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Autore: musa07    28/12/2020    3 recensioni
" Il corpo di Kageyama è indubbiamente il miglior materasso sul quale dormire. E sul quale abbia mai dormito. Da anni ormai.
Perché è quando, anche nel torpore del sonno, che sente il suo calore, la sua stretta, il suo odore, che Shoyo sa di essere a casa. Perché Tobio sa di casa. È la sua casa.
E anche per Tobio è dura in quella gelida mattina, con il freddo che attanaglia da fuori il loro giaciglio,abbandonare il tepore del letto. Il tepore del corpo dell’altro spalmato – al solito – su di lui[...]
- Allora, pronto per stasera? - gli chiese con un piccolo sadico ghignetto oltremodo divertito e quella domanda fece tossicchiare nervosamente l’alzatore.
- Verranno proprio tutti? -
- Tuuuutti tutti! - si divertì ad infierire per poi addolcire lo sguardo e allungare una mano ad accarezzargli il volto per poi riprendere a parlare.
- Tobio, è la mia famiglia. E la mia famiglia ti ha sempre adorato, lo sai. - [...]"
Finalmente la OS KageHina natalizia ha visto la luce
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, io codesta fic ce l’avevo in testa da settimane e ci ho messo secoli a scriverla, ma davvero una vita, sono veramente sconcertata da ciò! Quindi per questo arriva ben oltre la vigilia di Natale. E di Natale stesso. E anche di Santo Stefano *si facepalma* Quindi, di conseguenza, arrivano anche super in ritardo i miei auguri per le feste.
Nota tecnica seria: ovviamente trattasi di uno skiptime, dove i nostri ciccioli del kokoro hanno 22 anni. Quando racconto dei flashback sono riportati in corsivo.



 

La temerarietà a volte sfoga nell’avventatezza

 

TOKYO

24 DICEMBRE - ORE 06.07

 

Il corpo di Kageyama è indubbiamente il miglior materasso sul quale dormire. E sul quale abbia mai dormito. Da anni ormai.
Perché è quando, anche nel torpore del sonno, che sente il suo calore, la sua stretta, il suo odore, che Shoyo sa di essere a casa. Perché Tobio sa di casa. È la sua casa.

E anche per Tobio è dura in quella gelida mattina, con il freddo che attanaglia da fuori il loro giaciglio, abbandonare il tepore del letto. Il tepore del corpo dell’altro spalmato – al solito – su di lui. Soprattutto perché erano mesi che non lo condividevano.
Sospirò piano, schiudendo gli occhi per poi richiuderli, allungando il braccio verso il comodino, andando a tastoni a recuperare il cellulare per controllare l’ora, ma continuando a tenersi l’altro addosso.
Annaspando con la mano fuori dal piumone, dovette procedere a tentativi, cercando di fare un rapido set-up dei neuroni che vagavano ancora felici nel mondo dei sogni.
E alla fine, riuscì a recuperarlo. Le sei e sette minuti, la sveglia avrebbe suonato esattamente tra tre minuti esatti.
Shoyo mugugnò qualche suono non meglio articolato nel momento in cui la luce del display, seppur alla minima luminosità, schiarì in qualche modo la stanza.
- Tobio? - strofinando la punta del naso sul petto, dopo avervi infossato il volto.
- Shh, è tutto ok amore… ho solo controllato l’ora. - intrufolando le dita tra i suoi capelli, cominciando ad accarezzarli piano, con la solita infinita cura che riponeva in ogni singolo gesto dedicato al suo compagno.
Iniziò a sgranchirsi piano la schiena, in qualche modo cercò di ridare vita al braccio sul quale Hinata aveva beatamente dormito tutta la notte, allungò le gambe che vennero colte dal gelo nella parte del letto non scaldato dai loro corpi. Rabbrividì e le intrecciò subito a quelle di Shoyo che emise un altro piccolo brontolio farfugliato per quel trauma, cosa che lo fece ridacchiare piano. Si portò la mano sul volto e poi, con un ultimo sospiro per darsi coraggio e caricarsi, fece scivolare delicatamente il braccio da sotto il corpo dell’altro, dopo avergli posato un bacio sul capo, il quale manco a dirlo farfugliò di nuovo, qualcosa di non meglio precisato, per poi mettersi sul fianco, in posizione fetale. Tobio gli fu dietro in un attimo, abbracciandolo e iniziando a posargli piccoli, quanto dolci, bacini sulla nuca, strofinandogli la punta del naso tra i capelli spettinati.
- Sho, io vado a correre, tu cosa fai? -
A questa domanda seguirono altri suoni non meglio precisati che Tobio però interpretò correttamente, mentre il piccoletto si girava verso di lui e tentò di assaltarlo di nuovo per recuperarlo come cuscino. Doveva ideare un modo perché lo lasciasse andare.
- Ti porto la colazione dopo, ok? - ecco, trovato.
Ed ecco che a quella parola magica Shoyo lo liberò, mettendosi pancia sotto e schiudendo un occhio verso di lui, che – usando la torcia del cellulare – si faceva un minimo di luce per recuperar i vestiti ai piedi del letto che si era diligentemente preparato la sera prima.
Messosi seduto, si tolse la maglia del pigiama restando a petto nudo e Shoyo rabbrividì per lui. Questi allungò una mano fino a riuscire ad accarezzargli le due fossette alla base della schiena che spuntavano dall’elastico dei boxer.
- Cazzo! Sei ghiacciato, Shoyo! -
- Scusa scusa. - ridacchiando, ma proseguendo con piccole carezze concentriche, sentendo la pelle d’oca dell’altro sotto ai suoi tocchi.
- Non sei dispiaciuto per niente. - lo ammonì divertito, ridacchiando a sua volta, mentre si infilava la maglia termica.
- Kags, non ti far rapire. - proferì mentre si produceva in uno sbadiglio che lo fece assomigliare tanto ad un T-rex, mentre, sempre pancia sotto, abbracciava il cuscino.
- Ma chi mi dovrebbe rapire mai, io boh… - brontolò, lanciandogli una occhiata da sopra la spalla, passando poi ai pantaloni della tuta.

