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Autore: moganoix    28/12/2020    0 recensioni
Kim Jongin, idol pentito in vetta alla sua carriera, in preda ai deliri causati dalla febbre alta, incontra Kyungsoo, senzatetto che bazzica nel piccolo quartiere di Seoul in cui abitano i suoi genitori, e decide di aiutarlo a cambiare vita a patto che il maggiore faccia lo stesso per lui.
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!!! Ho iniziato a scrivere questa storiella nel lontano 2016, quindi quello è l'anno a cui in essa si fa riferimento, tutti i personaggi inoltre hanno la loro età reale ^^
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Kaisoo + brevi accenni di Sulay
Enjoy ~
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai, Lay, Lay, Suho, Suho
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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FIFTH - sabato
 
Nonostante le rosee aspettative di Kyungsoo, il risveglio quella mattina non fu dei migliori. Quella notte si erano addormentati verso le quattro, preoccupandosi di settare la sveglia per le dieci, l’ora del check out, ma appena dopo le sette Jongin si era precipitato in bagno di corsa, ridestandolo all’improvviso, per vomitare. Kyungsoo, ancora parecchio stordito a causa delle poche ore di sonno, non aveva realizzato subito che l’altro stesse male. Era sceso con calma dal letto e, stropicciandosi un occhio con il dorso di una mano, lo aveva seguito in bagno a brevi, incerti passi, per poi chinarsi subito accanto a lui quando lo aveva visto, madido di sudore, piegato sulla tazza del water a rimettere acido e bile. Attese che avesse finito, sollevò i capelli sconquassati dalla fatica e li pettinò indietro con le dita per non farglieli cadere negli occhi mentre lo metteva seduto per un momento sul pavimento. Gli porse da bere qualche centimetro d’acqua in un bicchiere di plastica in modo da permettergli di risciacquarsi la bocca e Jongin sembrò riprendersi almeno un po’. Il maggiore lo guardò sollevato e, pensando che potesse prendere freddo, gli fece indossare di nuovo i vestiti che la sera prima aveva messo ad asciugare sopra i termosifoni.
“Va un po’ meglio?”
Jongin scosse il capo con movimenti lenti e cadenzati, come se anche muovere semplicemente il capo a destra e a sinistra gli costasse un abnorme dispendio di energie. Deglutì a vuoto l’arido della sua lingua che ancora sapeva di aspro e biascicò: “Ti ho passato la febbre…”
“Non mi ammalo per così poco, sarei già morto a quest’ora con tutte le infezioni che si possono recuperare in strada.”
Kyungsoo posò una mano sul suo capo ed imprecò per quanto scottasse, affermando con tono autoritario: “Usciamo di qui e ti porto dritto a casa.”
Jongin ci arrivò solo la sera del giorno seguente a casa. Non appena Kyungsoo provò a farlo mettere in piedi, l’altro, incapace di tenersi in piedi e con la testa in partenza per una vacanza ai tropici, ruzzolò giù svenuto.
Assicurandosi per prima cosa che non fosse morto, tutto ciò a cui il senzatetto, occhi spalancati, fuori di sé mentre stava per avere un attacco di panico, fu: “Meno male che l’ho fatto vestire prima.”
 
-
 
Mezz’ora dopo Kyungsoo tremava terrorizzato nell’anonima saletta del pronto soccorso di uno degli ospedali di Seoul con una cioccolata calda in una mano, gentilmente offerta dall’infermiera che lo aveva accolto, ed il cellulare di Jongin nell’altra mentre cercava nella rubrica il numero di un amico o di un parente da avvertire delle condizioni dell’idol. Se l’istinto l’aveva portato a cercare il recapito dei genitori inizialmente, la ragione gli suggeriva invece di contattare prima qualcun altro. Jongin non amava parlargli dei suoi genitori, da quello che aveva potuto capire erano persone iperprotettive che si preoccupavano anche per futili inezie. Se avesse, per esempio, chiamato la madre, come avrebbe potuto presentarsi? Un ‘Salve signora, sono il ragazzo che ieri notte è andato a letto con quel figo di suo figlio’ si sarebbe sposato con un conseguente ‘In questo momento Jongin è ricoverato al pronto soccorso’? Finì velocemente la cioccolata calda e buttò il bicchiere di carta nel cestino dei rifiuti, poi tornò a scorrere la rubrica e la cronologia dei messaggi finché non decise di telefonare al contatto salvato come ‘Joonmyeon Hyung’, l’unico con cui Jongin parlasse quasi quotidianamente e che, soprattutto, controllando la foto del suo profilo, sembrasse avere circa la loro età. Rimuginò a lungo sulla schermata, poi, prendendo un respiro profondo, sperando di non dover subire un vero e proprio terzo grado telefonico da parte di un qualche tipo di mezza celebrità isterica, fece partire la telefonata. Appena Joonmyeon rispose, invece, Kyungsoo si sentì immediatamente sollevato nel sentirgli commentare un veloce e comprensivo ‘Arriviamo’. Non aveva accennato a chi avrebbe portato con sé, forse i genitori, forse un altro amico stretto, non gli importava, voleva solo che arrivasse il prima possibile, lo aiutasse a calmarsi e, possibilmente, gli comprasse un altro paio di cioccolate.
