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Autore: LadyHeather83    24/12/2020    1 recensioni
Marinette si trova in coma, dopo una brutta caduta durante l'allestimento della recita di fine anno.
Durante il suo risveglio, avrà una brutta sorpresa: non riesce a trovare Tikki, le foto di Adrien appese in camera sua, non ci sono, ed in più la madre le dà una notizia sconvolgente, dovrà servire al catering di fidanzamento di Adrien Agreste e Kagami Tsurugi.
Riuscirà a portare tutto alla normalità?
Genere: Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Kagami Tsurugi, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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REALTA’ PARALLELA

*

Capitolo 8 – Il viaggio della speranza (parte 1°)

*

Parigi, qualche mese prima

*

Il cardiologo aprì la nervosamente la porta color mogano dello studio, fece un bel respiro prima di entrare, perché si, certe notizie era abituato a darle, ma non si è mai pronti alle reazioni che possono avere i pazienti.

La prima reazione, quella più ovvia, è piangere, disperarsi, la più scontata, se vogliamo dire così.

Poi altre persone ti guardano come se avessi parlato in aramaico o in una lingua antica non conosciuta, chiedendosi se hanno capito bene.

Altre, una minoranza, ti prendono per la collottola del camice dicendoti che devi fare il possibile per salvarle, ma tu sai già che hai fatto tutto quello che potevi, e altre strade da intraprendere, non c’erano.

Devi solo aspettare che qualcuno muoia al posto tuo, perché ti possa donare quello che a lui o lei non serve più.

Ad Emilie bastava un cuore nuovo, il suo era ormai guasto e non più riparabile.

Si era sottoposta già a tre interventi da quando, cinque anni prima, aveva scoperto che un male incurabile, la stava divorando lentamente, e che presto l’avrebbe strappata all’amore della sua famiglia.

Gabriel si sistemò meglio gli occhiali, che stavano scivolando a causa della posa che aveva assunto il suo viso “Quindi mi sta dicendo, dottore, che dovrò vedere mia moglie morire”. Le prese la mano in segno di conforto.

In effetti si, gli stava dicendo quello “Sua moglie ha un gruppo sanguigno raro, non sarà facile per lei trovare un donatore”.

“Si, me lo sta confermando”.

“Mi dispiace signori Agreste, avrei voluto fare di più”.

“Sappiamo il suo impegno dottore, e la ringraziamo per tutto quello che ha fatto per noi”. Disse Emilie in tono rassegnato.

Non fu facile per lei accettare la malattia ed iniziare un calvario che alla fine non aveva portato a niente, se non a sofferenze e il passare meno tempo con Adrien.

Già, Adrien, quanto avrebbe voluto dargli una sorellina o un fratellino, ma le sue precarie condizioni di salute, glielo avevano impedito, era già tanto se era riuscita ad avere lui; la malattia aveva iniziato a manifestasi già dai primi mesi di gravidanza, per questo era stata costretta a letto molti mesi.

“Non abbattetevi” Disse lo specialista “…e se ne avrete bisogno, abbiamo un team di psicolo...”

“Non abbiamo necessità di queste stupidaggini. Grazie e arrivederci” Gabriel interruppe il medico, prese sua moglie sottobraccio e insieme si diressero verso l’uscita con garbo.

Ne aveva sentite abbastanza per oggi, e di certo appurare che gli serviva vedere uno psicologo, non era il massimo.

*

“Sei stato un po’ sgarbato con il dottore, voleva solo aiutarci” Emilie seduta sul sedile posteriore, dietro al guidatore, stava osservando fuori finestrino, il viale alberato che contornava quella strada.

“C’è una speranza per te” Gli disse mentre cambiava marcia “…però dovremo andare in Tibet”.

“Tibet?” Fece di rimando.

Lo stilista annuì con il capo “Ho già predisposto il nostro volo. Partiremo oggi stesso”.

“E Adrien?”

“Non sa nulla, resterà qui con Nathalie, non può perdere le sue lezioni private, poi ha scherma, le lezioni di piano, di cinese, …” Elencò una serie di infinite attività a cui partecipava il figlio, cosa che ad Emilie non era mai andata giù, era un motivo frequente di litigio con il marito, troppo impegnato per condurre una vita normale come quella dei suoi coetanei.

