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Autore: Severa Crouch    23/12/2020    6 recensioni
Si dice che un Potter porti sempre scompiglio a Hogwarts. Lo sa bene Minerva McGranitt, l’anziana preside della scuola di magia e stregoneria più prestigiosa d’Inghilterra, che ha allertato Prefetti e Capiscuola in vista dell’arrivo del primogenito di quello che fu il Bambino che è Sopravvissuto.
Come se fosse una maledizione legata al nome, con l’arrivo di James Sirius, strane presenze compaiono tra i corridoi della scuola, riportando a galla gli echi di una guerra finita.
In modo del tutto speculare, con reciproche diffidenze e sospetti, i cugini Weasley-Potter e i fratelli Lestrange indagano su quelle apparizioni, cercando di fare luce su quel mistero che riapre ferite che sembravano guarite.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 7

 

 

Hogwarts, 25 ottobre 2015

 

 

Rabastan aprì gli occhi confuso. Osservò la volta di pietra che lo sovrastava. Era steso su qualcosa di morbido, doveva essere un letto. Scattò pensando di dover avvisare Roland e Roddie. Provò ad alzarsi puntellandosi sulle mani, ma sentì un dolore fortissimo al polso e ricadde sul cuscino.

“Sei tutto rotto, Rab, stai tranquillo.”

La voce di Roland annunciò la sua comparsa oltre una tendina.

“Dove mi trovo?”

“Sei in infermeria. Ero venuto a cercarti perché non stavi arrivando a cena, mi hai fatto prendere uno spavento. Hanno dovuto chiamare mamma e papà che ora sono di là con la Preside. Chi è stato?”

“Lord Voldemort.”

“Cosa?”

“Il fantasma, intendo. L’ho attaccato, dicendogli che non avevo paura e che non poteva farmi del male perché era morto, e invece mi ha lanciato contro un albero, e l’albero si è arrabbiato, e mi ha sbattuto contro altri rami, come se cercasse di togliermi di dosso, e poi mi ha scaraventato per terra. C’era Delphi, ha visto Lord Voldemort e lui le ha detto di trovare il modo di tornare indietro nel tempo per farlo tornare, così governeranno il mondo insieme.”

“Per tutti i draghi! Non farne parola con la mamma, è piuttosto agitata.”

“Roddie?”

Roland alzò il sopracciglio e Rabastan dovette trattenere il sorriso. Era una domanda sciocca, in effetti, se la mamma era nei paraggi, Roddie era sicuramente attaccato alla sua gonna. La porta dell’infermeria si aprì, cogliendoli di sorpresa. Roland esclamò: “Si è appena svegliato.”

“Il mio piccolo Rab!” La mamma si precipitò al suo capezzale e Rabastan vide quanto fosse spaventata. Dietro di lei, il papà sembrava sollevato di vederlo più o meno intero. Sentì la mano della mamma prendere la sua e posargli un bacio. “Roland ci ha raccontato di averti trovato sul prato privo di sensi. Cosa ti è successo?”

Non avevano avuto il tempo di concordare una versione, ma sapeva di non poter raccontare la verità, così rimase sul vago. “Stavo tornando in Sala Grande per la cena dopo la partita. Mi ero trattenuto negli spogliatoi perché ero piuttosto triste…”

“Ha giocato molto bene,” intervenne Roland dicendolo al papà che gli sorrise annuendo, cercava di non darlo a vedere, ma aveva il volto tirato per la preoccupazione.

“Non so bene cosa è successo. Stavo attraversando i prati e qualcosa mi ha sollevato in aria e lanciato contro un albero, e poi quell’albero si è arrabbiato e ha iniziato a cercare di lanciarmi via. Io mi aggrappavo ai rami perché avevo paura di cadere, ma alla fine sono stato scaraventato a terra e credo di aver perso i sensi.”

“Il Salice Schiaffeggiante…” mormorò la mamma scambiandosi uno sguardo preoccupato con la Preside. “Mi auguro che la scuola procederà ad accertare chi o cosa abbia scaraventato mio figlio contro un albero tanto pericoloso e che la faccenda non venga archiviata perché si è trattato di un Lestrange…”

“Faremo tutto il possibile perché vengano accertate le cause di questo increscioso incidente.” La preside si ergeva dritta di fronte la mamma e si vedeva chiaramente che entrambe non si piacevano.

“Me lo auguro, signora preside, perché posso tollerare gli insulti che giornalmente ricevono i miei figli, la presenza di un professore che si rifiuta di chiamarli per nome e non perde occasione per penalizzarli, ma non passerò sopra un’aggressione.”

“Non tirerei fuori questi argomenti, se fossi in lei, signora Lestrange.”

“I ragazzi non c’entrano niente, signora preside.”

“Le ricordo che il professor Longbottom aveva l’età di suo figlio Rodolphus quando il suo primo marito gli ha fatto rivivere la tortura impartita ai genitori, nell’anno in cui si è infiltrato a Hogwarts sotto le sembianze di Alastor Moody. Farei molta attenzione a parlare di sicurezza dei ragazzi, visto come avete ridotto il mondo magico.” Lanciò uno sguardo severo a entrambi i genitori che si irrigidirono.

“C’era una guerra!” esclamò la mamma. Rabastan vide il papà mettere una mano sulla spalla della mamma e sussurrarle di lasciar perdere. La preside, tuttavia, rimase dritta, guardò severamente la mamma e Rabastan pensò che come insegnante dovesse fare molta paura. Usò un tono fermo, come se l’argomento fosse chiuso per sempre e non ci fosse più alcuna ragione di ritornarvi. “E l’ha persa, signora Lestrange. Gestisco questa scuola da anni e può star certa che verrà fatta luce su questo incidente. Ora suo figlio ha bisogno di riposo.”

A quelle parole, Rabastan fu assalito dal terrore. Non voleva rimanere da solo in infermeria. E se Voldemort fosse tornato? Se avesse approfittato delle sue condizioni di salute? Da quando i fantasmi potevano attaccare?

“No!” esclamò con tutta la forza che aveva temendo di non essere sentito. Uscì una specie di urlo strozzato, da cui trapelava il terrore di essere lasciato da solo. Tutti si voltarono verso di lui e Rabastan scosse la testa: “Non voglio rimanere da solo…”

“Lo guardi, preside, è terrorizzato!” esclamò la mamma. Si avvicinò a lui e gli posò un bacio sulla fronte. Lo sguardo era tornato dolce e premuroso: “Vuoi venire a casa?”

Rabastan annuì cercando di allungarsi verso la mamma. Si sentiva un moccioso, ma non c’era altro posto al mondo dove si sarebbe sentito più tranquillo. Si disse anche che, se fosse guarito, avrebbe potuto fare un salto nella biblioteca di famiglia a cercare dei libri per risolvere quel mistero che diventava sempre più spaventoso e terrificante.

