Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: ballerina 89    23/12/2020    2 recensioni
Un nuovo Natale è giunto finalmente alle porte e con tutto questo caos che stiamo vivendo per via del covid poteva mancare la mia tradizionale storiella natalizia dedicata ai miei amati Capitan Swan? Certo che no! Vi auguro una
buona lettura e spero che questa piccola creazione vi tenga compagnia in questi quattro giorni che ci separano dal tanto atteso Natale. Un abbraccio e buona lettura a tutti voi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Hope Jones, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A










Il mio salvatore
Fanfiction natale 2020
Capitolo 2
Boston, molti anni fa…
Dire che sia una bambina tranquilla è un eufemismo, la piccola Emma Swan, sei anni appena, è tutto tranne che tranquilla, eppure nel vederla li, su quella pista di pattinaggio, pronta a ripassare il suo assolo per la consueta recita di Natale che si sarebbe tenuta da li a due settimane, non sembrerebbe affatto di avere a che fare con una piccola selvaggia. Povera piccola, non è colpa sua in fondo, non vuole essere cattiva, il suo volersi mettere spesso nei guai ed essere la capobanda di ogni marachella avvenuta in orfanotrofio è solamente una disperata richiesta di aiuto. Non ha mai superato il trauma dell’abbandono, è in continua ricerca di affetto e nonostante sia alla ricerca di una famiglia che la porti via da quella che per lei con gli anni è diventata una vera prigione, il suo desiderio più grande è quello di incontrare i suoi veri genitori… spera un giorno di vederli apparire davanti la porta dell’istituto pronti a portarla via con loro. Le istitutrici hanno provato di tutto per aiutarla ad affrontare i suoi scheletri nell’armadio ma lei sembra non voler collaborare in alcun modo, anzi… si sfoga combinando disastri e considera nemici tutti coloro che intendono darle una mano. Forse è anche vero, non tutti in quel luogo si approcciano con i bambini nella maniera più corretta, molti sono severi con loro, rigidi forse fin troppo nel rispetto delle regole, ma nessuno di loro si permetterebbe mai di trattare male, come invece sostiene Emma, un bambino. Ha solo una figura di riferimento, oltre ai bambini “teppisti” più grandi da cui prende esempio per combinare guai… Savannah, l’istitutrice più giovane dell’istituto, 21 anni appena compiuti, l’unica persona con cui Emma sentiva di avere un legame. E’ stata proprio Savannah, nel vederla bisognosa di trovare una valvola di sfogo a iscriverla in una scuola di pattinaggio artistico, la bambina non era molto entusiasta della cosa, al massimo avrebbe voluto imparare a fare a pugni, ma una volta indossati i pattini e iniziato a prendere confidenza con quella superfice fredda e scivolosa è stato amore a prima vista, non ha più voluto smettere e nel giro di un anno e mezzo è diventata la più brava del suo corso tanto da ricevere una parte nello spettacolo di Natale come solista. Chi lo avrebbe mai detto che sotto l’aspetto mascolino con cui si ostinava a presentarsi in ogni occasione in fondo vi fosse una bambina dai dolci lineamenti e dalla delicatezza innata, la stessa Savannah se ne meravigliava ogni volta eppure era proprio lei, la sua Emma.
  • Oggi proverò un doppio axel! – esclamò Emma prima di una delle consuete prove dello spettacolo mentre Savannah l’aiutava a sistemare i pattini. – Secondo me sono capace. Ieri l’ho anche provato sul letto. – disse orgogliosa.   
  • Te lo ha detto l’insegnante che puoi provarlo? – domandò Savannah immaginando già la risposta. Anche se Emma amava il pattinaggio il pericolo la appassionava comunque di più per cui sarebbe stata in grado di mettersi nei guai anche facendo qualcosa che le stava a cuore.
  • No! – come volevasi dimostrare.
  • E allora non dovresti farlo.
  • Ma io sono pronta! – protestò. – E poi Brianna già lo fa!
  • Brianna ha quattro anni più di te signorina! – le fece notare. – Ha studiato di più ed è normale che lo faccia. – mise il broncio. Non le piaceva essere contraddetta. - Tranquilla però, sono più che sicura che quando avrai la sua età anche tu lo saprai fare. – cercò di farla ragionare, ma far ragionare una testolina così dura non era affatto semplice.
  • Io lo so fare già e oggi lo farò! – Senza aggiungere altro si alzò dalla panchina dello spogliatoio e da sola e arrabbiata raggiunse la grande pista.
Savannah la lasciò andare, sapeva che non sarebbe servito a nulla seguirla, ma andò comunque ad osservarla dagli spalti in modo da essere presente in qualsiasi evenienza. Era preoccupata, dentro di sé sentiva come un cattivo presagio, ma cercò di allontanare la mente da quei brutti pensieri pensando fosse semplicemente paranoia. Guardò le prime prove del pezzo di Emma con agitazione assurda, temeva che quel salto sarebbe arrivato presto ma grazie al cielo non arrivò. A quanto pare la bambina per una volta le aveva dato retta, o almeno così credeva…
  • Brava, brava, brava!!!!! Hai fatto un ottimo lavoro e per premiarti, visto che per una volta mi hai dato retta, ti porterò a prendere una bella cioccolata calda con tanto di cannella come piace a te. Sei contenta?
  • Si ma non adesso. Ora c’è la prova quella vera, quella con le luci e io proverò finalmente il mio salto. – ecco… come non detto.
  • Mah… Emma…
  • Ora vado! Guardami è!!!!! – si raccomandò correndo in postazione. Doveva aspettarselo in fondo, non è da Emma essere ragionevole.
Ormai consapevole che la piccola avrebbe provato una nuova peripezia, contro ogni volere degli adulti, Savannah provò a rilassarsi sperando per il meglio ma nel mezzo dell’esibizione, proprio quando ormai era sicura che Emma fosse in procinto di agire, fu altro a catturare la sua attenzione. A bordo pista vi era una donna, una giovane mamma, intenta ad aiutare la propria bambina ad allacciare i pattini. Era molto amorevole nei confronti della piccola e gli occhi della bambina rispecchiavano lo stesso sentimento. Era una scena davvero carina vista dagli occhi di una persona con alle spalle una famiglia ma in quel momento, in quella struttura, vi erano anche persone che non avevano mai avuto una famiglia accanto, persone che non avevano mai conosciuto e provato l’affetto di una mamma. Il suo sguardo si spostò immediatamente su Emma e lo vide…vide esattamente quello che non avrebbe mai più voluto vedere…. Vide lo sguardo di una bambina sofferente.
Tutta  l’eleganza dei movimenti, la leggiadria, la passione che Emma emanava al pubblico durante un’esibizione aveva lasciato improvvisamente spazio a due occhioni lucidi in procinto di piangere. Cercando di trattenersi il più possibile, lei non è la classica bambina che ama far vedere le sue debolezze, continuò la sua prova come se nulla fosse ma Savannah poteva vederlo, non stava affatto pensando al suo assolo, i suoi occhi puntavano quella coppia madre figlia come fossero calamite attratte da una forza opposta e questo suo perdere di vista ciò che stava realmente facendo la portò a perdere l’equilibrio durante un salto e a cadere di testa sul ghiaccio.
Incurante di non avere le calzature adatte per poter entrare in pista Savannah corse a più non posso, con il cuore in gola, verso la bambina che nel mentre era già stata raggiunta dalla sua allenatrice e dal personale medico. Piangeva disperata ma secondo il medico era un buon segno, il fatto che fosse cosciente in primis lo era, ma per sicurezza, visto che aveva sbattuto la testa, decise comunque di portarla in ospedale per scongiurare qualcosa di più grave impossibile da vedere ad occhio nudo.
Fortunatamente anche la visita in ospedale andò bene, Emma non aveva riportato nulla di grave, ma per essere tranquilli il medico si raccomandò con Savannah di tenerla sveglia almeno altre tre o quattro ore nonostante la piccola avesse potuto manifestare prima sintomi di sonnolenza. Decise dunque di portarla a cena fuori, in uno dei fast food che sapeva quanto lei amasse dopodichè, dopo aver fatto una passeggiata e mangiato un dolcetto extra, si misero in macchina per tornare in istituto. Emma non è mai stata un gran chiacchierona, soprattutto con gli adulti, ma quando era da sola con Savannah non mancava mai occasione di parlare di qualcosa. Quella sera però non sembrava intenzionata a parlare, anche a cena era stata parecchio silenziosa e Savannah senza chiedere conferma sapeva già cosa frullasse nella sua testolina.
