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Autore: heliodor    27/12/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Ci servono quelle armi
 
Morzor si piazzò davanti a lui, la barba ispida piena di pezzetti di carne e di pane. “Che osso vuoi che ti rompiamo per primo, zovaq?”
Due uomini scivolarono alle spalle di Simm.
“Mi lasci scegliere?” chiese per guadagnare tempo.
“Una cortesia perché sei un eroe famigerato” rispose l’uomo.
Simm annuì.
“Sai” continuò l’uomo. “Mio fratello era a Mashiba quando tu e gli altri demoni avete attaccato.”
“C’era parecchia gente nella fortezza” disse Simm.
“E voi lo sapevate.”
Annuì.
“E avete attaccato lo stesso” disse Morzor con tono d’accusa.
“È la guerra.”
“Quella gente si era nascosta nella fortezza perché non voleva combattere la vostra dannata guerra.”
“Erano nel posto sbagliato nel momento sbagliato.”
“Proprio come te adesso.”
Simm sorrise.
“Va’ bene, basta.” Morzor fece per alzare la mano con la quale reggeva la mazza dalla punta rivestita di ferro, ma Simm fu più veloce e gli sferrò una ginocchiata al petto.
Invece di indietreggiare si gettò sull’uomo e gli assestò un pugno alla mascella. I due alle sue spalle si gettarono sopra di lui e lo afferrarono per le ascelle, sollevandolo di peso.
Simm scalciò e protese la mano verso uno dei due, afferrandogli il braccio. Questi si divincolò sotto la sua presa ferrea.
“È forte” disse l’altro tempestandolo di pugni alla schiena.
Simm sentì appena il dolore. Strinse i denti e puntò i piedi e, facendo leva sulle gambe, si inclinò in avanti trascinandosi dietro quello che l’aveva colpito, che volò sopra la sua testa e atterrò con la schiena sul selciato.
Gli altri due che stavano assistendo alla scena si fecero avanti, ma esitarono quando videro che Simm aveva strappato la mazza dalle mani di Morzor.
“Io sono disposto a farmi rompere qualche osso” disse ansimando. “Ma voi siete disposti a farvene rompere altrettanti?”
I due esitarono scambiandosi una rapida occhiata.
Devono essere novellini alla loro prima vera rissa, pensò Simm. Morzor deve averli raccattati nei bassifondi per questo lavoretto e pensavano a un pestaggio facile, non a uno che avrebbe potuto fargli davvero male.
Morzor ne frattempo di era rialzato e aveva estratto un pugnale.
“Avevi detto niente sangue” disse Simm ironico.
“Ti apro in due, maledetto saqir.”
Simm fece roteare la mazza con la mano. “Non lo capisco il tuo dannato dialetto delle terre orientali, idiota.”
“Kash” gridò l’uomo scagliandosi contro di lui.
Nello stesso momento due mani gli afferrarono il collo e Simm avvertì il peso di un secondo uomo gravargli sulle spalle.
Invece di resistere si lasciò scivolare abbassandosi sulle ginocchia e poi, dal basso, colpì il suo assalitore a una delle rotule.
Lo schiocco delle ossa che si spezzavano risuonò nell’aria insieme al grido dell’uomo.
Morzor puntò il pugnale verso il basso, diretto alla gola di Simm, ma lui intercettò il fendente con il bastone e ruotando il polso rispose colpendo l’uomo al gomito.
Morzor esclamò per la sorpresa e il dolore e l’arma gli volò via, atterrando davanti ai piedi del ragazzo a cui aveva rotto il naso.
Lui guardò l’arma come se fosse un animale pericoloso che volesse attaccarlo.
“Prendilo” gli intimò Morzor.
Simm gli assestò un fendente dietro la schiena facendolo piegare in due, sollevò la gamba colpendolo al mento col ginocchio.
L’uomo roteò su sé stesso e crollò al suolo.
Il primo che aveva cercato di colpirlo gli arrivò di fianco e lo colpì con una mazza alla schiena.
Simm trattenne un grido di dolore mentre si spostava di lato per fronteggiare l’avversario. Questi lo incalzò con dei rapidi fendenti con la punta del bastone, che Simm evitò d’un soffio danzando sulle gambe.
Intercettò uno dei fendenti deviando di lato il colpo e poi affondò a sua volta, colpendo l’avversario al centro del petto. Questi esclamò per il dolore e indietreggiò di un paio di passi.
Simm fece roteare la mazza tra le mani.
“Che aspetti?” ringhiò l’uomo. “È per te che siamo venuti qui.”
Con la coda dell’occhio Simm vide il ragazzo col naso che ancora stillava sangue chinarsi e prendere il pugnale che era caduto a Morzor.
Non farlo, pensò. Non costringermi a…
Il ragazzo soppesò l’arma tra le mani, l’afferrò per la lama e gliela porse.