Un quarto d’ora dopo Joonmyeon e Yixing si presentarono all’entrata del pronto soccorso, il primo con un’evidente ansia addosso, il secondo con le spalle incurvate per la preoccupazione ed un’espressione dolce in viso mentre cercava di rassicurare il fidanzato. Né uno né l’altro erano a conoscenza di chi fosse Kyungsoo (si era presentato semplicemente come ‘Kyungsoo’ al telefono), benché Joonmyeon ne avesse il largo sospetto ed avesse provveduto a spiegare i suoi dubbi all’altro ragazzo mentre erano in macchina. Come aveva immaginato, una volta giunti all’ospedale non ci volle molto al primo per individuare il senzatetto, complici anche i vestiti sgualciti e maleodoranti che portava addosso. Senza esitare gli si avvicinò trascinandosi dietro Yixing e fece un breve inchino di fronte a lui: “Sono Joonmyeon, lui è Yixing, il mio fidanzato. Tu sei Kyungsoo?”
Kyungsoo si domandò come mai l’altro paresse essere tanto sicuro averlo trovato e si chiese se Jongin gli avesse mai parlato di lui, ma non aveva la forza di fare il pignolo quella mattina, quindi si limitò ad inchinarsi a sua volta e ad annuire in risposta, cominciando poi a recitare il poemetto che aveva scritto e studiato in quel quarto d’ora per evitare di farli preoccupare: “Jongin è svenuto mentre era con me, ma è solo a causa della febbre alta. Adesso gli stanno facendo dei controlli per sicurezza, ma in ambulanza escludevano che fosse qualche tipo di malattia strana o infezione. Si è semplicemente stancato troppo.”
Detto ciò, prese finalmente fiato e, senza troppi complimenti, si sedette di nuovo su una delle seggiole di plastica usurata della sala d’aspetto.
Joonmyeon e Yixing si scambiarono uno sguardo incerto, poi il primo, stampandosi un lieve sorriso in faccia, si sedette accanto a lui e propose ciò che Kyungsoo in quel momento sperava di più al mondo: “Ti va se andiamo a fare colazione insieme? Offro io. Yixing può rimanere qui. Nel caso i medici dicessero qualcosa mi avvertirà per telefono.”
Kyungsoo odiava i sorrisi di circostanza, ed in particolar modo li odiava quando ad indossarli erano quelli che volevano fargli la carità, ma quella volta, al contrario, si sentì quasi rassicurato dal dolce incurvarsi delle labbra di Joonmyeon, probabilmente perché sapeva di potersi fidare di lui in quanto amici di Jongin. Lo seguì fino all’angolo in cui avevano sistemato un paio di macchinette, una per le bevande calde ed un’altra per le bottigliette d’acqua e gli snack da mangiare. Prima che Joonmyeon gli proponesse di comprargli un amaro ed inutile caffè si fece avanti senza vergogna: “Potrei prendere una cioccolata calda?”
Fece una scommessa con se stesso e si propose di scroccare una cioccolata anche a Yixing più tardi. Joonmyeon non fece domande e, dopo aver comprato la cioccolata per il senzatetto, ne prese una anche per sé: “Ti vanno anche dei cracker?”
La domanda colse Kyungsoo alla sprovvista. Non aveva soldi con sé e la fame lo tormentava nonostante la preoccupazione per il ballerino gli attorcigliasse lo stomaco, ma non voleva approfittare della gentilezza di Joonmyeon. Prima che potesse dirgli di no, l’altro aveva però già fatto scorta non solo di cracker, ma anche di merendine dolci e barrette di cioccolato.