  • Vuoi parlarne tesoro? – le disse intenerita nel vederla così triste. Lei scosse la testa, sapeva che Savannah avesse capito ma non era pronta a parlare di come si sentisse. – Molto presto arriverà una fantastica famiglia che vorrà averti con se non preoccuparti… - disse ugualmente cercando di rincuorarla - bambine speciali come te difficilmente rimangono a lungo in istituto credimi… – Fosse stato per Savannah l’avrebbe adottata ad occhi chiusi lei stessa ma nessuno le avrebbe mai concesso la custodia della piccola senza aver contratto matrimonio o quanto meno avere una relazione stabile con un compagno da almeno tre o quattro anni.
  • Possiamo non dire alla signorina Parker cosa è successo stasera? – domandò cambiando totalmente discorso.
  • Non credi voglia sapere che hai avuto un piccolo incidentino? – scosse ripetutamente la testa spaventata dalle possibili conseguenze.  Non era di certo la prima volta che Emma si faceva un giretto in ospedale, in istituto hanno decisamene perso il conto di quante volte Emma ha rischiato seriamente di farsi male: risse con i coetanei, tentatiti vi evasione andati male e una volta addirittura ha rischiato di perdere un occhio giocando con i petardi rubati a ragazzi più grandi. Ognuna di queste vicende ha portato naturalmente ad una punizione e ora la piccola è spaventata che possa succedere ancora. Ha solo sei anni in fondo, non capisce che la si mette in punizione per il suo bene, per farle capire che con i suoi comportamenti ha rischiato di farsi seriamente del male, no… lei associa l’ospedale alla punizione e naturalmente adesso è in pensiero per le possibili conseguenze che possano esserci non capendo che questa volta lei non ha nessuna colpa. – D’accordo non le dirò nulla ma sappi che non devi temere nulla stasera, io ero con te e so che non hai fatto nulla di male, quello di oggi è stato semplicemente un incidente. – Naturalmente Savannah fu costretta a comunicare quanto accaduto al suo superiore, vi era una documentazione medica da tenere nei registri ufficiali dopotutto ma come promesso ad Emma, non vi furono conseguenze per quell’incidente e la piccola non venne messa in punizione. Giocò a lungo con Savannah quella sera dopodiché, passate le quattro ore raccomandate dal medico, visto che ormai iniziava ad essere anche un po’ tardino, venne messa a letto con la promessa di vedersi l’indomani. Emma chiuse subito gli occhi subito, abbracciata come di consueto alla sua inseparabile copertina bianca e viola, l’unica cosa lasciata dai suoi genitori, ma il suo sonno durò giusto qualche minuto perché alla mente le tornarono le immagini di quel maledetto pomeriggio. Si svegliò di soprassalto e inevitabilmente tornò a piangere. Non era la prima volta che si svegliava nel mezzo della notte pensando e piangendo per il suo senso di abbandono ma questa volta era diverso. Di solito piangeva arrabbiata verso i suoi genitori, incapace di capire il perché del loro gesto, ma questa volta, forse complice anche il natale alle porte pianse per altro… pianse per quel vuoto mai colmato all’interno del suo cuore, pianse per la mancanza di una mamma e di un papà.
Cercò di calmarsi da sola, non voleva che qualcuno dalle altre stanze la sentisse piangere, si vergognava, ma non ci riuscì, anzi… si agitò ancora di più quando il vento che soffiava forte a causa di un possibile temporale in arrivo spalancò i vetri della sua finestra. Si strinse forte alla sua copertina e al suo cuscino impaurita, non le piaceva il brutto tempo, ma sapeva che se non voleva congelare doveva farsi forza e chiudere la finestra, nessuno lo avrebbe fatto al suo posto.
Tenendo sempre saldamente la sua copertina come scudo, scese dal letto e si avvicinò a piedi scalzi alla finestra. Il vento come per magia cessò improvvisamente di soffiare ma al suo posto comparve una sagoma nera che si avvicinò ad Emma accarezzandole il viso.
  • Ehi Emma… non avere paura, sono io: Peter… ti ricordi di me vero? – disse la figura vedendola indietreggiare spaventata – Sono qui per portarti via da questo inferno!
  • Vai… vai via o mi metto ad urlare! – disse con finto coraggio nonostante dentro di se la paura la stava divorando. Cos’era quella figura davanti a lei… un fantasma?
  • No, non urlare, non voglio farti del male te lo giuro, voglio solo aiutarti a scappare da questo posto! Lo hai detto tu stessa che non ti piace dopotutto no? Beh… se vieni con me ti porterò in un luogo incantato, dove tutto è possibile, anche volare. Un posto magico, un posto per bambini speciali come te!
  • Guarda che io non sono scema! Le persone non possono volare! Vattene. – disse facendosi coraggio con la sua copertina.
  • Nel mio mondo si può e tu lo sai bene… ci sei già stata non ricordi già più? I falò intorno al fuoco, la polvere magica, i dolci a volontà… dai Emma, sono Peter, il tuo amico Peter. – improvvisamente le sembrò di ricordare qualcosa simile alle parole appena dette dalla figura davanti a se. Qualcosa accaduto in sogno, un sogno meraviglioso, il più bello mai fatto in tutta la sua vita.
  • Peter… quel Peter?
  • Proprio lui!
  • Mah… quello era… quello era un sogno! I sogni non sono veri. Sto sognando anche adesso? – chiese rilassandosi un pochino, nei sogni in fondo non può succedere nulla di brutto no? Al massimo ci si sveglia.
  • Non stai sognando e no, non era un sogno. Era tutto vero Emma, sei stata seriamente in quel posto magico e voglio portartici ancora una volta, per sempre questa volta.
  • Per… per sempre?
  • Per sempre si, o almeno finché vorrai restarci tu. Dai afferra la mia mano, ci divertiremo un mondo insieme, gli altri bambini ti stanno aspettando impazienti per giocare insieme a te. – l’idea di avere dei veri amici con cui giocare non le dispiaceva affatto, qualche amicizia nell’istituto l’aveva già ma non erano di certo paragonabili agli amici che fino al giorno prima credeva di aver solo sognato. C’era qualcosa che però la tratteneva dal dire di si…
  • Io… io non… non lo so se voglio venire.
  • Ma come, non ti faceva schifo questo posto? – domandò
  • Si mah… Savannah? Lei mi vuole bene… io non voglio lasciarla da sola.
  • Ah Savannah… beh… Savannah cosa ti ha sempre detto? Che vuole vederti felice no? – La piccola annuì – Beh allora non credi che sapendoti felice in un posto che ti fa stare bene e non ti rende triste e spaventata come la maggior parte delle volte che sei qui dentro sarebbe felicissima anche lei? Dai andiamo… ti prometto che ti farò scrivere una letterina dove le spiegherai tutto.
Ed è così che Emma si fece convincere da quella strana figura ad andare con lei, strinse la sua mano e tenendo con l’altra la copertina a cui mai e poi mai avrebbe rinunciato si lasciò accompagnare dal suo nuovo amico in quel posto che aveva sempre creduto di sognare, un posto che però non era affatto come lo ricordava lei. La figura stessa con cui aveva parlato in realtà non era chi in teoria pensava che fosse, o meglio… era la persona che aveva conosciuto durante i suoi “sogni” ma questa persona non aveva affatto voglia di salvarla come le aveva fatto credere, anzi… l’aveva rapita per uno scopo decisamente meno nobile: per assicurare a se stesso e alla sua isola un futuro.
