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Autore: moganoix    04/01/2021    0 recensioni
Kim Jongin, idol pentito in vetta alla sua carriera, in preda ai deliri causati dalla febbre alta, incontra Kyungsoo, senzatetto che bazzica nel piccolo quartiere di Seoul in cui abitano i suoi genitori, e decide di aiutarlo a cambiare vita a patto che il maggiore faccia lo stesso per lui.
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!!! Ho iniziato a scrivere questa storiella nel lontano 2016, quindi quello è l'anno a cui in essa si fa riferimento, tutti i personaggi inoltre hanno la loro età reale ^^
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Kaisoo + brevi accenni di Sulay
Enjoy ~
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai, Lay, Lay, Suho, Suho
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SIXTH – domenica, lunedì, un anno dopo

parte 1 

 
“Cretino!”
Kyungsoo riuscì ad insultare Jongin solo in quel modo, il giorno seguente, quando tornò a trovarlo e si sentì in obbligo di ringraziarlo per aver chiesto a Joonmyeon e Yixing di ospitarlo. Già la sera prima, quando il personale dell’ospedale aveva chiesto a tutti loro, compresi i genitori dell’idol, di lasciare la struttura, i due fidanzati avevano insistito per portarlo a casa loro ed offrirgli una cena degna di quel nome. Joonmyeon era letteralmente inorridito quando il vagabondo si era lasciato sfuggire che Jongin non lo aveva mai portato a mangiare fuori e Kyungsoo, improvvisamente sull’attenti per difendere il ballerino, aveva ammesso che avrebbe preferito sotterrarsi piuttosto che finire tutto tirato a lucido in uno dei costosi ristoranti che Jongin frequentava. Joonmyeon, che in genere non si aspettava di ricevere risposte a tono, aveva soffocato un piccolo broncio di disappunto sotto la grassa risata in cui Yixing era esploso: “Hai trovato qualcuno che ti tenga testa, eh Myeon?”
Quella domenica, comunque, Jongin era troppo di buon umore anche solo per fare finta di mettere su un broncio ben costruito, e di certo la mano di Kyungsoo che correva su e giù sui suoi capelli non contribuiva a farlo sentire autorizzato ad offendersi. I medici, dopo un solo giorno di riposo completo, erano riusciti a fargli velocemente calare la febbre. Non era ancora totalmente guarito, ci avrebbe impiegato ancora qualche giorno a farsi passare la tosse ed il raffreddore che gli aveva causato l’influenza, ma contavano di dimetterlo quel pomeriggio stesso, un paio di ore prima di cena, notizia alla quale Joonmyeon fu particolarmente contento dato che così avrebbe avuto una scusa per invitare di nuovo Kyungsoo a mangiare a casa sua, insieme, ovviamente, al ballerino ancora malaticcio al quale promise un delizioso (quanto triste) bollito di carne e verdure.
Kyungsoo aiutò Jongin a trascorrere le ultime noiose ore in ospedale. Avrebbe anche contribuito a rivestirlo dei suoi abiti civili, ma la madre ritenne che fosse sconveniente che lui vedesse suo figlio in mutande in quello stato. Gli venne da ridere pensando che solo la mattina precedente, in fondo, aveva assistito l’amico vomitare nudo nel bagno di una camera di un love motel.
La cena, comunque, andò parecchio bene. L’euforica presenza di Jongin riempiva la stanza e permise a Kyungsoo di rilassarsi, il quale si distese talmente grazie all’accogliete atmosfera creatasi nella cucina dei due fidanzati, che finì davvero per sentirsi almeno un po’ a casa. Benché in modo parecchio rigido e farraginoso, il vagabondo iniziò ad imitare la maniera in cui gli altri tre chiacchieravano tra di loro, inserendosi nelle conversazioni con un piccolo stentato sorriso mentre si stringeva nei vestiti che Joonmyeon gli aveva gentilmente prestato. Jongin rimase felicemente stupito nel vederlo tanto intraprendente, ma prima di tornarsene a casa, a fine serata, si preoccupò di prendere Kyungsoo da parte per domandargli scherzosamente, mentre cercava di solleticargli il ventre con la punta della dita, per chi fossero tutti quei sorrisini che aveva avuto l’ardore di sfoggiare a cena. Kyungsoo, da parte sua, alzò gli occhi al cielo, gli avvicinò – e qui Jongin aveva creduto che volesse sollevarsi sulle punte dei piedi per baciarlo – e gli mollò uno schiaffo in testa, per poi salutarlo con il più largo, ed inquietante, sorriso del suo repertorio.
