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Autore: Lunasyriana    27/12/2020    5 recensioni
A volte basta uno sguardo, a volte basta una parola per essere felici.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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CAPITOLO 3

Sorse un nuovo giorno, Kaori aprì lentamente gli occhi, si accorse di essere tra le braccia di Ryo. Con uno scatto felino si mise in piedi, gli occhi iniettati di sangue e le guance cremisi. 

“Razza di pervertito!” urlò come una furia e un martellone da 2000t si materializzò tra le mani. Ormai, Kaori era pronta ad abbattere il pesante oggetto sulla testa del suo ignaro e addormentato socio che si ricordò della sera precedente. 

Il martello si ridusse di dimensioni fino a scomparire. La donna si portò le mani al petto e una singola lacrima le rigò il viso. Chiudendosi protettivamente su se stessa un sussurro le uscì dalle labbra “Ryo”.

Ryo fu svegliato dai rumori causati da Kaori. La guardò con sguardo interrogativo. Si alzò dal letto e si mise di fronte a lei. Con estrema dolcezza sollevò il mento della ragazza in modo da poterla vedere meglio in faccia. Lei piangeva copiosamente. Ryo non sapeva proprio che cosa fare.

“Ehi Kaori, calmati. Vuoi raccontarmi cosa è successo? Comincio a preoccuparmi” Ryo cercava di trasmettere attraverso la voce e i gesti tutta la dolcezza che poteva. 

Kaori tirò su col naso e sembrava pronta a dire qualcosa, ma quando i suoi occhi velati dalle lacrime fissarono quelli di Ryo tutto ricominciò daccapo e lei si avvinghiò ancora di più al petto del suo povero socio.

Non ci sto capendo niente” pensò Ryo e come avrebbe potuto. Non sospettava minimamente ciò che passava per la testa della sua socia.

Dopo alcuni minuti che sembrarono un’eternità, Kaori si allontanò da Ryo, forzandosi gli sorrise, si asciugò le lacrime con la manica della t-shirt e disse “Scusa ti ho svegliato. Mi dispiace. Adesso per farmi perdonare ti preparo una bella colazione” e senza dare il tempo a Ryo di replicare uscì dalla stanza e si diresse in cucina. Ryo la vide uscire e sempre più perplesso si chiedeva cosa avesse provocato quel repentino cambio di umore.

In cucina Kaori cercava di preparare la colazione, anche se ogni odore e la vista stessa del cibo le provocavano nausee violente. Aveva lo stomaco chiuso, era distrutta, gli occhi le dolevano per il troppo pianto, avrebbe voluto svenire in quel momento, cancellare ogni traccia della sua coscienza. Non riusciva a reagire, a elaborare quello che aveva visto la sera prima. Poi lentamente si insinuò un solo desiderio, rivedere quella foto, imprimersi quegli occhi senza vita ancora di più nell’anima. Non sapeva perchè, ma sapeva che il suo posto adesso era in quella stanza.

Con enorme fatica riuscì a finire di preparare la colazione almeno per Ryo. Lo chiamò e prima ancora che lui potesse accedere alla cucina, Kaori si rifugiò in bagno con la scusa di una doccia rigenerante. Tuttavia anche sotto la doccia, la ragazza non potè fare a meno di piangere e di ripetere quelle due sole parole: mi dispiace.

Ryo la seguì prima con lo sguardo e poi in bagno e da dietro la porta sentiva i singhiozzi della ragazza e anche che mormorava qualcosa. Non capiva, la preoccupazione saliva. Appena ne avesse avuto la possibilità avrebbe chiesto spiegazioni a Miki. Almeno lei doveva sapere. O così sperava. Fino a quel momento aveva sempre capito che cosa passasse per la testa della sua socia. Quasi avesse la capacità di leggerle nella mente. Tuttavia adesso si sentiva chiuso fuori dalla sua testa e dal suo cuore.

Kaori uscì dalla doccia. La situazione non era migliorata neanche un pò. Con molta lentezza si vestì. Era sull’uscio della porta quando salutò Ryo “Ryo io esco. Vado da Eriko. Ha bisogno di me per una sfilata. Probabilmente tornerò tardi. Se hai fame vai da Miki e Falcon. Ciao” e uscì.

Ryo avrebbe voluto fermarla, ma non lo fece. Sarebbe andato al Cat’s eye a chiedere spiegazioni.

Così mentre Kaori tornava alla galleria, Ryo andò verso il bar dei suoi amici.

“Buongiorno Ryo. Che aria afflitta. Che cosa ti è successo? È successo qualcosa a Kaori?” chiese Miki vedendo entrare lo sweeper con il morale a terra. Non aveva neanche tentato di saltarle addosso. 