Gliela diceva sempre quella cosa e lo faceva sorridere tantissimo. Come se poi, nel caso in cui veramente ci fosse stato qualche eventuale malintenzionato e Shoyo fosse stato con lui, Hinata – con il suo adorabile metro e settantadue - avrebbe potuto far chissà. Proprio per questo quella sua raccomandazione ogni volta gli faceva una tenerezza incredibile.
Il piccoletto lo osservò completare la prima parte di vestizione, perdendosi a contemplare la sua schiena, sotto alla maglia termica attillata poteva ammirare la sua schiena tonica ed asciutta, la muscolatura che si era mantenuta meravigliosamente flessuosa ed affusolata. Certo, per quanto la maglia fosse attillata, non si vedevano di certo i graffi sulle spalle dell’altro che lui gli aveva procurato. Ridacchiò tutto soddisfatto a questo pensiero.
- Tobio? -
- Hum? - di nuovo i suoi occhi blu si posarono sul volto sonnacchioso dell’altro.
- È stato bellissimo stanotte. - con un’aria così candida ed innocente, come lo era il tono.
Lui, per tutta risposta, gli tolse il cuscino da sotto e glielo sbatté in faccia, divertito.
- Ehy! - scoppiando a ridere, per niente arrabbiato da quel gesto, togliendosi il cuscino di dosso, giusto nel momento in cui Tobio si stava abbassando su di lui.
- È stato bellissimo anche per me. - gli sussurrò dolce, posandogli l’ennesimo tenero bacio sulla nuca, stringendolo di nuovo a lui.
- Dormi adesso, Sho. - sistemandogli per bene il piumone – Dopo ti porto la colazione. -
- Croissant? -
- Sì. -
- Alla crema. -
- Sì. -
- Doppia farcitura di crema. -
- Sì. - mentre si infilava lo scaldacollo in pile.
- Topping al cioccolato sopra. -
- Sì. - ovviamente non stava ascoltando mezza indicazione che fosse una.
- E, oh oh, Kags? Anche una spolverata di granella di nocciole sopra. -
- Sì. - già sulla soglia della porta della stanza.
- Tobio, non te ne ricorderai neanche un terzo perché non ne hai ascoltata nemmeno mezza. - con divertita consapevolezza.
- Ovvio, boke. - piegando le labbra in un piccolo ghinetto sardonico.
- Non è una cosa della quale andar fieri, eh! - lo beccò, sempre ridendo.
- Dormi! - ridendo a sua volta, mentre si dirigeva verso il bagno, dove si sciacquò il volto con l’acqua gelida, per poi dirigersi in cucina. Recuperò dal frigo dello yogurt al quale aggiunse dei fiocchi d’avena secchi e delle noci, giusto per darsi quella carica di energia a lento rilascio che gli avrebbero permesso di affrontare la corsa in tutta tranquillità.
Si mise davanti alla finestra dopo aver tirato le tende e socchiuso leggermente una delle due vetrate. La città era ancora completamente avvolta nella più totale oscurità, contemplò, nel momento in cui inspirò l’aria fresca, che sapeva di buono, di pulito. A volte, con le condizioni atmosferiche giuste, anche Tokyo si poteva permettere un’aria dal sapore pulito e buono.
Mangiando pigramente, ancora terribilmente intontito dal sonno, ascoltò gli unici suoni. Che, per l’esattezza, venivano dagli uccelli che cinguettavano piano, ma già solerti.
Sempre cercando di fare carburare i suoi neuroni si trascinò nuovamente verso il bagno e mentre si lavava i denti ricordò le parole che Shoyo gli aveva detto poco prima. È stato bellissimo stanotte…
Lo era stato, davvero tanto. Anche perché erano mesi che non riuscivano a stare insieme, in quel loro microscopico appartamento che li aveva visti insieme quando si erano trasferiti a Tokyo per frequentare l’università. Avevano deciso di tenerlo anche quando avevano iniziato a militare in due squadre diverse e Shoyo addirittura in una città differente. E anche per lui era indubbiamente più comodo, per non dover passare le ore su metropolitane e treni, risiedere negli appartamenti che la squadra metteva a disposizione per i suoi giocatori in quella sorta di cittadella dello sport. Ecco perché quell'appartamento era la base d’appoggio quando non erano impegnati con le proprie squadre, poiché era facilmente e velocemente raggiungibile da parte di entrambi con gli efficaci mezzi di trasporto, vuoi perché quell’appartamento significava affettivamente tanto per entrambi, come coppia.
Ed erano mancati da esso – e l’uno dall’altro – per due mesi. Un’eternità. Per loro che, da quando si erano conosciuti, sette anni prima, avevano passato insieme, vicini, ogni singolo giorno. All’inizio come compagni di squadra, poi anche come amici ed infine come coppia. Dio se gli era mancato!
Il giorno prima si era recato al binario nel quale lo Shinkasen di Hinata sarebbe arrivato un’ora prima. Il suo treno era arrivato con congruo anticipo ma non sarebbe andato a casa, nella loro casa, senza di lui. E lo aveva pazientemente atteso.

 

Manco a dirlo, sullo questo stesso binario, molto presto a sua volta – quando ancora mancavano più di 30 minuti – era apparso anche Akaashi.
Avevano sgranato per un istante gli occhi, ridendosela sotto ai baffi per l’enorme anticipo di entrambi, inequivocabile segno del loro trepidante desiderio di rivedere il proprio compagno, per poi chinare lievemente la testa in un piccolo inchino in segno di saluto, ricambiando all’unisono il lieve sorriso che aveva ornato le labbra di entrambi.

Si sentiva emozionato? All’inverosimile!
Non sentiva il gelo, il vento pungente, il fatto che ad un certo punto perse completamente la sensibilità delle dita dei piedi e delle mani. Quello che sentiva era la gola farsi sempre più arsa per l’emozione e il nervosismo, il cuore che ogni tanta perdeva un battito per poi, l’istante immediatamente successivo, andare in aritmia.
Non era la prima volta, in quei sei anni, che lo attendeva. Lui, sempre così maniacalmente puntuale, Shoyo sempre così irritantemente, quanto adorabilmente, in ritardo. E come ogni volta i pensieri che si annoveravano nella sua mente erano i più disparati, ma quello che lo rendeva più felice era proprio essere così emozionato. Perché significava che non vedeva l’ora di rivederlo, che gli era mancato da morire, che ciò che contava per lui, che era importante, era avere Shoyo lì. Con lui.
Tutto il resto veramente non contava.

