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Autore: ballerina 89    24/12/2020    2 recensioni
Un nuovo Natale è giunto finalmente alle porte e con tutto questo caos che stiamo vivendo per via del covid poteva mancare la mia tradizionale storiella natalizia dedicata ai miei amati Capitan Swan? Certo che no! Vi auguro una
buona lettura e spero che questa piccola creazione vi tenga compagnia in questi quattro giorni che ci separano dal tanto atteso Natale. Un abbraccio e buona lettura a tutti voi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Hope Jones, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il mio salvatore
Fanfiction natalizia 2020
Capitolo 3
Passò giorni a pianificare il piano perfetto per raggiungere indisturbata le segrete del castello dei suoi più acerrimi nemici. Studiò tutto nei minimi dettagli e alla fine conoscendo a memoria il palazzo, per anni aveva vissuto li, una volta aver capito la postazione delle guardie non fu per nulla difficile per lei riuscire ad intrufolarsi. Camuffò alla meglio le sue sembianze con vestiti larghi e sciarpe in modo da non farsi riconoscere da possibili guardie inattese e attenta a non far scattare meccanismi di allarme, in quell’ala del castello ve ne era più di uno, raggiunse la prigione di colui che per anni era stato il suo mentore… il suo maestro.
  • Ma guarda guarda chi si vede da queste parti… - esclamò l’uomo ancor prima che la donna mostrasse a lui la sua vera identità. L’aveva riconosciuta a distanza nonostante tutti quegli strati di tessuti addosso. – Non mi dire… sono riusciti a buttarti qui dentro? – rise con quella sua solita risata da brividi.
  • Ti piacerebbe è? No… non mi hanno acciuffata, non sanno neanche che io sia qui in realtà! – rispose a tono.
  •  A no? E dimmi, cosa ti porta da queste parti allora? Non credo possa definirsi posto da una regina questo…
  • Ho bisogno del tuo aiuto! – disse senza girarci attorno.
  • Ma davvero???? – fece finta di essere stupito. – Non eri tu che dicevi con convinzione che l’allieva, in questo caso tu, aveva superato il maestro? Ora vuoi il mio aiuto?
  • Sono senza poteri…
  • Mmh… vero… Ne ho sentito parlare… - sogghignò. – Non so se voglio darti una mano comunque… dipende… cosa mi daresti in cambio?
  • La liberà! – rispose semplicemente credendo fosse la cosa a cui ambisse di più.
  • Senza magia? Impossibile cara e comunque se volessi potrei liberarmi anche da solo credimi.
  • E perché non lo fai?
  • Sono esattamente nel posto in cui vorrei essere quindi se non hai altro da offrirmi ti pregherei di…
  • La figlia di Biancaneve e del suo fedele cagnolino è tornata in questo mondo! – buttò fuori il sacco. – E’ qui, in questo castello, con loro…
  • E a te da fastidio immagino… interessante… molto interessante.
  • Non posso permettere che siano felici, non dopo tutto ciò che mi hanno fatto!!!! Mi hanno portato via l’amore della mia vita, mi hanno privato non so come della mia magia… devo vendicarmi capisci?
  • E perché ci pensi solo adesso? Sono stati sull’orlo di morire per mal d’amore dopo la perdita della piccola erede al trono, perché non attaccarli prima?
  • Perché io volevo che soffrissero… ero felice che stessero morendo dentro ma ora, con quella bambina di nuovo qui… io non posso non fare nulla!
  • E quindi hai bisogno di me. Dimmi… hai già in mente qualcosa di preciso?
  • Il sortilegio oscuro! Se solo tu conoscessi un modo per farmi tornare i poteri potrei… potrei riattivare il sortilegio che è magicamente scomparso nel nulla e agire prima che la salvatrice possa essere nuovamente tirata in salvo. In questo modo…
  • Alt… ti stoppo subito. Se rivuoi i tuoi poteri forse potrei avere qualcosa che fa al caso tuo ma per il sortilegio… non ci contare. E’ andato ormai... perso per sempre.
  • Non… non c’è nessun modo per riattivarlo? - domandò – Dai, un essere potente come te?
  • Vedo che sei di complimenti maestà, sei disperata eh? Comunque… Un modo ci sarebbe ma è pressoché impossibile recuperare tutto il necessario per rievocarlo. Ci vorrebbe la bacchetta che ha creato il sortilegio, quella della fata nera, ma è andata persa secoli fa ormai. Puoi tentare un nuovo sortilegio però, ci sarà qualcun altro che ami da sacrificare per i tuoi sporchi comodi no? – disse come fosse la cosa più normale del mondo. Anche se non dava a vederlo Tremotino era molto felice della visita della Regina e i suoi intenti, erano sei anni che aspettava un segnale da lei e finalmente quel giorno era arrivato. Il sortilegio oscuro purtroppo come aveva accennato anche a lei non poteva più essere rievocato ma sperò con tutto il cuore che dentro di lei ci fosse ancora tanto odio da poterne lanciare un altro. Non per lei, di lei non gli importava nulla. Lui lo faceva per se stesso, per tirare l’acqua al suo mulino… lui voleva struttarla per mettere a punto il suo piano.
  • A causa di quella principessina da quatro soldi non ho più nessuno, amo solo me stessa ormai. – rispose con astio.
  • Allora ti conviene trovare una soluzione alternativa mia cara…
  • Tze… ma che sono venuta a fare è?!? – sbuffò - Almeno per la magia puoi fare qualcosa però vero? Hai detto di si prima mi sembra…
  • Si posso…
  • E cosa vuoi in cambio?
  • Mmh… fammici pensare… niente! – esclamò convinto.
  • Seriamente? Non vuoi nulla? Tu… tu non vuoi nulla? – sembrava surreale.
  • Sembra strano ma si. Non so perché… diciamo solo che spero che le tue azioni in qualche modo mi portino ciò che mi serve sul serio. - Senza aggiungere altro si allontanò dalle sbarre per raggiungere un angolino buio della sua prigione. Estrapolò da una minuscola fessura una piccola pergamena e tornò dalla regina  per poi consegnargliela. – Ecco a te! – le disse porgendogliela. La donna l’aprì l’oggetto curiosa di leggere l’incantesimo che le avrebbe restituito i poteri ma davanti a se trovò solamente un nome inciso più e più volte a caratteri cubitali: “Emma”
  • Mi prendi in giro per caso? – iniziava seriamente ad alterarsi – Questo stupido pezzo di carta dovrebbe restituirmi i poteri?
  • Non è uno stupido pezzo di carta. Quella pergamena è impregnata di magia, lo stesso inchiostro è magico… ti basterà soffiarci sopra per ottenere almeno una parte dei tuoi poteri. Lo so… non è molto ma è pur sempre meglio di niente no? – la vide pensarci sopra.
  • Io non riesco a capire… cos’è che non mi dici? Se questa pergamena è così potente perché la stai dando a me, perché non la usi per te stesso? Tu non sei una persona altruista…
  • No, non lo sono, ma voglio che l’abbia tu! Io non ne ho bisogno e comunque in caso di emergenza ne ho sempre un’altra. – le rivelò. – Prendila e fai tutto ciò che è in tuo potere per raggiungere il tuo obbiettivo. Fammi vedere che la vera Regina cattiva è tornata.
Nascondeva qualcosa, Regina se lo sentiva, ma evitò di indagare oltre e una volta presa la pergamena si dileguò a passi svelti per tornare nel suo rifugio segreto. Non viveva più nel suo castello purtroppo, non poteva visto che era ricercata, ma aveva tutta l’intenzione di tornarci una volta riacquistato il pieno dei suoi poteri. La pergamena di Tremotino li avrebbe rievocati solo in parte ma non era un problema per lei, sapeva bene che anche con un pizzico di magia sarebbe riuscita a fare tante cose. E poi parliamoci chiaro… avrebbe sempre potuto lavorare a incantesimi che in un modo o nell’altro l’avrebbero riportata al suo splendore iniziale. Seguì alla lettera le istruzioni di Tremotino e una volta aver preso con mano che quello che diceva era veritiero, aveva nuovamente parte dei suoi poteri, iniziò ad elaborare un piano per poter portare la sua acerrima nemica al tappeto in men che non si dica. Tante idee le passarono alla mente ma nulla la appagava. Doveva scavare più affondo, ucciderla non era sufficiente, e trovare qualcosa che portasse la cara Biancaneve alla pazzia.  Per due giorni ne mangiò ne dormì per pensare al piano perfetto ma poi dal nulla ecco arrivare l’idea geniale. Era la più scontata di tutte, come non ci fosse arrivata prima era un mistero, ma era quella perfetta. Biancaneve era una combattente si diceva in giro ma come tutti anche lei aveva il suo punto debole. Regina sapeva bene quale fosse il punto debole della sua figliastra e aveva deciso dunque di giocare quella carta per toccarla nel profondo: avrebbe rapito la figlia appena ritrovata della donna.
