LE ALI DELLA FARFALLA
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Capitolo
3 – Bruci la città
*
Gli
unici momenti che Adrien e Marinette potevano passare
in tranquillità, e poter esternare finalmente i loro sentimenti, erano in
camera di quest’ultima.
Di
solito il biondo faceva capolino sulla sua terrazza, nei panni del super eroe
di Parigi, per poi sciogliere quella trasformazione e liberarsi infine di
quella tuta di spandex nera, che lo opprimeva.
Troppo
pericoloso accordarsi per un gelato o per un pomeriggio al cinema, rischiavano
di essere visti o dalle fan del modello, e quindi rincorsi e fotografati,
oppure dai loro amici, che avrebbero sicuramento fatto ancora troppe domande,
chiedendosi, questa volta, del perché si continuavano a vedere in solitaria se
erano rimasti solo amici.
Adrien
le stava lasciando una scia di baci e carezze infuocate lungo tutto il corpo,
facendo gemere Marinette, la quale continuava a
contorcersi dal piacere ed ansimare.
Lei
invece, continuava ad esplorare tutto il suo corpo con le mani, lo aveva sempre
fatto quando era trasformato in Chat Noir, ed era costretta ad immaginarsi cosa
ci poteva essere sotto quella barriera, com’era morbida la sua pelle, e
com’erano forti i suoi muscoli modellati dalla palestra.
Si
inebriò inspirando profondamente l’odore della sua pelle.
Adrien,
una volta risalito, catturò le sue labbra, in un lungo e tenero bacio
appassionato e Marinette affondò le sue mani nel
casco biondo, scompigliandolo.
“Vuoi
che mi trasformi?” Le chiese sorridendo, ricordando i loro primi incontri
clandestini.
“Sei
matto? Ho passato mesi a chiedermi chi ci fosse dietro la maschera, che sapore e
profumo avesse la sua pelle, e ora che ti ho finalmente qui, vuoi rovinare
tutto?”
“No,
Milady”.
“Vuoi
che sia io a trasformarmi?” Catturò le sue labbra vogliose.
“Tu sì
che sai come farmi impazzire” Continuarono a baciarsi “…però lasceremo Plagg senza il suo zuccherino…”.
“No
dai…poverino, non potrei mai fargli una cosa simile” Sogghignò.
Ancora
un bacio, questa volta più profondo e più esplorativo.
Assaggiarono
reciprocamente le loro bocche e lingue.
Desideravano
entrambi un contatto più intimo, Marinette, fu la
prima a togliere la camicia bianca di Adrien e lanciarla qua qualche parte per
terra, in mezzo alla stanza, dove anche la sua giacca nera, andò a fargli
presto compagnia.
Il
loro era un gioco fatto di sguardi, troppo timidi per chiederglielo all’altro
se volessero superare un limite, che nelle notti estive, non era mai stato
violato, semplicemente perché non si poteva, e sciogliere la trasformazione di
Chat Noir, avrebbe significato rivelare prematuramente la sua identità segreta.
“Ti
amo, Chaton” Sussurrò a fior di labbra, mente
con la lingua le lambiva il collo.
“Ti
amo anch’io, Milady”. Le sfilò gentilmente la maglietta, lasciandola
solo con il reggiseno di cotone, anche lei lo imitò, avvampando poco dopo
osservando il suo torace tonico e muscoloso, scolpito dalla palestra.
Poteva
benissimo sentire la sua testa andare a fuoco, era la prima volta che si
trovavano in quella situazione, si, come Adrien e Marienette
s’intende.
Nessuno
dei due, ebbe, per l’ennesima volta, il coraggio di proferire parola, entrambi,
lasciarono che i loro gesti parlassero per loro.
Marinette poteva sentire
l’eccitazione di Adrien premere sulla sua intimità e strusciarsi, assecondata
dai suoi di movimenti.
Liberarsi
dei pantaloni, sarebbe stato il prossimo step, poi tornare indietro, sarebbe
stato impossibile.
La
situazione era perfetta, in casa erano soli, e non era la prima volta che i due
ragazzi amoreggiavano nella stanza della ragazza dai codini.
“Se
vuoi mi fermo” Ansimò Adrien guardandola negli occhi, voleva essere sicuro di
non fare passi affrettati, di non bruciare le tappe, che per lei non fosse
troppo presto.
“Ti
ho forse chiesto di farlo?” Lo trasse a sé continuandolo a baciare, e prendendo
coraggio per scendere con le mani, fino giù ai pantaloni, slacciando la
cintura.