Sembrerà strano da credere ma quella figura altri non era che Peter Pan, il vero Peter Pan, non quello delle favole, l’unico e solo, malvagio e crudele come pochi. La sua esistenza e quella della sua isola sono strettamente legate alla magia, una magia che con gli anni se non si interviene per tempo è destinata a svanire. Non può assolutamente permettere che questo accada se vuole rimanere in vita ed è proprio per questo motivo che è andato alla ricerca di Emma. Dopo svariate ricerche è giunto alla conclusione che per salvare l’isola, e se stesso, ha bisogno del cuore del vero credente, ed Emma, insieme ad un altro bambino, che dovrà riacciuffare perché scappato, sono le chiavi per arrivare a questo cuore. Loro saranno i genitori del custode del cuore del vero credente, per cui vuole tenerli entrambi sull’isola in modo che il destino non faccia scherzi e che gli dia ciò che vuole. Solo dopo aver ottenuto il bambino che gli spetta, se vorranno li lascerà liberi, fino ad allora resteranno sull’isola con lui.
Una volta approdati sull’isola che non c’è Emma viene immediatamente portata in una casetta di vimini veramente minuscola, una sola stanza e un piccolissimo bagno, per così chiamarlo, non ha minimamente l’aspetto di un bagno. sarà quella la sua casa. Ha osservata a lungo quella bambina, conosce il suo carattere ribelle e di conseguenza sa che non può permettersi di tenerla libera di scorrazzare qua e là per l’isola… e poi il suo secondo prigioniero è già evaso, vuole evitare che anche la piccolina segua le sue orme. La leggenda parla chiaro: sarà l’unione della salvatrice, il frutto del vero amore, assieme al figlio del signore oscuro più potente mai esistito a generare il bambino che serve a lui quindi non può permettersi che Emma scappi, è lei la salvatrice, anche se ancora non lo sa.
Riesce a tenerla prigioniera per quattro lunghissimi giorni, portandole da mangiare tre volte a giorno solo per paura che possa morire di fame, ma il quinto giorno, dopo aver pianto tutte le sue lacrime e aver maledetto se stessa per aver infranto la promessa fatta a Savannah, quella di non fidarsi mai degli sconosciuti, Emma decide che è tempo di agire. Si prepara psicologicamente a sferrare un attacco e quando uno degli scagnozzi di Peter pan, il più tonto a parere di Emma, apre la gabbia per darle da mangiare, ormai ha imparato la routine e sa benissimo chi ci sarà dietro la porta, ecco che lei come un piccolo felino, saltandogli addosso, gli morde a sangue il naso facendolo cadere a terra dal dolore. E’ il momento perfetto per scappare e senza esitazione, la sua copertina è già stretta tra le sue mani, corre alla velocità della luce alla ricerca di un riparo.
Vaga senza meta povera piccola, è spaventata a morte e infreddolita. Ha sempre desiderato scappare dall’istituto in cui si sentiva prigioniera ma solo adesso si rende conto che forse è stata una cattiva idea farlo: le prigioni sono altre…  adesso lei lo sa.
Sta per farsi sera e lei ha paura del buio, non vuole restare nel bosco da sola, ha paura che qualche animale possa mangiarla, ma non può neanche tornare indietro e farsi trovare da Peter… di sicuro non la tratterebbe con i guanti bianchi. Si accascia così a terra, non potendo fare altro, tra le folte piante e stringendo la sua copertina spera con tutto il cuore che questo sia solamente un brutto incubo. Mai come quel giorno Emma Swan voleva tornare a “casa” e per casa intendeva l’istituto.
Rimase in assoluto silenzio per ore, cercando di respirare e piangere il più piano possibile per non farsi sentire da nessuno, animali compresi, ma quando sentì dei rumori provenire verso di lei si spaventò e per paura di essere mangiata, forse aveva letto troppe storie di paura, iniziò a correre a più non posso per scampare al pericolo. Non sapendosi orientare però sbagliò via di fuga e piuttosto che scappare dai rumori andò in contro ad esso finendo sfortunatamente, o fortunatamente in questo caso, davanti a quello che aveva intercettato come pericolo. Non era un animale feroce come pensava lei e non era neanche un bambino sperduto della cerchia di Peter… era un adulto quello con cui si scontrò cadendo a terra, un adulto vestito in modo bizzarro e con uno strano aggeggio al posto della mano.
  • Attenta a dove metti i piedi piccola selvaggia, mi sporchi il vestito! – esordì l’uomo ripulendosi alla meglio, quella piccola furfante gli aveva maccato il suo prezioso panciotto di fango.
  • Tu… tu sei un adulto! – esclamò lei sorpresa, non aveva mai visto adulti su quell’isola, ne da prigioniera ne quando Pan la portava li per giocare.
  • Che scoperta avvincente! Si sono un adulto ragazzina, problemi? Lasciami passare adesso, sto lavorando…
  • Che lavoro fai? Posso venire con te? – non avrebbe dovuto fare quella domanda, già una volta era finita nei guai per questo, ma non voleva di certo restare tutta la notte da sola nel bosco. Anche se pericolosa quella era l’unica sua chance.
  • Non si vede? Sono un pirata e no, non puoi venire con me.
  • Ti prego… io… io ho paura! – iniziò a piangere. – non voglio stare qui…
  • No, non frignare ti prego, risparmiamelo… - a quell’uomo a quanto pare i bambini non piacevano… -  Se ti sei persa ti dico la strada per tornartene da quel babbeo del tuo capo e da quella mandria di marmocchi fastidiosi ma tu in cambio smetti di piangere immediatamente! Mi farai diventare sordo così! – esclamò – Ah… e dirai a Pan che sono stato un ottimo pirata e che come minimo, per aver riportato la sua pecorella all’ovile mi deve un favore. – Prima regola del pirata: mai fare niente in cambio di niente.
  • No no no non ripotarmi da Peter ti pregoooo!!!! Non voglio tornare là. – disse cercando di smettere di piangere, anche se inutilmente… voleva aggraziarsi quell’uomo e a quanto pare piangere non l’avrebbe aiutata.
  • Mmmh… interessante… - non capitava spesso che un bimbo sperduto volesse scappare dall’isola, anzi… erano più quelli che arrivavano che quelli che andavano via. Solo uno che lui ha memoria è riuscito a scappare, o meglio, lo ha aiutato lui stesso a scappare, anche se poi scoprendo la verità sul suo conto ha preferito tonare sull’isola, scappano con le sue sole forze anni dopo: Bae… il suo Bea… il figlio della sua donna, della sua Milah… la donna della sua vita… l’unica e sola. A ripensare a Bae il suo cuore da duro vacilla un po’, voleva seriamente salvarlo, voleva farlo per l’amore che provava per sua madre, ma non è riuscito nell’intento. Non si è mai perdonato di ciò e ancora adesso che sa che non è più sull’isola riesce a farlo, non sa se ha trovato la sua strada o se è ancora in pericolo e questo lo fa star male. Sarà anche il figlio dell’uomo che lo ha fatto diventare quello che è oggi, ma è anche figlio di colei che ha amato come mai nessun altra prima ed proprio il pensiero verso di lei che non lo fa dormire se pensa a Bae… ha paura che la sua donna, ormai passata a miglior vita, possa essere in collera con lui per non essere riuscito a salvare il suo bambino. Gli occhi di Emma poi in un momento come quello non aiutano di certo anzi, lo portano a fare qualcosa di cui sa che potrebbe ampiamente pentirsi. C’è un accordo tra lui e Pan, il pirata può girare liberamente sull’isola alla ricerca di ciò che gli serve per sconfiggere il suo acerrimo nemico, senza ricevere attacchi dai bambini sperduti, solo se lui a sua volta non tenta di sabotarlo come in passato. Fare quello che la sua mente gli sta suggerendo lo porterebbe ad avere dei problemi ma una voce dentro di se gli sta gridando di fare la cosa giusta e la cosa giusta è quella di prendere quella piccolina e strapparla dalle grinfie di Pan… in questo modo forse, salvando almeno lei, riuscirà a perdonarsi di non essere riuscito a salvare Bae.
  • Sei sola? – le dice improvvisamente guardandosi attorno con sospetto assicurandosi che nei dintorni non ci sia nessuno, conosce pan, potrebbe essere una sottospecie di prova.
  • Si… - era troppo spaventata per non essere sincera, tremava come una foglia e quegli occhi erano occhi di una persona che anche se piccola aveva già sofferto troppo. Conosceva bene quello sguardo, anche Bae lo aveva… lui stesso in passato lo aveva avuto.