Una volta aver messo a punto il piano decise di passare all’attacco; mandò la sua talpa più fidata a spiare la  famigliola reale per capire i loro vari spostamenti e una volta capito quale fosse il momento migliore per agire prese in mano le redini del piano e si impegnò affinché riuscisse.
Scoprì che la piccola Emma era solita ogni giovedì mattina, quando i suoi genitori erano in riunione con i regnanti dei reami vicini, accompagnare la cara Granny, la cuoca del castello, al mercato per acquistare cibarie varie per il pranzo. Ogni giovedì era la stessa storia: facevano le loro compere dopodiché durante il tragitto di ritorno si fermavano nella foresta per fare merenda. La bambina adorava sedersi sull’erba e mangiare le prelibatezze che Granny le preparava e con la scusa di respirare un po’ di sana aria fresca ne approfittava per giocare un po’ tra la natura rincorrendo farfalle e raccogliendo fiori. Naturalmente Granny la controllava a vista ma approfittava comunque del momento di svago della piccola per svolgere altre attività come lavorare a maglia o raccogliere more e lamponi e tutto ciò che la natura aveva da offrire. Quale altro momento avrebbe potuto essere più redditizio di quello per mettere in atto il piano? Nessuno, così, anche se dovette attendere qualche giorno prima della sua vendetta, aspettò l’arrivo del Giovedì seguente per poter agire.
Si nascose nel bosco e pazientemente attese che le due arrivassero. Come un orologio svizzero alle 11.00, dopo le consuete compere, eccole arrivare nella foresta e come da copione, mentre Granny iniziò a raccogliere frutti tra i cespugli ecco la piccola principessina, con in mano un tramezzino, iniziare a correre tra le margherite raccogliendone qualcuna.
  • Ciao piccolina – le si avvicinò Regina assicurandosi di rimare in postazione strategica in modo da non farsi vedere da Granny. – Cosa sta facendo? – chiese in toni gentili, doveva guadagnarsi la sua fiducia.
  • Raccolgo le margherite per la mia mamma. – rispose senza nemmeno alzare lo sguardo.
  • Ma che brava bambina che sei! Come ti chiami?
  • Emma!
  • Ciao Emma, carino questo posto vero? Vieni sempre qui? – domandò per cercare di creare un legame con la bambina.
  • Sempre… alla mia mamma piacciono i fiori
  • E tu vieni qui a raccoglierli per lei?
  • Si! – ammise.
  • Sai, questi fiori sono bellissimi ma posso assicurarti che non poco distante da qui ce ne sono altri di più belli. Ce ne sono di tutti i colori: gialli, rosa, arancioni… ce ne sono anche alcuni molto particolari blu! Ti piacerebbe vederli? Potresti coglierli per la tua mamma, ne rimarrebbe sorpresa non credi?
  • Davvero ci sono dei fiori blu? Alla mia mamma piace il blu. – la piccolina alzò per la prima volta lo sguardo verso la donna con cui stava parlando.
  • Si ce ne sono, ma non sono molti… se vuoi posso accompagnarti a prenderli ora,prima che qualcun’altro li colga. Non ci metteremo molto, è proprio qui vicino. – le fece segno di avvicinarsi.
  • Vado a dirlo a Granny! Torno subito.
  • No Emma aspetta! Facciamo una sorpresa anche a lei, prenderemo dei fiorellini anche per lei. Ne sarà contenta vedrai.
  • Ma se non mi vede si spaventa!
  •  Non staremo via molto tranquilla e poi se ti chiamerà riuscirai a sentirla tranquilla. Dai andiamo… - ingenuamente la piccolina lasciò andare le margherite finora raccole e senza pensare alle possibili conseguenze si avvicinò alla donna. La vide porgerle la mano ma prima di riuscire ad afferrarla la bambina la riconobbe.
  • Tu! Tu sei la regina cattiva! – esclamò sbarrando gli occhi. I suoi genitori raccontandole la sua storia furono costretti a parlarle anche di lei e non contenti, non sapendo che fine avesse fatto la donna le fecero vedere alcuni quadri che la ritraevano in modo che avrebbe sempre potuto riconoscerla e quindi starle alla larga. Nessuno credeva che la piccola si sarebbe mai imbattuta in lei, molti dicevano che la regina fosse emigrata in un altro reame, eppure fu proprio quello che successe. – Tu sei quella che mi ha allontanato da mamma e papà! – disse minacciosa.
  • Io ho fatto cosa? No Emma, ti sbagli io… io non conosco neanche i tuoi genitori. Dai vieni con me, andiamo a fare una sorpresa alla mamma!
  • NO! Io non ci vengo con te! Tu sei brutta e cattiva! – le fece una sonora pernacchia e dopo averle tirato anche un calcio corse a gambe levate verso Granny la quale lasciò stare tutto ciò che stava facendo vedendola in lacrime e con il fiatone per la corsa appena fatta.
  • ho visto la Regina cattiva - raccontò sia alla cara e dolce Granny che hai suoi genitori non appena tornarono a palazzo, ma i presenti non diedero molto peso alle parole della piccola. Erano convinti che si fosse confusa, che avesse scambiato la donna che l’aveva avvicinata con la donna rappresentata nel quadro. 
  • ma no amore, stai tranquilla, non era lei. Non è qui ora. – la rassicurarono vedendola spaventata –non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti ok? – erano convinti di questo ma sbagliavano…eccome se sbagliavano, cera da preoccuparsi eccome perché la bambina aveva ragione, quella donna era proprio lei, Regina la quale, dopo aver  fallito il primo tentativo, era più intenzionata che mai a portare a termine il suo piano.
La donna infatti fece passare qualche giorno dopodiché tornò all’attacco più agguerrita di prima.  Emma conosceva la sua identità ormai, l’aveva riconosciuta anche se non si erano mai viste e di sicuro la sua famiglia ne era a conoscenza… doveva assolutamente avvicinarla con l’inganno. Fece ricorso a quel poco di magia che Tremotino le aveva concesso e mutò le sue sembianze prendendo quelle della fedelissima Granny, la bambina si fidava ciecamente di lei per cui non vi erano dubbi che il piano funzionasse questa volta. L’unica cosa a cui doveva stare attenta era non farsi beccare dalla vera Granny ma anche li non vi erano poi grossi problemi: essendo la cuoca di quella tenuta l’ora di pranzo sarebbe stata sicuramente perfetta per agire.
Si avvicinò alla residenza reale sotto mentite spoglie e attese il momento in cui la piccolina scendesse in giardino per giocare. Le sue fonti le avevano rivelato che quella piccola peste passava almeno un’oretta nei giardini reali a giocare da sola prima di pranzare, per cui non le restava che attendere che la principessina si presentasse. Quando la vide non volendo perdere ulteriore tempo fu subito da lei e con la scusa di essersi dimenticata di comprare degli ingredienti per il pranzo del giorno le chiese se volesse accompagnarla a prenderli. La risposta di Emma naturalmente fu affermativa e mano nella mano a colei che credeva ormai essere di famiglia ecco che venne attirata nel covo del nemico. Ce l’aveva fatta, era riuscita nel suo intento, aveva rapito la figlia di Biancaneve e ora non restava che comunicare la notizia alla sua cara e dolce mammina.
  • Ha ragione la mia mamma a dire che sei una brutta cattiva! Fammi tornare subito a casa mia! ORAAAAA!!!! – Le gridò Emma non appena vide la sua vera identità. Inizialmente era rimasta scioccata nel vedere la sua fidata granny trasformarsi davanti ai suoi occhi in un’altra persona, la magia non era ancora argomento ben chiaro nella sua testa, era difficile da credere nonostante la sua giovane età, ma c’è da dire che si riprese subito e dopo un piccolo pianterello iniziale, dovuto probabilmente anche allo spavento oltre che allo shock eccola tirare fuori gli artigli come una vera combattente.
  • La tua mamma non ha ragione proprio su niente! Smettila di piagnucolare e fai la brava! Ho del lavoro da fare, non posso perdere tempo con te.
  • Io faccio quello che voglio e non voglio rimanere qui un minuto di più!!! – senza aggiungere altro si alzò dalla sedia dove era seduta e provò a raggiungere la porta. Naturalmente non ci riuscì: Regina con un semplice gesto della mano bloccò le porte e le finestre della casa in modo che la piccola non avesse scampo. Anche questa magia la spaventò parecchio, forse anche più della prima e zitta zitta, per paura che la donna facesse del male anche a lei, ne sarebbe stata capace visto i racconti ascoltati quando origliava in cucina, tornò a mettersi seduta.