“Forse resteremo qui per un po’, dobbiamo tenerci tutti in forze! E ovviamente alcune di queste sono anche per Yixing.” ridacchiò Joonmyeon bevendo un sorso di cioccolata.
Kyungsoo soffiò sulla superficie della propria e si scaldò le mani con essa, per poi buttarne giù circa metà. Si lasciò ristorare dal gusto squisito del cioccolato, poi, riuscendo a sciogliersi leggermente, mormorò un tiepido “Grazie” accompagnato uno sguardo stralunato che denunciava il pesante effetto della notte insonne su di lui. Joonmyeon non ci mise molto ad intuire quanto dovesse essere stanco e si aprì in un sorriso che l’altro non riuscì a fare a meno di definire ‘complice’.
“Sei davvero solo un sacco preoccupato per quel cretino di Jongin o avete fatto notte in bianco?”
Kyungsoo si chiese quanto effettivamente potesse raccontare a Joonmyeon di ciò che avevano finito per fare. In fondo Jongin era un personaggio pubblico, spifferare tutto a persone di cui non conosceva di per certo il legame che possedevano con l’idol, oltre che essere un qualcosa di moralmente sbagliato nei confronti di quest’ultimo, avrebbe potuto ritorcersi anche contro di lui. Se tendeva l’orecchio poteva già sentire il clamore dell’insopportabile eco delle testate dei giornaletti scandalistici che lo chiamavano irragionevolmente ‘puttana’. Istintivamente scosse le spalle e si chiese se Joonmyeon avesse compreso anche in quel momento ciò che gli passava per la testa, sgranando gli occhi quando l’altro effettivamente gli diede prova di averlo fatto.
“Ya, non ti devi preoccupare!” asserì con tono garbato l’altro “Sono il suo autista ed il suo mezzo migliore amico, a meno che in questa settimana tu non sia riuscito a soffiarmi il posto. Jongin mi aveva accennato qualcosa sul tuo conto domenica scorsa, sai? L’ho scaricato io con la macchina davanti a te; trovata assolutamente, magistralmente geniale, parlando con tutta modestia!”
Kyungsoo rimase del tutto allibito dall’allegra confessione di Joonmyeon ed inconsciamente spalancò ancora di più i giganteschi occhi da gufo: “Ah, quindi sei tu che gli hai fatto prendere la febbre.”
“Piccolo prezzo da pagare per farvi incontrare” replicò Joonmyeon schioccando le dita.
Kyungsoo rimase in silenziò per qualche secondo a fissare l’altro, poi si sentì in dovere di puntualizzare: “È finito in ospedale.”
“Beh, tu hai detto che sta bene tanto, no?” Joonmyeon liquidò il discorso con una scrollata di spalle “Svenuto per la stanchezza, controlli di routine eccetera. A proposito, dobbiamo avvisare i suoi.”
Kyungsoo lo vide alzare gli occhi al cielo con un certo piglio sarcastico che non poté fare a meno di apprezzare: “Sono tanto male?”
“Quando la smettono di pensare che tu ed il tuo fidanzato” e qui Joonmyeon appose una certa enfasi sull’ultimo termine “siate affetti da una malattia contagiosa restano solo dei simpatici sociopatici. Reggerai meravigliosamente il confronto, non preoccuparti.”
Il senzatetto sollevò un sopracciglio, ma si preoccupò di finire la propria cioccolata calda prima di borbottare: “Credi di conoscermi davvero così bene?”
“Sai cosa?” Joonmyeon gli sorrise ancora e lo guardò direttamente negli occhi, duro e fiero, ma delicato e comprensivo allo stesso tempo, lo sguardo, forse, di un padre “Ho imparato velocemente a leggere le persone, non mi serve conoscerti per capire che sei molto più preoccupato per Jongin di quello che vorresti mostrarmi.”
Prima di proseguire, l’autista allungò un pacchetto di cracker all’altro: “Mio padre fa il tassista. Ho iniziato a lavorare nella sua stessa compagnia, adesso guido limousine e macchine sportive per le celebrità di Seoul. Non vedevo l’ora di staccarmi dai taxi, una volta un tipo ha sparato a mio padre ad una spalla per non pagarlo.”
Joonmyeon scosse il capo, facendo una piccola pausa: “Quello che voglio dire è che quando lavori in un ambiente del genere devi imparare a capire chi ti carichi in auto, sapere come parlargli e come comportarti, e devi farlo guardandoli dallo specchietto retrovisore mentre sei bloccato nel solito traffico della città e l’atmosfera si fa sempre più imbarazzante. Non sai quante cose le persone dicono di sé solo con un semplice gesto.”
