitarla ad entrare.
Si guardò intorno nuovamente, guardinga, perché anche se non andava a rubare, e non era lei la ladra, né c’era niente di strano in una giovane donna ricca che entra in una cabina, non voleva che qualcuno la vedesse ugualmente.
 
Tirò fuori dalla pochette la scheda master che apriva tutte le serrature magnetiche, l’infilò nel lettore ottico e attese che la lucetta diventasse verde, segno che la porta si era sbloccata; titubante, nemmeno si aspettasse che vi fosse qualcuno, girò il pomello e la spinse all’interno.
Si richiuse la porta alle spalle, inchiavandola.
 
L’alloggio era in perfetto ordine, non c’era nulla fuori posto.
Iniziò così la perlustrazione.
I vestiti appesi nell’armadio erano quelli che ci si aspetta da una coppia facoltosa e di una certa età, e le scarpe comode di chi ha i piedi un po’ delicati.
Curiosamente, erano tutti capi nuovi o usati pochissimo: alcuni avevano ancora il cartellino attaccato con tanto di prezzo.
Era strano… o forse no?
In ogni caso l’alloggio era molto più impersonale di qualsiasi cabina di una qualsiasi nave da crociera: non c’erano medicine in giro, né pancere o bustini nei cassetti, e quando infilò le mani nella biancheria intima, si stupì non poco di trovarvi dei costosi reggiseni di pizzo, che non erano certo quelli contenitivi di una donna anziana che pensa più alla comodità, che ad essere sexy.
Per un attimo pensò che Ryo sarebbe andato in brodo di giuggiole di fronte a quei capi femminili, e si diede un colpetto in fronte a tal pensiero.
In ogni caso nemmeno la biancheria maschile era quella di un vecchietto che gira in mutandoni, perché c’erano slip e boxer moderni e giovanili, che facevano il paio con la biancheria di sua moglie.
 
Colpita da un dubbio ritornò ad ispezionare l’armadio, dove una cosa aveva attirato la sua attenzione per il fatto che stonava accanto al set delle valigie rigide di marca, e cioè uno zainetto sportivo nero, che giaceva in fondo al guardaroba.
Appena la sweeper fece per prenderlo, si stupì del peso notevole: ripiegato su sé stesso dava l’impressione di essere vuoto.
Un vago tintinnio l’incuriosì ulteriormente, e quando aprì la cerniera principale non si meravigliò più di tanto di trovarci i gioielli rubati, compresa la sua spilla e il bracciale di Miki.
Stava per affondare la mano nei preziosi per esaminarli, quando sentì un rumore provenire dalla porta d’entrata.
Si bloccò sul posto, con il cuore che sembrava volesse esploderle nel petto.
 
Nooo… i Sora erano già di ritorno?
Ma quanto tempo era passato, da che era uscita dalla sala da ballo?
E Reika? Non doveva intrattenerli?
Possibile che se li fosse fatti scappare?
Dannazione e adesso?
 
Kaori si sentì in trappola, anche perché gli unici oblò della cabina, con vista panoramica, erano fissi e non si potevano aprire, e comunque sarebbero stati troppo stretti per permetterle di scappare da lì.
Stava quasi per cedere al panico quando, in mancanza di meglio, decise di nascondersi in bagno, anche se così facendo avrebbe complicata ulteriormente la sua situazione.
Immediatamente pensò che uno dei due fosse tornato indietro per prendere qualcosa, forse una maglia per ripararsi dalla frescura della sera, nel caso avessero fatto una passeggiata sul ponte; oppure si erano scordati le medicine da prendere dopo cena: anche se lei non le aveva trovate, non significava che non ce ne fossero.
In tutti questi casi poi, sarebbero usciti nuovamente, o almeno così sperava vivamente lei.
Se invece erano tornati entrambi, intenzionati a restare, lei era spacciata.
L’unica via di salvezza gliela potevano offrire solo Ryo o le ragazze, o financo il capitano e i suoi uomini che, con una scusa, avrebbero potuti farli uscire nuovamente da lì e permetterle di fuggire.
Il loro provvidenziale arrivo, tra l’altro, sarebbe stato risolutivo, perché effettivamente la refurtiva era lì, e questa era la prova schiacciante che i ladri erano loro.
Ma se i Sora fossero stati armati?
Kaori non aveva trovato nemmeno le armi, ma questo non voleva dire niente, perché potevano essere state ben nascoste, o portarsele addosso.
Lei invece era disarmata, e sprovvista anche delle sue solite bombe a mano e dei fedeli martelli: da quando Ryo aveva iniziato a rigare dritto non se li portava più dietro, e comunque li usava solo con lui o al massimo con Mick.
 
Ad ogni modo, velocemente rimise lo zaino dentro l’armadio e richiuse le ante, prima di rifugiarsi in bagno e socchiudere la porta per vedere chi stesse per entrare.
 
 
 
“Sì, che c’è?” esordì una voce femminile, alquanto scocciata.
 
“… sono già dentro!” proseguì questa, dopo una pausa.
 
“Lo so che sono in ritardo, ma non ho potuto fare di meglio… sono stata trattenuta… Dannati!” sbuffò.
 