“Sei sicuro?” domandò Roland, “Posso rimanere io a dormire in infermeria se la preside è d’accordo.” “No, voglio andare a casa,” gli disse Rabastan, “se riesco, cerco in biblioteca quel libro per i compiti di Creature Magiche.”

Si guardarono intensamente e Roland sembrò capire: “Allora scrivici e facci sapere come stai, intesi?” Rabastan annuì, mentre la mamma lo copriva con un mantello e il papà lo prendeva in braccio. Si strinse forte al collo del papà, anche se gli faceva male tutto il corpo. Presto sarebbe stato nel suo letto di casa.

“Tornerà non appena starà meglio,” disse la mamma alla preside che annuì. “D’accordo, signora Lestrange, come preferisce. Rabastan sarebbe stato meglio a scuola, con i suoi compagni, invece che da solo a casa, ma capisco che sia spaventato. Il professor Pucey gli farà avere i compiti affinché non rimanga indietro con lo studio.”

“Grazie. Perdoni la reazione di prima, sono molto scossa e preoccupata.”

“Lo siamo tutti, signora Lestrange, le assicuro che faremo ogni accertamento affinché si faccia luce su quanto accaduto.” La preside gli rivolse un sorriso gentile e disse: “Buon rientro a casa, Rabastan, rimettiti presto. I tuoi compagni ti aspettano.”

Rabastan annuì, salutò Roland e Roddie che, per tutto il tempo, era rimasto in silenzio. La mamma abbracciò Roland, lo strinse a sé e lo riempì di baci sulle guance dicendogli di fare attenzione, di studiare e di non mettersi nei guai. Gli disse anche di mangiare il budino con il cucchiaio. Rabastan vide il papà corrucciare la fronte per quella frase, ma dal modo in cui Roland guardò Roddie, fu chiaro a tutti che Roddie avesse raccontato troppo in qualche lettera.

La mamma abbracciò anche Roddie e gli posò tantissimi baci sulla fronte, gli accarezzò i ricci scuri e lasciò che lui l’abbracciasse e la riempisse di baci sulle guance. Rabastan sapeva che suo fratello avrebbe dato qualsiasi cosa per andare a casa al posto suo.

Roland e Roddie li accompagnarono quasi fino all’ufficio della preside, dove avrebbero preso la Metropolvere per tornare a casa. Li seguirono finché la preside non li rispedì in sala comune scuotendo la testa come se disapprovasse tutte quelle smancerie.

Vorticare nei camini fu terribile, nonostante si reggesse forte al collo di suo padre, Rabastan arrivò a casa con la nausea e un forte mal di testa, sentendosi decisamente peggio. La mamma lo aiutò a rimettere, gli teneva la fronte, lo aiutò a lavarsi e infine lo visitò tastando il braccio rotto. “È stato un brutto colpo, ma vedrai che già domani starai meglio,” gli disse sorridendogli. Rabastan annuì, sollevato dal trovarsi lontano da scuola. La mamma puntò la bacchetta contro il braccio rotto e mormorò: “Epismendo!” la frattura si ricompose. Ripeté l’operazione sulla gamba e poi fasciò entrambi gli arti per tenerli fermi e lo aiutò a indossare il pigiama.

“Ti faccio portare qualcosa da mangiare?” gli domandò. Rabastan annuì. Si era così spaventato da essersi dimenticato di non aver cenato e ora stava letteralmente morendo di fame. Polly gli portò una bistecca già tagliata con contorno di patate al forno e verdure saltate. La mamma era al suo fianco e lo osservava mangiare. Roddie sarebbe andato in brodo di giuggiole.

“Adesso che sei a casa, ti va di raccontare cosa è successo?”

“Te l’ho detto mamma, non lo so bene nemmeno io.”

“C’è qualcuno che potrebbe arrivare a farvi del male in questo modo? Delphi ci ha scritto che vi siete incontrati a Hogsmeade e dei compagni di scuola vi stavano spiando.”

“Oh, ma che pettegola, quella!” esclamò stizzito, “Sì, è sempre Lupin, il Caposcuola di Tassorosso, ce l’ha con Roland e ha appena finito di scontare una settimana di punizione per averci spiato a Hogsmeade.”

“Pensi che possa essere stato lui?”

“No, mamma, lui è uno sbruffone, arriva puntandoti la bacchetta e urlando cose come bisogna rispedirvi ad Azkaban! Non è il tipo da attaccare alle spalle e io non ho proprio visto o sentito nessuno: stavo camminando e mi sono trovato sull’albero. Ho sentito però qualcosa di oscuro e ho i brividi. Non voglio dormire da solo…”

“Papà storcerà un po’ il naso, ma suppongo che dopo quello che è successo potrai dormire con noi.”

“Roddie mi invidierà tantissimo,” disse mentre seguiva la mamma nella camera da letto dove il papà stava leggendo un libro. “Fossi in Roddie penserei solo a stare bene,” disse la mamma facendogli posto.

La mamma si infilò sotto le coperte vicino il papà, si sdraiò su un fianco e Rabastan si lasciò abbracciare, assaporando finalmente il calore delle coperte e l’abbraccio della mamma. “Vieni qua, pulcino mio,” gli sussurrò come quando era piccolo. Era piacevole lasciarsi coccolare dopo l’incontro con Lord Voldemort. Si disse che se fosse scomparso per sempre, avrebbe voluto godersi ogni momento con i suoi genitori. Si strinse a sua mamma, respirò il suo profumo che sapeva di casa e si addormentò, certo che lì nessun fantasma sarebbe riuscito a raggiungerlo per fargli del male.

 

***

 

Hogwarts, 31 ottobre 2015

Molly era rimasta sconvolta dalla notizia dell’aggressione a Rabastan Lestrange. Tra i corridoi della scuola non si riusciva ad avere una versione che fosse credibile.

Secondo alcuni, Rabastan aveva evocato un mostro che l’aveva sbalzato sul Salice Schiaffeggiante, secondo altri era stato vittima di un ritorno di fiamma di una bacchetta, altri ancora parlavano di scopa difettosa. La storia si ingigantiva di giorno in giorno e nell’ultima versione le era sembrato di cogliere un riferimento a un drago.

Nei giorni scorsi, la Preside aveva convocato i Prefetti e i Capiscuola nel suo ufficio e aveva detto loro quanto Rabastan aveva riferito. Roland aveva annuito e detto che suo fratello adesso era a casa e che si stava riprendendo. Era stato fatto visitare da un Guaritore al San Mungo e presto sarebbe tornato. Durante quella riunione Molly aveva osservato Roland raccontare per l’ennesima volta il modo in cui aveva ritrovato suo fratello. Aveva la sensazione che Lestrange sapesse di più di quanto dicesse. Come era possibile che qualcuno venisse catapultato sul Salice Schiaffeggiante mentre attraversava i giardini? Possibile che Rabastan non si fosse accorto di nulla? La versione era strana e le sembrava che mancasse qualche dettaglio.