  • Sicura che non ti abbia seguito nessuno? – annuì ancora. – Ahhhh… - sospirò rassegnato - so già che me ne pentirò –  senza aggiungere altro le tese la mano affinché lei potesse afferrargliela e insieme, stando attenti a non farsi beccare, quella sottospecie di giungla era piena di occhi indiscreti, raggiunsero la nave dell’uomo.
  • Questa è casa tua? – chiese non appena mise piede sulla passerella.
  • Già! Benvenuta sulla Jolly Roger Ragazzina piagnucolosa.
  • Mi chiamo Emma!!!! – precisò indignata, non le piaceva affatto quel soprannome.
  • Ragazzina piagnucolosa ti sta meglio però!
  • Prrrrrr – non sapendo come altro rispondere per farsi rispettare gli fece una sonora pernacchia. – Tu ce l’hai un nome? – chiese subito dopo.
  • Sono Capitan uncino! Il temibile capitan uncino!
  • Come quello del cartone animato? – chiese meravigliata. Non aveva collegato che Peter fosse in realtà Peter pan, lei lo chiamava semplicemente Peter. – Ma non hai i baffi… E neanche i capelli ricci lunghi.
  • Cos’è un cartone animato? E perché dovrei avere i baffi e i ricci? – chiese non capendo cosa volesse dire.
  • Il vero capitan uncino ce l’ha!
  • Attenta a come parli! Sono io il vero capitan uncino, non dire fesserie marmocchia!
  • Mi chiamo sempre Emma io! – incrociò le braccia al petto.
  • Si ok, va bene, va bene, va bene… ho capito. Hai fame? – chiese cambiando argomento – Questa mattina io e Spugna, il mio fidato scagnozzo, abbiamo pescato moltissimi pesci, ti concedo l’onore di assaggiarne uno.
  • Blaaaaaaaaaa…. Che schifo! Non mi piace il pesce.
  • Ma lo hai mai assaggiato? – la guardò sconvolto.
  • Si ma fa schifo, dove abito io non lo mangia mai nessuno!!!! Non hai delle patatine fritte, del gelato, i biscotti… qualcosa di buono insomma.
  • Posso assicurarti che il pesce è ottimo e molto salutare, soprattutto per una bambina della tua età.  A parte le patate, che è cibo assai raro da queste parti, non so neanche cosa sia tutto il resto che mi hai elencato ma ti suggerirei di fidarti di me e farti un bel pasto come si deve, sei troppo magrolina.
  • Ma sei sordo allora? Non mi piace il pesceeeeee!!!!
  • Tu aspetta di assaggiare la mia ricetta segreta e poi vedrai, ti leccherai i baffi!
  • Non ho i baffi!!!!! – al temibile capitan uncino venne da ridere, doveva proprio ammetterlo, quella piccoletta sapeva già il fatto suo.
La portò sotto coperta dove le diede una copertina per stare più calda dopodiché le cucinò la sua specialità. Emma era un po’ titubante sul da farsi, guardava il piatto parecchio schifata ma dopo averlo assaggiato, non dopo parecchi incoraggiamenti, ci mise poco a spazzolarsi il restante e si, come aveva detto il pirata, si leccò anche i baffi che non aveva.
  • Allora dimmi: da dove vieni? Come sei arrivata fin qui.
  • Da Boston…
  • Bo.. boston? Che posto è Boston? – chiese non avendo mai sentito in vita sua quel nome.
  • È una città! Tutti conoscono Boston. Non hai studiato geografia a scuola?
  • Geografia? Ma come parli bambina? – scosse la testa.
  • Se sei un asino che non conosci la geografia non è colpa mia!
  • Farò finta di non aver sentito. – le disse – Comunque se non mi dici qualcosa di più concreto io come faccio a riportarti dai tuoi genitori?
  • Io… io non ho dei genitori… - abbassò il capo. – Loro… loro mi hanno abbandonata appena nata…
  • Ah! E dove vivi?
  • In una casa famiglia.
  • In una che?
  • In un posto dove ci sono altri bimbi come me.
  • Un orfanotrofio insomma. – annuì. – Ora capisco perché sei qui! Non ti piace quel posto è?
  • No… solo Savannah mi piace. Lei mi capisce.
  • Non so chi sia questa Sa… savannah? Beh, comunque sia sono intenzionato a riportarti da lei quindi mentre finisci di mangiare pensa a come farmi capire dove diavolo vivi. - Per gentil concessione, visto la fame che aveva la piccola, Pan a quanto pare non era stato molto scrupoloso nel controllare che mangiasse, le preparò un altro piatto e mentre lei finiva di spazzolare con voracità anche quest’ultimo lui ne approfittò per andare a controllare se spugna fosse rientrato, era tardi ed era strano che ancora non fosse sceso a reclamare cibo. Lo trovò a prua, era appena tornato a quanto pare, stavo poggiando a terra alcune provviste raccolte strada facendo.
  • Alla buon’ora Spugna, credevo proprio ti fossi perso questa volta. – disse il suo capitano vedendolo finalmente rientrare.
  • Mi scuso per il ritardo signore ma ho ottime notizie darle! Non ci crederà ma ho trovato un modo per convincere Pan ad aiutarci a sconfiggere il signore oscuro. – non era la prima volta che spugna esponeva piani contro Tremotino al suo capitano ma nessuno di essi era mai risultato idoneo. Killian non aveva dubbi che anche quest’ultimo sarebbe stato fallimentare ma lasciò comunque che il suo scagnozzo parlasse. In fondo il suo era un modo per dimostrare rispetto e dedizione al suo capitano. – Mi sono imbattuto in dei bimbi sperduti, mi sono nascosto, non mi hanno visto non si preoccupi, ma li ho sentiti parlare. Sono alla ricerca di una bambina che è scappata dalle grinfie di Pan. – la bambina in questione di sicuro era Emma
  • E allora? Come potrebbe aiutarci questa cosa?
  • Pan la sta cercando disperatamente, dice che la bambina è la chiave per la sua sopravvivenza. Ha promesso ai bimbi sperduti una ricompensa assai sostanziosa per chi la riporterà a lui.
  • Non capisco ancora dove tu voglia arrivare.
  • Capitano dobbiamo cercare quella bambina e consegnarla a Pan. Sarà talmente devoto nei nostri confronti che ci concederà l’aiuto necessario per sconfiggere Tremotino! Lui sa come muoversi in questa isola, lui sa dove si trova il rubos noctis.  Dobbiamo solo trovare quella bambina! Sarà un gioco da ragazzi per lei capitano. Lei conosce perfettamente come muoversi qui. È un piano perfetto non trova?
  • Penso che dovremmo attenerci ai piani originali Spugna, non avere rapporti con lui e andare per la nostra strada.
  • Ma perché capitano? Le sarà riconoscente...
  • Non voglio la sua riconoscenza a maggior ragione se dovrò condannare una persona che non c’entra nulla. Non è la prima volta che Pan vuole un bambino da imprigionare.... sai come la penso.
  • Mi... mi scusi signore non... non volevo rattristarla facendola pensare a Bae.... sono desolato però questa bambina.... – si guardò attorno come se da un momento all’altro potesse arrivare qualcuno - ho sentito dire che è la salvatrice capisce? La salvatrice capitano! La figlia di Biancaneve e del principe, la bambina messa nella teca per rompere il sortilegio.
  • Sortilegio mai scagliato oserei dire quindi non è la salvatrice Spugna! È semplicemente una bambina come tutti gli altri.
  • Lui pensa sia ancora la salvatrice però, senza di lei lui un giorno potrebbe addirittura morire! Ha bisogno di quella bambina.
  • Mmmh.... morire è?!?! Questa non sarebbe una cattiva idea....
  • mah signore... senza Pan come potremo sconfiggere....
  • TI HO GIA’ DETTO CHE NON HO BISOGNO DI PAN OK??? - disse alterandosi con il suo scagnozzo. Non amava particolarmente ripetersi.
  • S…Si signor capitano, mi… mi scusi ancora.