Kyungsoo lo ascoltava con un certo interesse. Aveva un modo di parlare completamente diverso da quello di Jongin, se quest’ultimo finiva per trascendere nella sua stramba e curiosa mistica filosofia, Joonmyeon riusciva invece ad essere onesto, chiaro, puntuale, spaventosamente trasparente. Iniziò a pensare che quel ragazzo fosse decisamente simile a lui e si chiese se anche con lui l’idol tirasse fuori la sua oscura essenza di poeta-filosofo maledetto.
“Però… effettivamente non è solo perché penso di aver sviluppato un certo intuito con le persone che credo di conoscerti, Kyungsoo”
Joonmyeon ridacchiò di nuovo, come riscuotendosi da una sorta di trance, e cambiò improvvisamente discorso: “Kyungsoo… Kyungsoo che cosa tra l’altro? Che cognome hai? E, più che altro, di che anno sei?”
Kyungsoo mordicchiò nervosamente il proprio labbro inferiore prima di rispondere. Aveva mantenuto il cognome della madre e pronunciarlo lo metteva sempre stranamente a disagio: “Do Kyungsoo. Sono del ’93.”
“Allora sono più grande,” gongolò Joonmyeon buttando giù il resto della propria cioccolata “io sono Kim Joonmyeon, il mio fidanzato invece Zhang Yixing. È cinese, ma abita in Corea da un sacco di anni!”
Il maggiore fece un vago gesto con una mano e tornò all’argomento precedente, rubando anche un cracker a Kyungsoo: “Dicevo comunque, Jongin quella sera che l’ho lasciato nel tuo vicolo mi aveva parlato di te. Mi aveva detto di ricordarsi di te e, beh, con la memoria da pesciolino rosso di Jongin sappi solo che non succede spesso. Credo lo interessassi, forse un po’, in qualche modo, gli piacevi anche.”
Joonmyeon era decisamente franco nel parlare, ma se il suo tono lo sorprendeva quella rivelazione lo scosse completamente. Non rispose a Joonmyeon, continuò a restarsene in silenzio a sgranocchiare cracker siccome aveva già intuito che il maggiore non aveva voluto pronunciare quelle ultime parole completamente a caso. Solo in seguito a qualche minuto occupato dal semplice crocchio della plastica del pacchetto dei cracker che si svuotava velocemente il minore allora si arrese e, sospirando, stingendosi a riccio su se stesso, ammise in un tiepido ed imbarazzato soffio: “Ci siamo visti tutti i giorni questa settimana. Mi ha trattato bene.”
Joonmyeon parve aprirsi in un sorriso gigantesco mentre i suoi occhi urlavano a gran voce ‘Io sapevo di saperlo e Jongin non voleva darmi ragione!’, ma subito dopo gli angoli delle sue labbra si arricciarono improvvisamente e, con un ghigno inquietantemente elegante, mormorò complice con un’amorevole ironia mozza fiato: “Oh, i suoi genitori ti ameranno così tanto…”
 
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Il resto della mattinata Kyungsoo lo trascorse invece con Yixing in sala d’attesa mentre Joonmyeon sbrigava l’arduo compito di cercare di far calmare quei due grumi di ansia galoppante che erano i genitori di Jongin. Kyungsoo li odiò dall’istante in cui la colonia dolcemente scadente da borghesina snob della madre venne poco cortesemente a bussare alle sue narici. Inventò, sotto consiglio di Joonmyeon, di essere un vecchio amico dell’idol e di provenire da fuori città, spiegò con tono telegrafico (e lessico della giusta brutalità per essere apprezzato dal maggiore) che cosa fosse successo e poi andò a piantarsi accanto al giovane cinese a braccia incrociate, sgranocchiando tranquillamente alcune patatine mentre si godeva lo spettacolo delle due povere anime in pena che vagavano per la sala d’aspetto a chiedere del loro povero figlio moribondo (e puntualmente venivano ignorati dagli infermieri). A differenza del fidanzato, Yixing era di natura placida, contemplativa, spirituale, uno che preferiva ascoltare e comprendere piuttosto che intuire, precedere ed attaccare, ma non per questo Kyungsoo lo trovò meno interessante. Yixing era tutto quello che, nei suoi sogni più utopicamente fantasiosi, avrebbe voluto essere. Era uno che in fondo viveva la sua vita con leggerezza, senza alcun peso sul cuore a trascinarlo verso il baratro. Kyungsoo si meravigliò di come non si vergognasse affatto a ridere dei genitori di Jongin anche in loro presenza, forse, pensò, in verità dentro era ancora più amabilmente bastardo di Joonmyeon. Per Kyungsoo fu impossibile non andarci d’accordo dopo la prima ora e mezza dato che gli offrì volontariamente un’altra cioccolata calda.