Allo stesso tempo, Shoyo, in treno, era elettrico, non riusciva a stare fermo.
Inutile dire che lui e Koutarou si erano presentati alla stazione centrale di Osaka tipo ad un orario imbarazzante. Si poteva dire che praticamente avessero aperto loro i cancelli di ingresso dei sottopassaggi.
Nonostante fosse mattina presto erano già freschi e arzilli, ingurgitando cibo senza sosta – dopo aver saccheggiato più di una caffetteria – ed erano saliti in treno, prendendo posto, che parevano due bambini alla loro prima gita. Avevano compiuto quel tragitto molte volte ormai e l’emozione dell’andata era sempre la stessa. E, come ogni volta, non volevano assolutamente pensare a quella che sarebbe stata la nostalgia assurda che li avrebbe colti al ritorno. Perché sarebbero stati con i loro rispettivi compagni per ben quindici giorni. Tutto il periodo delle festività praticamente. Ed oltre.
La sera prima, fuori nella terrazza dello stabile che ospitava le stanze della loro squadra, mentre all’interno si stavano svolgendo i saluti e i festeggiamenti pre-natalizi – che erano velocemente ed inevitabilmente degenerati – Koutarou, che era uscito a prendere una boccata d’aria, aveva trovato Shoyo rannicchiato, braccia che stringevano le ginocchia al petto, mentre fissava davanti a sé le luci della città che brillavano sotto di loro.
- Ehy… - gli aveva sussurrato, posandogli la propria giacca sulle spalle – ti prenderai un malanno così. E non ce lo possiamo proprio permettere, perché domani torniamo a casa. -
E quanti significati in quell’unica, grande, parola, sedendosi al suo fianco.
E Hinata si era come risvegliato da un trance, girando appena lo sguardo verso il volto dell’altro.
- Mi manca Tobio… - aveva sussurrato semplicemente. In modo così disarmante.
E Koutarou aveva sgranato gli occhi. Sapeva benissimo, aveva imparato a conoscerlo molto bene, come Shoyo non fosse uno che si lamentava mai, che non si facesse mai prendere dallo sconforto, proprio per questo quelle sue tre parole lo colpirono tantissimo. Gli aveva sorriso facendogli un tenero buffetto tra i capelli, scompigliandoglieli.
- Anche a me manca Keiji, tantissimo. -
Anche Bokuto era uno che non si lamentava mai, che non faceva mai pesare nulla sugli altri, sempre allegro e di buonumore quindi anche le sue parole avevano un enorme peso.
- Oggi è il suo compleanno… - continuò a mormorare Shoyo, con un piccolo dolce quanto melanconico sorriso, mentre si stringeva nella giacca di Koutarou, così grande per lui – ed è la prima volta, da quando ci conosciamo, che non lo passiamo insieme. -
Al più grande gli si strinse il cuore in una morsa. Non avrebbe avuto senso cercare di tirarlo in qualche modo su di morale con qualche frase fatta. Si limitò a passargli un braccio intorno alle spalle e stringerselo addosso.
- Dai che domani torniamo a casa… -

E quel “domani” era finalmente arrivato. E Hinata osservava il paesaggio sfrecciare davanti ai suoi occhi, il dolce dondolio confortante del treno, il rassicurante calore del braccio di Koutarou a fianco al suo, tanto che – dopo essersi assicurato che Tobio avesse ben memorizzato l’orario e il binario di arrivo del treno ed essersi beccato come risposta “Sono già qui, Boke!” - ad un certo punto era dolcemente scivolato nel sonno, con la testa appoggiata sulla spalla dell’amico, addormentato a sua volta.
E fu il rallentare del convoglio che lo risvegliò da un sonno senza sogni. A dirla tutta, gli sembrava di essere sempre stato sveglio per tutto il tragitto.
Certo, aveva chiuso gli occhi dopo aver appoggiato la testa sulla spalla di Bokuto, ma gli sembrava di aver sempre avuto perfetto sentore delle rotaie sotto di loro, eppure… Immagini sempre più rapide si erano susseguite nella sua mente, la realtà si era confusa con il sogno ma quello che importava, quello che era vero, era che stava tornando finalmente a casa. A casa…
E mai parola si poteva definire più dolce per colui il quale ha atteso quel momento fin nell’attimo stesso in cui si è richiuso l’uscio della porta di casa propria alle spalle. Mai idea si poteva definire più confortante il sapere che finalmente quella notte avrebbe ripreso sonno tra le braccia rassicuranti del suo unico e adorato amore.
Sospirò lievemente e fu lo stesso lieve il sorriso che gli affiorò alle labbra nel momento in cui il treno, dolcemente, iniziò ad entrare nella stazione.

E cosa non fu per Tobio e Keiji vedere in lontananza quella pallottola illuminata che avanzava nel grigiore di quella giornata plumbea e farsi via-via sempre più vicina. E reale.
Si sentivano in qualche modo le gambe di piombo, il cuore che pareva voler uscire dalla gola. Erano entrambi bravissimi a nascondere le loro emozioni, a tenerle a bada ma il modo in cui sospirarono piano, il modo in cui in qualche modo si sistemarono i capelli, l’occhiata di sottecchi che si lanciarono così come il sorriso che si lanciarono quasi a volersi schernire del proprio nervosismo, erano sintomatici.
Tobio non riusciva più a frenare l’impazienza, stritolando la tracolla del borsone che teneva sulla spalla, quell’impazienza che aveva soppresso per ben due lunghi mesi. Non gli pareva vero fossero passati e che ora era a soli pochi metri dal suo adorato amore…

Sul vagone l’elettricità e l’impazienza erano altrettante solo che i due, a differenza dei loro taciturni e placidi compagni, si stavano trattenendo a forza e per educazione dall’iniziar ad urlare dall’emozione e della felicità. Ed era solo perché i finestrini non si aprivano che i due non si appesero direttamente fuori, iniziando a sbracciarsi.
- Aiuto Bokuto-san, devo andare in bagno! -
E quale cristallina risata uscì dalle labbra di Koutarou.
- Di nuovo? -
- Ho paurissima! Sono emozionatissimo. -
Ecco perché quei due si erano piaciuti fin da subito: erano praticamente uguali. Così diretti, così chiari, senza schermature. E quando avevano iniziato a giocare insieme, Kou aveva preso sotto la sua ala protettiva Shoyo, perché Hinata era troppo prezioso, troppo genuino e spontaneo – a tratti anche ingenuo – e lui non voleva che niente o nessuno si permettesse di sporcare quella luce pura che emanava e che era o che qualcuno si approfittasse di lui.
Quando ormai il treno era sul proprio binario, piantò letteralmente il naso sul finestrino a cercarlo con lo sguardo. E quale emozione! Sentiva il cuore ringhiargli in petto, quasi come fosse stato il loro primo appuntamento, di cui conservava ancora perfettamente memoria e sorrise al ricordo. Il loro primo appuntamento, ovviamente, non era potuto trascendere dalla presenza di tutti quei variegati personaggi che corrispondevano a quelli che erano rimasti i loro amici più cari dopo tutto quel tempo.