  • Brava… vedo che iniziamo a ragionare. – le disse la donna vedendola tornare indietro con la coda tra le gambe. – Ora però mi serve il tuo aiuto. Devo mandare un messaggio alla tua mammina adorata e ho bisogno del tuo aiuto. – La piccola credette che la donna volesse farle parlare al telefono con Biancaneve ma la realtà dei fatti era ben differente. Regina non aveva nessuna intenzione di comunicare con Snow verbalmente, voleva semplicemente recapitarle un messaggio forte e chiaro che le facesse capire chi è che comandava. Prese un paio di forbici, tagliò una piccola ciocca di capelli alla piccola Emma che mise un sacchettino e poi chiuse in uno scatolone, che fece recapitare davanti la porta del palazzo dei Charming, l’orsacchiotto che Emma aveva con se, da quando i suoi genitori glielo avevano regalato non se ne separava mai, aveva preso il posto della sua copertina e una mela rossa come firma del mittente del pacco.
I Charming invece, nel mentre la regina elaborava tutto ciò, erano scesi giù in giardino con a seguito i nani e parte della servitù per cercare la piccola principessina che a quanto pare si era persa. Era da poco che viveva li con loro, il castello era grande, per quanto ormai fosse diventata una routine giocare fuori non era ancora in grado di orientarsi bene per tutta la tenuta da sola. La cercarono ovunque, ispezionarono ogni ettaro in loro possesso ma nulla, della piccola Emma nessuna traccia.
  • David ma dove può essere? Inizio ad essere seriamente preoccupata! Non è che… che le sia successo qualcosa? – chiese Biancaneve al suo uomo preoccupata.
  • Ma no amore, non temere. Si sarà semplicemente allontanata, è nuova di qui.
  • Sono ore che la cerchiamo, non pensi che si fosse semplicemente allontanata l’avremmo già ritrovata? Quanto può andare lontano, senza mezzi, una bambina di sei anni?
  • E’ qui tesoro, me lo sento, se fosse uscita dalla tenuta la popolazione l’avrebbe vista, riconosciuta e portata già a casa, sai che il nostro popolo ci ama… vedrai che è qui! Magari è tornata a palazzo da sola: andiamo a dare un’occhiata ok? – Biancaneve avea un brutto presentimento ma cercò di credere con tutto il cuore alle parole del suo uomo, non avrebbe mai e poi mai accettato che alla sua piccola potesse essere successo qualcosa.
Tornarono al castello, mentre i nani continuavano imperterriti le ricerche e quando arrivarono davanti il portone principale ecco che davanti ai loro occhi apparve uno scatolone con su scritto “le mie più sincere felicitazioni per il ritorno della piccola principessina”. Portarono il pacco in casa ma non lo aprirono subito, avevano altro a cui pensare in quel momento. Emma era scomparsa nel nulla e nessuno riusciva a capire dove fosse. In casa non c’era, controllarono da cima a fondo chiamandola ripetutamente piu e piu volte, controllarono anche i sotterranei nel caso, incuriosita, si fosse spinta oltre… ma niente, non vi era da nessuna parte. Anche David iniziò a sospettare che forse sua moglie non avesse poi tutti i torti, forse alla loro piccolina era per davvero accaduto qualcosa.
Cercò di non farsi sopraffare dalle emozioni per non spaventare ulteriormente sua moglie la quale con la testa stava già pensando agli scenari più tetri, ma più provava a pensare a cosa potesse essere realmente accaduto alla sua piccolina e più prendeva coscienza che qualsiasi cosa fosse non poteva averlo di certo architettato da sola. non era possibile un allontanamento volontario, non lo aveva mai fatto dopotutto e anche l’essere magari caduta e ferita, cosa che avevano pensato durante le ricerche all’esterno, non sembrava essere un qualcosa di sensato… in quel caso l’avrebbero già ritrovata. Una persona esterna doveva essere il responsabile, non poteva essere altrimenti e il pacco ricevuto poco prima, trovato davanti la porta di casa, iniziò ad essere per David sospetto. Vi era stata un festa per la principessina, i regali da parte dell’intero regno erano già stati tutti consegnati… cosa rappresentava dunque quel pacco? Senza esitazione corse a più non posso seguito da sua moglie e in men che non si dica raggiunsero il grande salone principale dove poco prima avevano riposto quel grande pacco.
  • David che ti prende?!? Hai sentito qualche rumore? Pensi sia Emma. – la donna non riusciva a connettere.
  • Il pacco… questo pacco… perché inviarci un pacco di bentornato proprio ora! La festa è stata giorni fa!
  • Cosa centra adesso… nostra figlia… - nel mentre Biancaneve cercava di trovare due parole di senso compiuto da mettere l’una accanto all’altra, David aprì lo scatolone e per poco non gli prese un coccolone. All’interno dello scatolone, proprio sotto i loro occhi campeggiavano evidenti prove che la piccola Emma era stata presa in ostaggio. – O MIO DIOOOO!!!!  - esclamò Biancaneve portandosi una mano alla bocca. Un oggetto in particolar modo non era sfuggito al suo sguardo: la mela. Sono una persona poteva firmarsi in quel modo, una persona a lei molto familiare, una persona che le aveva causato enormi dispiaceri, una persona che non avrebbe mai più voluto vedere ma che soprattutto che credeva scomparsa per sempre. – E’… è stata lei! Lei ha… Lei ha… o mio dio… David!!!!! Emma aveva ragione, l’aveva vista, quell’arpia l’aveva già avvicinata.
  • Non posso crederci… sul serio? Ma allora vuole la guerra?!?! Non le è bastato rovinarci la vita portandoci via per sei anni nostra figlia… no… vuole continuare? Bene… l’accontenteremo subito! Se pensa di poterci privare di Emma ancora per un solo giorno si sbaglia di grosso! Aspettami qui: vado a chiamare rinforzi. – fece per allontanarsi, non aveva tempo da perdere, ma la sua consorte lo fermò prima che potesse oltrepassare la porta.
  • Fermati David! Non possiamo combatterla. – Disse spaventata, non era da lei essere spaventata in quel modo, lei era la prima che di solito combatteva per far si che il suo regime di terrore finisse.
  • Cosa dici amore, non possiamo non combatterla… ha nostra figlia, ha preso la nostra Emma…
  • Lo so mah… - gli consegnò un foglio, un bigliettino trovato all’interno di quel tetro scatolone.
“Come immaginerete la vostra bella principessina è mia gradita ospite e credo che lo rimarrà per molto… moltissimo tempo. Come ci si sente mia cara Biancaneve quando ti viene portata via la persona a cui tieni di più al mondo? Non bene vero? Non preoccuparti, non è che l’inizio questo… andrà molto, molto peggio con il tempo credimi, desidererai morire per quel peso lancinante che ti attanaglierà il cuore. E’ questo che ho provato quando a causa tua mia madre ha schiacciato il cuore del mio Daniel portandolo via da me per sempre e se non vuoi che tua figlia faccia la stessa fine ti conviene non farmi arrabbiare: quello che cora ha fatto a lui sarà niente a ciò che potrei farle io. Addio…”
Mai messaggio fu più tetro, Regina l’aveva già minacciata in passato, più di una volta, ma mai e poi mai era stata così diretta. In altre circostanze avrebbe ignorato le minacce della donna e avrebbe tentato il tutto per tutto per avere la meglio ma adesso si sentiva bloccata, paralizzata dalla paura. Per cercare di recuperare Emma sarebbe disposta a correre fino in capo al mondo, non le importerebbe nulla se nel tentsativo di salvarla dovesse perdere lei stessa la vita, lo farebbe per sua figlia ma le cose sono un tantino diverse: Regina ha minacciato di uccidere quella piccola creatura innocente e Biancaneve non può permettere che questo avvenga, sua figlia non merita di morire per una stupida faida familiare iniziata a causa di un semplice malinteso.
  • Amore io capisco che hai paura ma non possiamo permettere che quella pazza psicopatica tenga nostra figlia in ostaggio. – cercò di farla ragionare David. Lui anche era spaventato e schifato da quel messaggio ma a differenza di sua moglie non voleva arrendersi. Nessuno avrebbe toccato la sua piccola Emma, l’unica che avrebbe fatto una brutta fine, solo per aver osato tagliare quella piccola ciocca di capelli alla sua bambina, era proprio la regina. – Emma non  merita di crescere senza di noi, non un’altra volta.