“Secondo me, è troppo impegnato nostro figlio”

“Ne abbiamo già discusso abbondantemente di questo, in più volevo avvicinarlo al mondo della moda, sarebbe perfetto in passerella a sfilare con i miei abiti, diventerà ben presto l’idolo delle ragazzine”.

Emilie sospirò “Non pensi a lui? Così facendo non avrebbe tempo di vedere Kagami, il che è anche un bene”.

“Non ti piace Kagami?”

“Non so se piace a lui”.

“Che intendi? E’ perfetta per nostro figlio: proviene da una famiglia rispettabile e la sua relazione può solo che giovare ai nostri affari”.

Appunto…sei stato tu a lanciarlo tra le sue braccia,e sai che nostro figlio farebbe qualsiasi cosa per noi, anche essere infelice. E io non posso lasciare questo mondo, sapendo che non sta bene, che non starete bene”.

Emilie, tu non lascerai questo mondo, lo impedirò a qualunque costo”.

“Perché andiamo in Tibet?”

Gabriel deglutì “Ho sentito parlare di medicina alternativa…”.

“Non mi sottoporrò a cure di quel genere, ne abbiamo già parlato. Se la medicina tradizionale non mi ha migliorato, che cosa ti fa pensare che intrugli misti di erba, un po’ di fumo, mi facciano guarire?” Incrociò le braccia sotto il seno.

“Un tentativo lo voglio fare. Non mi piacerebbe svegliarmi un giorno e scoprire che potevo fare di più. Mi ucciderebbe questo pensiero. Ti amo Emilie” Volse lo sguardo allo specchietto retrovisore e la vide sorridere malinconicamente, pensò che nemmeno per lei fosse facile quella situazione e che in un certo senso si era arresa al pensiero di dover lasciare per sempre quella vita, ma non lui, non lui.

*

Arrivarono alla villa e trovò ad aspettarli, Adrien, impaziente di sapere che cosa aveva detto il medico.

“Non dovevi esercitarti al piano?” Chiese Gabriel in tono serio.

“Gabriel” Lo richiamò sua moglie. “Papà è stanco, perdonalo” Abbracciò suo figlio.

“Com’è andata?” Aveva timore di fare quella domanda, aveva già capito tutto dal modo gli aveva risposto suo padre, che andò a ritirarsi nel suo studio, buttandosi a capofitto sul lavoro, o almeno così credevano tutti.

“Nessuna novità al momento” Gli sorrise. “Sono stabile”.

“Continuerai con le cure?” Le prese la mano ed insieme varcarono la porta di casa.

“Andremo in Tibet” Tuonò suo padre dall’alto della scalinata.

“Tibet?”

“Consulteremo un luminare del posto” Spiegò lo stilista.

“Tutto, se servirà per tenerti qui con noi” Adrien le sorrise e l’abbracciò ancora più stretta, l’aveva convinta a partire senza rendersene conto.

*

Tibet

*

Il viaggio in aereo fu un po’ turbolento, a causa delle condizioni metereologi che non erano delle migliori, poi il scelto, non era tra i più consigliati, era inverno e le bufere di neve erano abbastanza frequenti, principale causa dei disastri aerei che di verificavano in quel periodo.

“Alloggeremo in un albergo del centro, poi incontreremo la nostra guida, che ci condurrà al tempio”.

Emilie non era convinta di quel viaggio, e non era nemmeno convinta delle cure che avrebbe ricevuto, si stava solo pentendo di non essere lì accanto a suo figlio, di non passare gli ultimi istanti di vita con lui.

“Va bene” Si limitò a dire mentre scendevano dall’aereo privato della famiglia e raggiungevano il taxi che li stava aspettando.

Arrivarono dopo dieci minuti, in un albergo di lusso, appartenete alla famiglia Bourgeois.

L’ingresso era illuminato a giorno da un enorme lampadario di cristallo, le luci risaltavano di più, in quanto fuori era buio.

Le pareti erano dipinte nei colori oro, blu e argento, dove erano stati apposti dei quadri che ricordavano la bellezza del luogo, le statue di marmo, raffiguravano dei guerrieri appartenuti al passato.

Nel pavimento della hall, c’erano dei tappeti dallo stile persiano, che mettevano in risalto il pavimento in cotto.

Si diressero verso la receptionist, che li accolse parlando la lingua del posto.