“Mi chiedi se è successo qualcosa a Kaori?! Dovrei chiederti io cosa diamine è successo ieri sera. Hai la più pallida idea di come sia tornata a casa?!” disse Ryo quasi urlando. 

Miki lo guardò e non sapeva proprio cosa rispondere. Aveva due alternative o spiattellare tutto con il rischio di dare il colpo di grazia a Kaori (cioè Ryo prende e sparisce per non farla soffrire) oppure reggere il gioco all’amica e sperare che lei alla fine riuscisse a parlare con il socio. Optò per la seconda opzione.

“Effettivamente ieri sera Kaori era molto scossa. Diciamo che la mostra non era come se l’aspettava. Purtroppo una parte dell’esposizione era dedicata alle crudeltà verso gli animali perpetrati dalle industrie farmaceutiche. Questo l’ha scossa molto”

Ryo la guardò di sottecchi. Allora aveva ragione, Miki sapeva cosa era successo e reggeva il gioco a Kaori. Momentaneamente decise di fare buon viso a cattivo gioco. 

“Mi ha fatto passare la notte in bianco solo perchè ha il cuore debole” e assunse un’espressione di profonda delusione. E proprio a sottolineare quel ‘vabbè ho capito che menti ma lo fai per Kaori’ assunse la sua espressione da maniaco sessuale e afferrando la mano di Miki per attirarla a sé, le disse “Visto che in parte è colpa tua, mi devi una notte”.

Ovviamente ricevette una padellata da Umi sempre pronto a difendere la sua mogliettina.

Borbottando qualcosa Ryo uscì e Miki tirò un profondo respiro di sollievo. Tuttavia si accorse che il marito la fissava con aria interrogativa. A lui non poteva certo mentire e dopo essersi assicurata il suo silenzio con Ryo gli raccontò tutto. Soprattutto della violenta reazione di Kaori davanti alla foto del socio. Lei era scappata via piangendo e se aveva capito bene quello che gli aveva raccontato Ryo aveva continuato per tutta la notte.

E adesso dove sei Kaori?” si chiese la ex-mercenaria.

Il marito mise una mano sulla spalla della donna e per rassicurarla le disse “Non ti preoccupare. Quella ragazza è più forte di quanto credi. Appena avrà riordinato le idee tornerà da lui”.

Kaori era tornata alla galleria. Entrò. Sentiva una forza potente e attrattiva verso quella gigantografia. Mentre attraversava la mostra per giungere al suo obiettivo, le giungevano alle orecchie le risate maligne, le urla delle donne e dei bambini, le lacrime delle vittime, il ronzio degli elicotteri, il detonare delle bombe. C’era poca gente a quell’ora del mattino, eppure si sentiva come in mezzo alla calca, faceva fatica ad avanzare, le gambe pesanti, il fiato corto. Quegli orrori che la sera precedente l’avevano si emozionata ma non terrorizzata, adesso le erano entrati nell’anima. Aveva l'impressione di essere lì, di vivere gli stessi orrori catturati dall’obiettivo del fotografo. Infine, stremata, arrivò da Ryo. II volto da bambino che incombeva nella sala. Si piazzò lì e fissò questi occhi senza espressione. Con il sottofondo i rumori della guerra, cominciava con la mente a essere lì con lui nella giungla di un paese straniero, senza nome, senza famiglia, con l’unica consapevolezza che la propria vita dipendeva dalla velocità con cui si sfuggiva da un proiettile o dall’abilità di uccidere un proprio simile. E inesorabilmente le lacrime cominciarono a versarsi sul viso di Kaori. Passavano le ore. Gli altri visitatori alla vista di quella donna piangente si allontanavano quasi a rispetto della sua sofferenza. Soltanto una persona interruppe la sua veglia.

 Il custode della galleria le disse “Signorina, va tutto bene?” 

Kaori lentamente ritornò alla realtà e vide questo signore di mezza età che la guardava preoccupato “Mi scusi. Se do fastidio me ne vado immediatamente” 

“No, no si figuri, ma sono ore che lei sta qui in piedi. Mi pare abbastanza sconvolta e vorrei poter fare qualcosa per lei” e sorrise. Kaori si asciugò le lacrime, si soffiò il naso e sfoggiando il suo miglior sorriso disse “Mi dispiace… va tutto bene. Questa foto mi colpisce molto. Però mi sa che si è fatto tardi. Arrivederci” la ragazza si voltò e corse fuori. 

L’aria si era rinfrescata. Il sole stava per tramontare. Doveva tornare a casa. Casa… ci sarebbe stato Ryo ad aspettarla? Magari con altre domande? Chissà se si era bevuto la bugia su Eriko? Kaori era troppo sopraffatta dalle emozioni per poter affrontare Ryo. Così decise che sarebbe andata da Miki. Lei era l’unica che forse sarebbe riuscita a darle un vero conforto e forse a dipanare tutta una serie di dubbi che si erano affollati nella sua testa.