  • Lo so mah… io… io non voglio che…
  • Ascoltami! Non le succederà nulla te lo prometto, studieremo un piano per portarla in salvo senza che le venga torto un capello ma devi essere con me, devi crederci Biancaneve! Dobbiamo lavorare insieme per il bene della nostra famiglia.
  • Non sappiamo neanche dove siano in questo momento, potrebbero essere ovunque. – ormai la speranza, la stessa speranza che l’aveva contraddistinta per anni, aveva abbandonato il suo corpo.
  • Non ha importanza, che siano dietro l’angolo o dall’altra parte del mondo noi ci riprenderemo Emma! Glielo dobbiamo Biancaneve, non merita di crescere con accanto una belva simile.
Biancaneve sapeva bene che suo marito avesse ragione e dopo aver buttato fuori, tra pianti e urla, gran parte del dolore e della paura che provava, si fece forza e chiamando a rapporto i loro fedeli suditi tentarono di lavorare ad un piano che permettesse loro di riportare la piccola principessina a casa senza che la regina potesse in alcun modo farle del male.
La verità, quella che loro non sapevano ancora, è che Regina in realtà non aveva nessuna intenzione di uccidere la piccola Emma, tutt’altro… il suo piano prevedeva altro, qualcosa che fino al giorno prima neanche lei stessa era arrivata a pensare. Biancaneve le aveva tolto ogni possibilità di costruire una famiglia da amare spifferando uno stupido segreto, nessuno dopo le atrocità compiute a causa di quella morte improvvisa avrebbe voluto instaurare un rapporto con lei, lei stessa non voleva altri oltre al suo Daniel quindi, non potendo ottenere una famiglia, perché non costruirne una improvvisata? Il suo piano originale era dunque rapire la piccola per crescerla come una figlia e indirizzarla verso il male, in questo modo non solo avrebbe avuto qualcuno da amare ma avrebbe distrutto definitivamente Biancaneve. Nella sua testa sarebbe arrivato il giorno in cui sarebbe stata Emma a dichiarare guerra ai suoi genitori biologici e Regina fantasticava già all’idea di vedere le facce dei due sovrani di fronte alla loro figliola adorata completamente malvagia.
Per ottenere questo però doveva riuscire però ad entrare nelle grazie di Emma non era per nulla facile riuscirci, non dopo quello che le aveva appena fatto tagliandole una ciocca di capelli e strapparle dalle mani il suo preziosissimo orsacchiotto. Doveva quindi assolutamente rimediare e per riuscire nell’intento provò, per ben due giorni, a tempestarla di attenzioni e regali. Le preparò la torta di mele, le fece trovare milioni e milioni di giocattoli in quella che aveva deciso sarebbe stata la sua stanza ma niente, la bambina non sembrava voler cedere. Guardava Regina in malo modo anche se dentro di sé era spaventata a morte e non faceva altro che ripeterle quanto fosse “brutta e cattiva”. Emma voleva tornare a casa dalla sua mamma e dal suo papà ma se questo non fosse stato possibile sarebbe stata disposta e ben felice anche di tornare in orfanotrofio. Tutto sarebbe stato meglio di quella prigionia.  
Era un piccolo osso duro la nostra salvatrice ma Regina non era da meno e continuò imperterrita a cercare di trovare con la piccola un punto di incontro. Le provò tutte e quando credette di aver trovato un buon compromesso ecco che le cose peggiorarono a dismisura. Regina aveva notato una cosa prima di inviare quel famoso pacco a palazzo e anche le voci dei suoi fedeli cavalieri avevano riportato la stessa cosa: la piccola principessina era legata particolarmente al peluche che la donna le aveva strappato consapevolmente tra le mani. Per Emma quel peluche significava tanto, era il primo oggetto regalatogli dalla sua vera famiglia e per lei aveva un valore inestimabile. Se lo portava ovunque, anche in bagno per cui dopo un’accurata riflessione Regina pensò che forse, restituendoglielo, le cose sarebbero potute cambiare, L’orsacchiotto sarebbe stato il loro trattato di pace. 
La raggiunse in quella che ormai era etichettata come la sua cameretta e dopo averle chiesto, con modi gentili, di sedersi fece comparire tra le mani l’orsacchiotto che tanto le era mancato.
  • Tieni, spero che possiamo fare pace. – quale bambino non avrebbe apprezzato un gesto del genere? Nessuno eppure Emma anche questa volta riuscì a contraddistinsi dai suoi coetanei. Non che non le piacesse il dono che Regina le aveva appena mostrato, tutt’altro, ma il modo in cui fece apparire quell’oggetto la spaventò a morte. Non le piaceva la magia, la terrorizzava. Come darle torto, in fondo prima che venisse rapita ne aveva solo sentito parlare, non aveva mai toccato con mano la cosa; invece da quando era stata rapita non aveva fatto altro che vedere cose brutte associate ad essa e la cosa non le piaceva per niente. Aveva visto quella che credeva essere la sua fidatissima balia trasformarsi in un essere spregevole, aveva assistito a Regina che con il solo gesto della mano aveva chiuso porte e finestre per paura che scappasse, aveva visto il pacco contenete il suo adorato orsacchiotto sparire davanti ai suoi occhi senza spiegazione logica… non era affatto bella la magia per lei e più veniva usata davanti a lei e più lei aveva paura. Iniziò a piangere disperata cercando di allontanarsi dalla donna che vedendola in quello stato tentò di consolarla, non voleva che le si avvicinasse, aveva paura che potesse essere vittima anche lei di qualche suo gioco di prestigio. Essendo seduta sul letto però non aveva altro modo per allontanarsi se non indietreggiare e ad un certo punto ecco arrivare a toccare con le spalle il muro: era in trappola. Regina riuscì a prenderla tra le sue braccia e ci provò seriamente a calmarla, le mise il suo orsacchiotto tra le braccia e la strinse a se sperando di riuscire a rincuorarla.  Ogni tentativo fallì, Emma non sembrava volersi calmare, stava desiderando con tutta se stessa di andare via da li, tornò a pensare a quanto era stata bene quel giovedì mattina nel bosco con Granny a raccogliere fiori per la sua mamma. Voleva tornare li, a giocare libera e spensierata, senza quella pazza che tentava in ogni modo di essere simpatica con lei. Il suo desiderio venne preso in considerazione e senza che se ne rese conto eccola svanire in una piccola nuvola di fumo bianca e comparire direttamente nel campo di fiori che tanto aveva desiderato fino all’attimo prima.
Si guardò attorno spaesata, stupita, cosa era successo? Come era arrivata li? Non le vennero risposte in un primo momento ma poco importava, quel che più aveva importanza era essere riuscita ad allontanarsi da quella donna. Tenendo saldamente l’orsacchiotto tra le braccia, anche lui era riuscito ad evadere, provò ad orientarsi cercando di ricordare qualche piccolo dettaglio per poter tornare a casa. Non ci riuscì, La foresta era ancora luogo inesplorato per lei e soprattutto era tutta uguale. Le venne da piangere ancora una volta, lei non era una mai stata bambina piagnucolosa eppure ora non riusciva a fare altro. Perché la vita per lei doveva essere sempre così dura? Perché per una volta non poteva essere come tutti i bambini della sua età? Felici, spensierati e amati? Pensava che questa volta sarebbe stato per sempre, che non avrebbe più rivissuto il senso di abbandono eppure eccola soffrire ancora. Non era colpa dei suoi genitori questa volta, da quando si erano rincontrati la trattavano con i guanti bianchi, ma lei si sentiva ancora una volta a fare i conti con la solitudine… in quelle 48 ore si era sentita nuovamente un’orfana.
Presa a piangere non si rese conto inizialmente di essere osservata ma presto si rese conto di non essere da sola, c’era qualcuno con lei in quella foresta, un’entità che a tratti la spaventava ma a tempo stesso le metteva sicurezza.
  • Tu devi essere Emma!
  • Co… come conosci il mio nome? – chiese cercando di asciugarsi le lacrime
  • Io conosco molte cose sai? Mi chiamo blue e sono una fata.
  • Una fata? – ripetè non capendo. Lei conosceva la fatina dei dentini, quella che ti porta un piccolo dono quando un dente cade giù, ma non ha mai creduto fosse reale, è sempre stata convinta che fosse Savannah ha lasciarle i regali quando questo accadeva. In realtà non aveva neanche tutti i torti, nel mondo dove aveva vissuto per sei anni queste cose non esistevano ma ora… beh ora tutto era decisamente diverso e abituarsi non era affatto facile.
  • Si una fata… una fata buona! – le sorrise dolcemente. – Ti manca casa non è vero?