Kaori, al sicuro nel suo riparo, capì subito che l’intrusa stava parlando al telefono, o con un walkie talkie, e che le frasi smozzicate che sentiva erano solo le sue risposte sgarbate.
La voce però non le sembrava conosciuta: di certo non era quella di Momo, o quella tremula della signora Sora anche se, se era veramente più giovane di ciò che voleva far credere, questa che sentiva poteva essere la sua voce vera.
La sweeper trattenne il fiato in ascolto.
 
Subito dopo la donna parlò di nuovo, forse dopo essere rimasta in ascolto del suo interlocutore:
 
“Ho quasi fatto, non mi resta che prendere il bagaglio” e ridacchiò della sua ironia “Sarò lì fra breve, mi vedrai sul ponte ad est, quello vietato ai passeggeri… sì… sì, certo, mi farò riconoscere…Vuoi che non lo sappia, che il mare si sta agitando e che è in arrivo la tempesta? Abbiamo dovuto anticipare proprio per colpa delle condizioni meteo!”
 
Poi ancora: “Vedi di restare vivo e non affogare, arrivo!” E sempre sgarbatamente mise fine alla conversazione.
 
Alla sweeper fu subito chiaro che la donna misteriosa era anch’essa una ladra, una complice dei quattro, forse, incaricata di fare sparire la refurtiva prima dello sbarco al porto di Sempai.
E se Kaori aveva capito bene, avrebbe dovuto raggiungere qualcun altro che l’aspettava fuori dalla nave.
Possibile?
Se si fosse trattato di un’altra imbarcazione, l’apparecchiatura della Princess l’avrebbe facilmente scoperta e ne avrebbe richiesto le credenziali…
Comunque fosse, Kaori doveva bloccare la tipa: non poteva assolutamente scappare con la refurtiva!
Ma come avrebbe fatto ad avvertire Ryo e gli altri?
Il luogo scelto per l’incontro dei due era dalla parte opposta in cui si trovava la sala del ricevimento: Kaori non avrebbe mai fatto in tempo ad avvertirli, per poi tornare indietro, ed i suoi amici sarebbero restati lì, ignari, a continuare a sorvegliare i Sora e Iro e Momo.
 
Era sola.
 
Questa eventualità non l’avevano proprio prevista.
Per un attimo restò paralizzata nell’incertezza: cosa avrebbe dovuto fare?
Aspettare l’arrivo provvidenziale di Ryo, come sempre, e rischiare di farsela sfuggire, o agire da sola, così come si trovava, e tentare il tutto per tutto?
Certo se la ladra fosse riuscita a consegnare il bottino al complice gettandolo fuori bordo, tutto il loro lavoro, tutti gli sforzi fatti fino a quel momento, sarebbero andati in fumo, e lei e gli altri sarebbero stati giocati da una possibilità stupida per quanto verosimile, e cioè che il Camaleonte non era uno, ma una banda specializzata in furti di gioielli e preziosi, che la faceva sempre franca.
No, non poteva permetterlo.
L’incoscienza, o forse il suo forte senso di giustizia, prevalse sulla troppa prudenza, e si disse che avrebbe agito lei, da sola: era o non era una sweeper professionista?
E tutti quegli anni passati accanto a Ryo non le erano serviti a niente?
 
Forte di questa decisione si guardò intorno, ancora tenendo stretto il libro di Miki; sul ripiano accanto al lavello c’era un piccolo specchietto da borsetta, dimenticato lì dalla signora Tsuki: lo prese e lo accostò alla fessura della porta inclinandolo, così da vedere riflesso l’interno della stanza accanto sul grande specchio del bagno.
Così avrebbe controllato la situazione e sarebbe uscita al momento giusto, per sorprendere la donna e impedirle di fuggire.
Ma quando, con una lenta rotazione della mano, riuscì a individuare l’intrusa, trasalì: era una donna addetta alle pulizie, con tanto di carrellino ricolmo di biancheria e prodotti per l’igiene.
Con quel travestimento sarebbe stato semplicissimo, una volta prelevato lo zainetto, nasconderlo in mezzo al resto e allontanarsi indisturbata, facendo perdere le sue tracce.
Quella farabutta si era già diretta spedita all’armadio e piegata per recuperare lo zaino, quando si bloccò di colpo, voltandosi di scatto verso il bagno: a Kaori si mozzò il fiato e s’immobilizzò.
Passarono secondi che per la sweeper parvero eterni, prima che la donna smettesse di fissare la porta dei servizi e tornasse al suo bottino.
Issò il bagaglio con movimenti fluidi e si dispose a nasconderlo dentro il sacco della biancheria sporca.
Kaori, che aveva ripreso a respirare, febbrilmente si mise a pensare a come sorprenderla, a guadagnare un vantaggio che al momento non aveva, perché sarebbe bastato che la ladra le avesse dato una spinta per ributtarla indietro e chiuderla in bagno, per avvantaggiarsi su di lei e poter fuggire lontano da lì.
La partita si giocava sul filo del rasoio.
 
Ma quando Kaori sentì la porta principale aprirsi, e l’inconfondibile cigolio delle rotelle del carrellino, decise che era giunto il momento di agire e, precipitandosi fuori, urlò:
 
“Ferma lì!”
 
   
 
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