Il
momento era perfetto, i loro cuori battevano allo stesso ritmo, emozionati,
carichi di passione e anche di un po' di imbarazzo.
Si
guardarono negli occhi per l’ultima volta, entrambi videro solo amore e
desiderio, finalmente potevano amarsi in maniera completa e senza inibizioni.
“Akumaaaaa” Urlò Plagg passando
attraverso la materia, facendo sobbalzare i due ragazzi, rompendo quella magia
che si era creata nella stanza “Bleeee, che schifo”
Si coprì gli occhi disgustato.
Anche
Tikki comparve al suo fianco “Scusate ragazzi, ho
cercato di fermarlo”. Si scusò mortificata.
I
ragazzi rimasero nella medesima posizione, solo Adrien alzò un po' il viso in
direzione dei due kwami, Marinette
era pietrificata dalla vergogna, nemmeno fosse stata beccata dai suoi genitori
in quella posizione che lasciava poco spazio a fraintendimenti.
“Spero
per te che Parigi stia bruciando, altrimenti puoi dire addio al tuo camembert”.
“Non
sta bruciando, ma la Tour Eiffel è caduta” Esordì Tikki.
*
Gabriel
Agreste, era davanti al suo computer, quando gli venne la splendida idea, di
controllare le telecamere di video sorveglianza.
Il
giorno prima c’era stato un terribile temporale che si era abbattuto sulla
città di Parigi, ed aveva provocato l’andirivieni della corrente in tutto il
quartiere, tant’è che anche il generatore di emergenza, collegato all’incubatrice
di Emilie, aveva smesso di funzionare per qualche istante.
“Nathalie!”
Chiamò la sua assistente, che si presentò al suo cospetto con riverenza e con
il solito sguardo impostato e professionale, anche se si era raccomandato di
usare con lui, un tono più amichevole.
“Si,
Gabriel?” Portò le mani dietro la schiena, in attesa dei suoi ordini.
“Ho
notato che le telecamere di video sorveglianza sono guaste, puoi per favore
chiamare la ditta per ripararle?” Chiese non distogliendo lo sguardo dal
monitor, mentre muoveva sinuose le dita su di esso, passando da un programma
all’altro.
“Ma
certo, lo faccio subito”. Girò i tacchi e fece per lasciare la stanza.
“Un'altra
cosa” La fece fermare “…con l’occasione, fai installare anche una telecamera
fuori dalla finestra di Adrien, quello è il punto cieco della casa, non vorrei
mai che qualcuno s’intrufolasse da lì”.
“Se
posso chiedere…è solo per quel motivo, oppure sospetta di altro”.
Gabriel
sospirò continuando a guardare lo schermo ed ingrandire le immagini, per poi
sovrapporle.
“Combaciano
perfettamente” Sussurrò e mezze labbra.
Nathalie
allungò un orecchio, le sembrava di non aver capito “Hai detto qualcosa?”
“Fai
quello che ti ho detto, se la mia teoria dovrebbe essere esatta, tra un po'
avremo qualche bella sorpresa”.
La
donna annuì con il capo ed uscì dalla stanza.
Lo
stilista non smetteva di osservare per l’ennesima volta l’anello di Chat Noir e
quello di Adrien, la forma combaciava perfettamente, certo, non avevano lo
stesso colore e simbolo, ma il bello è che i miraculous
sapevano mimetizzarsi, e di questo aspetto, ne era a conoscenza, anche la sua
spilla si comportava allo stesso modo.
L’unica
differenza stava, che lui non l’indossava mai, a meno che non dovesse vestire i
panni di Papillon, perché sicuramente Nooro, sarebbe
scappato ad avvertire il guardiano dei suoi piani.
Non
avrebbe potuto fare il suo nome, legge dei kwami:
difendere il nome del proprio portatore; ma avrebbe sicuramente raccontato di
dove vive, del suo aspetto, e non ci avrebbe messo molto a fare due più due.
“Presto
Emilie, mi impossesserò del miraculous del Gatto
Nero, e quello della Coccinella arriverà di conseguenza. Il mio sogno è ad un
passo nell’essere realizzato, e finalmente potrò rimediare agli errori del
passato”. Sospirò guardando il dipinto dietro di lui, era bella, terribilmente
bella, e presto l’avrebbe avuta di nuovo tra le sue braccia, potranno ritornare
ad essere una famiglia.
Cliccò
sui pulsanti presenti sul mosaico, facendo aprire la botola, che in meno di un
minuto, lo fece arrivare al suo covo, da dove poteva controllare la città ed
agire indisturbato.
