Ran impallidisce
di colpo,
sentendo Yusaku parlare delle liste di Babbo Natale. Shinichi non ha
bisogno di
chiederle nulla: basta guardarla in faccia per capire a cosa sta
pensando.
«Piantala
di preoccuparti,
Ran» afferma, sbadigliando. «Se uno di noi
è sulla lista dei bambini cattivi,
quella è di certo Sonoko». Vorrebbe anche
aggiungere che quella lista non
esiste, dato che Babbo Natale è soltanto una sciocca
invenzione – suvvia, che
fantasia che hanno gli occidentali! –, ma Ran piangerebbe e
non lo vuole.
«Come
hai detto?»
Si volta di
scatto verso
Sonoko; la sua espressione un po’ lo
spaventa. Sembra pronta a
ucciderlo. Fa lo spavaldo, comunque, e dopo un colpetto di tosse
ripete:
«Scommetto che sei nella lista dei bambini cattivi».
«Tu
tra poco sarai in quella
dell’ospedale!» esclama la bambina, arrabbiatissima.
«Chiedi
scusa, Shinichi.
Subito!» interviene Yukiko, riservando un’occhiata
severa al figlio. «Non si
tratta così una signorina carina come
Sonoko-chan!» aggiunge, sorridendo invece
all’interessata.
Shinichi sbuffa,
voltandosi
verso Ran – è strano che lei non abbia reagito,
ridendo o in difesa dell’amica.
Non si aspettava, però, di vederla preoccupata.
Proprio in quel
momento, Ran
si volta verso di loro. Ha il telefono in mano; sorride triste.
«Devo andare»
mormora. «Papà e mamma mi vogliono a
casa».
Sonoko ha
insistito per
rimanere con lui nonostante l’assenza di Ran; Shinichi,
dapprima scettico, si
sorprende a divertirsi molto con lei.
Al termine della
serata sono
soli, seduti sul divano di villa Kudo, in attesa del padre della
bambina.
Yukiko è in cucina.
«Lo
pensi davvero?»
«Che
cosa?» domanda subito
Shinichi, confuso. La immagina rispondere “Deducilo,
detective” per prenderlo
in giro come sempre, ma non succede; sembra stanca, per quella sera
hanno
battibeccato abbastanza.
«Che
io sia una bambina
cattiva».
C’è
qualcosa di strano nel
tono dell’amica, non l’ha mai vista così
seria. Si ferma, riflette qualche
secondo.
«No»
mormora, infine, fissandola
un po’ in imbarazzo. «Era uno stupido
scherzo».
Lei a quelle
parole si
accende e gli scocca un sorriso raggiante. «Non sei
così cattivo!» urla,
stordendolo. Shinichi scrolla le spalle, fingendosi indifferente.
È
sempre stata così carina,
Sonoko?
È
Natale. Shinichi ha
riottenuto il suo corpo e la sua vecchia vita, ma non
c’è gratitudine per tali
doni nel suo cuore. Riesce a pensare solo a ciò che ha
perso, piuttosto: Ran.
Non è
stata la distanza ad
allontanarla da lui, sono state le sue bugie.
Ran non gli ha
fatto una
scenata, gli ha sorriso dicendosi contenta per la risoluzione dei suoi
problemi. Poi gli ha comunicato che sarebbe andata
a studiare
all’estero.
Shinichi non ha
avuto
bisogno di chiedere, per una volta l’ha dedotto senza errore:
Ran non lo ama.
Forse l’ha amato, in passato, ma lui ha giocato con i suoi
sentimenti per un
anno e di quella cotta infantile non è rimasta
più traccia.
È a
casa, solo: i suoi
genitori sono già ripartiti. Gli hanno offerto di andare con
loro, di nuovo, ma
lui ha rifiutato. In America non farebbe che cercare Ran in ogni ombra,
mentre
– gli è costato molto accettarlo – ha
capito di doverla lasciar andare, per il
suo stesso bene.
È
confuso: si è sempre
immaginato al fianco dell’amica, ha desiderato proteggerla e
passare la vita
con lei. Da quando Ran l’ha lasciato avverte un vuoto, ma si
è anche scoperto
non più tanto certo di ciò che provava per lei.
Perché
la amava, o pensava
di amarla?
Ran ha portato
via con sé
ogni sua certezza.
D’un
tratto si volta,
sorpreso, verso la porta d’ingresso; qualcuno ha appena
suonato. Di chi può
trattarsi? Shiho gli ha detto di avere un appuntamento – non
ha proprio voluto rivelargli
con chi –, quindi dovrebbe escluderla. Potrebbe trattarsi del
dottor Agasa.
Lentamente, si alza e raggiunge la porta; il campanello
trilla di nuovo.
No, non
è il dottore: non è
così impaziente.
Apre la porta,
brusco, e
rimane a bocca aperta.