  • Comunque dicevo… non mi dispiacerebbe indebolirlo.... - ci pensò su. - Hai detto che la bambina fuggita alle grinfie di Pan è la salvatrice giusto?
  • Si signore! Proprio lei.
  • Bene bene bene... caro Spugna so bene come utilizzare quella bambina.
  • vuoi... vuoi riportarmi da lui? – una vocina ormai familiare lo fece voltare - Ma tu... tu hai detto che... io non voglio tornare li.... - la piccolina avendo finito la sua cena e non volendo stranamente restare da sola si mise alla ricerca del pirata ma trovandolo in compagnia di un uomo a lei sconosciuto pensò bene di nascondersi e origliare, non ha capito molto in realtà, solo l’ultima parte. L’uomo che l’ha salvata vuole usarla.
  • Capitano... lei... lei chi è?!?!
  • Spugna, ti presento piagnucolosa e nanerottola Emma! Lei sarà nostra ospite per un po’. Avanti pulce vieni a salutare...
  • Nooo! Io non ci vengo lì, tu vuoi riportarmi da quello.
  • No che non voglio portarti lì, lo sapresti se avessi origliato bene. – le fece notare
  • Non ti credo!
  • - Ascolta, tu forse conoscerai anche il significato di parole strambe come geo… geo e qualcosa e roba simile…
  • Geografia! – ripeté lei
  • Si ok quella, ma il punto è che io sono un uomo d’onore e mantengo sempre la parola data e se ti ho detto che non ti riporterò da lui è così! Punto. Ora ti è venuto in mente qualche dettaglio più preciso per farmi capire dove si trova la tua casa o devo buttarmi ad indovinare?
  • Ti ho detto tutto quello che so, però se non conosci Boston puoi sempre usare il navigatore. – disse con saccenza.
  • Cos’è un navigatore capitano? - chiese spugna anche lui totalmente impreparato a quello strano linguaggio.
  • Non chiedermelo, ci vorrebbe un decodificatore per capire di cosa parla. – rispose al suo ufficiale per poi tornare a rivolgersi alla piccola. – Ascolta… non conosco questa Boston ma mi è appena stata detta una cosa importante proprio su di te e posso dirti quasi con assoluta certezza che conosco i tuoi genitori, i tuoi veri genitori. – la piccola sgranò gli occhi incapace di credere ad una cosa del genere. – Vorresti incontrarli?
  • D… davvero? Tu… tu conosci i miei genitori?
  • Non li conosco proprio bene, non siamo amici ma so dove abitano quindi, se vuoi, posso portarti li, di sicuro loro sapranno come mettersi in contatto con questa Savannah.
  • P… posso chiamarla? – chiese ancora incredula.
  • Chi?
  • Savannah? Mi dai il tuo telefono?
  • Il mio cosa?
  • Il telefono! Non… non  hai un telefono?!? – sgranò gli occhi ancora di più se possibile. – tutti i grandi hanno il telefono.
  • Io no nanerottola sapientona ma forse i tuoi genitori ne hanno uno e possono aiutarti. Se mi dici che per te va bene posso provare a portarti li.
  • Si, voglio andare da loro, voglio conoscerli. – disse con decisione senza neanche rifletterci su e l’uomo davanti a se annuì. Non era riuscito a portare Bae in salvo ma costi quel che costi avrebbe riportato quella bambina a casa.
Salparono quella stessa sera e giunsero a destinazione solamente sei giorni dopo. Un’infinità di tempo per la piccola Emma che oltre ad annoiarsi, non si poteva fare molto in mare aperto, per i primi giorni soffrì addirittura di mal di mare. Killian inizialmente cercò di mantenere le distanze verso quella piccola creatura indifesa, non era pratico di bambini e non voleva neanche diventarlo, ma più i giorni passavano più fu indispensabile avere a che fare con lei: punto primo Spugna era una vera frana con lei, non sapeva farsi rispettare, punto secondo Emma come punto di riferimento cercava solamente lui. “Solo pochi giorni… altri pochi giorni e poi sarò nuovamente libero” si ritrovava a pensare nei giorni in cui Emma ne combinava una delle sue, ma ogni sera, quando la bambina dormiva e lui saliva sul ponte ad ammirare le stelle, ripensando alla giornata appena trascorsa, non poteva fare altro che sorridere. Per quanto volesse in ogni modo negare ciò, quella bambina aveva portato serenità e spensieratezza in una nave ormai carica solo di risentimento, odio e rancore. Emma è senza dubbio la prima boccata d’aria fresca dopo tanto, troppo tempo, non ricorda neanche più quando è stata l’ultima volta che qualcuno lo ha fatto sorridere. La sua Milah era tutto il suo universo, avevano grandi progetti insieme tra cui quello di mettere su famiglia non appena le cose con il suo ex marito si fossero un tantino sistemate. Purtroppo non hanno mai avuto modo di esaudire questo desiderio e se per anni ha sempre cercato di nascondere anche a se stesso la fragilità che questo ricordo gli provoca, con Emma sulla nave non riesce a non pensarci; quella piccola dentro di se ha la stoffa del pirata ed è esattamente come lui e la sua milah, nelle notti tempestose, stretti l’un l’altro, immaginavano il loro bambino. Non poteva andare avanti così, doveva allontanarsi da quella bambina prima che quei ricordi dolori lo mandassero al manicomio, ma come spesso accade non sempre ciò che si desidera fare è possibile farlo e proprio quando ormai credeva di essere arrivato alla fine di quella tortura, l’indomani avrebbero attraccato al porto reale consegnando la bambina ai suoi genitori, ecco che ancora una volta quella piccola aveva un disperato bisogno del suo aiuto.
Si era da poco addormentato, la giornata appena trascorsa lo aveva distrutto, quando un paio di piedini scalzi raggiunsero la sua stanza.
  • Dormi?!? – chiese una vocina proprio accanto al suo letto.
  • No… perché dovrei! Mica è notte! – rispose sarcastico mettendosi a sedere.
  • Io ho paura!
  • Ancora? Te l’ho già detto nanerottola, – ormai quel nomignolo era il suo soprannome ufficiale – è solo spugna che russa! Ignoralo…
  • Non ho paura di Spugna… - ammise – non più…
  • E cos’altro è che ti mette paura è? – di quel poco che ricorda lui da bambino non era mai stato così pauroso. Emma sembrava una dura ma sotto sotto non lo era affatto.
  • E se non gli piaccio? – domandò con gli occhi lucidi.
  • A chi? – il pirata era troppo assonnato per capire al volo.
  • A loro! Ai mei… ai miei… - non riusciva a dirlo ancora. Era partita decisa che avrebbe voluto incontrarli, era il suo sogno da sei lunghi anni infondo, ma ora che era così vicina da realizzarlo la paura di essere rifiutata ancora una volta giocava brutti scherzi. Come darle torto, chi non avrebbe avuto paura a presentarsi al cospetto di coloro che già una volta ti hanno allontanato dalla propria vita?
  • Ah… ho capito… - le fece segno di sedersi sul letto accanto a lui. – Non credo sai che tu debba avere queste paure. Loro saranno felicissimi di rivederti credimi.
  • Come lo sai? Io non sono così sicura.
  • Lo so perché conosc… - non spettava a lui raccontarle come erano andate le cose – Lo so e basta. Gli piacerai credimi.
  • Tu dici?
  • Guarda… stai simpatica anche a me quando non frigni ed è tutto dire quindi… a loro piacerai moltissimo.