  • Tu… tu come lo sai? – non era da Emma dare tutta questa confidenza, non riusciva a spiegarselo neanche lei in realtà ma quella figura le trasmetteva tranquillità.
  • Perché conosco la tua mamma e il tuo papà e sono disperati credimi. Ti cercano da due interi giorni.
  • Loro mi stanno cercando? Davvero? – le fece molto piacere ascoltare quelle parole, si sentì amata.
  • Si e non vedono l’ora di abbracciarti sai? Vieni con me, seguimi… ti porterò da loro. – si alzò di scatto, convinta a seguirla, ma improvvisamente si fermò tornando sui suoi passi. L’ultima volta che si era fidata di qualcuno non era finita proprio così bene, chi le assicurava che la fata in questione in realtà non fosse la stessa persona che l’aveva imbrogliata la prima volta? Aveva visto cosa facesse la magia, tutto era possibile quindi perché fidarsi?
  • Io non vengo con te! Non lo so se sei una fatina buona! – le disse mettendosi sulla difensiva.
  • Sei spaventata non è così? Hai passato due giorni un po’ turbolenti misà. – le sorrise ancora. – Emma tesoro, non ho nessuna intenzione di costringerti a venire con me se non vorrai ma credo tu debba provare a fidarti, non tutti sono cattivi, ci sono anche persone di buon cuore in questo mondo.
  • Io l’altro giorno pensavo di uscire con la mia tata e invece… la magia mi ha imbrogliata… la magia è brutta e io non voglio più cascarci.
  • La magia può essere anche buona però e la mia lo è…. Prova a fidarti, cosa può succedere di brutto? Al massimo se le cose non andranno come desideri puoi sempre scappare come hai già fatto no?
  • Io… io non sono scappata… era tutto chiuso… non lo so come sono arrivata qui. – disse onestamente.
  • Con la magia piccolina, con la magia. Magia buona, quella che c’è dentro di te.
  • Io ho la magia? – chiese a bocca aperta.
  • A quanto pare si ma non me ne stupisco sai? Sei il frutto del vero amore. Dai ora seguimi, ti porto a casa prima che inizi a fare freddo. E’ dicembre non puoi gironzolare solo con quel vestitino addosso.
Neanche lei si capacitò come riuscì a fidarsi di quella fata ma lo fece e finalmente eccola giungere a casa tra le braccia dei suoi genitori. Gli corse in contro felice come non mai ma dopo aver ricevuto una degna dose di coccole eccola tornare a piangere in maniera agitata. Era lo spavento che la portò a reagire così ma non solo, l’idea di avere dentro di se la magia, anche se in realtà era magia buona, non la faceva stare tranquilla. La sua testa ormai associava la magia a qualcosa di brutto e nonostante Blue le avesse dimostrato che non sempre è così lei non riusciva a cambiare la sua opinione.
Biancaneve provò a starle vicino il più possibile rassicurandola che non è la magia a far diventare buone o cattive le persone, tutto dipende dal cuore e da quello che si ha dentro di esso e la sua mamma sa bene che in quello di sua figlia, oltre alla sofferenza, che poverina non può cancellare dall’oggi al domani, c’è solo bontà.
Emma accanto alla sua mamma sembra tranquillizzarsi subito e come se nulla fosse eccola iniziare a fantasticare su come le piacerebbe trascorrere il natale. Manca pochissimo ormai, una settimana o poco più e Emma è entusiasta di questa cosa: è il primo Natale che festeggia in famiglia, è il primo Natale che festeggia in generale e vorrebbe che sia perfetto.
  • Mi piacerebbe mangiare nel salone della festa, con tutte quelle cose buone che Granny sa cucinare. Voglio decorare l’albero, fare lavoretti di Natale da potervi regalare e poi vorrei preparare i biscotti con te mamma…
  • Regali non ne vuoi tesoro? – tutti i bambini associano il Natale ai regali dopotutto e Biancaneve sarebbe disposta a svaligiare l’intero reame se solo sua figlia glielo chiedesse.
  • Ho già ricevuto il regalo più bello che possa esistere: ho ritrovato voi. – Come Biancaneve riuscì a trattenersi dal piangere davanti a sua figlia fu un mistero ma fortunatamente non dovette trattenersi a lungo perché poco dopo suo marito venne a chiamarla per una questione urgente. Diede un bacio alla sua piccolina e le augurò la buonanotte dopodiché seguì suo marito nella sala delle riunioni. Odiava quella sala, aveva dei ricordi bruttissimi, era li che appresero che Emma doveva essere portata in salvo prima del lancio del sortilegio. Ora che sua figlia era li quella sala continuava a non piacerle e a quanto pare non aveva poi tutti torti… proprio in quel preciso momento si stava parlando di qualcosa di analogo a quello già successo in passato.
  • Dobbiamo trovare una soluzione, non si fermerà questa volta! – esclamò uno dei nani riferendosi alla Regina cattiva che nel mentre aveva già fatto recapitare un nuovo messaggio. Era guerra aperta ormai, di nuovo… ma questa volta a farne le spese e a soffrire non sarebbero stati solo loro. Anche Emma avrebbe potuto risentirne anche perché ormai lo sapevano anche i muri: per ferire Biancaneve l’unica chiave era Emma e Regina li aveva appena minacciati che l’avrebbe ritrovata anche in capo al mondo. Biancaneve come immaginerete ebbe un crollo emotivo ma cercò di rivelarsi utile anche lei perché in ballo c’era il futuro della loro bambina e non poteva permettere che a causa di una povera pazza venisse rovinato. Lei era sua madre, costi quel che costi l’avrebbe salvata.
  • Non vedo via d’uscita! – prese parola David più sconvolto che mai, neanche per lui era semplice questa situazione. L’ha avvicinata una volta sotto mentite spoglie, potrebbe farlo ancora… non voglio assolutamente essere costretto a tenerla segregata in casa senza la possibilità di conoscere il mondo, non se lo merita.
  • Possiamo trasferirci… - tentò sua moglie.
  • Lo capirebbe, è furba… molto furba. – intervenne uno dei nani.
  • Beh qualcosa bisognerà pur fare!  Non le permetterò di far del male alla mia bambina.
  • Un modo ci sarebbe ma aimè… è un po eccessivo. Potremmo vagliare altre ipotesi ma nel caso in cui nulla dovesse funzionare potremmo utilizzare questa cosa come ultima chance. – fu blue ad intervenire questa volta.
  • Parla, esponici il tuo piano. – la incoraggiò David.
  • Il sortilegio oscuro! – nella stanza regnò il silenzio più assoluto. – Lo so… è un gesto disperato ma potrebbe essere indispensabile. Non calcoliamolo come piano principale ma non escludiamolo neanche: prepariamo il tutto in modo da essere pronti, solo per precauzione… non è detto che dovrà essere necessariamente lanciato.
  • Vo… vorresti dire che dovrei rinunciare a mia figlia una seconda volta? – intervenne Biancaneve per nulla felice della cosa. – No, non me la sento, non dopo aver conosciuto le circostanze in cui è cresciuta mia figlia in questi anni. In questi sei anni mi sono auto illusa che almeno lei stesse bene, che rispetto a noi avesse una vita decisamente felice e invece… per sei anni è stata chiusa in un istituto dove non le hanno mai fatto sentire cosa significa essere una famiglia. Rispedirla li non mi sembra la cosa migliore per lei e visto che la priorità è il suo bene dobbiamo assolutamente pensare ad altro. Giusto David? – l’uomo ci ragionò su ma non sembrava intenzionato a rispondere. – David?!?! – lo richiamò sua moglie.
  • Non voglio separarmi da lei, mi farei torturare piuttosto ma abbiamo bisogno di più piani per essere pronti ad affrontare Regina. Farò tutto ciò che è in mio potere per difendere nostra figlia e tenerla al sicuro Biancaneve ma dobbiamo prendere coscienza che nel caso non ci riuscisse il sortilegio forse sarebbe la scelta migliore… per lei.