Si sorprese quella mattina quando vide Rabastan al tavolo dei Serpeverde intento a fare colazione con i fratelli. Zoppicava un po’ ma sembrava essersi ripreso. I fratelli Lestrange stavano consultando un libro avidamente e Molly decise di avvicinarsi prima che arrivasse Victoire a dissuaderla.

“Bentornato,” gli disse, “anche a nome di Grifondoro. Siamo rimasti molto dispiaciuti per quello che ti è capitato.”

Rabastan alzò lo sguardo dal libro e Molly sentì su di sé lo sguardo scettico dei fratelli maggiori. Roland aveva un sopracciglio alzato, mentre Rodolphus l’aria perennemente annoiata. Rabastan si limitò a dire: “Grazie, Caposcuola Weasley, lo apprezzo molto.”

Molly notò che il libro che stavano sfogliando era uno dei libri su cui lei e Roxanne avevano passato le ultime notti in sala comune. Sentì un brivido scenderle lungo la schiena e domandò: “Dove avete trovato quel libro?”

“L’ho portato da casa,” disse Rabastan, “In biblioteca qualcuno lo aveva già preso.” Aprì il libro e mostrò la catalogazione della biblioteca di casa Lestrange, sul retro di copertina c’era un timbro con lo stemma familiare con i corvi. Molly si fece coraggio e decise di approfittare del fatto che Rabastan sembrasse ben disposto nei suoi confronti.

Roland, invece, la guardava aspettando che andasse via. “Hai bisogno di qualcosa, Weasley?”

Molly annuì e si avvicinò a loro, sedette sulla panca di fronte a loro e si sporse sul tavolo, incurante degli sguardi degli altri Serpeverde che stavano arrivando per la colazione. “Vorrei sapere se avete visto qualcosa di strano.”

“Vediamo ogni giorno cose strane, Weasley…” rispose con sufficienza Rodolphus, “molto dipende dal tuo concetto di normale, suppongo.”

“Mi riferisco a cose che non dovrebbero stare tra noi, residui del passato, che non siano le tue stupide idee razziste, Lestrange, parlo di fantasmi.”

Roland e Rabastan si guardarono, persino Rodolphus cambiò espressione. Roland si sporse verso di lei e gli domandò: “Tu hai visto qualcosa di strano?”

“Se ti dicessi che è un mese che non faccio altro che vedere cose strane? Non c’è un libro della biblioteca che mi sia stato d’aiuto!”

“Allora li hai presi tu in prestito!” esclamò Roland.

“Vediamoci dopo le lezioni di fronte l’aula di Incantesimi, dove c’è l’aula studio.”

Roland la osservò titubante e lei gli disse: “Non è uno scherzo, Roland, ho incontrato il fantasma di mio zio, morto durante la battaglia di Hogwarts. Mi ha detto che è stato evocato e che ne approfittava per fare una passeggiata.”

“Beh, ti è andata bene, io ho incontrato la prima moglie di mio padre, Bellatrix. Uccisa da tua nonna che mi ha detto che non sarei mai dovuto nascere e che sparirò.”

“Dobbiamo capire cosa sta succedendo.”

I tre fratelli si scambiarono uno sguardo e annuirono convinti.

Molly tornò al tavolo di Grifondoro in tempo per l’arrivo della posta. Un gufo si appollaiò accanto a lei lasciando una busta piuttosto spessa. Riconobbe subito la grafia elegante di Henry, il cuore le batté forte. Era stata troppo ottimista riguardo l’anno di lontananza. Credeva che Henry le sarebbe mancato di meno, assorbita com’era dalla presenza dei cugini. Invece, la continua presenza di quei fantasmi e il senso di morte che si trascinavano, le faceva desiderare un contatto con Henry. Sentiva la mancanza delle loro chiacchierate in sala comune, delle passeggiate notturne e persino dei momenti che trascorrevano insieme abbracciati in qualche aula abbandonata. Aprì il taccuino pieno di schizzi del volto di Henry e si disse che gli stava mancando moltissimo. Non vedeva l’ora che arrivasse Natale per rivederlo.

“Mia cara Molly,

come stai? Ci sono stati ulteriori avvistamenti? La tua lettera mi ha colto di sorpresa. Ho fatto delle ricerche al Ministero e ho provato a confrontarmi con discrezione con i colleghi del Dipartimento Spiriti. Purtroppo, non riesco a darti nulla di risolutivo. Come ti avevo già anticipato nella mia ultima lettera, i fantasmi sono entità che non sono andate avanti e hanno scelto di rimanere nel nostro mondo. Chi decide di andare avanti, poi non può tornare indietro. Ci sono naturalmente dei modi per comunicare e per aprire il velo tra il mondo dei morti e quello dei vivi. C’è un arco nell’ufficio Misteri dove quel velo è presente, ma i colleghi che ci lavorano sono concordi nel dire che il velo si attraversa in una sola direzione. Si possono evocare i defunti con alcuni metodi, ma nessuno di questi è così avanzato da lasciarli andare in giro per la scuola come se fossero a passeggio.

I rituali più sofisticati si possono fare a Samhain, quando i due mondi si sfiorano e le anime di chi ha lasciato il nostro mondo possono tornare indietro, ma è temporaneo e legato a precisi elementi di tempo e di luogo. Ad esempio, i maghi messicani celebrano los dias de los muertos, i primi di novembre. Le anime dei defunti possono tornare in casa, ricevere cibo e la loro evocazione è circoscritta alla casa di famiglia, non certo la scuola. Ci vuole qualcosa di potente, come l’amore, per superare il confine tra la vita e la morte, o di molto oscuro, ma non credo che sia qualcosa alla portata di uno studente di Hogwarts. Persino i colleghi dell’ufficio Misteri sembravano in difficoltà.

Mi spiace che queste notizie non possano tranquillizzarti. Anzi, forse ne sarai turbata, ma voglio che tu abbia il quadro chiaro. So che non ti accontenti delle spiegazioni troppo semplici.

Mi manchi moltissimo e mi mancano le nostre chiacchierate, mi manca starti vicino e trascorrere le sere a guardarti mentre disegni. In ufficio ho appeso l’ultimo disegno che mi hai mandato, ma quelli più audaci li tengo a casa. Non vedo l’ora di riabbracciarti a Natale e credo proprio che verrò a prenderti a King’s Cross, nonostante tuo padre cerchi di dissuadermi. Gli ho detto che se è preoccupato per il permesso al Ministero lui può restare in ufficio e verremo io e Audrey, ma non mi è sembrato molto convinto. Secondo me, sotto sotto, è geloso, ma non vuole dare ragione a tua madre.

Sono il solito logorroico, perdonami. Mi manchi tanto! Spero di ricevere presto tue notizie.