  • Se però non dovessi piacergli? – in fondo una remota possibilità poteva esserci - Posso restare con te fin quando non troverò Savannah? – Uncino dubitava fortemente che la famosa Savannah sarebbe mai tornata nella vita della piccola. Se le voci sulla salvatrice erano vere significava che Emma fino ad allora era vissuta in un mondo senza magia e di conseguenza anche la donna in questione. Nessun individuo non magico ha mai attraversato il portale che separa i due mondi, di conseguenza le due probabilmente non si sarebbero mai più riviste. Dirlo ad Emma non era affatto la scelta migliore in quel momento, non con tutta l’ansia che aveva già indosso quindi si limitò ad annuire consentendole di restare con lui nel caso i suoi genitori l’avessero nuovamente rifiutata. Se qualcuno avesse assistito a quella conversazione avrebbe di sicuro riso di lui dicendo che si fosse rammollito ma la verità era un’altra: le disse di si solo perché era più che sicuro che i suoi genitori l’avrebbero riaccolta a braccia aperte. Non era la prima volta che sentiva parlare della famiglia reale, lui stesso in passato aveva fatto parte della marina militare di quel regno, sapeva benissimo tutta la storia. Biancaneve e il principe azzurro contro la Regina cattiva, tutto ha inizio da qui, una guerra senza fine che non portò mai ad un vincitore, anzi… fu senza dubbio l’unica guerra che portò solo sconfitte in entrambi i fronti. Nessuno, tantomeno Biancaneve e il principe, pensavano ci fosse un modo per bloccare gli effetti del sortilegio, non avrebbero messo la loro bambina nella teca se ci fosse stata anche solo una possibilità, eppure un modo c’era e quando la Regina venne privata dei suoi poteri, fu solo in questo modo che l’effetto del sortilegio si bloccò, orami era troppo tardi: La bambina era in un mondo senza magia pressoché impossibile da rintracciare. Perdere la principessina fu un lutto per tutta la comunità reale, un lutto talmente grave da cui i due sovrani non si ripresero mai. Tutte le cerimonie, festività e gli eventi che erano già segnati in calendario vennero immediatamente annullati e non ne vennero mai più presentati degli altri. Sono sei anni ormai che neanche si hanno più notizie dei sovrani stessi. Si vocifera che siano caduti in depressione e che vogliano addirittura lasciare il palazzo per rifugiarsi in qualche posto sperduto, lontano dai ricordi di una vita che ormai non esiste più.
Il pirata spera con tutto il cuore che questo non sia ancora accaduto, spera di trovare ancora i sovrani nel loro tradizionale castello ma non solo per riconsegnare loro la bambina, lo fa anche per ricavare da questo gesto, tanto di quell’oro da non dover più muovere un solo dito in tutta la sua vita. Ha già iniziato a fantasticare su cosa accaparrarsi con il ricavato della ricompensa ma quello che di sicuro farà sarà aggraziarsi Pan donandogli dell’oro per poi ricevere in cambio l’arma per sconfiggere il signore oscuro. E’ vero l’obiettivo principale non è esattamente questo, ha promesso a se stesso e alla sua Milah di rimediare all’errore fatto con Bae salvando quella bambina, ma chi ha mai detto che oltre a rispettare questa promessa non possa aspirare a desiderare anche altro?
Con questo pensiero riaccompagnò Emma nella sua stanza, non dopo pochi capricci, sperando vivamente che spugna o altri brutti pensieri non la tormentassero e una volta rimasto solo, dopo un bicchierino di rum per conciliare il sonno tornò anche lui nella sua cabina sperando che l’alba di un nuovo giorno arrivasse presto. L’indomani sarebbe stato il giorno in cui sarebbe diventato il pirata più ricco mai esistito.
La notte passò tranquilla e dopo essersi rimessi in marcia, la notte preferivano attraccare in qualche porto per riposare, non ci misero molto a raggiungere il regno. Come immaginavano vennero fermati dalle guardie non appena giunsero a destinazione e dopo aver spiegato brevemente loro i motivi che li spingevano ad essere li, colloquio urgente con i sovrani, vennero immediatamente accompagnati a palazzo. Non avevano chiesto udienza, Biancaneve e il principe non erano al corrente di questo colloquio straordinario quindi una volta giunti a destinazione avrebbero potuto anche essere rifiutarli. Fortunatamente questo non accadde e nonostante entrambi non fossero dell’umore adatto per ricevere visite, non ne ricevevano da tanto ormai, decisero comunque di ascoltarli.
Killian decise di entrare da solo, voleva spiegare ai sudditi la situazione senza che la bambina fosse presente, non era sicuro che i due avrebbero creduto subito alle sue parole, chi lo avrebbe fatto infondo senza uno straccio di prova tra le mani; lasciò quindi la piccola con Spugna sperando riuscisse per una volta a tenerla a bada e senza esitazione si presentò al cospetto dei due. Aveva già avuto modo di incontrarli in qualche occasione, persone umili e poco egocentriche nonostante la loro ricchezza,  ma mai e poi mai avrebbe pensato di incontrarli un giorno nelle condizioni in cui versavano in quel momento: la tristezza e il dolore era palesemente dipinto nei loro volti e nei loro occhi.
  • Mi scuso per il mancato preavviso ma sono qui oggi per comunicarvi una notizia che rallegrerà sicuramente i vostri cuori. – esordì sorridendo loro. Ne Biancaneve né tantomeno il principe commentarono le parole del pirata, David in particolar modo si trattenne dal farlo o lo avrebbe preso a calci nel sedere prima ancora che terminasse la frase, come si permetteva di parlare loro in questo modo sapendo sicuramente che nulla al mondo dopo la perdita di loro figlia li avrebbe fatti nuovamente sorridere? Avrebbe voluto farlo uscire da quella porta nell’immediato ma decise di non farlo e come solo un bravo sovrano sa fare, decise di non dire nulla e fece al pirata il cenno di continuare. – Vi sembrerà strano, impossibile addirittura da credere, anche io prima di venire qui ho valutato bene se fosse il caso o meno di presentarmi al vostro cospetto, ma sono arrivato alla conclusione che se il destino mi ha scelto per questo compito chi sono io per ignorarlo?
  • Ti ascoltiamo… cos’è che devi comunicarci? – chiese il principe.
  • Vede maestà, non so come dirvelo in realtà senza che abbiate uno shock ma vedete, non sono solo qui oggi, ho portato con me una persona, una bambina per la precisione… una bambina che sembrerebbe essere… beh ecco… vostra figlia. – disse senza girarci intorno. Non si era preparato un discorso, solo in quel momento si rese conto di essere stato un vero stupido a non pensarci prima, ma forse andare dritti al sodo non era stato poi un male, in fondo nessun giro di parole avrebbe mai potuto attutire il colpo di quella notizia.
  • Nostra figlia è? Tze.. eccone un altro… - commentò letteralmente schifato – Ma come vi permettere di venire qui e affermare una cosa così  grave solo per ottenere dello stupido oro?!?! – al principe bastò vedere il suo vestiario per capire che aveva a che fare con uno stupido pirata affamato di ricchezza. In tutti quegli anni molti hanno cercato di ottenere una ricompensa con lo stesso ignobile piano dell’uomo che ora aveva difronte. – Volete l’oro? Prendetevelo! Prendetevi anche il castello se proprio ne sentite la necessità ma sparite dalla mia vista seduta stante e non azzardatevi mai più a mettere in mezzo mia figlia nei vostri luridi scopi. – gli disse con occhi iniettati di sangue. Nessuno aveva il diritto di parlare della loro bambina, nessuno doveva neanche osare nominarla.
  • Maestà credetemi, quel che dico è la verità! So che sembra surreale, anche io avrei dei problemi a crederci, ma è così.
  • La mia bambina è stata catapultata in un mondo senza magia, non vi è alcun modo di riportarla qui.
  • Mah…
  • Niente mah! Non credi che se fosse stato possibile sarei corso io stesso a riprenderla?
  • Ha trovato il modo, o meglio… qualcuno ha trovato il modo. Peter pan…
  • Peter pan? – chiese scettico. Aveva già sentito parlare di quel piccolo demonietto ma non credeva di certo che potesse essere così potente da viaggiare attraverso i mondi.
  • Già… proprio lui! l’ha rapita per i suoi scopi diabolici, a quanto pare vostra figlia ha dei poteri che potrebbero aiutarlo, ma fortunatamente la piccola è riuscita a liberarsi dalla sua prigionia e ha trovato me. E’ una ragazzina molto sveglia devo dire. – aggiunse sorridendo.
  • Ma che coincidenza… guarda un po’! Ha trovato proprio te! Tra tante persone sulla faccia della terra ha incontrato proprio un lurido pirata. – Il principe non credeva ad una sola parola dell’uomo.
  • David amore… - Biancaneve a differenza sua invece stava già fantasticando su un possibile ritorno della sua bambina. Sono sei anni che aspetta un miracolo per riabbracciarla.  – se è vero quello che quest’uomo dice allora lei...