 
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Il giorno seguente Jongin uscì di nuovo di casa per aiutare il vagabondo nel suo breve trasloco. Meno di uno scatolone pieno a tre quarti, ecco tutto ciò che Kyungsoo possedeva; qualche vestito di ricambio, piccole scorte di cibo in scatola e acqua, una biro con la punta scheggiata, il suo coltellino svizzero, una fine coperta succube ormai da tempo dei danni dell’usura e, infine, una piccola tavoletta di legno vuota. Il ballerino ricordava di averla vista stretta al petto di Kyungsoo più volte, oppure esposta accanto a lui come uno di quei cartelli con cui i senzatetto chiedono l’elemosina, ma non comprendeva la scelta dell’amico nel tenerla immacolata, senza alcun segno o scritta che facesse leva sui sensi di colpa dei passanti che tutti i giorni incrociavano il suo sguardo.
“Hai scheggiato la penna cercando di scriverci sopra? È per questo che è ancora vuota?”
“No, la penna si è scheggiata perché mi è caduta di punta una volta. La tavoletta è vuota perché non avevo niente di importante da scriverci sopra. Se proprio avessi voluto avrei potuto intagliarci qualcosa con il coltellino, comunque.”
Jongin aggrottò le sopracciglia ed inclinò il capo lateralmente, evidentemente confuso: “Ma se una non funziona e l’altra non ti serve perché hai tenuto entrambe?”
Kyungsoo sembrò allora incupirsi leggermente, rivolgendogli uno sguardo leggermente più affilato del solito: “Vuoi privarmi anche di quelle poche cose che possiedo davvero?”
Jongin era immediatamente scattato sull’attenti ed aveva prontamente scosso il capo al tono insinuante di quella domanda, per poi raccogliere in fretta lo scatolone e procedere a passo di marcia verso l’auto di Joonmyeon, il quale li aspettava seduto comodamente sul sedile del guidatore, entusiasta di poter ufficialmente ospitare Kyungsoo a casa propria. Già le due sere precedenti aveva insistito affinché il vagabondo dormisse con loro, ma non aveva potuto offrirgli altro che il divano. Negli ultimi due giorni si era dato da fare per allestire la camera degli ospiti apposta per Kyungsoo e non vedeva l’ora di mostrargliela. Il vagabondo, molto più tardi, quella sera stessa, sdraiato in quello che poteva definire davvero, per la prima volta dopo quelli che gli parevano secoli, il suo letto insieme a Jongin (il ballerino aveva insistito parecchio affinché l’altro gli concedesse di dormire abbracciati) confidò a quest’ultimo che entrando in quella camera per la prima volta, appena qualche ora prima, gli era inspiegabilmente venuto l’istinto di scoppiare in lacrime. Jongin, come promesso, lo aveva abbracciato stretto, facendo coincidere il proprio busto con la schiena del maggiore, ed entrambi si addormentarono, inconsapevoli della presenza di un fiero Joonmyeon che li osservava con sguardo dolcemente commosso sbirciando dalla porta appena socchiusa.
“Myeon, piantala di spiarli” lamentò Yixing, in piedi accanto a lui, ridacchiando.
“Zitto, tu non sei mai stato così dolce con me.”
 
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I primi mesi di convivenza non andarono malaccio, Kyungsoo dovette fare i conti con i tartassanti ritmi di Joonmyeon, che anche in vacanza si preoccupava di seguire una rigida schedule giornaliera: sveglia alle sette, ginnastica mattutina, colazione salutare e via di conseguenza. Yixing era ben contento di avere finalmente qualcuno in casa che lo aiutasse a nascondere i barattoli di Nutella che comprava di nascosto dal suo fidanzato salutista. Kyungsoo lo aveva colto sul fatto già la prima settimana, per curiosità aveva aperto la trousse che avrebbe dovuto contenere i trattamenti per la skincare quotidiana del cinese, aveva aperto alcuni barattolini di pomata idratante e vi aveva trovato deliziosa crema alle nocciole nella quale non aveva potuto fare a meno di intingere un indice, e poi un altro, ed un altro ancora. Yixing lo aveva trovato così, il viso ricoperto di crema al cioccolato e gli occhi ricolmi di vili sensi di colpa, e allora lo aveva fatto entrare nel club Nutella sotto solenne giuramento: “Io, Do Kyungsoo, giuro di ingozzarmi senza ritegno con le schifezze che il mio buon sensei Zhang Yixing provvederà a spacciare e di negare l’esistenza del Club Nutella di fronte a qualsiasi intimidazione o tortura eventualmente ed illegalmente propugnatami dal Gran Nemico Kim Joonmyeon.”