Ti amo da impazzire,

tuo Henry”

Molly lesse la lettera senza riuscire a trattenere un sorriso. Immaginava benissimo la scena di Henry al Ministero, probabilmente in ascensore, che stuzzicava suo padre sull’idea di rimanere in ufficio mentre lui sarebbe andato ad accogliere lei e Lucy insieme alla mamma. Riusciva a vedere la posa impettita di suo padre, il modo in cui si sarebbe sistemato gli occhiali sul naso e poi controllato nervosamente la cravatta. Prese il taccuino con un sorrisetto divertito e iniziò ad abbozzarne la figura ridacchiando tra sé e sé mentre smangiucchiava una fetta di pane tostato con il burro. Prese anche un sorso di succo di zucca e continuò nella sua opera.

“È papà?” domandò Lucy mentre prendeva posto accanto a lei. “Buongiorno,” aggiunse servendosi un po’ di uova e bacon. Molly annuì. “Da cosa l’hai capito?”

“Dall’espressione nervosa, è proprio la sua.”

“Mi ha scritto Henry. Ha detto che papà continua a dirgli che non c’è bisogno che vengano tutti a King’s Cross a Natale e lui gli ha risposto che se vuole può rimanere in ufficio.”

Lucy scoppiò a ridere. “Per Godric, papà sarà impazzito da quell’alternativa non contemplata!”

“Stavo provando a disegnare la scena!”

“Secondo me devi chiudergli i pugni e avvicinare le braccia al corpo, come fa quando è stizzito…”

Ridacchiavano entrambe. Era molto tempo che loro due non avevano un momento tutto loro. Vivevano completamente assorbite dallo studio e dai cugini e non sempre trovavano il tempo per stare da sole. “Allora è Samuel il fortunato?” le domandò. “Non negare, vi ho visto come vi defilavate durante la partita.”

Lucy alzò gli occhi al cielo. “Dovresti sapere che il momento del Quidditch è quello perfetto per agire, visto che gran parte dei Weasley sono sulla scopa!” Molly ridacchiò mentre Victoire si univa a loro per la colazione.

“Vic, se ti dico una cosa, prometti di non arrabbiarti?”

“Lo prometto.”

“È tornato Rabastan e ho parlato con i Lestrange, anche loro hanno visto i fantasmi e sono terrorizzati.”

“È per questo che girano sempre insieme e si guardano le spalle?”

Molly annuì. “Hanno incontrato Bellatrix che ha minacciato di farli sparire.”

“Per Godric.”

“Penso che se non uniamo le forze non riusciremo a venire a capo di questo mistero. Ci vediamo dopo cena di fronte l’aula di Incantesimi.”

“Avviso Teddy?” domandò Victoire, “Insomma, lui è il più esperto in Difesa contro le Arti Oscure. Il prossimo anno inizierà l’accademia da Auror.”

“Però lui non sa ancora nulla delle apparizioni. Temo che se venisse passerebbe il tempo a litigare con Roland.”

“Hai ragione, ma sai che andrà su tutte le furie se non lo coinvolgiamo in una cosa del genere?”

“Sentiamo cosa sanno i Lestrange e sulla base di questo decidiamo se coinvolgerlo o meno.”

Victoire annuì un po’ perplessa.

“Vic, lo so che non vuoi tenere nulla nascosto a Teddy. Ti prometto che gli diremo tutto, ma prima dobbiamo sapere cosa sanno i Lestrange.” Molly scrutò attentamente lo sguardo della cugina. Capiva perfettamente il senso di colpa e lei stessa si sarebbe trovata in difficoltà se qualcuno le avesse detto di non dire qualcosa ad Henry, ma bisognava essere concreti e Teddy era una distrazione troppo grossa in quel momento.

La giornata trascorse molto lentamente, mentre Molly aspettava con ansia la fine delle lezioni. Aveva fermato Roland tra una lezione e l’altra e gli aveva chiesto di anticipare il loro incontro prima di cena, perché in quel frangente si erano dimenticati che era Halloween e Prefetti e Capiscuola sarebbero stati impegnati con il banchetto di Halloween in Sala Grande. Roland le aveva detto che dopo cena in sala comune avrebbero celebrato Samhain e l’aveva invitata a partecipare. Molly, però, era rimasta sul vago perché quei riti la spaventavano un po’ e non le sembrava il caso che la Caposcuola di Grifondoro mettesse piede nella sala comune di Serpeverde.

 

***

 

C’era solo un motivo per cui Roland aveva accettato l’invito di Molly Weasley ed era perché quel giorno era Samhain e il confine tra i due mondi era sottile. Quel giorno, non solo Lord Voldemort sarebbe potuto tornare, ma i suoi poteri residui sarebbero stati più forti.

Aveva studiato a fondo le tradizioni di Samhain e le aveva abbinate allo studio sui fantasmi. Aveva letto testimonianze di molte festività e chiesto ad Hawk un approfondimento su el dia de los muertos ed era giunto a una conclusione: l’anima di un mago porta con sé una residua traccia di magia quando muore. Solitamente, durante l’evocazione i poteri residui sono troppo deboli per consentire all’anima di praticare un incantesimo, senza contare che avrebbe bisogno anche di una bacchetta. Tuttavia, l’avvicinarsi di Samhain e il fatto che fosse stato Lord Voldemort ad aggredire Rabastan gli mostravano tutti i pericoli. Cosa sarebbe successo se Voldemort e Grindelwald si fossero alleati per tornare e distruggere il futuro?

Il solo pensiero lo terrorizzava e forse questo era il segno delle premonizioni che continuava ad avere. Si incontrò con i fratelli in sala comune e insieme si diressero verso l’aula di Incantesimi. Trovarono ad attenderli i Weasley quasi al completo. C’erano Molly, Victoire, Roxanne, Louis e James che parlottavano tra di loro. Entrarono nell’aula accanto e Molly distribuì i libri che da un mese aveva in prestito. “Se non ne veniamo a capo, tra due giorni dovrò restituire i libri in biblioteca,” esordì.

“Sono già in lista per il prossimo prestito, Weasley,” la rassicurò. Aveva tormentato Madama Quills perché accettasse la prenotazione del suo prestito, sperando che chiunque li avesse presi li restituisse quanto prima. Non avrebbe mai immaginato che qualcuno stesse indagando sul suo stesso mistero.

“Possiamo chiamarci per nome? Altrimenti con i cognomi è un casino,” propose Roxanne.

“Non per me,” ridacchiò James, l’unico Potter della stanza.

“Siamo seri, per favore, che non abbiamo molto tempo.” Roddie li richiamò all’ordine già annoiato. “Io ho chiesto informazioni al Barone Sanguinario. Visto che non c’erano libri sull’argomento in biblioteca, ho pensato che un fantasma ne sapesse di più. La questione è che i rituali per evocare gli spiriti di chi è andato avanti sono complessi e richiedono la presenza di un evocatore e un preciso rituale. Non è possibile aprire il passaggio tra i due mondi per permettere a qualcuno di farsi un giro per la scuola.”