Chi
mai avrebbe sospettato che dietro a quello stilista, ci celasse il temibile
Papillon?
Nessuno.
Una
volta si era fatto persino akumizzare per sviare i
sospetti, e stava pensando che forse sarebbe stato il caso di farlo anche con
suo figlio, ma una cosa del genere ad Adrien, non gliela poteva fare.
“Che
anima triste, posso sentire tutto il suo risentimento” Aprì la mano guantata di
viola, ed attese che la piccola farfalla prescelta, da bianco candido,
diventasse nera come la notte.
“Vola
da lei, mia piccola akuma e oscura il cuore di quella
giovane delusa”. La farfalla obbedì e raggiunse la vittima prescelta che si
trovava ai piedi della Tour Eiffel.
*
Raccolsero
velocemente i vestiti da terra, passandosi a vicenda quelli appartenenti
all’altro.
“Mi
spiace, Marinette, lo volevo tanto”.
La
ragazza sospirò e sorrise “Lo volevo tanto anch’io, ma Parigi chiama, e noi
super eroi dobbiamo rispondere”.
S’infilò
la maglietta nera e la camicia bianca sopra, sistemandosi come poteva i capelli
biondi “Giuro che strozzerò Papillon con le mie stesse mani, appena saprò dove
si nasconde”. Disse a denti stretti.
“Ti
aiuterò” Sorrise divertita mentre infilava la giacca nera.
“Forza,
andiamo a vedere che faccia ha la nostra interruzione” Portò la mano in
alto nella tipica posa della trasformazione “Plagg,
trasformami”.
Lei
si toccò gli orecchini “Tikki, trasformami”.
Uscirono
dalla botola ed osservarono il panorama che gli si parava davanti.
Come
aveva detto Plagg, la Tour Eiffeil
era caduta, spezzata a metà, in quella direzione proveniva del fumo nero, ma
non si capiva bene, da cosa fosse dipeso.
I
due super eroi si guardarono e per la prima volta, si apprestavano ad
affrontare il nemico come una coppia di innamorati e non come una coppia di
amici, come accadeva prima.
E
questa cosa, fece fermare Marinette.
Adrien,
si accorse dopo una decina di metri che lei non era al suo fianco, arrestò di
colpo la sua corsa, guardando dietro, dove la vide in piedi, con la testa
bassa, con le braccia lungo i fianchi. Immobile.
La
raggiunse con pochi balzi.
“Stai
bene, insettina?” Le chiese.
“Questa…questa
è la prima volta che affrontiamo qualcuno, come una coppia”.
“Si,
e allora?” Chiese interrogativo, facendo spallucce, non catturando il senso di
quell’ affermazione.
Lady
Bug deglutì “Per la prima volta ho paura”.
Chat
Noir le si avvicinò al volto “Non devi…”
“Ho
paura che ti succeda qualcosa”
Lui
sorrise “E’ strano, sai?”
Lei
lo guardò.
“E’
lo stesso mio timore” L’abbracciò.
A Lady
Bug, iniziarono ad inumidirsi gli occhi, stava crollando emotivamente e senza
un apparente motivo.
“Forza,
non fare così, non mi succederà nulla” La consolò abbracciandola più forte.
“E
se Papillon si accorgesse che tra noi c’è qualcosa? Userebbe questo mio
sentimento contro di te, lo ha già fatto una volta”.
Chat
Noir deglutì e le pose le mani sulle spalle “Non mi farò akumizzare,
e il futuro che sei stata costretta a vivere, non si ripeterà”.
Lady
Bug singhiozzò “Ne sei sicuro?”
Lui
sorrise sghembo “Ti ho forse mai mentito?”
“No”
Rispose secca negando anche con il capo.
Il
super eroe biondo l’aiutò ad asciugarsi le lacrime con la mano guantata, e le
stampò un tenero bacio a fior di labbra.
“Ti
amo, insettina”.
“Ti
amo anch’io, chaton”.
“Andiamo,
abbiamo un disperato da aiutare” Chat Noir riprese la sua corsa, seguita da una
Lady Bug più determinata che mai, anche se nella sua testa, continuavano a
rimbombare le parole di Chat Blanc “Il nostro amore ha fatto questo, milady”.
“Non
succederà di nuovo, te lo impedirò Papillon” Sibilò la super eroina.
“Hai
detto qualcosa?” Chiese Chat Noir volgendole un fugace sguardo.
“No,
niente”.
“Sarà
stato il vento allora”.
*
continua