Tobio, investito dal freddo del vento e del fatto che fosse lì impiantato da secoli - nonostante Keiji, ad un certo punto, si fosse premunito di recuperare delle lattine di caffè bollente dalle macchinette presenti - osservò il treno rallentare alla fine la sua corsa, fino a fermarsi, maledendo comunque la lentezza con la quale quell’operazione si stava compiendo. Trattenne il fiato quando vide aprirsi le porte dei treni ed infine, con un sospiro, fece uscire tutto il nervosismo.
E fu allora che lo vide… Quella zazzera ramata, tanto amata, tutta adorabilmente spettinata come se la ricordava, come l’aveva sempre vista – e adorata – per non parlare del fatto che pareva non vedesse le forbici del barbiere da un bel po' ma semplicemente amava quelle ciocche ancora più ribelli ora che erano più lunghe del solito. Non vedeva l’ora di farci scivolare nuovamente le dita in mezzo.

Shoyo fu travolto da una folata di vento gelido che lo costrinse a socchiudere gli occhi nel momento in cui la porta si era aperta davanti a lui. E quando li riaprì, lo trovò subito, lì ad attenderlo.
Lì dove sapeva che l’avrebbe trovato...

E allora i loro occhi s’incontrarono.
Occhi blu che si persero in caldi occhi nocciola, in un’immensità e per un attimo esistette solo quel momento di eternità…

E Tobio, uscendo finalmente dall’apnea, non si trattenne più. Mollò il borsone a terra ed iniziò a correre, con la sua corsa elegante e fluida.
Corse verso Shoyo – senza mai staccare gli occhi da lui - verso la cosa più importante della sua vita. La cosa più inestimabile, da proteggere. Sempre.

Hinata scese quei quattro scalini sfrecciando, con lo sguardo rivolto solo ed esclusivamente a Kageyama. A Tobio che era il suo primo pensiero la mattina quando si svegliava e l’ultimo la sera prima di addormentarsi. A Tobio che era per lui indispensabile più dell’aria per vivere, senza il quale non poteva neanche immaginarsi di vivere un solo giorno. Così come gli era indispensabile per sentirsi vivo venir avvolto nell’abbraccio dell’altro.
E quell’abbraccio non tardò ad arrivare e solo allora, entrambi, si permisero di prender fiato.
Si ancorò all’alzatore, sollevandosi sulla punta dei piedi come ancora – e da sempre – quei sedici centimetri di differenza lo obbligavano ma che lui semplicemente adorava, perché gli permetteva di sentirsi avvolto ancora di più nella stretta dell’altro, perché Tobio – dall’alto del suo metro e ottantotto ormai – si raccoglieva addosso a lui, come una conchiglia con la sua perla preziosa.
Ne artigliò la giacca, assaporandone il profumo così tanto ricordato in quei giorni, settimane, mesi, rammentando perfettamente come i loro corpi combaciassero perfettamente, come fossero fatti ad incastro, testimonianza muta del fatto che fossero semplicemente fatti l’uno per l’altro.
Shoyo continuava a sorridere felice, non sapendo più dove accarezzare e stringere il suo adorato amore, con il solo pensiero che ora era di nuovo dove doveva, e voleva, essere: tra le sue braccia.
Quante emozioni in quel frangente, quante sensazioni. E quanto amore quando Tobio gli prese il volto tra le mani e glielo sollevò - come solo lui sapeva fare - con quel modo terribilmente accorto che quasi andava a cozzare con la sua aria sempre apparentemente accigliata. E Tobio si perse in quegli occhi, dove poteva ancora vedere la sempre fresca e genuina espressione di sette anni prima, quello sguardo limpido e sincero che l’aveva fatto innamorare perdutamente.
Shoyo gli accarezzò fugacemente una guancia, prima di staccarsi, a malincuore, dall’abbraccio; sapeva che Kageyama fosse estremamente riservato e ci avesse sempre tenuto alla loro privacy. Sì, ok: tolto quel particolarissimo fatto accaduto due settimane prima, ma quella era tutta un’altra storia. 
- Hai preso tutto? – gli chiese mormorando e Hinata si limitò ad assentire con il capo.
- Allora andiamo. –
Perché Tobio non vedeva l’ora di poter passare del tempo insieme, lontano da ogni sguardo indiscreto, lontano da tutto e da tutti.
Ora era il mondo che doveva stare fuori.