Inaspettatamente, fu proprio Yixing quello che provvide meglio a farlo sentire ‘a casa’. Concesse al vagabondo un paio di giorni per abituarsi (e per godersi Jongin prima che dovesse tornare a lavorare) e subito dopo, con grande approvazione di Kyungsoo stesso, iniziò a compilare il suo curriculum, sebbene scarso, alla ricerca di un qualche facile lavoro manuale e a vagliare scuole serali in modo che potesse prendere, se non la laurea, almeno un diploma. Si impegnò per non fargli mancare nulla e, nei momenti liberi, condivideva con il minore la passione per la cucina. Kyungsoo scoprì proprio con il cinese la sua inestimabile dote nascosta per i fornelli, talento per il cui Jongin impazziva quelle poche volte che a settimana che riusciva a sgattaiolare via dal suo manager per ritagliare un momento di fugace intimità con il maggiore. Kyungsoo non poteva negare alla scalciante fetta romantica della propria personalità che trascorrere le serate con Jongin gli mancasse, ma tutte le volte che iniziava a sentirsi solo Yixing riusciva magicamente, con la sua incredibile energia, a sciacquare via ogni residuo di nostalgia incastonato tra le pareti delle sue vene.
“Già, le prime volte che Joonmyeon stava così tanto fuori casa anche a me capitava di sentirmi un po’ malinconico, sai? Però poi ho capito che non potevo stare male ogni volta che lui partiva” e a questo punto, ogni volta che Yixing ripeteva quella perla di saggezza di cui andava tanto fiero, faceva una breve pausa ad effetto “L’unico modo per sconfiggere la nostalgia è tenersi occupati! Per me era difficile trovare qualche amico disposto ad uscire che sopportasse le mie lagne amorose, ma tu sei fortunato visto che ci sono io qui con te!”
Ogni sera Yixing provvedeva, dopo il lavoro, ad insegnare a Kyungsoo qualche nuovo gioco, a proporgli una nuova sfida o, semplicemente, ad aiutarlo nello studio, e non si preoccupava di fare nottata con lui anche se il mattino seguente doveva catapultarsi in ufficio per le otto. Kyungsoo gli invidiava davvero molto quell’energia che nascondeva sotto il suo sorriso pacato, un giorno gli chiese come facesse ad essere sempre tanto entusiasta anche delle più piccole cose e si sentì rispondere così, con una naturalezza tale che lo spiazzò: “Le vedi queste?” e qui Yixing si era toccato le prorompenti, tenere, fossette “Sono piccole, ma mi rendono diverso da tutti gli altri. Tutto il mio entusiasmo lo tengo qui.”
Il giorno seguente il vagabondo stette per un paio d’ore fermo con l’indice della mano sinistra piantato in una guancia cercando di farsi crescere almeno una fossetta, quando Yixing gli rivelò che non era, ovviamente, possibile gli regalò uno dei suoi barattolini di Nutella per consolarlo.
Fu così che l’amicizia tra i due crebbe davvero, in un modo che nessuno di loro si sarebbe aspettato. Se con Jongin condivideva le paure ed i dolori e con Joonmyeon il temperamento talvolta irruente, con Yixing poteva discorrere per ore intere di ciò che, piano piano, scopriva che gli piaceva fare: la cucina, i videogiochi, l’interesse per la tecnologia e molto altro. Yixing, con un’umiltà che Kyungsoo non riusciva a perdonargli, stava facendo per lui tutto ciò a cui Jongin, con un paio di visite la settimana al massimo (nelle settimane fortunate), non aveva più il tempo di badare, e al vagabondo dispiaceva immensamente. Sapeva che il lavoro di Jongin non perdonava sgarri, che era difficile uscire insieme per via di eventuali scandali e non ce l’aveva con lui per tutto ciò che il manager stava facendo passare all’idol quando quest’ultimo, alcune settimane dopo aver conosciuto Kyungsoo, gli aveva comunicato di voler terminare il contratto il prima possibile per continuare solo come ballerino, nonostante tutta la fama che seguitava ad accumulare. Gli voleva davvero bene, ma più pensava a lui e più, immancabilmente, non riusciva a togliersi dalla testa un certo orribile pensiero che da giorni tormentava i suoi incubi.
 
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Kyungsoo andò totalmente in crisi quando, durante una delle tante serate passate con la sola compagnia di Yixing, quest’ultimo gli domandò con un certo imbarazzo: “Ma quindi, che cosa siete tu e Jongin?”