Arrivò davanti al Cat’s Eye che era buio. Le prime luci si erano accese. La gente cominciava a rincasare per la cena. Entrò titubante. Sperava che Ryo non fosse lì. Si diresse verso il bancone. Miki la vide entrare, quasi eterea, pallida in volto, gli occhi gonfi e arrossati per il troppo pianto. “Kaori” cominciò Miki “Come stai? Hai un aspetto orribile.” 

Kaori sorrise leggermente “Sono veramente orribile vero?” domandò di rimando la ragazza. Miki annuì e alla fine Kaori si sedette pesantemente sullo sgabello “Puoi prepararmi una cioccolata calda, per favore?”
“Certo” 

Poco dopo davanti alla tazza fumante Kaori vi immerse i propri pensieri e furono solo le parole di Umibozu a destarla da quello stato “Kaori dovresti lasciarti la cosa alle spalle. Quello che hai visto appartiene al passato. Lui…” non riuscì a finire che Kaori lo guardò intensamente “Umi, ti ringrazio. Capisco quello che vuoi dire, ma… non è quello che pensi” e alzandosi pensò di andarsene poi si ricordò che non aveva il coraggio di affrontare Ryo. Si abbandonò sullo sgabello sconfitta. “Miki mi puoi ospitare stanotte. Non me la sento di tornare a casa” l’amica la guardò con affetto e annuì con il capo.

Intanto Ryo aspettava Kaori a casa. Ormai era ora di cena e di lei ancora nessuna traccia. Non sapeva proprio che cosa fare. Si alzò e prese la giacca e le chiavi della macchina. L’avrebbe cercata.

Girò per le strade di Shinjuku per un’oretta finchè decise di fermarsi al locale di Miki e Umibozu.

Entrò e diversamente dal solito non saltò addosso all’amica. Quest’ultima notando la faccia di Ryo gli disse semplicemente “Kaori è di sopra. Mi ha chiesto di ospitarla” lui alzò lo sguardo in direzione del piano superiore “Grazie” disse e uscì.

Kaori aveva visto la Mini parcheggiava esternamente al locale e fu presa dall’ansia di dover vedere Ryo e invece con sollievo lo vide andar via dal locale quasi immediatamente.

Poi sentì bussare alla porta e Umi le disse “Miki lo ha tranquillizzato dicendogli che eri qui”
“Grazie Umi”

La notte passò parecchio insonne per i due City Hunter. Da un lato Kaori riviveva le immagini catturate dagli scatti fotografici e le atrocità riprodotte, incapace di porre fine all’immenso dolore che si era accollata; dall’altra Ryo che non riusciva proprio a capire che cosa passasse per la testa della sua socia.
Non gli sembrava di aver fatto niente di male, forse doveva capire che cosa aveva visto a quella fantomatica mostra. Certo era che sia lei che Miki gli avevano mentito. Doveva indagare o lasciare perdere e aspettare che fosse Kaori a parlargli? Non sapeva cosa fare. Indagare voleva dire non avere fiducia in Kaori. Aveva paura. Paura di perdere l’unica donna che lo amasse incondizionatamente, l’unica donna che era riuscito a farlo riemergere dall’ombra di se stesso. Kaori era la sua luce. Pensò a quando era arrivato in Giappone. La sua fama di Angelo della morte lo aveva preceduto. E continuava ad alimentarne la fama, finchè non aveva conosciuto Hideyuki e poi la sua Kaori. Doveva ammettere che era stato quasi un colpo di fulmine. Pensò alla prima volta che la vide sorridere, alla forza dimostrata alla morte del fratello, al suo coraggio nel voler prendere il suo posto. Doveva ammettere che grazie a lei, City Hunter continuava ad esistere. Lui non era niente senza di lei e probabilmente valeva anche il contrario.
Con questi pensieri Ryo continuò a guardare fuori dalla finestra le luci della città. La sigaretta che si consumava tra le dita. Lentamente perso nei suoi pensieri, si insinuò piano piano il desiderio di poter stringere Kaori tra le proprie braccia, di rubarle baci appassionati e perchè no, diventare tutt’uno anima e corpo con lei. Un sorriso si abbozzò sulle labbra, ma poi quell’immagine di estremo amore e dolcezza si contorse nel suo incubo peggiore. Lei prigioniera di tutti i suoi nemici. Lei morente e sanguinante tra le braccia. Il suo viso contorto dal dolore. La paura di perderla per sempre. Paura. Sentimento che prima di lei era quasi diventato sconosciuto. Era sopravvissuto nella giungla e adesso aveva il mal d’amore. Era proprio strana la vita. Il destino tutto. Poteva essere felice, ma ne aveva paura.

   
 
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