 
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Solo nel primo pomeriggio diedero loro notizie di Jongin. Come previsto dalle varie analisi non era risultato nulla se non affaticamento e leggera denutrizione (il magico brodino della madre di Jongin non piaceva a nessuno e l’idol ad un certo punto aveva preferito donarlo generosamente alle piante che alloggiavano sotto la finestra di camera sua piuttosto che tenerselo tutto per sé). I medici avevano comunque espresso la volontà di tenerlo un paio di giorni sotto osservazione, preoccupati dalle esagerazioni che i genitori del ragazzo continuavano a piazzare una dopo l’altra. A Kyungsoo venne il voltastomaco, probabilmente l’unica cosa che Jongin avrebbe voluto sarebbe stata tornare a casa, invece per colpa delle pressioni dei suoi lo avrebbero ricoverato.
I medici comunque permisero a tutti loro di vederlo, prima i genitori sotto camomilla, poi Joonmyeon e Yixing e infine Kyungsoo. I primi si presero diverso tempo per coccolare un Jongin ancora del tutto spaesato ed intorpidito. La febbre stava lentamente calando grazie ai farmaci iniettatigli dai vari infermieri, sebbene questi contribuissero anche a renderlo parecchio assonnato e confuso, e le preoccupazioni inutili dei genitori non aiutavano a farlo stare meglio. Quando Jongin, stanco di sentirli blaterare dell’ennesima idiozia, per quanto la gola secca e rovente gli permettesse, alzò la voce per domandare di Kyungsoo, i genitori si resero conto di non aver nemmeno fatto caso a chi fosse quel piccoletto vestito male che li aveva accolti insieme a Joonmyeon e Yixing. Quando uscirono Kyungsoo vibrava di rabbia, temeva che, a causa loro e della loro apprensione, gli avrebbero impedito di restare un po’ con Jongin. Permise comunque a Joonmyeon e a Yixing di entrare prima di lui, il primo aveva chiamato il manager dell’idol e, dopo avergli parlato con tono melenso delle sue condizioni di salute ed essersi beccato un’occhiataccia dal fidanzato, era riuscito a strappargli un paio di giorni di vacanza in più. Doveva riferire tutti cambi di programma a Jongin, e Yixing in più voleva salutarlo di persona dato che non si vedevano da diverso tempo. Il senzatetto apprezzò comunque il fatto che, nonostante lo stretto legame che entrambi condividevano con il minore, fecero abbastanza in fretta. Appena li vide uscire si catapultò all’interno della camera e trovò ad attenderlo un macilento Jongin che lo guardava sorridendo faticosamente.
“Ecco la visita di oggi che aspettavo di più…”
“Deficiente, non vedi Joonmyeon da una settimana quindi non penso proprio di essere stato io quello a mancarti di più.”
Kyungsoo si sedette su una sedia lì accanto al letto e mormorò ancora: “Come stai quindi?”
Jongin sbuffò e cercò, invano, di mostrarsi più in forma di quanto in realtà fosse: “Sto a meraviglia, dopo ieri notte potevi scommetterci.”
“Siamo già davvero al punto in cui tu trascorrerai il tuo tempo a deliziarmi con battutine di dubbio gusto sulla mia scarsa esperienza ed abilità sessuale?”
“Oh, davvero ci siamo?” esplose Jongin con una tale gioia che gli costò una generosa serie di colpi di tosse “Io nemmeno pensavo che già ci fossero dei punti tra di noi!”
Kyungsoo alzò gli occhi al cielo, ma si fece comunque sfuggire un mezzo sorriso che Jongin non mancò di registrare in memoria.
“Senti, Kyungsoo… Mi dispiace comunque per stamattina, ti avevo promesso un risveglio leggermente migliore.”
Il maggiore scosse la testa: “Joonmyeon ha detto che abbiamo ancora un paio di giorni, quel risveglio potrò riscattarlo comunque. E per lo spavento ti chiederò gli interessi.”
Il minore sembrò davvero su di giri all’idea, cosa che rincuorò Kyungsoo dato che aveva pronunciato quelle parole non senza una punta di adolescenziale imbarazzo.