Era già trascorso un anno da quando il vagabondo si era trasferito a casa di Yixing e Joonmyeon, con diversa fatica aveva iniziato a lavorare in un piccolo bar come cameriere e con il piccolo stipendio che percepiva riusciva a pagare le lezioni serali che frequentava e ad aiutare Yixing con le spese del loro appartamento. Passava le giornate diviso tra lavoro e studio e riusciva comunque a trovare sempre del tempo per Yixing, così come l’amico faceva per lui. Sempre più spesso, mano a mano che la loro amicizia si consolidava, divenne normale smettere tutto d’un tratto di guardare un film o di giocare a qualche stupido quanto divertente gioco da tavolo per cominciare ad aprirsi l’uno con l’altro. A volte le loro conversazioni iniziavano semplicemente con un “Me lo ricordo questo film, Jongin voleva portarmi a vederlo al cinema con lui”, altre volte (ed erano quelle che Kyungsoo temeva di più) con un tremendamente diretto “Mi piacerebbe che Joonmyeon fosse qui con noi a giocare a carte, ci straccerebbe entrambi in un batter d’occhio”. A Kyungsoo continuavano a non piacere i discorsi ricchi di pretenziosi e pacchiani sentimentalismi, ma piano piano stava scoprendo un lato delicatamente romantico di cui si vergognava angosciosamente e con cui riusciva a fare pace solo in quegli attimi di verità che condivideva con il cinese. Era preoccupato per Jongin, per i casini in cui la sua casa discografica lo stava mettendo dopo avergli chiaramente spiegato che non avevano intenzione di assecondare il suo capriccio di terminare il contratto ed intraprendere inutili battaglie legali dalle quali, comunque, l’idol sarebbe uscito di certo non vincitore, per le pesanti schedule inflitte per vendetta alle quali il minore sopravviveva a malapena, completamente tramortito dal lavoro, dalle interviste, dai concerti, dai fanmeeting. Fu durante uno di questi flussi di coscienza che Yixing riuscì a chiedere a Kyungsoo se Jongin gli piacesse davvero, e il vagabondo aveva risposto di sì senza esitare affatto.
Quando però, un’uggiosa nottata di dicembre, l’amico domandò al minore che cosa fossero lui e Jongin non seppe fare altrettanto. Kyungsoo era stretto in una spessa coperta di lana, le ginocchia raccolte con le braccia al petto che rantolava aria che all’improvviso gli parve gelida, tremolando. Se c’era una cosa che il vagabondo aveva imparato di Yixing era che non poneva mai domande completamente a caso, non, almeno, quando si trattava di Jongin e di Joonmyeon, e quella volta sapeva perfettamente che la questione non si sarebbe risolta con un semplice “Siamo fidanzati, no?”
Effettivamente, Kyungsoo e Jongin non erano fidanzati, non ufficialmente almeno dato che né uno né l’altro si era fatto avanti con una proposta vera e propria. Si vedevano, si baciavano, andavano a letto insieme e si ricordavano a vicenda quanto davvero si volessero bene. Erano cose che si facevano tra fidanzati, ma non erano fidanzati. Joonmyeon e Yixing erano fidanzati, e non solo per la dichiarazione d’amore che il secondo aveva regalato al primo. Kyungsoo non riusciva a capacitarsi di quale fosse il discriminante tra loro e l’altra coppia. Nonostante la distanza forzata, ogni volta che riuscivano a trovare qualche ora per loro sembravano andare l’accordo come la prima volta, nessun silenzio imbarazzante, nessun discorso fuori luogo mentre l’interesse reciproco l’uno per l’altro esplodeva. Jongin non si stancava mai di ascoltare Kyungsoo ripetergli tutto ciò che studiava alla scuola alla quale era iscritto, entrambi notavano gli occhi dell’altro rilucere, se ne commuovevano e se ne compiacevano. Avere a che fare con la distanza a lungo andare era diventato di routine, sia il maggiore che il minore non ci facevano più caso e, tolto un lieve senso di nostalgia, ai rispettivi “Tutto bene?” di Joonmyeon e Yixing rispondevano con un sorrisetto ricolmo di dolci aspettative.
Yixing, comunque, non pretese subito quella risposta. Solo alcuni giorni più tardi, nel bel mezzo di una delle tante maratone di serie fantasy che il cinese gli propinava, il vagabondo, senza nemmeno esitare tanto a lungo, esalò: “Voglio andarmene.”
   
 
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