  • La scelta migliore? La scelta migliore David? La scelta migliore è far crescere nostra figlia con la sua famiglia, starle accanto, rassicurarla, proteggerla da possibili pericoli… non spedirla chissà dove ad occuparsi di se stessa da sola. E’ questo che è successo la prima volta se non te lo ricordi. – non riusciva a credere che suo marito potesse pensare ad una cosa simile, era inammissibile…
  • Non fraintendermi amore, non sto dicendo che dobbiamo necessariamente portarla via da questo mondo; dico solo che bisogna essere pronti a questa eventualità. Pensaci… ci saranno battaglie a non finire e noi saremo sempre in prima fila per proteggerla. Cosa succederebbe se uno di noi due o entrambi venissimo a mancare a causa di uno di questi scontri? Sai che potrebbe succedere, non è la prima volta che Regina prova a farci fuori. Emma rimarrebbe da sola e se piccola non avrà la forza sufficiente per difendersi. Nel caso in cui questo non avvenga, se regina non riuscisse a farci fuori potremmo continuare a proteggerla… ma fino a quando? Ad un certo punto crescerà e sarà lei a dover combattere in prima linea per difendersi… se non dovesse farcela? Lo so, sto pensando in maniera troppo negativa ma essere positivi, conoscendo la persona che ci ha praticamente dichiarato nuovamente guerra, non è la cosa giusta.
  • E pensi che lontano da noi starebbe meglio? Avrebbe altri problemi da affrontare David… e sarà da sola.
  • Non è sempre stata sola, aveva qualcuno a guidarla… Savannah! Ricordi quanto l’ha cercata per i primi giorni? E’ una figura positiva per lei, potrebbe esserlo ancora e aiutarla a crescere secondo buoni principi finchè questa storia non sarà finita e tornerà a casa. Perché tornerà a casa prima o poi vero? – chiese a blue. – L’altra volta dicesti…
  • Si, tornerà a casa o meglio… vi ritroverete, non so esattamente dove questo accadrà. Al compimento dei suoi 28 anni succederà qualcosa per cui sarà costretta a combattere una battaglia che porterà fine al sortilegio e finalmente vi ricongiungerete.
  • Ne sei sicura? – chiese ulteriore conferma. La fata annuì.
  • E’ scritto nel destino! – David non aggiunse altro ma guardò sua moglie come a dire “a te la scelta cara.”
Biancaneve continuò ad essere contraria ma poi, ragionandoci attentamente pensò che come ultima scelta forse avrebbe potuto anche accettare la cosa… in fondo meglio una figlia lontana che una figlia morta no? Iniziarono dunque a parlare del sortilegio, come ricostruire la teca, dove trovare alberi incantati in grado di riprodurre una magia simile e cose di questo genere. Con un po’ di impegno tutto si sarebbe potuto recuperare ma improvvisamente ad uno dei nani partì una domanda che in effetti nessuno di loro aveva calcolato.
  • Scusate mah… chi lancerà il sortilegio? Cioè, mi spiego… per lanciarlo bisogna sacrificare la persona che più si ama al mondo, se per Biancaneve e il principe la persona che più amano è colei che vogliono salvare, chi lancerà il sortilegio al loro posto? Io non so se sarei in grado di rinunciare a chi amo…
  • Beh… neanche io on realtà – rispose un altro dei nani presenti.
  • Non vi permetteremmo mai di sacrificarvi per noi, state anche facendo troppo per aiutarci a proteggere la nostra bambina, non vi chiederemmo mai una cosa del genere.
  • E come farete allora?
  • Non lo so… Blue hai un’idea?
  • Ho quello che fa al caso vostro – sorrise – Si pensa che sia andata persa da secoli ormai ma non è così… so dove è tenuta nascosta la bacchetta della fata nera e con quella potremmo rievocare il sortilegio che non è mai stato lanciato senza necessariamente sacrificare qualcuno.
  • Sarebbe magnifico! – rispose David tirando un sospiro di sollievo. – Questo significa che se si dovrà arrivare a tanto almeno nessuna vita sarà crudelmente sacrificata.
Una volta messi a punto i vari piani la riunione venne sciolta e ognuno tornò nelle rispettive postazioni. Il palazzo venne rimpinzato di guardie, ve ne erano due o tre in ogni area del castello e nessuno, dico nessuno, dall’esterno, ebbe il più il privilegio di poter presenziare a corte. Tutti pensavano a proteggere la principessina e per farlo la piccolina dovette interrompere i rapporti anche con coloro a cui aveva iniziato ad affezionarsi. Granny, Leroy ad esempio dovettero a malincuore decidere di non passare da lei neanche più per un saluto, gli unici che potevano passare del tempo in sua compagnia erano i suoi rispettivi genitori i quali pur di non farle percepire nulla non fecero altro che riempirla di attenzioni.  Emma naturalmente lo percepì eccome questo cambiamento e anche se provava a non darlo a vedere soffriva, soffriva molto. Ormai aveva preso delle abitudini e doverle lasciare le causava sofferenza. A tutto questo si aggiunsero poi anche svariati attacchi da parte dei cavalieri neri che tornarono all’attacco, tali attacchi causarono molte morti all’esercito dei nostri sovrani e a quel punto, capendo che era impossibile garantire per sempre l’incolumità della bambina, prima o poi qualcuno sarebbe riuscito ad intrufolarsi nel castello, decisero di comune accordo, marito e moglie, non dopo aver pianto le peggio lacrime, di attivare il famoso piano B. Sarebbe stato un inferno doverle dire addio per la seconda volta ma non potevano permettere che le venisse fatto del male. La sua vita prima di tutto per il resto, prima o poi questa angosciante storia sarebbe finita.
Lavorarono in prima fila per garantire al piano di riuscire, costruirono insieme a Geppetto la nuova teca e seguirono blue in ogni passaggio per il recupero della bacchetta della fata nera. Furono giorni difficili ma decisero, per non far capire nulla alla piccola, di ricontattare un amico per lei speciale. Inviarono un piccione viaggiatore al capitano più temuto dei sette mari dicendogli che la missione “Salviamo Emma” non era ancora terminata. David aveva dei dubbi che Uncino si sarebbe presentato, conosceva bene la vita dei pirati, ma per sua figlia fece un’eccezione e gli diede fiducia. Risultato? Il mattino seguente Uncino era già li pronto a prendere servizio come protettore della principessina. Le raccontarono di dover partire per un viaggio di lavoro molto importante e che per alcuni giorni, non molti, il suo amico pirata l’avrebbe portata con se sulla Jolly Roger per un’indimenticabile gita in mare aperto.
  • Voi tornerete presto vero? – Biancaneve era già sull’orlo di scoppiare a piangere.
  • Prestissimo amore… tra cinque giorni abbiamo un appuntamento speciale ricordi? E’ natale e come promesso passeremo questa meravigliosa festa insieme. – Non era una bugia quella, Biancaneve era stata chiara: il sortilegio si sarebbe lanciato ma solo dopo aver realizzato il desiderio di Emma di passare il suo primo Natale in famiglia.
  • Allora va bene, potete andare! – diede il suo benestare e dopo averli abbracciati e baciati come se stessero per partire per un viaggio interminabile si strinse alla mano di Killian e insieme a lui raggiunse la jolly.
Passò una settimana in sua compagnia e per tutto il tempo la piccola non fece altro che stressarlo in ogni modo possibile immaginabile. Correva a svegliarlo ogni mattina all’alba, lo tempestava di domande durante tutta la giornata e anche in piena notte, se non riusciva a prendere sonno andava a disturbarlo riempiendolo di chiacchiere inutili come solo lei sapeva fare. Si fece spiegare i segreti della navigazione, non capì molto in realtà, non era affatto portata secondo lui e quando si stufava di girovagare e fare casini si metteva seduta e disegnava.  Immaginare uncino in versione baby sitter non è affatto facile, viene quasi da ridere conoscendo il soggetto, ma con Emma quel ruolo sembrava calzargli a pennello. Per quanto faceva vedere agli altri, a spugna ad esempio, che la piccola lo disturbava e gli urtava il sistema nervoso la verità era ben diversa: quella piccola ragazzina gli stava simpatica, molto e anche se faceva fatica ad ammetterlo anche a se stesso si era affezionato alla sua compagnia... riconsegnarla ai suoi genitori sarebbe stato difficile… avrebbe sentito la sua mancanza. Anche per Emma la cosa non era a meno, quel piccolo terremoto si era affezionata molto al pirata e quando i suoi genitori andarono al porto a riprenderla lei cecò più di una volta di convincere sia i suoi che il pirata a trovargli un posto a palazzo. 
  • amore di papà, se il tuo amico vuole unirsi al nostro esercito non ho assolutamente nulla da obiettare, nella nostra Marina militare ci sarà sempre posto per colui che ti ha riportata a casa piccola. - le disse stringendola a se per abbracciarla. In quei giorni gli era mancata terribilmente, il solo pensiero di doverle dire addio da li a poche ore lo stava uccidendo ma doveva far finta di nulla, Emma non doveva assolutamente accorgersi di ciò che stava succedendo. 