“Comunque,” proseguì imperterrito il ballerino “sai cosa?”
“Cosa?” Kyungsoo aggrottò le sopracciglia
“Cosa cosa!” rise divertito Jongin, meritandosi un leggero spintone da parte dell’altro “Ya, quanto sei permaloso! Dicevo… sai che cosa si fa di solito quando passa lo spavento?”
Kyungsoo si permise di rivolgergli una delle sue famose occhiate inquisitrici: “Ti prego, non fare discorsi troppo lunghi, non mi va di vederti soffocare per la to--”
“Si ride” lo interruppe Jongin, tutto fiero dell’espressione che era andata dipingendosi sul volto del maggiore “Ridi, Kyungsoo… Puoi ridere adesso.”
Kyungsoo era come di sasso. Si aspettava che Jongin gli avrebbe impartito quell’ultima lezione di vita seguendo il modello delle volte precedenti, giochi assurdi, qualche lacrima al punto giusto, lunghe chiacchierate accompagnate da occhiate fin troppo eloquenti se ci ripensava con la consapevolezza di fin dove si erano spinti la notte precedente. Joonmyeon gli aveva detto che lui piaceva già a Jongin, che lo incuriosiva da molto più di quanto lui potesse ricordare. Dopo tutto quel tempo sapeva che Jongin poteva anche aspettarsi che lui comprendesse al volo ciò che intendeva. Lo spavento era passato, poteva ridere, il terrore che aveva tenuto in ostaggio il suo cuore tanto a lungo era svanito ed era grazie a lui, allora lo ascoltò e rise di gusto, in modo vero, consapevole, innocente.
Solo più tardi, quella sera, Kyungsoo scoprì che Jongin aveva chiesto a Joonmyeon e Yixing di ospitarlo per un po’ a casa loro. Quando Joonmyeon glielo comunicò gli spiegò anche che, lavorando come autista dell’idol, era spesso per lunghi periodi fuori casa per lavoro, e a Yixing non piaceva l’idea di restare solo troppo a lungo, quindi gli sarebbe piaciuto averlo come coinquilino. Il maggiore aggiunse che il fidanzato lo avrebbe aiutato volentieri a cercarsi un lavoro e, volendo, anche a ricominciare gli studi per prendere il diploma. Usò un tono talmente entusiasta da fare sì che il vagabondo non potesse più replicare. A Kyungsoo parve di approfittarsene, ma non ci mise molto a farsi convincere dal maggiore, a sentirlo parlare sembrava davvero che sarebbe andato tutto bene.
Trascorsero diversi minuti prima che Kyungsoo decidesse di uscire e di lasciar riposare Jongin in pace, nonostante le proteste del secondo e, soprattutto, i suoi falsi “Ma guarda che i miei non mi hanno stressato poi così tanto, puoi rimanere ancora un po’!”. Aveva provato a convincerlo a restare in diversi modi, gli aveva anche proposto di raccontargli qualcosa del suo passato. Aveva fermamente esposto la volontà di conoscerlo per bene quella volta, quindi, dopo alcune domande di rito come il suo colore ed il suo ipotetico gusto di gelato preferito, gli aveva domandato con sicurezza che cosa fosse successo per farlo finire in strada. Kyungsoo aveva sorriso, ma poi aveva scosso la testa e, incrociando le braccia al petto, aveva replicato con la solita ironia: “Questa storia non è per i deboli di cuore, te la racconterò quando non ti vedrò steso su un letto di ospedale.”
Non c’era stato verso per Jongin di insistere, il vagabondo non aveva nemmeno spillato informazioni riguardo alla più banale, almeno per lui, delle domande: “Hai fratelli o sorelle?”
Alla fine Jongin si arrese e Kyungsoo pensò che fosse meglio andare. Si alzò in piedi e rivolse all’altro un breve cenno di saluto, ma appena prima che raggiungesse la porta il cantante si sporse leggermente verso di lui e, sottovoce, domandò: “Ci vedono?”
Kyungsoo tornò accanto a lui, chiedendosi che cosa ancora desiderasse: “No, c’è ancora la porta chiusa. Che c’è?”
Jongin sporse una mano verso di lui e raccolse il suo viso con una certa tenerezza che al maggiore non sfuggì, per poi stampare velocemente un leggero bacio sulle sue labbra: “È incredibile che non abbia fatto ammalare anche te.”
Kyungsoo sorrise piano sulle sue labbra: “Comunque sai di nuovo di ospedale.”
   
 
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