Molly annuì: “È la stessa cosa che mi ha detto Henry.”

“Chi è Henry?” domandò Roland, “quante persone sanno di queste apparizioni?”

Quella notizia doveva rimanere riservata e invece il numero delle persone coinvolte si stava allargando velocemente e senza alcun controllo. Non si sarebbe sorpreso se tra qualche giorno fosse comparso il Ministro della magia o quella ficcanaso di Rita Skeeter che la mamma tanto detestava.

“Oltre a noi, solo Henry Peaks, il mio ragazzo, Nato Babbano. Lavora al Ministero della Magia, nel Dipartimento Spiriti. Ho pensato che ne potesse sapere qualcosa. Ha chiesto persino ai colleghi dell’Ufficio Misteri. Problemi, Lestrange?”

Roland scrollò le spalle. Aveva senso chiedere a uno che lavorasse al Dipartimento Spiriti. La Caposcuola non era del tutto impazzita. Loro avevano fatto lo stesso chiedendo ad Orion. “Nostro fratello maggiore lavora all’Ufficio Misteri, nella stanza del Tempo, ci ha detto che gli incantesimi necessari sono troppo oscuri e che non sono alla portata di uno studente di Hogwarts.”

“E se non fosse uno studente? Perché diamo per scontato che sia uno di noi?” domandò Victoire.

Roland sospirò e la guardò come se avesse appena fatto una domanda stupida: “Perché è la cosa più scontata. Qualcuno può essersi imbattuto in un rituale sconosciuto e averlo iniziato e poi non sa come rimettere le cose a posto. Un professore non farebbe mai una cosa del genere e il resto del personale non è all’altezza.”

Roddie la osservava con disgusto. Roland si domandò se suo fratello fosse irritato perché era la fidanzata di Lupin, perché faceva domande stupide o perché aveva la cravatta annodata male e l’uniforme spiegazzata.

“Voi siete in grado di rintracciare la magia oscura?” domandò Louis che fino a quel momento era stato in silenzio. “Io ho incontrato Greyback che mi ha detto che tornerà per distruggerci, mangiare tutti i bambini e finirà il lavoro lasciato in sospeso con mio padre.” L’ultima parte la disse con un tremolio nella voce che gli ricordò il modo in cui Rabastan aveva raccontato del suo scontro con Lord Voldemort.

Roddie sospirò: “Io ho incontrato Barty Crouch Jr. che ha detto che ci farà sparire e che si riprenderà nostra madre e nostro fratello.” Erano passati molti giorni dall’incontro di Roddie con Barty, eppure Roland riusciva a sentire ancora la paura nella sua voce. Sorrise a Roddie e fece cenno a Roland di raccontare il suo incontro, il più terribile. Gli mise una mano sulla spalla per incoraggiarlo e lo sentì irrigidirsi e deglutire stringendosi nel mantello.

“Quella notte io sono stato aggredito da Lord Voldemort.”

“Cosa?” domandò Molly incredula. Roland osservò lo sguardo pieno di terrore che si scambiò con Victoire e Roxanne. Rabastan annuì e raccontò gli avvenimenti di quella sera. “Non credevo che i fantasmi potessero attaccare…” rispose Rabastan, “insomma, Barty e Bellatrix non lo hanno fatto con Roland e Roddie…”

“Questo apre un nuovo scenario,” disse Victoire.

“Esatto. Se scoprono di poterci attaccare, siamo in pericolo,” disse Roland, “Questa notte è Samhain e il confine tra i due mondi è sottilissimo. Se escono oggi, i loro poteri saranno al massimo.”

“Dobbiamo informare i professori, non possiamo affrontare da soli questa faccenda,” disse Molly. Roxanne sembrava scettica e ancora più preoccupata da quella proposta.

“Come pensi che reagirebbero se sapessero che Lord Voldemort ha lanciato mio fratello sul Salice Schiaffeggiante? Loro sono troppo coinvolti. Siamo noi che dobbiamo mettere fine a questa cosa.” Roland non aveva nessuna intenzione di passare per pazzo, di finire in punizione o di fare la parte del ragazzino. Sapeva di poter affrontare quella cosa, doveva solo capire quale fosse la fonte. Trovato l’evocatore, avrebbero denunciato tutto alla preside e risolto la faccenda.

“Dobbiamo parlarne con Teddy. Lui sta studiando per l’ammissione all’accademia da Auror.”

Roland alzò gli occhi al cielo. Possibile che la Weasley volesse coinvolgere quell’impiastro di Lupin?

Victoire cercava di convincere la cugina: “Zio Harry gli ha insegnato un sacco di magie avanzate, potrebbe aiutarci a rintracciare chi pratica un incantesimo oscuro.”

“Anche noi sappiamo rintracciare chi pratica un incantesimo oscuro,” ribatté piccato Roland, “Peccato che la battaglia di Hogwarts abbia lasciato talmente tante tracce di maledizioni che non c’è luogo di questa scuola che non sia intriso di magia oscura. Pensi che non ci avessimo pensato?”

“Proviamo a parlargli,” insisté.

Roland sospirò. Voleva assolutamente chiudere la faccenda e non avevano il tempo di polemizzare con la Weasley sul coinvolgimento di Lupin. Vederlo fallire sarebbe stato divertente, dopo tutto. “D’accordo. Vediamo se il grande Auror è in grado di risolvere il mistero. Il salvatore del mondo magico… l’erede del grande Harry Potter…”

“Ehi!” protestò James, “lascia stare mio padre.”

“Piantala, Lestrange!” lo rimproverò Molly, “non è divertente e la situazione è già abbastanza complicata per il tuo sarcasmo…”

“Ma voi chi avete visto?” domandò Roddie.

“Zio Fred,” dissero Molly e Roxanne.

“Cedric Diggory,” disse Victoire, “mi ha lasciato un messaggio per suo padre.

“Il nonno e Sirius Black,” disse James, “mi hanno insegnato un passaggio segreto per le cucine e no, non ve lo dico!”

“Sappiamo già come andare in cucina, Potter. Conosciamo i sotterranei della scuola come le nostre tasche…” disse Rabastan con un ghigno divertito, mentre uscivano dall’aula e seguivano Victoire in direzione della sala comune dei Tassorosso.

Roland allungò le braccia sulle spalle dei fratelli, rimanendo più indietro rispetto al clan Weasley-Potter. Sottovoce disse loro: “Qualsiasi cosa accada, mi raccomando, manteniamo la calma e non diamo il pretesto per finire nei guai. Siamo più furbi di loro.”

“Allora non ti fidi di loro?” domandò Roddie.

“Non del tutto, ma dobbiamo collaborare per risolvere questa faccenda. Le avete viste? Non ne sanno più di noi e hanno avuto incontri che non erano affatto spaventosi.”