  • Amore mio non… non è possibile capisci? – cercò di farla ragionare - Per quanto vorrei anche io che fosse così non… non può essere vero.  La nostra bambina può essere ovunque a quest’ora, ovunque… ma non qui. Ricordi le parole di Blue vero? Non potrà più fare ritorno.
  • Mah se…
  •  No… mi dispiace. Perché non mi aspetti fuori… non ti fa bene ascoltare queste idiozie. Finisco con questo impostore e ti raggiungo subito.  – La donna abbassando il capo, ferita per essersi illusa ancora una volta; prese le sue cose, un orsacchiotto bianco probabilmente destinato a quella che sarebbe stata la loro bambina, e a lenti passi fece per uscire. – Non azzardatevi mai più ad illudere mia moglie in questo. Mi sono spiegato?
  • Aspettate prima di giudicare vi prego! Anche lei maestà, aspettate un momento… – si rivolse a Biancaneve – Aspettate di vederla almeno prima di giudicare, ha i vostri stessi occhi – si rivolse a Biancaneve -  e il vostro colore di capelli – continuò catturando lo sguardo del principe.  – Vi somiglia molto credetemi… si chiama Emma e…
  • Sai quante bambine bionde con gli occhi verdi di nome Emma ci sono in questo mondo? Troppe… la bambina di cui mi parlate potrebbe essere chiunque e io non voglio crescere chiunque… l’unica persona che desidero crescere è mia figlia! Ma purtroppo non si può.
  • Mio marito ha ragione, per quanto mi dispiaccia devo ammettere che sarebbe davvero impossibile anche solo riconoscerla, se solo avesse qualcosa con se per verificare la sua identità…
  • Io… io ho questa! – una vocina alle loro spalle li interruppe e nel voltarsi verso di essa il principe e la principessa Biancaneve si ritrovarono faccia a faccia con una piccola creatura tutta occhi che teneva stretta tra le mani, come fosse la cosa più preziosa di questo mondo, una copertina bianca con ricami viola a loro molto familiare. Quella copertina era stata cucita a mano per una bambina davvero speciale, era un pezzo unico e introvabile in zona visto che svanì insieme alla sua piccola padroncina… come era possibile che ora campeggiava proprio davanti ai loro occhi?
  • David quella è… quella copertina è…. – lasciò la frase in sospeso incredula di ciò che le mostravano i suoi occhi e senza dar modo al suo compagno di commentare si rivolse direttamente alla diretta interessata. – Piccolina ciao, posso… posso vedere cortesemente quella copertina? – la bambina strinse l’oggetto che teneva tra le mani con più forza timorosa di cederla a mani sconosciute. In sei anni nessuno aveva mai avuto il privilegio di toccarla, solo Savannah ogni tanto aveva il permesso, ma solo per lavarla. – Per favore…
  • Me la ridai dopo? – chiese con gli occhioni lucidi.
  • Certo che si, non avere paura. – La piccola ci pensò qualche minuto, non era molto convinta, ma alla fine decise di comportarsi come una brava bambina e si avvicinò alla donna per poterle porgere la coperta in questione. Snow la osservò attentamente girandola e rigirandola più volte tra le mani per cercare un qualche particolare che la differenziasse da quella che conosceva ormai a memoria ma nulla di differenze sembrava esserci… la copertina con cui sua figlia era stata avvolta e quella che stringeva tra le mani in quel momento erano a dir poco identiche.
  • Come... come hai avuto questa copertina? – le domandò la donna guardandola negli occhi. Il pirata aveva ragione: gli occhioni di quella bambina erano così simili ai suoi…
  • È la copertina con cui sono stata trovata… i miei… i miei genitori mi... mi hanno abbandonata da piccola e… e… e avevo solo questa addosso… è l’unica cosa che mi rimane di loro ecco perché voglio che me la ridai. - le uscì una lacrima nell’ammettere ancora una volta di essere solo una povera orfanella. – Me la ridai adesso vero???
  • Quanti anni hai piccola? Che giorno sei nata? – le coincidenze erano troppe, doveva assolutamente indagare.
  • Ho sei anni. Il mio compleanno è il 23 ottobre. -  Biancaneve nel sentire ciò non ebbe più dubbi e desiderosa ormai da sei anni e due mesi di riabbracciare la sua Emma corse verso la piccola e la strinse a se con una forza tale da lasciarla quasi senza respiro. Emma non capì bene cosa stesse succedendo e quando anche il principe si aggiunse all’abbraccio lei rimase ancora più titubante. Erano loro due quindi i suoi veri genitori?
  • Emma sei… sei davvero tu piccolina? – continuò Biancaneve con le lacrime agli occhi – Non.. non posso crederci, sei… sei tornata a casa! Abbiamo provato in tutti i modi a riportarti qui da noi in questi anni, scusaci se non ci siamo mai riusciti.
  • Voi… voi siete… voi siete i miei… i miei…
  • Si, siamo i tuoi genitori tesoro.
  • Quelli veri? Quelli che mi… quelli che mi hanno abbandonata? – come era possibile che i due adulti che l’avevano rifiutata ora erano li davanti a lei in lacrime, felici e increduli di rivederla? Era solo una bambina, non era in grado di formulare discorsi così complessi, ma la perplessità di vederli così felici nel rivederla la lasciarono comunque un po’ titubante.
  • Mai… mai ti avremmo abbandonata tesoro, è stato un incidente, un brutto incidente. una persona cattiva voleva farti del male cosi…
  • Così siamo stati costretti a metterti in salvo tenendoti distante da noi. – proseguì il principe ormai in lacrime come la sua consorte. – Emma ci sei mancata terribilmente in questi anni… non è passato un solo giorno in cui il nostro pensiero non è stato rivolto a te. Sei sempre stata in cima ai nostri pensieri e averti qui adesso è un sogno che si avvera. Non riesco ancora a crederci. – la prese tra le sue braccia stringendola anche lui. – Potrai mai perdonarci?
  • Io… io credevo che voi non mi voleste bene… ho pianto tanto per essere stata abbandonata…
  • Noi ti vogliamo più che bene, ti amiamo tesoro, sei la nostra unica ragione di vita… da quando siamo stati costretti a mandarti via non… non abbiamo più avuto una vita. Ci dispiace veramente tanto… non volevamo farti soffrire. – le disse Biancaneve. – Siamo pronti a rimediare e a darti tutto l’amore e l’affetto che ti abbiamo negato se solo sei disposta a darci una possibilità.
  • Voi… voi volete tenermi con voi? – chiese meravigliata. Non le era mai capitato che una famiglia volesse prenderla in affido, era troppo vivace e in cerca di perocolo dicevano le istitutici, ma le sarebbe piaciuto. Vedeva gli altri bambini andare a “casa” con le loro nuove famiglie ed erano tutti felici… anche lei desiderava questa felicità e adesso finalmente anche lei l’aveva trovata… con i suoi veri genitori.
  • Certo tesoro, la tua cameretta è pronta dal giorno che sei nata. Questo posto ti sembrerà che cada a pezzi, non era così prima, ma la tua cameretta è in perfetto stato pronta ad accoglierti.
  • Veramente?!?!? – ed ecco gli occhi della piccola Emma illuminarsi come mai in vita sua. Non aveva mai avuto una sua cameretta, tutta sua… era sempre stata costretta a dividerla con qualcuno.
  • Si… devi solo dirci di volerlo anche tu.
  • Voglio stare con voi! – ammise annuendo ripetutamente senza pensarci due volte. – mah… posso dirlo a Savannah prima? Posso dirle che può venirmi a trovare qui qualche volta?
  • Chi è Savannah amore? – chiese Biancaneve preoccupata. Di sicuro in quegli anni la bambina era stata cresciuta da qualcuno e probabilmente quella donna di cui parlava era di sicuro la sua madre adottiva e se questo era vero allora avevano un grave problema da risolvere: quella donna non sarebbe stata affatto felice del loro ritorno.