Con ancora quei ricordi impressi a fuoco nella memoria, ritornò verso la loro camera a posargli un ultimo bacio tra i capelli più arruffati del solito ed infine uscire.
Così come i ricordi, Tobio sentiva ancora impressi a fuoco i marchi che Shoyo gli aveva lasciato sul corpo quella notte. Di come gli si fosse aggrappato alla schiena per non perdersi, ascoltando rapito i gemiti di entrambi aver preso il posto dei sospiri e riempire la stanza, mentre cercavano di smorzar i gemiti l’uno sulla spalla dell’altro.
Avevano accarezzato, percorso con la punta delle dita ogni singolo centimetro del corpo dell’altro, tanto agognato dopo così tanto tempo. Ogni carezza si era impressa nell’Anima di entrambi. Ogni tocco era stato una venerazione, un bisogno di far sentire all’altro che si erano ritrovati ma che c’erano comunque sempre stati.
Tobio aveva ascoltato stregato il salmodiare cadenzato del proprio nome nella voce dell’altro, sospirato. Dal canto suo, Shoyo semplicemente adorava sentire la presa delle sue braccia forti eppure così flessuose farsi ancora più salda, sentendo una lacrima solitaria rigargli il volto, molto semplicemente perché quello che stavano provando insieme era qualcosa che lo inondava di pura gioia. Gli aveva intrufolato le dita tra i capelli neri scompostamente disordinati, per non permettergli di abbandonare le sue labbra nemmeno per un istante, rendendo più salda la presa allacciandogli le gambe sulla schiena quasi a non volerlo lasciar andar via da lui.
Così come lui non gli aveva lasciato prender fiato, né respiro, tuttavia attento a non creargli dolore e donargli il massimo del piacere ed egoisticamente gioendo dentro di sé che quel corpo non fosse appartenuto mai a nessun altro.
E quando, alla fine, ogni qualvolta lui notava le chiazze perlacee sui loro stessi addomi, segno inequivocabile del loro amore, del loro essersi amati, e sentiva le guance andare irrimediabilmente a fuoco anche dopo tutti quegli anni, ecco che Shoyo non gli permetteva mai di imbarazzarsi. Avvicinava il proprio volto al suo, strofinandogli dolcemente la punta del naso con la propria, sussurrandogli un Ti amo dolcissimo mentre cercava di calmare il respiro, sentendo il bisogno impellente di guardarlo negli occhi, per questo delicatamente gli strofinava la punta del naso sulla guancia, obbligandolo a sollevare il volto verso di lui, che sorrideva teneramente alla vista dei suoi capelli dolcemente arruffati per poi sollevare di poco la testa dal cuscino, fino ad incontrare le labbra di Kageyama per depositargli un bacio appena sfiorato. E un altro ancora. E ancora...
Una cosa dolcissima. Così come fu dolcissimo come l’alzatore appoggiò la testa sulla sua spalla, lasciandosi accarezzare la schiena rabbrividendo sotto i tocchi delicati delle sue dita.

E poi alla fine, il momento delle coccole. Con uno dolce e teneroso come Shoyo sarebbe stato praticamente impossibile sottrarsi a quel rito. Ma la cosa che aveva dell’incredibile, fin dalla prima volta, era che Tobio stesso era un concentrato di coccolosità; cosa che aveva lasciato il piccoletto meravigliosamente sorpreso. E il diretto interessato anche. Hinata l’aveva guardato sconcertato quando Tobio, dopo la loro prima volta, se l’era tirato al petto e aveva iniziato a fargli i grattini sulla nuca mentre gli inondava la zazzera ramata con una scarica di bacini tenerissimi.

Piegando le labbra a questi dolci ricordi, le porte scorrevoli del condominio dove risiedevano si aprirono davanti a lui e Tobio fu avvolto dal gelo che lo lasciò per un attimo senza fiato, poiché l’aria gelida gli aveva attanagliato la gola. Sentendo come le sue membra rabbrividirono d’istinto per cercare in quella scarica involontaria un po' di calore, si calò per bene il cappello in testa ed iniziò la sua marcia verso uno dei parchi cittadini vicino casa con una marcia veloce che andò via-via aumentando fino a raggiungere la corsa.
Fuori regnava ancora sovrana la notte. Si godette quell’innaturale silenzio irreale che regna in città solo l’attimo che precede l’albeggiare. Semplicemente adorava quel silenzio, le strade vuote…
Trovava che la città prima dell’alba fosse indescrivibile e solo chi la vivesse potesse capire queste sensazioni magiche.
Sentiva solo il suo passo sicuro falcare sull’asfalto della strada, l’oscillazione naturale delle braccia, le sue inspirazioni ed espirazioni che aumentavano naturalmente di intensità.
Si lasciò accarezzare il volto dai primi timidi, ma coraggiosi, raggi di sole poiché questo avevano iniziato lentamente a far capolino dietro le nuvole del giorno prima. Nel momento in cui fece il suo ingresso da una delle entrate del parco, subito venne avvolto dai suoni e dai colori che anche l’inverno sa regalare, in modo dolce e raffinato. Non poteva che essere nato all’inizio dell’inverno perché semplicemente lo adorava e si trovava così meravigliosamente avvolto in lui. Scelse il primo tratto di percorso che gli permetteva di aver il sole davanti a sé che, ancora nel suo lento e pigro levare, era di un dolcezza unica, che faceva brillare l’erba ghiacciata. Sollevò gli occhi allo spettacolo di quel caleidoscopio di tinte violacee e rosa che stavano dipingendo il cielo e si sentì inondare di pura gratitudine, sentendosi in completa e totale armonia. Con se stesso e con tutto ciò che lo circondava. Davvero, cosa poteva chiedere di più?
Grato, la bocca si aprì spontaneamente in un sorriso genuino, aumentando le falcate, continuando a tenere fisso lo sguardo davanti a sé, sentendosi così maledettamente vivo e felice.
E fu proprio perché aveva lo sguardo davanti a sé che li vide comparire all’orizzonte. Dapprima, come due sagome nere non meglio distinte, alle quali pose attenzione solo superficialmente poi – a mano a mano che queste due figure si avvicinavano – l’attenzione si fece più attenta. Sopratutto perché l’inconscio li aveva già riconosciuti.
Che cosa straordinaria, pensò, come anche l’andatura ci permetta di identificare una persona.

Ovvio che anche gli altri due lo avevano già riconosciuto. Tooru per primo – con la sua spumeggiante energia fin di prima mattina, che poi pagava subito dopo pranzo quando si trascinava i neuroni in un modo non meglio definito – Kuroo arrancando quel secondo in più, perché da bravo gattone se ne sarebbe stato a letto tipo tutto il giorno, ma quando Oikawa gli aveva spietatamente spalancato le finestre della camera e strappato di dosso il piumino nonostante la sua tenace resistenza nel tentare di restarvi aggrappato, tutto era stato inutile.
- Sei un despota! - gli aveva mormorato contro, mettendosi seduto sul letto, stropicciandosi gli occhi, più morto che vivo.
- Sì, ti amo anch’io. - saltandogli sulla schiena ed iniziando a tempestargli la nuca di bacini ed esortandolo – Dai dai Neko-chan, che è giorno fatto. -
- E’ ancora notte fonda. - aveva giustamente obiettato, alzandosi e trovandoselo ancora ben aggrappato addosso.
- Dettagli. -