“Credo” disse con voce nasale. “Credo che queshto scia voshtro, scignore.”
Simm accettò il pugnale e rivolse un’occhiata a quelli rimasti in piedi. Morzor si era riavuto e ora lo fissava con sguardo truce mentre piegato in due boccheggiava, le labbra spaccate e coperte di sangue.
“Che i demoni ti portino sottoterra, maledetto” ringhiò.
Simm gli rivolse un’occhiata annoiata. “Ne avete abbastanza? Come ti ho detto non ho tutta la giornata.”
Morzor guardò gli altri. Uno dei suoi stava aiutando quello a cui Simm aveva spaccato il ginocchio.
L’uomo si reggeva in piedi a stento e si lamentava.
“Ci sono dei buoni guaritori in città” disse Simm quasi con tono di scusa. “Posso mettere una buona parola e coprire parte delle spese” si offrì.
“Vai agli inferi, muzak” disse Morzor. “Non finisce qui.”
“Ti posso concedere la rivincita quando vuoi” disse Simm. “Ma avvertimi perché sono piuttosto impegnato alla forgia reale.”
I cinque si ritirarono, mentre il ragazzo col naso rotto rimase in attesa.
“Come ti chiami?”
“Zaqem” disse.
Simm tirò fuori un sacchetto pieno di monete e glielo diede.
Il ragazzo lo accettò. “Queshto è per averti aiutato?”
Simm sorrise. “No. È per non essere stato così stupido da attaccarmi.”
Lanciò il coltello nel vicolo e abbandonò la mazza vicino al muro e si incamminò nella direzione da cui era arrivato.
Aveva fatto pochi passi oltre l’angolo che incrociava il vicolo con una strada più ampia quando tre figure l’affiancarono.
“Ve lo dicevo che non c’era bisogno del nostro intervento” disse una voce profonda dal tono divertito. “Sa ancora cavarsela da solo il mio vecchio amico.”
Simm avvertì il peso dei ricordi schiacciarlo udendo quelle parole.
Da quanto tempo, si disse.
Guardò alla sua sinistra, incontrando due occhi chiari e una bocca dalle labbra increspate sotto un cappuccio di cuoio.
“Yan” disse con voce roca.
Il dolore che lo tormentava alla spalla e alla schiena dove era stato colpito si attenuarono di fronte a quel viso.
L’uomo gli sorrise. “Simmon” disse con tono divertito. “Sono lieto di trovarti ancora in salute.”
Simm guardò di lato, incrociando lo sguardo di una ragazza che avanzava al suo fianco senza smettere di tenerlo d’occhio.
Anche senza voltarsi poteva intuire la presenza di una terza figura alle sue spalle. I passi erano leggeri ma decisi.
“Che vuoi?”
“Parlare” rispose l’altro.
“Non credo di averne voglia.”
“Quello che noi vogliamo, Simm” rispose l’uomo. “È irrilevante. C’è un posto tranquillo poco lontano da qui dove scambiare due chiacchiere e ricordare i bei vecchi tempi.”
I vecchi tempi non sono affatto belli per me, pensò Simm.
“Mi attendono alla forgia” disse prudente.
“Non ti ruberò molto tempo e Tannisk può cavarsela da solo per mezza giornata” disse l’uomo. “Ho davvero bisogno di parlare con te, Simm Keltel.”
Simm fissò negli occhi l’uomo. “Purché sia una cosa veloce.”
 
La piazza che scelsero era deserta a quell’ora, con il sole alto e il caldo umido portato dal vento insieme all’olezzo della città e ai miasmi che salivano dalle paludi a meridione.
Simm sedette su di una panchina di pietra sporca e scheggiata e l’altro uomo prese posto al suo fianco.
Le altre due figure si sistemarono ai due capi della piazza, in una posizione da cui potevano osservare sia loro che le uniche due strade che entravano e uscivano portando chissà dove.
Simm si rilassò un poco e cercò di concentrarsi su quello che stava dicendo l’altro.
“Sono davvero contento di rivederti, Simm” stava dicendo.
“Anche io, Yan.”
L’altro sorrise. “Non è vero.”
Simm notò che sotto la mantellina scura indossava anche il mantello color porpora. “Hai dei nuovi fregi a quanto vedo.”
Yan grugnì qualcosa. “Sono il simbolo del mio nuovo rango e della mia fedeltà e devozione alla casata di Belliron.”
“Stavolta sei tu che stai mentendo a me.”
“Dico sul serio, Simm. Non sono più la persona di una volta, di tanto tempo fa. Sono cambiato.” Sorrise. “Adesso ho anche dei figli. Due per la precisione.”
“Li avevi già quando ci conoscemmo.”
“È vero, ma non mi ero mai occupato davvero di loro. Pensavo fosse un bene che Taliana si prendesse cura di loro.”
“E ora non lo pensi più?”