“Pensavo ti fossi fatto distrarre dagli occhi blu della Weasley…” ridacchiò Rabastan.

Roland mimò un conato di vomito e disse al fratello: “C’è un solo paio di occhi blu che è in grado di distrarmi.”

“Ah già… Lucile…”

Roddie li guardò entrambi con fastidio. Sbuffò mentre scendevano nei corridoi. Era molto concentrato. Teneva la bacchetta in mano e sembrava che stesse ascoltando le tracce di magia che lo circondavano. Roland e Rabastan lo imitarono. Ogni tanto incontravano qualche studente che li osservava perplesso. Doveva essere strano vedere i Weasley e i Lestrange camminare spediti insieme.

Arrivarono davanti la porta di un’aula, Roland guardò i fratelli: “Sentite anche voi quello che sento io?” Annuirono in sincrono, mentre Molly si voltava verso di loro. “Cosa sentite? Perché avete le bacchette puntate in quel modo?”

Roland scosse la testa, pensando che avesse ragione suo padre a dire che a Hogwarts insegnano solo le basi della magia. Spiegò alla Caposcuola: “Stiamo studiando le tracce di magia che ci circondano, qui c’è traccia di magia oscura… ma è diversa dalle maledizioni che i muri hanno assorbito, è molto più forte e oscura.”

“È gelida e buia e sa di morte non solo di oscurità,” disse Roddie, “sembra l’oscurità che circondava l’apparizione di Barty.”

“Pensate che ci possa essere un fantasma?” domandò Victoire con la voce che le tremava.

“O forse abbiamo trovato il portale…” aggiunse Roland. Tirarono fuori le bacchette e Victoire aprì la porta. Nella penombra di quella stanza abbandonata, i fantasmi di Ninfadora Tonks e Remus Lupin chiacchieravano con il figlio.

“Teddy…” disse Victoire sottovoce.

Roland strizzò gli occhi e vide qualcosa nella mano di Teddy, era simile a una pietra che emanava un bagliore sinistro e sembrava essere la fonte di quella oscurità. Si guardò con Roddie e Rabastan ed esclamarono: “La Pietra della Resurrezione!”

Non riuscivano a crederci. L’integerrimo Lupin, l’aspirante Auror, l’erede di Harry Potter, giocava con i cimeli oscuri! Addirittura, con la Pietra della Resurrezione, che un tempo era appartenuta ai Gaunt e che era andata smarrita nella battaglia di Hogwarts.

“Guarda guarda chi gioca con le Arti Oscure…” disse Roland senza riuscire a trattenere un ghigno di trionfo. “Siamo proprio partiti male quest’anno, eh, Lupin? Sei sicuro di voler fare l’Auror? O vuoi passare al Lato Oscuro?”

“Teddy, guardami. Guardami, tesoro,” quella che doveva essere la madre di Lupin gli stava parlando. Roland la riconobbe dalle immagini che aveva visto sui libri di storia e nei memoriali del Ministero della Magia. La donna sorrideva al figlio. “Devi andare avanti, noi saremo sempre con te, tesoro. Siamo morti per darti la possibilità di vivere in un mondo migliore.”

“Ti sembra un mondo migliore quello in cui non c’è stata giustizia? Sai chi sono questi tre, mamma?” domandò Teddy con la voce che gli tremava per la rabbia. Roland bloccò il polso di Roddie che voleva reagire.

“I figli di Rodolphus Lestrange,” disse il padre di Lupin, “È normale che i sopravvissuti vadano avanti e se non la finite, se non seppellite il rancore, finirà come l’altra volta e ci sarà una nuova guerra, e il prezzo lo pagheranno i vostri figli, così come voi avete pagato il prezzo della nostra guerra. È ora di farla finita.”

“Io… Io…” disse Roland, “mi spiace dovervi interrompere, ma si sta avvicinando il momento della celebrazione di Samhain. È tutto il mese che da questo portale escono fuori altri spiriti, oltre i tuoi genitori, Lupin. È stato Lord Voldemort ad aggredire Rabastan. Mi spiace per i tuoi genitori, ma dobbiamo chiudere quel portale prima che sia troppo tardi. Oggi avranno i loro poteri residui al massimo della forza e io non voglio scontrarmi di nuovo con la ex di mio padre.”

“Né io con l’ex di mia mamma,” disse Roddie.

Tonks si scambiò uno sguardo preoccupato con Lupin e domandò: “Chi avete incontrato?”

“Bellatrix, Barty Crouch Jr e Lord Voldemort,” disse Roland. Guardò verso Louis e aggiunse: “Il ragazzino… Louis, vero?” Louis annuì. “Ha incontrato Fenrir Greyback. So che Lupin vuole rivedere i suoi genitori e lo capisco, ma da questa porta stanno uscendo anche altri spiriti e non tutti pensano a vedere i propri cari.”

“Devi lasciarci andare, caro,” disse Tonks.

“Ha ragione la mamma, Teddy. Ti amiamo moltissimo e ti siamo sempre vicino, ma devi lasciarci andare. Hai tanti motivi per vivere il presente e lasciare andare il passato. Vorrei averlo fatto anch’io quando ero vivo,” disse Lupin guardando Victoire.

La Weasley si avvicinò al ragazzo e mise le sue mani intorno alla mano che reggeva la Pietra della Resurrezione. “Coraggio, Teddy, so che ce la puoi fare. L’Oscurità si nutre della tua debolezza. Sii coraggioso come l’Auror che vuoi diventare, come tua mamma.”

Teddy annuì e sorrise ai genitori: “Addio, mamma. Addio, papà.”

“Non è mai un addio. Saremo sempre con te, tesoro,” rispose la mamma. Teddy chiuse il pugno e i fantasmi scomparvero. La magia oscura, tuttavia, era ancora presente nell’aria. Roland scosse la testa e puntò la bacchetta verso la mano di Lupin.

“Cosa vuoi fare, Lestrange?” domandò Victoire.

“Non si è chiuso il portale!” esclamò Roland. Teddy lanciò la pietra per terra e la videro continuare a emanare quel bagliore azzurrino.

“Finite incantatem!” esclamò Molly puntando la bacchetta contro la pietra. Roland si voltò verso di lei con il sopracciglio alzato e l’aria decisamente perplessa.

Molly gli restituì uno sguardo irritato: “È inutile che mi guardi così, sapientone, ci ho provato e ora faccio quello che avremmo dovuto fare dall’inizio: vado a chiamare la Preside!” uscì di corsa da quella stanzetta mentre Roland cercava di ricordare i modi in cui potevano essere bloccate le maledizioni, ma nessun incantesimo sembrava funzionare.

Roddie riuscì a tamponare la situazione creando una bolla intorno alla pietra, simile a quella che il professor Pucey usava per mostrare le creature oscure più pericolose, come l’Obscurus.

“Bella pensata, Roddie, così non dovrebbero riuscire a uscire, ma il portale resta aperto.”