- Bentornato. - fu Tooru il primo a parlare, dopo essersi ripreso dalla sorpresa di trovarselo lì e Tobio si unì a loro due, nel momento in cui il percorso subiva una dolce curva salendo verso un lieve pendio.
- Tooru, rallenta il passo, non riesco a starti dietro, mi son appena scaraventato giù dal letto. Lo sai che sono un diesel alla mattina. - con la voce che sembrava ancora uscita dall’oltretomba, Tetsurou, che si trovava in mezzo tra i due, si beccò un’occhiata a metà tra il divertito e il dolce da parte del suo compagno che allungò un braccio a fargli qualche grattino sulla nuca. Cosa che Kageyama vide e dovette infossare il volto nello scaldacollo per nascondere il sorrisetto che gli spuntò sulle labbra.
- Però di notte funzioni benissimo. - lo piccò ammiccante Oikawa.
- Grazie per questa specifica della quale avrei fatto volentieri a meno. - si permise di prenderli in giro Tobio a metà tra il serio e il faceto, facendo sgranare gli occhi agli altri due, meravigliati per tanta impudenza, perché Kageyama non era uno che parlava mai più del dovuto. Certo: lingua lunga e tagliente anche la sua – proprio come il suo senpai chiaramente – ma di solito ci pensava mille volte prima di parlare ma ormai anche con loro due, sopratutto con Tooru poi, dopo tutti quegli anni, ogni tanto si permetteva qualche simpatica irriverenza.
- Tooru, il tuo kohai è parecchio insolente, eh! - ridacchiò Kuroo.
- Mmm, lo è sempre stato. E parecchio anche. - stette al gioco l’altro, ridendosela a sua volta sotto ai baffi.
- Perché tu eri uno stronzo. Ti ho sempre ammirato tantissimo ma eri uno stronzo. - eccolo di nuovo, imperterrito, beccandosi gli sguardi allibiti degli altri due. Ma poi Kuroo non ci vide più e iniziò a ridersela sotto ai baffi e Tooru stesso accettò sportivamente l’imbeccata. D’altra parte, poteva forse dargli torto?
- Ohy, Tobio-chan, mi sfugge un piccolissimo particolare: perché hai usato un tempo verbale passato? - finse di piccarlo.
- Ah sì, scusa… sei tuttora uno stronzo. -
E la risata di Tetsurou non poté che esplodere con forza dal centro del petto.
- Sto scherzando, sto scherzando... - Tobio represse la risata a fatica per poi tornare serio e continuando a guardare davanti a sé – Lo sai benissimo che ti ammiro tantissimo anche adesso e che sei il giocatore al quale aspiro. -
Nuovamente gli occhi degli altri due si sgranarono meravigliati. Kuroo sorrise dolcemente, lanciando di sottecchi una occhiata al suo compagno per vederne la reazione.
- Tobio… - sussurrò quest’ultimo, stupito. Sapeva perfettamente che non era una sviolinata nei suoi confronti, lo conosceva perfettamente da sapere che se dalle sue labbra usciva qualcosa del genere era perché era la pura e semplice verità. Salvo poi andare in super-imbarazzo e avere le guance andare irreparabilmente a fuoco. E fu per chissà quale infinita magnanimità che Tooru evitò di infierire per quelle guanciotte rosse e le labbra che si corrucciarono in un piccolo cipiglio.
- Comunque lo dico sempre anche a Shoyo, che io sono un diesel alla mattina mentre lui è un autentico vulcano fin da quando mette piede giù dal letto. -
- Però sei tu ad esser qui a correre al parco alle sette e mezza della mattina... - ribatté perplesso Oikawa.
- Perché Sho ha bisogno della luce del sole per attivarsi. -
- Ma cos’è: Daitarn 3? - replicò perplesso Kuroo, i cui neuroni finalmente avevano deciso di collaborare. Battuta, la sua, che fece scoppiare a ridere di gusto gli altri due.
- Qualcosa di simile sì… - rispose Tobio, ancora ridacchiando imbarazzato, controllando il contachilometri che aveva iniziato a suonare. - Ok, io ho finito per oggi. - buttando un occhio ad una delle uscite del parco.
- Ma casa vostra è dall’altra parte. - constatò perplesso Tooru.
- Ahehm… è perché ho promesso a Shoyo di portargli la colazione e so che giù di qua c’è la sua pasticceria preferita. - spiegò imbarazzatissimo, spostando lo sguardo di lato. Cosa che fece sgranare gli occhi agli altri due che si lanciarono una piccola occhiata di sottecchi fugace.
Lo guardarono prendere il piccolo sentiero in mezzo agli alberi, rallentando la loro corsa, dopo che li aveva salutati.
- Il mio delizioso kohai è cresciuto. - mormorò Oikawa teatralmente, posando la mano sul cuore e fingendo di tirare su con il naso.
- Tooru smettila di parafrasare Mu-Shu e, soprattutto, di tendermi tranelli per vedere se riconosco le battute. - lo ammonì divertito Kuroo, facendolo scoppiare a ridere.
- Però l’hai riconosciuta davvero la battuta. Bravo il mio micetto. - riprendendo a fargli i grattini sulla nuca – dopo a casa, doppia razione di croccantini. -
- Ma tu senti questo! - ridendo a sua volta e attirandolo a sé per i fianchi e stampargli un bacio a schiocco.
- Ahehm… scusate… - di nuovo la voce di Tobio, mentre guardava quella loro complicità a dir poco magica.
- Oddio Neko-chan, occhio che l’abbiamo turbato di nuovo. - proferì ironicamente Oikawa, sempre restando tranquillamente tra le braccia del suo compagno ma la serietà che entrambi lessero nello sguardo di Kageyama li mise sull’attenti.
- Grazie comunque… - con un piccolo inchino del capo. Ed entrambi capirono immediatamente a cosa Tobio facesse riferimento.
- Dovere. - si limitò a rispondere Kuroo con sguardo e tono terribilmente serio a sua volta.
Kageyama fece per parlare ma poi si fermò, con le parole a mezz’aria e fu inviato con lo sguardo dagli altri a proseguire a parlare.
- Spero di non aver combinato troppo un casino. Soprattutto per Shoyo. -
E quanta tenerezza fece ad entrambi. Rividero il ragazzetto geniale ma sempre così desideroso di imparare che era stato.
- Ahhh, lascia stare! Ormai è andata!- fu proprio questi a parlare, rassicurandolo e muovendo la mano come a voler schiacciare qualcosa di molesto - E comunque io al tuo posto avrei fatto la stessa cosa. Tobio, per quello che può valere, io sono dalla tua parte e avrai tutto il mio supporto e appoggio se necessario. -
Tobio sgranò gli occhi meravigliato. Già da anni ormai, Oikawa aveva deposto l’ascia di guerra nei suoi confronti, ovvio: si divertiva ancora a stuzzicarlo e dargli amorevolmente il tormento, ma…. Ma quelle parole furono per Kageyama qualcosa che gli scaldarono il cuore. E l’animo.
- Grazie! Questo per me è molto importante e vale veramente molto. - proferì, riversandosi in un profondo inchino. Una manifestazione di così palesato affetto da parte dell’altro alzatore non l’aveva ricevuta mai e questo davvero lo riempiva di gioia.
Sia Tooru che Testurou sgranarono gli occhi sorpresi, per tutta quella riverenza e Kuroo diede una piccola spallata al suo compagno come a volergli dire “ben fatto!”
- Non ti montare troppo la testa ora, non ti insegnerò mai a battere al salto come faccio io. - si finse tutto tronfio, guardandolo dall’alto in basso.
- Non mi permetterei mai. - fu la replica dell’altro ma mentre se la rideva, neanche tanto, sotto ai baffi prima di riservare loro un altro lieve inchino con il capo e riprendere la sua strada.