  • Hai sentito???? - disse la piccola rivolta verso uncino - puoi venire a vivere al castello! Papà ha detto che va bene… sei contento? Potremmo giocare insieme tutti i giorni!!!! - c’era euforia nei suoi occhi, un’euforia che Killian fu costretto a spegnere. La sua vita era in mare aperto, la sua nave era la sua casa, non sarebbe mai riuscito a vivere in condizioni come quelle appena offerte. La Marina militare poi gli ricordava la prematura scomparsa di suo fratello Liam quindi....
  • Non credo sarà possibile piccola nana dai mille capricci, la mia casa è la Jolly Roger, non posso abbandonarla. 
  • Mah io non voglio che vai via.... dopo che mi hai riportato a casa non ci siamo visti per tanto tempo.... mi sei mancato! – ammise. Non era da lei aprirsi in questo modo, non dopo le batoste subite nella sua vita.
  • Anche a me sono mancate le tue urla credimi - disse ironicamente – ma non temere, non andrò via... sarò sempre nei paraggi quando avrai bisogno di me ok? - era una bugia quella, lui stava per intraprendere l’ennesimo viaggio verso la sua vendetta personale ma decide comunque di dirgli quella piccola balla solo perché sapeva che presto anche lei sarebbe andata via da quel luogo dunque non era necessario farla intristire inutilmente. - quando vorrai vedermi il tuo papà mi scriverà e io accorrerò subito. È una promessa questa. 
  • Ok va bene! - corse ad abbracciarlo - Ci vediamo prestissimo allora! Hai promesso che mi insegnerai a duellare.
  • Ci conto. - gli fece un sorriso e poi mano nella mano ai i suoi genitori, i quali ringraziarono Killian ancora e ancora per averli aiutati in quel momento di estrema difficoltò si incamminarono verso casa.
  • Mamma, papà… aspettate! - gridò improvvisamente Emma tornando sui suoi passi e correndo nuovamente verso il pirata - Questo è per te! - gli consegno un foglio di carta - l’ho disegnato per te, per non farti dimenticare di me. - tra i mille disegni che aveva fatto in quel periodo per passare il tempo uno era per lui, per il suo amico pirata. – Ho disegnato la Jolly Roger - una Jolly Roger rosa.... ma pur sempre una Jolly Roger. - non perderlo ok? 
  • Non lo farò! Lo costudirò con cura! Grazie.... 
  • prego! Buon natale - gli diede un altro abbraccio poi torno dai suoi e questa volta si allontanarono sul serio. 
Quando arrivarono a casa tutto era già stato addobbato a festa: lucine colorate e decorazioni natalizie splendevano in ogni angolo della casa. Sembrava una di quelle scende da film natalizi che era abituata a vedere in tv e la cosa la lascio letteralmente senza parole. 
  • ti piace tesoro? Sei pronta per la tua prima festa di Natale ufficiale? - le chiese sua madre portandosi alla sua altezza e sorridendole dolcemente. A Biancaneve veniva da piangere al solo pensare cosa sarebbe successo da lì a poche ore ma voleva esaudire il desiderio della sua bambina e per farlo non poteva permettersi di cedere alle emozioni.
  • Mi piace moltissimo mammaaaaa! È meraviglioso!!!!! L’albero dove è? - chiese non vedendolo. 
  • È proprio lì, - le indicò un punto ben preciso - ma bisogna ancora decorarlo. Ti andrebbe di addobbarlo insieme a noi? - neanche la fece finire di parlare che eccola correre verso il grande albero dove si mise a frugare nella cesta lì vicino per iniziare a scegliere le decorazioni che più belle con le quali iniziare. 
Si diverti moltissimo a decorare l’albero con la sua mamma e il suo papà, la cosa che pelle piacque di più di mettersi sulle spalle di papà David per mettere il puntale, ma anche la cena non le dispiacque affatto. Granny cucinò tutti i suoi piatti preferiti e come gran finale, visto che aveva mangiato proprio tutto tutto e senza capricci le venne concesso di mangiare più di una porzione di dolce. 
Non avrebbe potuto chiedere festeggiamenti migliori e li ringraziò ancora e ancora per questo fantastico regalo. Andarono avanti ad oltranza ma poi, verso mezzanotte la stanchezza iniziò a prendere il sopravvento sulla piccola e fu tempo per mamma e papà di metterla a nanna. Per Biancaneve e David fu difficile portare la piccolina nella sua camera per metterla a letto, sapevano bene a cosa stavano andando in contro: quella sarebbe stata l’ultima buonanotte che le avrebbero dato, una volta nel mondo dei sogni sarebbe stata spostata nella teca e avrebbero dovuto lasciarla andare. Non ebbero mai il coraggio di dirle cosa stesse per succedere, avrebbe sofferto moltissimo quel secondo abbandono, per cui optarono per fare tutto in gran segreto mentre era addormentata. La fata poi gli aveva promesso che Emma avrebbe dimenticato di essere stata li per cui non vi era alcun bisogno di farla soffrire inutilmente.
Provarono a ritardare quel momento il più possibile, raccontandole più di una storia e coccolandola più del solito ma presto la piccola, ormai stremata, si lasció rapire da Morfeo e non ci fu altro da fare se non mettere in atto quell’odioso piano. 
Con le lacrime agli occhi David la prese in braccio e insieme a sua moglie la portarono nella stanza delle riunioni dove era stata sistemata la teca. La adagiarono li attenti a non svegliarla ma non chiusero subito le ante di quell’armadio magico subito: decisero di restare ancora qualche minuto in sua compagnia cercando di immortalare il più possibile i suoi lineamenti delicati e perfetti.  Era stato un duro colpo doverla abbandonare non appena nata ma adesso, farlo per una seconda volta, dopo aver imparato anche a conoscerla un pochino, sarebbe stato deleterio al massimo. Anche loro secondo la fata avrebbero perso la memoria con il lancio del sortilegio ma Biancaneve non ci credeva… non avrebbe mai potuto dimenticare quel visino e l’amore che provava per lei.
  • è ora! - intervenne proprio la fata facendo il suo ingresso nella sala - è arrivato il momento di lasciarla andare. 
  • Non… non ci riesco, - esclamò Biancaneve ridotta ormai uno straccio - è così piccola, indifesa.... io... io non voglio che cresca senza di me... di noi....
  • Lo so, posso capirlo ma dovete avere fede, lei vi troverà. Un giorno questo sarà solo un lontano ricordo.
  • La ritroveremo ma non sarà più lo stesso… Lasciandola andare oggi perderemo tutto di lei.... tutta la sua infanzia, la sua adolescenza.... non saremo presenti quando avrà bisogno della sua mamma e del suo papà.
  • se dovesse rimanere qui non è comunque detto che potrete vivere questi momenti: la regina non scherza, vi ha dichiarato guerra e non si fermerà lo sapete. 
Biancaneve ragiono ancora una volta sulle parole della fata e se per un momento aveva pensato di mandare all’aria il piano, comprese che la scelta migliore per sua figlia era quella allontanarsi da lì. Si prese ancora qualche minuto per poterla ammirare ancora una volta dopodiché posizionandole accanto la sua copertina, nonostante non la cercasse più come agli inizi l’avevano conservata e il suo ormai inseparabile amico di peluche, le baciò la fronte e le augurò buon viaggio. 
Fu David a chiudere la teca dopo averla salutata a sua volta e stringendo tra le sue mani, la mano di sua moglie attese che la fata avvio il sortilegio. 
Una nuvola di fumo li avvolse imprigionandoli al suo interno e da lì.... il nulla. 
 
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Voci confuse e un forte mal di testa disturbarono il suo sonno, era stanca, stanchissima, non ricordava cosa avesse fatto il giorno precedente ma di sicuro si era strapazzata più del solito perché non riusciva neanche, per quanto volesse, ad aprire gli occhi. Ci provò, si sforzò con tutta se stessa e alla fine, anche se solo un minimo, perché la luce della stanza l’accecò costringendola a richiudergli, riuscì a farlo.
  • Emma… Emma tesoro!!! Sei sveglia. – conosceva quella voce, ricordava perfettamente a chi appartenesse ma cosa ci faceva li? Era Savannah, la sua ex istitutrice: come aveva fatto a raggiungerla? E soprattutto: da quando era arrivata? Ancora una volta si sforzò per aprire gli occhi ma questa volta la luce sembrò essere più sopportabile e quindi riuscì, anche se con un po’ di sforzi, a tenerli aperti. Se la ritrovò davanti, a pochi centimetri dal viso e non potè non sorriderle. Le era mancata moltissimo, era felice che fosse finalmente venuta a trovarla. – piccolina mia come ti senti è? Ti ricordi chi sono vero? – le chiese accarezzandole dolcemente il viso.