La preside arrivò trafelata insieme al professor Pucey, la professoressa Robins, la professoressa McMillan e l’onnipresente professor Longbottom. Fu proprio lui ad esclamare: “Perché non sono sorpreso di vedere voi tre coinvolti?”

“Professore, temo che sia colpa mia,” disse Lupin. “Verso fine settembre sono andato nella Foresta Proibita a cercare quelle piantine di luparia da coltivare nella serra e ho visto che questa pietra emanava uno strano bagliore. L’ho raccolta dicendomi che l’avrei studiata attentamente, credevo che potesse essere un ingrediente per Pozioni, ma mi sono accorto che prendendola in mano riuscivo a vedere i miei genitori.”

“Lupin…” mormorò la preside.

“Non sapevo che sarebbero uscite le anime delle persone che menzionavo mentre parlavo con i miei genitori, come Voldemort che ha aggredito Rabastan, o Bellatrix che ha aggredito Roland, e persino Greyback che ha minacciato Louis. Non avevo idea che si trattasse della Pietra della Resurrezione. Adesso, Lestrange ha impedito che uscissero altri spiriti.”

La Preside si scambiò uno sguardo con i colleghi: “Edgar tu sei in grado di interromperne il funzionamento?”

Il professor Pucey si avvicinò alla Pietra della Resurrezione e domandò: “Chi ha creato questa bolla?”

“Io, professore,” disse Roddie.

“Bravo, Rodolphus, bel lavoro, dieci punti a Serpeverde. Sembra una di quelle che uso io, ma temo che dovrò romperla.” La bolla scoppiò e la pietra cadde in mano al professor Pucey che vi puntò contro la bacchetta e la studiò attentamente.

“Obstruo ianuam.”

Roland vide la pietra cadere a terra, non emanava più nessun bagliore sinistro e quel senso di oscurità e gelo era scomparso. Il professor Pucey la raccolse e la porse alla Preside: “Minerva, forse è il caso che questo manufatto lo conservi con cura, prima che qualcun altro lo trovi.”

La Preside annuì. Evocò una scatola di lacca nera con lo stemma della scuola e vi ripose la pietra per poi sigillare la scatola e infilarla in una tasca del mantello. “Dovrò convocare le vostre famiglie, seguitemi nel mio ufficio.”

Nella torre in cui si trovava l’ufficio di Minerva McGranitt, Roland pensava alle possibili reazioni dei suoi genitori che si vedevano convocati a Hogwarts per la terza volta in meno di un mese. Sedeva vicino i suoi fratelli, scambiandosi sguardi preoccupati con Roddie e Rabastan, mentre la Preside avvertiva i genitori via camino.

Lupin e la Weasley erano seduti dall’altra parte della stanza, vicino il professor Longbottom, mentre il professor Pucey era rimasto accanto a loro e cercava di rassicurarli. La Robins e la McMillan aiutavano la Preside ad avvertire le famiglie, mentre il professor Longbottom era accanto al camino con le braccia conserte.

I primi ad arrivare furono i genitori di Victoire e Louis. La mamma di Victoire abbracciò il figlio, mentre il padre mise una mano sulla spalla alla figlia. Seguirono i genitori di Molly, quelli di Roxanne, poi Harry Potter e Ginny Weasley, i suoi genitori e, per ultima, arrivò Andromeda Black.

Roland sorrise nel rivedere i suoi genitori. Sentì il professor Pucey dire al papà: “I suoi figli sono stati molto bravi.”

“Vi ho convocati,” esordì la Preside, “per fare chiarezza su quanto è successo in questi giorni. Abbiamo scoperto l’autore dell’aggressione a Rabastan Lestrange.”

La mamma strinse la spalla di Rabastan, lui le prese la mano e le disse: “È tutto passato, mamma.”

“È stato Lord Voldemort.”

Un mormorio preoccupato serpeggiò per la sala.

“Com’è possibile, professoressa McGranitt?” domandò Harry Potter, “Voldemort è morto.”

“Temo che sia colpa mia, zio,” intervenne Lupin. Raccontò la storia di come aveva trovato la Pietra della Resurrezione nella Foresta Proibita e dei suoi colloqui con i genitori, di come le persone che menzionava in quegli incontri finivano per uscire, come se fossero state evocate. La nonna di Lupin piangeva silenziosamente accanto al nipote.

Roland sentì la mamma scattare, le prese la mano, le fece cenno di fermarsi, di aspettare. Si alzò dalla sedia su cui la preside l’aveva fatto sedere e andò vicino a lei, l’abbracciò e le disse sottovoce: “Lo avrebbe fatto chiunque di noi se i nostri genitori fossero morti. Lo sai, mamma, era una tentazione troppo forte.” La mamma gli restituì uno sguardo commosso, gli posò un bacio sulla fronte e lo strinse a sé.

“Abbiamo sigillato e messo la Pietra al sicuro, in modo che non possa fare più danni, ma voi dovevate sapere come sono andate le cose,” concluse la Preside.

“Zio Harry,” disse Victoire, “ho incontrato Cedric Diggory, mi ha scambiato per la mamma. Mi ha chiesto di dire a suo papà di non essere così arrabbiato, che lui sta bene e di salutarglielo tanto.”

Harry annuì e disse: “Andrò a parlare dal vecchio Amos, anche se non sarà semplice.”

“Molly, chi hai incontrato tu? Perché sei qui?” le domandò il padre.

“Ho incontrato zio Fred insieme a Roxanne. Mi ha detto che non devi essere così triste e devi smetterla di incolparti. Sapeva che saresti tornato in famiglia.” Il padre di Molly sorrise tristemente.

“Teddy, la tua condotta è stata molto grave,” disse la Preside, “giocare con un manufatto oscuro è stato molto imprudente, anche se capisco benissimo i motivi per cui lo hai fatto. Hai messo in pericolo i tuoi compagni di scuola e questo è inaccettabile da parte di chi vuole diventare un Auror.”

“Preside,” intervenne Roland, “penso di poter parlare anche per i miei fratelli. Lupin ha sbagliato, è vero, ma lo perdoniamo. Chiunque di noi avrebbe fatto lo stesso errore, chi non vuole rivedere i propri cari se non ci sono più? La prego di non togliere a Lupin la possibilità di accedere all’accademia da Auror. Credo che sia importante che i futuri Auror siano consapevoli di quanto sia facile sbagliare e quanto possa essere seducente il potere dell’Oscurità. Nessuno di noi è esente da errori e dobbiamo riconoscerlo se vogliamo superare ciò che ci ha portato a due guerre magiche.”

“È molto nobile da parte sua, signor Lestrange, ma temo che saranno i suoi genitori a doversi pronunciare.”