 

KAGEHINA’S HOME – ORE 09.17 * lascia la loro privacy* *forse...*

Tobio semplicemente adorava quando Shoyo cercava in ogni modo e maniera di attirare le sue attenzioni e lo stuzzicava, a cercar di procurargli quelle reazioni che lui, apposta, tardava a dargli.
E allora Hinata sembrava un gattino che pretendeva le sue attenzioni. Continuava a ronzargli intorno, a strofinargli la testa sulla schiena, abbracciandolo da dietro e producendosi in dei veri e propri miagolii di protesta. E allora lui cedeva, scoppiando a ridere. Si voltava verso di lui e gli solleva il viso verso il suo, sorridendogli, a fargli capire che quel giocare in quella maniera tra di loro, erano una cosa che lo mandava in visibilio. Che lo rendeva felice.

Ogni volta Kageyama, di fronte a quelle sensazioni così intense, a quel loro amore che lo scuoteva fin nelle viscere più profonde del suo Essere, si chiedeva cosa avesse fatto per meritarsi tutto questo. Per meritarsi uno come Shoyo e il suo amore. Era una domanda alla quale non sapeva mai darsi una risposta, ma ringraziava ogni divinità conosciuta per quel dono che gli era stato concesso. E che rendeva speciale ogni singolo attimo delle loro vite. Come quando si addormentavano tenendosi stretti, abbracciati, non permettendo mai a nessuno di intromettersi tra loro.

Come in quel momento, mentre Tobio era ai fornelli a preparare le uova strapazzate e Shoyo gli si stava letteralmente arrampicando sulla schiena, impegnato comunque a sbafarsi i tre croissant che gli aveva preso. Totalmente a caso ovviamente. (E naturalmente non ne aveva imbroccata una che fosse una delle richieste che gli aveva fatto Hinata ma questi non se l’era minimamente presa, come sempre).
Con ancora i capelli leggermente umidi dopo il bagno che Shoyo gli aveva fatto trovare pronto, con gesti sapienti stava finendo di prepara la sua seconda colazione.
- Qualcuno ha tentato di rapirti? - gli chiese il piccoletto, sempre ben-ben abbarbicato sulla sua schiena.
- Nah… - ridendo – Ho trovato la KuroOi. -
- Chi?! - con un enorme boccone tra le fauci e lui scoppiò a ridere. E quanto amava la sua risata, Hinata. Questi si ricordava la prima volta che l’aveva sentita, anni addietro. Ne era rimasto incantato, a fissarlo a bocca aperta. Un’altra volta, era stato tentanto di chiedergli, voleva sentire la sua risata un’altra volta, ma si era ben guardato dal chiederlo. Pena la morte, di sicuro.
- Oikawa-san e Kuroo-san. - spiegò.
- La Kur--- ahhhhh! - e scoppiò a ridere a sua volta, scendendo dal suo tronco personale e sedendosi sulla credenza al suo fianco.
- Allora, pronto per stasera? - gli chiese con un piccolo sadico ghignetto oltremodo divertito e quella domanda fece tossicchiare nervosamente l’alzatore.
- Verranno proprio tutti? -
- Tuuuutti tutti! - si divertì ad infierire per poi addolcire lo sguardo e allungare una mano ad accarezzargli il volto per poi riprendere a parlare.
- Tobio, è la mia famiglia. E la mia famiglia ti ha sempre adorato, lo sai. -
- Sì, ma… - tentò di obiettare, sollevandosi le maniche della felpa e osservando come l’altro, al solito, indossasse una delle sue.
- Ma…? - lo incoraggiò con lo sguardo a proseguir di parlare, saltando giù dalla credenza e ponendosi di fronte a lui, appoggiandogli le mani sui fianchi.
- Sì, ma questo prima che… prima che sapessero di noi. -
Mamma, cosa non era quando si imbarazzava? L’amore puro. Shoyo gongolò tutto felice dentro di sé.
- Kags – piegando appena la testa di lato – credi davvero che i miei non l’avessero capito anche prima che glielo dicessimo? Viviamo insieme da più di due anni. -
- Sì ma… - eccolo, eccolo! Altra cosa che Hinata adorava: quando imbronciava le labbra – non c’è nulla di strano in due amici che condividono un appartamento, non è detto che lo avessero capito. -
- Seh… come no… Kags, sei troppo ingenuo. - constatò, inarcando un sopracciglio – E comunque, dopo la tua spacconata di due settimane fa, penso che non ci sia più nessuno tra quelli che conosciamo, e non, che non sappia di noi due. Sfido chiunque a non sapere che tu ed io stiamo insieme. - con tono così fiero e pomposo.
- B-boke! -
Ecco, quadro completo: aveva anche voltato il capo di lato, e Shoyo non poté che scoppiare a ridere.
- Boke, per quanto avrai intenzione di darmi il tormento per questa cosa? - eccolo ritornato in asse, lanciandogli un’occhiata a metà tra il biasimo e il sardonico.
- Kags, non ti sto dando il tormento! - rispose serio, spalancando sorpreso gli occhi nocciola – E’ stato bellissimo invece. Hai voluto marchiare il terreno. - eccolo di nuovo che si divertiva a punzecchiarlo, beccandosi una metaforica tirata d’orecchi con sospiro incorporato.
- Non so cosa mi sia successo, guarda… - davvero ancora incredulo.
- Non è una cosa da te, in effetti… anzi, sì! Ho visto altre volte, poche ma le ho viste, in cui ti è scattato il click nella testa e aloha. - facendo uscire una allegra risata genuina di cuore, che gli fece guadagnare uno scappellotto benevolo, mentre Kageyama se lo tirava al petto.
- Tobio credimi che quando alla fine della partita ti ho visto attraversare il campo, dopo essere passato sotto alla rete e dirigerti verso di me, ho temuto mi stessi per riempire di parole o mettermi le mani addosso perché in qualche modo ritenevi che io avessi giocato di merda. Mi son sentito come quella volta nell’amichevole contro la Aoba quando ti ho spedito il servizio direttamente in testa. -
E come scoppiarono a ridere tutti e due a quel ricordo.
- Ohy! A quell’amichevole avevo solo 15 anni e tu facevi schifo come una merda a giocare, per forza mi è partito l’embolo e non son riuscito a trattenermi. -
- Kags! - scoppiando a ridere, mentre continuavano a restare abbracciati.
- E’ vero. -
- Ma vai ancora avanti? - per niente offeso, ovviamente.
 