Gabriel rispose con garbo e raffinatezza, ringraziò infine con un merci, prese le chiavi e si diresse verso gli ascensori.

Il garzone con le valigie arrivò qualche minuto dopo, bussò alla porta ed attese che gli venisse aperto.

*

I due coniugi, indossarono un abbigliamento molto pesante, faceva freddo e la tormenta di neve che per versava anche nella capitale, non aiutava per niente.

“Non saremo dovuti venire” Piagnucolò Emilie, che iniziava a sentire la fatica di quell’impresa, e il freddo pungente non aiutava per niente.

La guida li avrebbe attesi nella hall dell’hotel, per condurli nella struttura richiesta.

Il direttore dell’albergo, si avvicinò a loro con fare circospetto, sussurrò qualcosa all’orecchio di Gabriel, che costrinse lui e la moglie a seguirlo nella caffetteria, nella sala vicino.

Lì c’era un uomo dall’aspetto poco raccomandabile, seduto da solo al tavolino, che sorseggiava del whiskey.

Indossava un cappello di lana a strisce blu e verde scuro, da cui ai lati, uscivano dei ciuffi di capelli neri e dritti, pelle mulatta e barba incolta, occhi neri e profondi.

Il giubbotto bianco, era il tipico indumento montano, con una marca conosciuta impressa sulla manica sopra le spalle, era macchiato in più punti.

“I signori Agreste” Li presentò il direttore che si dileguò poco dopo.

Emilie e Gabriel si guardarono con riluttanza, dopo che quell’individuo buttò giù tutto d’un fiato quello che rimaneva del liquore.

“Buongiorno, prego, accomodatevi, non vorrete rimanere in piedi” Indicò con la mano le due sedie vuote attorno al tavolo.

In tutta la sala c’erano solo loro tre e il barista, intento a tirare a lucido i bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie fumante.

“Ci dev’essere stato un errore” Prese la parola lo stilista “…dovremo raggiungere una strutt…”.

“Lo so” L’interruppe quell’uomo dal fare misterioso “…ma prima di intraprendere qualunque altra strada, che risulterebbe lunga, tortuosa e dolorosa, dovete sapere che c’è un’altra soluzione al problema di vostra moglie”.

Emilie spazientita, si alzò, non aveva voglia di stare a sentirlo, e in più il suo alito alcolico, gli stava dando il voltastomaco.

“Siediti, Emilie” Le ordinò il marito battendo un pugno sul tavolo, facendo rimbalzare il bicchiere di vetro.

Obbedì senza fiatare.

“Dicci di più”.

“Non so se avete mai sentito parlare dei Miraculos”.

Miraculous?” Fece di rimando Gabriel.

“I Miraculous sono dei gioielli magici, che danno poteri alle persone, trasformandoli in ciò che più li rappresenta”.

“E tutto questo come potrebbe aiutare mia moglie e la sua battaglia contro la malattia?”

“Vede, Gabriel, ce ne sono due in particolare, gli orecchini della coccinella e l’anello del gatto nero…” Parlò a bassa voce e in tono mellifluo “…che se usati insieme, hanno il potere di alterare la realtà ed esaudire qualsiasi desiderio”.

“Tutte scemenze” Disse riluttante Emilie, che non credeva una sola parola di quell’essere dall’aspetto ambiguo.

“E dove si trovano, questi gioielli?” Chiese lo stilista non badando alle parole della moglie.

“E’ questo il problema, sono andati perduti”.

“Lo sapevo che c’era la fregatura, io me ne torno in camera”.

Gabriel non fermò sua moglie, ma rimase seduto a sentire cosa aveva da dire.

“Però, se lei è interessato, posso condurvi nel luogo, dove sono stati visti l’ultima volta”.

“Tutto pur di salvarla”.

“Ci sarà un prezzo da pagare”.

“I soldi non mi mancano”.

“Non intendevo questo”.

*

Continua

*

Angolo autrice: Buongiorno a tutti, e grazie come sempre per essere arrivati fino a qui, anche se è raro che lasci delle note a fine capitolo, infatti nell’altra long, mi sono scordata, volevo farvi i miei personali auguri di un felice e sereno Natale, che possiate passarlo, per quanto possibile, con le persone a voi più care.

Erika

  
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