“Siamo d’accordo con nostro figlio,” disse suo padre mettendogli una mano sulla spalla. “Il ragazzo ha sbagliato ed è consapevole dei suoi errori, ma non è il caso che le sue ambizioni vengano frustrate. Per fortuna non è successo nulla di grave e i ragazzi sono riusciti a capire cosa stesse succedendo.” La mamma annuì accanto a lui.

“Lo apprezzo molto,” disse la nonna di Lupin.

“Figurati, Andromeda, sappiamo con quanta forza l’oscurità esercita il suo fascino,” disse la mamma. Roddie si strinse alla mamma e Roland vide che aveva gli occhi lucidi.

“Grazie, Alexandra, dopo aver liberato Grimmauld Place, hai salvato la carriera del mio figlioccio,” disse Harry Potter.

“I ragazzi non c’entrano niente. Le guerre hanno lasciato ferite a ognuno di noi, è ora di andare avanti. Nessuno vuole il ritorno di quei tempi.”

“Allora, se ci siamo chiariti,” disse la Preside, “Lupin, sarai in punizione fino alla fine dell’anno. Aiuterai il professor Longbottom nelle serre, niente Hogsmeade e niente Quidditch. E ora, se non vi dispiace, temo che dovremo raggiungere gli altri studenti per il banchetto di Halloween. Naturalmente, se volete trattenervi sarete i benvenuti.”

Roland si disse che Hogwarts dovesse essere un posto speciale se nessuno dei genitori si sentì di rifiutare un simile invito. Si diressero verso la Sala Grande e presero posto in fondo, vicino la porta per festeggiare il compleanno di Rabastan con il banchetto.

“Perché il professor Pucey ha detto che siete stati molto bravi?” gli domandò il papà.

Roland sorrise e spiegò: “Perché siamo stati in grado di trovare la fonte della magia oscura. Non è semplice perché le mura della scuola portano ancora gli effetti delle maledizioni lanciate durante la battaglia di Hogwarts, ma soprattutto perché Roddie ha avuto l’idea geniale di inglobare in una bolla protettiva la pietra mentre aspettavamo l’arrivo della Preside. Avevamo paura che qualche fantasma con pessime intenzioni uscisse fuori.”

“E così avete conosciuto Barty e Bellatrix,” esclamò la mamma guardandoli.

“Sì, non capiamo come fai a confondere Orion con Barty, mamma,” protestò Roddie, “Orion è molto più bello e ti assomiglia! Lui era così… antipatico!”

La mamma e il papà scoppiarono a ridere e Roland vide il modo in cui il papà prese la mano della mamma tra le sue, sotto il tavolo, e le posò un bacio sulla fronte. La mamma disse: “Hai visto che avevo ragione, Roland? Sapevo che eri pronto ad affrontare qualsiasi cosa fosse capitata a Hogwarts.”

“Siamo molto orgogliosi di voi,” disse il papà.

“Sì, tutto bello, ma adesso parliamo del mio compleanno! Dove sono i miei regali?” esclamò Rabastan che si era visto sottrarre ogni festeggiamento a causa dei fantasmi.

“Ti arriveranno domani via gufo,” disse la mamma, “Oggi c’era un tempaccio e i gufi sono partiti in ritardo, ma ho una cosa per te…” allungò un pacchetto incartato e gli disse: “Te lo manda zio Rabastan.”

Lo sguardo di Rab si illuminò e un sorriso comparve sul volto: “È quello che penso io?” domandò.

“Aprilo e lo scoprirai,” disse il papà con un sorriso divertito. Roland era certo che i suoi genitori sapessero cosa contenesse quel pacchetto e volessero far morire di curiosità tutti loro. Roddie, nel frattempo, si era abbracciato la mamma che gli posava un bacio sulla fronte mentre osservava Rabastan aprire il pacchetto.

“Il nuovo libro di Raymond Laurent! Ma come ha fatto a trovarlo? Il Ghirigoro lo avrà solo per Natale!”

“Beh, sai che in Francia i romanzi di Laurent escono prima. Questa è l’edizione francese del prossimo romanzo.”

“Per Salazar! Devo ringraziare lo zio! Domani mattina gli spedisco un biglietto! È un regalo fantastico!”

“Vedi, non competeremo mai con i regali di Rabastan…” disse il papà alla mamma. La mamma però sorrideva: “Rabastan sa quali corde toccare nell’animo del suo omonimo.”

“Venite in sala comune per i riti di Samhain?” domandò Roddie. La mamma e il papà si guardarono e annuirono. Fu strano, e bello, accendere le candele con loro e il professor Pucey, mentre Lucile recitava le formule antiche e tutta la Casa di Serpeverde era riunita.

“Speriamo di non essere più convocati, ragazzi,” disse la mamma, “se tutto va bene, ci vedremo a Natale per il matrimonio di Orion.”

Roland annuì, salutarono i genitori e li videro sparire tra le fiamme del camino della preside insieme agli altri genitori.

“Grazie, Lestrange,” gli disse Teddy Lupin, mentre scendevano verso i sotterranei.

“Non crederai che siamo diventati amici?” domandò Roland sarcastico.

“No, un giorno ti sbatterò ad Azkaban,” gli disse Lupin.

Roland scoppiò a ridere e rispose: “Chi lo sa, Lupin, magari sarai tu a diventare un Mangiamorte. Sei già pronto a farti corrompere dal fascino dell’Oscurità!”

Non c’era rancore, solo la conferma di un’enorme, abissale, distanza tra loro due.

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Ciao a tutti!

Siamo giunti alla risoluzione di questo mistero. Grazie all’intraprendenza di Molly che ha fatto il primo passo, di Rabastan che ha dialogato con lei e poi vicendevolmente si sono aiutati fino a raggiungere la soluzione. Qualcuno aveva ipotizzato l’uso della Pietra della Resurrezione, ma ovviamente non potevo né confermare né smentire.

Questo spiega perché Teddy fosse continuamente arrabbiato con i Lestrange, perché continuava in qualche modo a rivivere la morte dei genitori e più parlava con loro della guerra più si riempiva di odio, che ho immaginato anche essere uno degli effetti del dono della Morte. Sappiamo che il fratello che la riceve si toglie la vita per la disperazione di non poter riavere l’amata e ho immaginato che nel caso di Teddy la disperazione lo portasse a covare rancore.

Spero che la soluzione del mistero non vi abbia deluso. Il prossimo capitolo è l’epilogo ed è ambientato a Natale (quindi sì, vedremo anche il matrimonio di Orion) e andremo alla Tana e trarremo un po’ le somme di questa avventura nella New Generation.

Io, intanto, vi ringrazio per il calore e l’entusiasmo con cui avete accolto questi personaggi. So che molti non sono “i big” della New Generation (a parte Teddy) e vi siete affezionati anche ai fratelli Lestrange e i Serpeverde e questa cosa mi riempie di gioia.

Tanti auguri di buone feste, ci vediamo la prossima settimana con l’epilogo.

Un abbraccio,

Sev

 

   
 
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