«Sonoko?»
sussurra, riconoscendo
la figura di fronte a lui. Non è certo di non avere le
allucinazioni: che ci fa
lei lì? Avrebbe scommesso che l’odiasse, visto
com’è finita tra lui e Ran. Invece
è sulla sua soglia, fasciata in un abito rosso – è
carina – e non appare
arrabbiata, solo un po’ irritata per l’attesa.
«Perché
ci hai messo tanto?»
lo bacchetta infatti, ma si ricompone quasi subito in un largo sorriso.
«Lascia
stare; che fai conciato così? Sbrigati a cambiarti:
usciamo!»
Se prima era
stupito, ora è
genuinamente incredulo.
«Usciamo?» ripete, soppesando quella parola.
Suona così strana in bocca a lei. Sta pianificando
il suo omicidio?
«Pensavi
che ti avrei
lasciato a deprimerti a casa? Che amica sarei? Su, muoversi!»
ordina Sonoko. «Scemo»
aggiunge, in uno sbuffo quasi affettuoso.
«Non
sei arrabbiata?» chiede
lui, fermo, cercando ancora di elaborare la situazione.
«Ran
non è arrabbiata con
te» dichiara Sonoko, con tranquillità.
«La tua situazione le ha permesso, tra
le varie cose, di rendersi conto che dalla vita vuole altro.
L’hai ferita, sì,
ma diciamo che per stavolta la passi liscia. E poi sospetto che tra voi
due sia
tu, quello con il cuore più spezzato al momento».
Ciò
che pensa deve
leggerglisi in faccia, perché Sonoko scuote la testa e
aggiunge: «Forse tendi a
dimenticarlo, ma sono anche tua amica, oltre che di Ran». Si
è incupita
leggermente nel dirlo; Shinichi, finalmente,
capisce l’errore. È stato
ingiusto con lei.
«Entra»
l’invita, «sarò
pronto in un attimo».
Sonoko lo
trascina in giro
per le vie illuminate di Tokyo, corre da una vetrina
all’altra e fa qualche
commento cercando di coinvolgerlo in una conversazione. È
buffa, ma la sua
strategia funziona: Shinichi si distrae. Si finge seccato, ma le
è grato.
Improvvisamente
gli occhi le
si accendono d’una luce malandrina. Shinichi ne segue lo
sguardo, ma non
capisce subito.
«Dovremmo
prendere del pollo
fritto!» esclama finalmente lei, afferrandogli un braccio.
Non si oppone,
mentre si avvicinano al KFC, ma la sua mente corre veloce.
È
Natale. Lui e Sonoko sono
soli. Stanno per prendere del pollo fritto.
Shinichi sente
improvvisamente molto caldo.
«Sei
sicura di voler mangiare
del pollo fritto con me?» si accerta,
già dentro al locale.
Sonoko lo guarda
come se
avesse appena chiesto se il cielo sia blu. «Certo»
risponde, sbrigativa, e
torna a rivolgersi al cassiere.
Mangiare pollo
fritto a
Natale, in Giappone, è una tradizione per
famiglie… e innamorati.
Shinichi è in confusione totale: Sonoko ci sta provando con
lui, lo sta
prendendo in giro o… cos’altro?
«Spegni
il cervello» lo
riprende, ridendo, la ragazza. Regge un vassoio con la loro ordinazione
e
glielo porge, così da farlo portare a lui. Shinichi la
segue, muto, fino al
primo tavolo libero. «Dico sul serio, Kudo»
continua lei, addentando una
patatina. «Tu pensi troppo. Divertiti e basta, pensi di
poterlo fare per cinque
minuti?»
Si acciglia.
Forse Sonoko ha
anche ragione – eppure, inizia a sospettare che stia giocando
con lui
appositamente! –, ma non è disposto a dargliela
vinta con tanta facilità. «E se
non lo facessi?» replica, provocandola.
«Vuoi
essere imboccato? Non
sei più un bambino, Conan».
Avvampa, di
nuovo.
Sonoko ha talento nel trovare i suoi punti deboli e, lo ammette, gioca
bene le
sue carte.
«Se
fossi un bambino, comunque»
prosegue lei, come presa da un ricordo, «scommetto che
saresti nella lista di
quelli cattivi».
Shinichi si
blocca, la mano
tesa verso il pollo resta a mezz’aria. È confuso;
quella non sembra l’ennesima
provocazione, le parole di Sonoko gli solleticano la memoria. Ritira la
mano,
riflettendo. Lei sorride divertita.
D’un
tratto, capisce – ricorda.
Scoppia a ridere.
«Te lo
sei proprio legato al
dito, quello scherzo» commenta. Qualsiasi traccia
d’imbarazzo o disagio è
scomparsa; non è certo del perché, ma la
consapevolezza di aver già passato un
Natale solo – o quasi – con Sonoko agisce come un
balsamo sui suoi nervi. «Non
dirmi che pianificavi questa battuta da quando hai scoperto di
Conan».