  • S… sa… Savannah… - cercò di rispondere ma anche la voce sembrava non voler collaborare. Aveva la gola secca e irritata… le faceva un gran male.
  • Si tesoro, sono io. Mi hai fatto preoccupare sai?
  • Come… come sei… come sei arri…
  • Shhhh. Non sforzarti, riposati… - disse per poi prendere del ghiaccio e poggiarlo delicatamente sulle sue labbra. Solo in quel momento la piccola si guardò in torno: non era casa sua quella, non era la sua stanza… dove si trovava? Che posto era quello?
  • M… mamma?!!? – chiamò iniziando a guardarsi attorno alla ricerca della sua adorata mamma. – Ma… mamma?!?!? – la chiamò ancora. Savannah le si avvicinò ancora una volta e le mise una mano sulla fronte per sentire se avesse la febbre. Da quando l’aveva conosciuta non aveva mai pronunciato la parola mamma, non era una cosa normale che improvvisamente avesse iniziato a farlo.
  • Tesoro perché non riposi un pochino? Sarai stanca… - la esortò la donna vedendola agitarsi sempre di più.
  • La mia mamma… dov’è la mia mamma? E il papà? – niente, non c’era verso di calmarla anzi… più non le si rispondeva e più la piccina si agitava. Savannah cercò di farsi forza, odiava vedere Emma in quello stato, e avvicinandosi a lei le strinse la manina con forza e con l’altra mano le accarezzò il viso ancora e ancora nella speranza di riuscire quantomeno a farla rilassare un po’.
  • Ricordi cosa è successo tesoro? – le chiese la donna sperando che la risposta della bambina potesse aiutarla. Non era sola in stanza, con lei vi era anche un’altra donna, una dottoressa per l’esattezza, la quale, non conoscendo a pieno la storia della piccola non potè dire nulla inizialmente.
  • Ero con la mamma ed il papà… stavamo festeggiando il natale, abbiamo fatto l’albero, messo il puntale in cima, cantato le canzoncine e mangiato i dolcetti… - raccontò i suoi ultimi ricordi. Savannah sbiancò a quelle parole, nulla corrispondeva alla realtà e non aveva la più pallida idea di come spiegarglielo. Non vi era nessuna mamma e nessun papà purtroppo, lei era l’unica figura più vicino alla famiglia che avesse. – Dove… dove sono la mia mamma e il mio papà? Perché non sono qui? Che posto è questo? – troppe domande a cui la ragazza accanto a lei non aveva forza di rispondere.
  • Il fatto che parli così bene è già un buon segno! – disse la dottoressa che stava osservano la situazione in un angolino della stanza. – Spesso ci vogliono settimane… anche mesi. – Savannah non sembrava sollevata però; non che non le importasse, era felice che la piccolina non avesse riportato danni sulla sfera del linguaggio ma aveva altro a cui pensare…. Doveva capire come dirle la verità senza frantumarle il cuore. La dottoressa capì subito il problema della donna accanto a se, aveva visto il suo sguardo incupirsi non appena la bambina aveva raccontato il suo ultimo ricordo e così provò a tranquillizzarla. – Per i ricordi, la memoria e tutta la sfera emotiva è naturale che sia confusa, anche fisicamente potrebbe avere qualche problemino in questi giorni, ma nulla che non sia risolvibile mi creda. Cerchi di essere il più sincera possibile con lei, è la cosa migliore che possa fare per il suo bene.
  • Non voglio ferirla. -ammise con le lacrime agli occhi…
  • Mentirle la ferirebbe di più mi creda.-   Prese un respiro Vi lascio sole… le racconti la verità.
Aspettò che la dottoressa fece un ultimo controllo alla piccola dopodichè lasciò loro un po’ di privacy.
  • Savannah dove… dove sono loro? – chiese ancora.
  • Amore ricordi il saggio di Natale che stavi preparando? Quello di pattinaggio? – le domandò cambiando argomento.
  • Si mah…
  • Ricordi di essere caduta?
  • Si, sono stata anche all’ospedale dove mi hanno fatto una lastra alla testa! – non era cosciente quando era stata portata in ospedale, aveva perso i sensi una volta caduta e fino a quel momento non aveva più ripreso conoscenza. Era stata in coma per ben 15 gg, i medici iniziavano quasi a pensare che non ce l’avrebbe fatta quindi non poteva ricordarsi di essere stata li.
  • Ti sei fatta molto male tesoro, hai battuto forte la testa e hai dormito per ben 15 gg. Mi hai fatto preoccupare moltissimo sai? – la bambina sembrò non capire. – Ho avuto paura di perderti.
  • Ma siamo tornate subito a casa… - i suoi ricordi erano altri, non aveva dormito, anzi… il medico le disse che doveva rimanere sveglia più a lungo addirittura. – Abbiamo giocato tanto e poi… poi non so come sono finita in un posto dove ho incontrato un pirata che mi ha portato dalla mia mamma e dal mio papà… io voglio vederli: dove sono…. – i suoi occhi iniziarono a farsi lucidi e non passò molto che il pianto prese il sopravvento. – Voglio la mia mammaaaaaaaaa….. chiama la mia mamma ti prego Sav…
  • Amore mio non… non fare così ok? Ci sono io qui con te, calmati… calmati ti prego….
  • M… mamm… mammaaaa! Mamm…mammaaaa!!!! Chiamala, falla venire qui!
  • Amore mio hai sognato… non… non… la tua mamma e il tuo papà non sono qui adesso… loro… cucciolina mia, era solo un sogno. Mi dispiace dovertelo dire. – Savannah fu costretta a chiamare il personale addetto per calmare la piccola, non prese affatto bene la notizia e rischiò quasi un attacco di panico. La sedarono per cercare di calmarla un po e solo quando i medicinali fecero effetto Savannah riuscì ad avere un dialogo con lei.
  • S…sono sola?!? Di nuovo??? – chiese tristemente. Ci aveva creduto… credeva di aver scontato la pena… dopo sei anni credeva che l’incubo era finito invece a quanto pare era appena ricominciato.
  • Non sei sola piccola mia, non lo sarai mai. Ci sono io con te: sempre e comunque: ricordi la nostra promessa vero? Non ti lascerò mai, ti sarò accanto fin quando ne avrai bisogno.
  • Era… era molto bella la mia mamma… aveva gli occhi verdi e i capelli neri e lunghi. Papy anche aveva gli occhi verdi ma lui era biondo come me. Mi mancano… sono stata bene con loro in questi giorni… - ammise con le lacrime agli occhi. Fortuna che era sedata altrimenti come minimo si sarebbe sentita male di nuovo. – Mi piacerebbe tornare li, vederli ancora.
  • Non sarebbe una cosa bella amore, significherebbe che saresti ancora in pericolo di vita.
  • Non mi importa, se posso stare con la mia mamma e il mio papà allora voglio dormire per sempre.
  • Scherzi amore? Non dirle neanche queste cose. Come farei io senza di te è? – le fece notare di aver appena detto una cavolata. – Io lo so che per te è molto difficile ma credimi, io non ti ho mai mentito: presto troverai una famiglia che vorrà passare con te tutto il tempo del mondo bambina mia. Devi solo avere fede e aspettare.
  • Allora voglio dormire fino a quel giorno! – disse decisa.
  • Non si può purtroppo ma se me ne darai modo posso essere io la tua famiglia fino a quel giorno.
  • Vuoi adottarmi? – chiese e per la prima volta da quando si era svegliata i suoi occhi brillarono.
  • Non sai quando mi piacerebbe cucciolina mia ma non è possibile… non temere però: non serve una carta per dimostrare che siamo una famiglia… finchè non arriveranno i genitori che tant meriti io sarò la tua famiglia.
  • Come una sorella maggiore?
  • Perché no? posso essere qualsiasi cosa vorrai: una mamma, una sorella, una zia, un’amica… tutto! Ti voglio un gran bene Emma e voglio solo vederti felice. – la bambina fece per sporsi verso di lei ma i 15 gg di coma non glielo permisero. Savannah capì il suo intento e fu lei ad avvicinarsi e stringerla a se. La tenne stretta tra le sue braccia e la coccolò come meglio potè fin quando per la stanchezza la bimba non crollo addormentata di nuovo. Ci sarebbe voluto del tempo prima che uscisse da quell’ospedale, la convalescenza sarebbe stata lunga e una volta ripreso il suo via, conoscendo il carattere vivace di quella piccola, le cose non sarebbero state affatto facili. Si era presa un impegno troppo grande con quella promessa? Forse ma poco importava, quello che le aveva detto era vero… voleva solo vederla felice.  
 
 
  
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