“Non è della mia famiglia che voglio parlarti, Simm.”
Lo so perché sei qui, Yander, si disse Simm. E so cosa stai per dire. Sono anni che temo tu venga da me per questo e ora quel momento è giunto e io mi sono fatto trovare impreparato. Avrei dovuto avere con me una spada e mettere fine a tutto questo, come Wyll mi aveva consigliato di fare. Wyll. Se lui fosse qui, ora…
“Siete stati voi” disse per concentrarsi su qualcosa di diverso e meno doloroso.
Yander si accigliò.
“Avete minacciato voi Tharavan.”
“Continua” lo esortò l’altro.
“Non volevi incontrarmi a palazzo ma non sapevi quando e come sarei andato a comprare il Latte di Luna, così hai minacciato Tharavan intimandogli di tagliarmi i rifornimenti.”
Yander sorrise. “Facevi sempre un percorso diverso e per quanto abili, ti abbiamo sempre perso di vista quando arrivavi ai bassifondi.”
“Sapevi che sarei andato su tutte le furie e gli avrei fatto visita, quindi hai avvertito Morzor, che mi aspettava all’ingresso con i suoi leccapiedi.”
“Svelto di mente come al solito” disse Yander. “Volevo metterti alla prova, lo confesso. Non ero sicuro che fossi ancora capace di difenderti da solo, come una volta.”
“E loro chi sono?” chiese Simm indicando le due figure ai lati della piazza.
“Miei discepoli. Persone fidate che ho portato con me da Belliron.”
“È una scorta piccola per una persona importante come te.”
“Di questi tempi è difficile trovare qualcuno di cui fidarsi davvero” disse Yander con tono dispiaciuto. “Di loro due posso fidarmi” aggiunse fissandolo serio. “E di te?”
Simm sentiva la tensione crescere dentro di lui. Le ampolle di latte di Luna nella tasca sembravano bruciare e lui non vedeva l’ora di concedersi una bella sorsata, ma non voleva mostrarsi debole davanti a Yander.
“Che cosa vuoi?” gli chiese con tono perentorio.
Yander mise la mano nella tasca e ne trasse una pergamena. Aveva i sigilli in ceralacca strappati, ma poteva riconoscere il blasone della casata di Talmist. “È una lettera della regina, firmata da lei in persona.”
“Ha scritto a te?”
Yander annuì. “Mi autorizza a usare la fucina di Città della Forgia” disse.
Simm ebbe un tuffo al cuore sentendo pronunciare quella frase. “La fucina” disse con voce incerta. “È chiusa da anni. Da quando…”
“Ci fu quel disastroso crollo che sigillò ogni ingresso, lo so” disse Yander. “Anche se non ero presente, so tutto, Simm. So che tu e Halan siete stati gli ultimi a visitare quel posto e che ne siete venuti fuori. Due volte.”
“Non fu facile.”
“E che tu portasti con te alcune di quelle meravigliose spade” proseguì Yander come ignorandolo.
Le spade, pensò Simm. Dopo tanti anni non riesce a pensare ad altro.
“Perché tornaste indietro, Simm? Per distruggerle?”
“Quelle armi erano maledette” disse Simm. “Disfarmene fu la decisione migliore che abbia mai preso.”
“Non sono qui certo per rinfacciarti la tua avventatezza, ma se oggi avessimo quelle armi con noi, potremmo battere facilmente l’arcistregone e la sua maledetta orda” disse Yander alzando la voce. “Potremmo battere chiunque Simm. Chiunque si frapponga. Chiunque.”
Le sue mani gli strinsero la blusa. Persino da quella distanza poteva sentire la forza che emanava quel tocco. Era sicuro che se avesse voluto, Yander avrebbe potuto stritolargli un braccio come se niente fosse.
Come vorrei che tu fossi qui Wyll pensò Simm. Tu sapresti come trattare con questo folle. Sapresti rimettermi sulla strada giusta, non importa quanto potrei essermi perso nell’oscura foresta che sto per attraversare. O forse sono io il folle che penso davvero di potermi opporre?
“Ci servono quelle armi, Simm” proseguì Yander calmo. “E tu le forgerai per me. Per noi. Nella fucina di Città della Forgia. Questa lettera firmata dalla regina mi autorizza a scavare nelle gallerie crollate e a cercare una via per raggiungerla, non importa a quale costo. E tu dovrai venire con me, Simm.”
Che cosa mi accadrebbe se rifiutassi? Si domandò.
Ma conosceva già la risposta. Come chiunque avesse assaporato il potere e la maledizione che emanavano quelle armi, come prima di lui Aramil e Halan e Yander stesso, non avrebbe potuto dire di no a quell’unica possibilità che il destino gli stava concedendo.

Nota
L'anno sta volgendo al termine e io mi concedo una settimana di riposo per ricaricare e dedicarmi alla lettura.
Ci vediamo nel 2021!
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