  • La mia istitutrice… - Biancaneve non capì
  • Scusala, parla in un modo davvero bizzarro! – la giustificò Killian ridendo – Viene da un orfanotrofio… la donna di cui parla si occupava di lei. – semplificò il concetto in modo da rendere più semplice il tutto.
  • In un orfanotrofio?!?!? – Biancaneve si sentiva sempre più in colpa, sperava per lei in un futuro migliore, voleva salvarla, ma non voleva di certo farla crescere orfana in un istituto.
  • Già, un orfanotrofio in un mondo…. Avete capito no? – non voleva essere diretto dicendo apertamente “senza magia”, la bambina non sapeva ancora nulla di tutto questo.
  • Emma ascolta… proveremo in tutti i modi a rintracciare Savannah va bene? Così potrai parlarle e dirle che stai bene.
  • Può venire qui a trovarmi qualche volta? – chiese ancora una volta.
  • Certo tesoro, tutte le volte che vorrai. – non sarebbe stato possibile ma non poteva di certo spaventarla dicendole che non l’avrebbe più rivista, ci sarebbero arrivati piano piano a spiegarle e farle accettare tutto. Ora era con loro, con la sua vera famiglia, anche se inizialmente sarebbe stato difficile, strano… presto, molto presto sarebbe diventata la bambina più felice sulla faccia della terra.
Mentre Biancaneve continuava a spupazzarsi la sua Emma, felice a sua volta i ricevere per la prima volta questo genere di attenzioni, il principe si avvicinò al pirata che gli aveva appena restituito la felicità.
  • Devo scusarmi con te ma sai… non è certo la prima volta che qualcuno si presenta a palazzo decantando di aver ritrovato la mia bambina. Sono partito prevenuto e mi dispiace… - il pirata si limitò semplicemente ad annuire – Per scusarmi, ma per ringraziarti soprattutto, ti chiedo di dirmi con tutta sincerità cos’è che vorresti in cambio. Puoi chiedermi tutto, anche la corona guarda… mi hai fatto, ci hai fatto, un regalo inestimabile e sono pronto a ricompensarti in qualsiasi modo tu voglia. – Quelle parole Uncino le aveva sempre sognate, quale pirata si sarebbe fatto sfuggire un’occasione del genere? Nessuno, ma lui, contro ogni aspettativa, diede al principe una risposta che sorprese addirittura se stesso.
  • Non mi dovete nulla maestà! – esclamò guardandolo dritto negli occhi. – La mia ricompensa l’ho già ottenuta credetemi…
  • Mah…
  • dico davvero… Ho già avuto la mia ricompensa. – Il principe non riusciva a capire e così il pirata fu costretto a dare spiegazioni. - Anni fa ho avuto l’occasione di salvare un ragazzino in difficoltà ma purtroppo non ci sono riuscito, era un ragazzo per me importante con un’altrettanta importante storia dietro… mi sono tormentato per anni per non essere riuscito a portarlo in salvo ma oggi, grazie alla vostra Emma sono riuscito a redimermi e credetemi, nessuna ricompensa ora come ora sarebbe paragonabile alla felicità che provo. – Il mancato salvataggio di Bae lo aveva portato a sentirsi per anni in colpa nei confronti della sua Milah, l’unica che aveva sempre creduto in lui, ma finalmente sentì di poter tirare un sospiro di sollievo. Quella bambina, caduta così dal cielo, era un segnale mandato dalla sua Milah, era stata lei che li aveva indirizzati ad incontrarsi, voleva che lui la salvasse, voleva fargli capire che credeva ancora in lui.
Il principe naturalmente davanti a quelle parole non disse nulla, si stupì ma accettò di buon grado le parole dell’uomo di fronte a se. Lo ringraziò ancora una volta dopodiché gli fece strada per accompagnarlo alla porta. La piccola Emma vedendolo andare via sgattaiolò dalle braccia della sua mamma e corse per il corridoio fino a raggiungerlo.
  • Te ne vai? – chiese parandoglisi davanti.
  • Già! Ti ho riportata a casa ma ora devo tornare in mare, è quella casa mia. – la vedeva ancora leggermente spaventata. – Starai bene vedrai… - la rassicurò. –
  • Verrai a trovarmi qualche volta? – stava per risponderle che questo non sarebbe potuto accade, lui era li solo per fare un favore alla sua donna, non avrebbe più messo piede nelle foresta incantata ma il principe, vedendo sua figlia sbattere gli occhi in quel modo nel tentativo di convincerlo, anticipò le parole dell’uomo prima che quest’ultimo potesse in qualche modo ferirla.
  • Ma certo che verrà a trovarti piccola, potrà farlo ogni volta che vorrà. E’ il benvenuto in questa casa. – pirati e principi non erano mai andati d’accordo eppure David decise di ignorare questo principio. Lui era stato il salvatore di sua figlia, non poteva non essergli riconoscente.
Il distacco da Killian per Emma fu un po’ difficile, dopo Savannah lui era il primo con cui sentiva di avere un legame di affettività per cui non fu semplice per lei, dopo giorni sulla sua nave, separarsi da lui. Pianse un po’, ebbe qualche incubo la notte, ma poi grazie all’aiuto della sua mamma e del suo papà riuscì a riprendersi e iniziò ad adattarsi a quella che era ormai la sua nuova vita. Piano piano, la sera prima di addormentarsi, i suoi genitori le raccontarono, sotto forma di favola, tutta la verità sulla sua vita e i veri motivi che li spinsero ad allontanarla. Apprese molte cose: che era una principessa, che la magia esisteva per davvero… tutte cose che difficili da comprendere per chi non conosce quel mondo ma per una bambina come lei fu tutto tranne che difficile. Rimase spiazzata solo per Savannah, a lungo andare furono costretti a dirle che la sua ex “dama da compagnia” non viveva in quel mondo, ma per il resto più passava il tempo più sembrava diventare giorno dopo giorno una bambina serena.
Al palazzo tornò l’allegria e come prima cosa, subito dopo aver rimesso a nuovo il castello, venne celebrata una festa in onore della piccola principessina per presentarla a tutta la comunità. Non ebbero mai modo di presentare la piccola Emma al regno era quindi giunto il tempo di rimediare.
Presenziarono tutti a quell’evento, tutti… e come ogni cerimonia, svolta da loro, se ne parlò per giorni e giorni. Tutti nel regno iniziarono a parlare della principessina Emma e molto presto queste voci raggiunsero anche un pubblico meno devoto ai sovrani in carica. Da quando la Regina cattiva era “stata sconfitta” nessuno aveva più visto ne lei ne i suoi inseparabili cavalieri neri. Si erano dissolti nel nulla, avevano battuto la ritirata, eppure qualcuno era rimasto e da sei anni a questa parte svolgeva il ruolo della talpa camuffandosi tra la gente in cerca di notizie che avrebbero potuto stuzzicare l’interesse di una Regina ormai priva di speranza nei confronti di una possibile vendetta.
La notizia del ritorno della piccola principessina, per la talpa, era sicuramente la scintilla che avrebbe riacceso il fuoco interiore della Regina cattiva e aveva ragione… non appena la donna prese atto che i Charming erano nuovamente felici da dare il voltastomaco si riprese da tutti quegli anni di letargo che l’avevano tenuta lontana dal pericolo e dal commettere catastrofi e iniziò a pensare ad un nuovo piano per distruggerli. Non aveva la magia purtroppo, non più, per cui non poteva tentare un nuovo sortilegio… cosa fare allora? Beh… dopo aver passato giorni e giorni a pensare ad una possibile vendetta decise di lasciarsi aiutare da qualcuno che di magia e crudeltà sapeva il fatto suo… Tremotino. Non scorreva più buon sangue come un tempo tra di loro ma di una cosa era sicura: davanti la possibilità di rimettere in piedi il sortilegio oscuro o fare qualcosa di ancor più crudele non si sarebbe di certo tirato indietro. 
Insieme avrebbero ottenuto i loro scopi, quando collaboravano sapevano essere un’ottima squadra ma c’era un problema… lui non era a piede libero… era imprigionato nelle segrete del castello reale. Era un suicidio tentare di entrare al castello senza magia ma decise comunque di tentare… in fondo cosa aveva da perdere? Aveva già perso tutto, non poteva andare peggio di così.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: ballerina 89