Sonoko scrolla
le spalle,
continuando a sorridere. «Dimmelo tu, detective».
Shinichi scuote
la testa. È
come se quel primo Natale passato insieme abbia aperto la strada a un
fiume di
altri ricordi semidimenticati. Sonoko è sempre stata
presente, al suo fianco – eclissata
da Ran. Ora che il ruolo dell’altra ragazza nella
sua vita si è
ridimensionato, ripensa e rivede tutto, anche i minimi gesti.
«Dovrei
minacciarti di
mandarti all’ospedale, allora» puntualizza,
ripensando a quello scambio così loro.
«Ma non lo farò. Invece… grazie».
«Non
fare il sentimentale
con me, ora… Shinichi».
La sostituzione
del cognome
con il nome lo sorprende, sul momento, ma non lo infastidisce; suona giusta.
«Sai,
Shinichi» inizia
Sonoko più tardi, mentre camminano per una strada
particolarmente decorata.
Si volta a
guardarla,
incuriosito dal tono. Non è certo del perché, ma
gli è parso molto diverso da
quello normale che ha usato per chiacchierare fino a poco prima.
Sonoko guarda in
alto,
invece. Si ferma di colpo, spingendolo a fare altrettanto, e finalmente
lo
fronteggia. «Scherzavo. Non sei proprio cattivo, in
fondo».
Solleva un
sopracciglio,
sospettoso. Lo sguardo gli corre d’istinto verso
l’alto, dove guardava Sonoko
poco prima – comprende. A
metà. Ricerca gli occhi della ragazza,
sperando di trovarvi una risposta o una conferma, ma ritrova il suo
volto molto
più vicino. Una conferma, allora.
Sonoko esita un
secondo,
forse per assicurarsi che abbia compreso e non la respinga. Shinichi ne
approfitta per prendere in mano la situazione: sono sotto una piantina
di
vischio, la bacia.
È
strano – è bello.
Il
fantasma di Ran lo lascia, in quell’attimo – e
in quelli a venire.
NdA
Duunque.
Ho scritto questa storia come regalo per Maqry, la mia gemellina nata in ritardo che ho avuto il piacere di conoscere quest’anno e che mi sopporta da mesi. Maqry è, inoltre, una vera Grifondoro, perché quest’estate ha iniziato a leggere Detective Conan: se non è un atto di coraggio questo, non so quale possa essere. E leggendolo, ha iniziato a shippare Shinichi e Sonoko (e io il crack posso solo approvarlo!).
Scherzi a parte, volevo scriverti una Shinichi/Sonoko da tanto e alla fine è venuta fuori così. Ti saresti meritata molto di meglio, lo so, ma spero che questa possa esserti piaciuta almeno un pochino!
Makoto in questa fanfiction non esiste (o meglio, non si sono mai incontrati e non stanno insieme), ché già è pesante dover smontare una ship canon, la seconda me la sono risparmiata. E poi Maqry ancora non ha conosciuto Makoto 😇
Una piccola nota per i nomi: non sono un'esperta riguardo alla cultura giapponese, tutt'altro, quel che so mi viene soprattutto dalla lettura proprio di Conan. Mi sembra di aver capito che, se da bambini è normale chiamarsi per nome, crescendo diventi invece imbarazzante per i ragazzi essere chiamati per nome dalle coetanee. Per questo Sonoko qui dapprima lo chiama Kudo, arrivando solo più tardi a osare Shinichi (“privilegio” che Ran invece ottiene molto presto). Per quanto riguarda Sonoko invece, non sono sicurissima ma non ricordo Shinichi rivolgersi a lei come Suzuki, francamente mi farebbe strano... fingiamo che dopo un anno di Conan che la chiama Sonoko-oneesan gli venga spontaneo chiamarla così, d'accordo? A parte questo, ho preferito evitare gli onorifici con la sola eccezione del “chan” usato da Yukiko. Probabilmente avrei dovuto evitare anche quello, ma farle dire soltanto Sonoko mi suonava strano, perdeva una sfumatura. "Sonokina" sarebbe un vero obbrobrio, "la piccola Sonoko" non c'entrava, siate clementi e passatemelo – oppure bacchettatemi, magari mi deciderò a toglierlo. Per chi non lo sapesse, il suffisso "chan" è utilizzato come diminutivo/vezzeggiativo, con i bambini ma anche tra ragazze o in situazioni di grande intimità (credo).
Insomma, spero che questa storia possa esservi piaciuta. D’altra parte se state leggendo questa raccolta la divergenza dal canon non dovrebbe dispiacervi troppo, credo!
Ogni parere è ben accetto.
Buon Natale a tutti e tutte!
Mari