DUE SETTIMANE PRIMA – PALAZZETTO DELLO SPORT

(Nota tecnica seria: l’ispirazione per questa scena mi è venuta da una striscia che, manco pregando in aramaico antico, son riuscita a ritrovare. Poi io l’ho adatta secondo le mie necessità di copione.

Nota tecnica seria parte seconda: magari per chi non è in pari con le scan del manga e tipo è riuscito a dribblare ogni fan art esistente in merito ai vari skiptime, questo potrebbe essere un piccolo spoiler)

 

Nessuno, tra i loro amici, si sarebbe perso quella partita per niente al mondo.
Si sarebbe trattato della prima volta in cui sarebbero stati sul parquet di gioco da avversari.
La prima volta in cui non avrebbero giocato insieme.
Indipendentemente da come sarebbe andato il risultato, fosse stato solo per la condizione suddetta, era una partita tutta da guardare.
Se poi si somma che fin dal primo punto di Shoyo, Miya Atsumu aveva ben pensato – non si sa per quale “divertente”, divertente ovviamente solo ai suoi occhi, motivo – di cercare di dare il tormento a Tobio, e alla sua pazienza, stuzzicandolo, abbracciando e facendo le feste ad Hinata con fin troppa veemenza ed entusiasmo e lanciando sguardi sardonici all’alzatore avversario per vederne la reazione, ecco: il gioco era fatto.
Per fortuna che Koutarou quando aveva capito che, no: non si trattava di una coincidenza e che ci stava vedendo giusto, ogni volta che vedeva i tentacoli del proprio alzatore calarsi ed appiovrarsi su Hinata, prendeva Miya per la collottola e, senza nessuna delicatezza, lo faceva volare via dal rosso che, leggermente in imbarazzo, lanciava furtivi sguardi oltre alla rete e vedere quale luce brillasse negli occhi blu del proprio ragazzo. E ok, sguardi che fulminano ed uccidono ne abbiamo.
Ed era sempre stato Bokuto, in un time-out, senza cercare di dare troppo nell’occhio che, messosi davanti Miya, gli fece leggere il proprio labiale che recitava qualcosa del tipo Dacci un taglio. E la risposta che si era beccato era stato un serafico Ma è divertente con alzata di spalle laconica da parte dell’altro.
- Non lo è per niente! - cercò di rincarare la dose per poi sospirare affranto.
Merdamerdamerda! Non sono io bravo con queste cose. Keiji dove sei?” pensò sconsolato, ricercando tra il pubblico il suo compagno. Ai tempi in cui giocavano insieme era Akaashi quello bravo a dialogare con gli altri e rinsaldare gli animi.

- Oh, Akaashi penso che il tuo ragazzo sia leggermente in difficoltà e stia cercando di comunicare con te con la sola forza dello sguardo per cercare di aver dei suggerimenti su come risolvere qualcosa. - commentò sardonico Kuroo, indicandolo con un dito, che si trovava seduto a fianco di Keiji.
Ovviamente, anche sullo sparuto gruppo dei sette ragazzi seduti sugli spalti, quella assurda quanto irritante commediola non stava passando inosservata.
- Sì, tipo come cercare di far in modo che Kageyama non sia costretto a spaccare la faccia a Miya prima della fine della partita? – fu la domanda retorica di Keiji, mentre ricambiava lo sguardo del suo compagno e con gli occhi gli stava comunicando che stava tutto andando bene. Più o meno...
- Ah beh, se fossi al suo posto, gliela avrei già spaccata la faccia. - replicò Hajime, incrociando le braccia al petto, mentre Tooru – seduto al suo fianco – portava il busto in avanti – poggiando il gomito sul ginocchio e fissando meditabondo la situazione in campo, stranamente silenzioso.
E anni addietro, in prima liceo, proprio per difendere Tooru, Hajime l’aveva veramente spaccata la faccia ad un tizio. Non che ritenesse che Oikawa fosse uno debole o che avesse bisogno di essere difeso – era conscio del fatto che sapesse benissimo difendersi da solo ed egregiamente anche, sopratutto con la lingua tagliente e il sarcasmo pungente che si ritrovava - ma non ci aveva più visto e gli era letteralmente andato il sangue alla testa. Aveva sentito il famoso click nella testa e prima ancora che si stesse rendendo conto di quello che stava succedendo, il suo pugno aveva impattato sul naso di quel lurido verme, scaraventandolo a terra, sotto lo sguardo sconcertato di Tooru.
- Diciamo che la sua pazienza è ben allenata ad aver sopportato uno come te, Kusokawa, e i tuoi continui tormenti. -
- Grazie Iwa-chan... - sardonico, risvegliandosi dalle sue meditazioni, lanciando un’occhiata di finto biasimo all’altro – Peccato che io non facessi il deficiente con il suo ragazzo. -
- Facevi il deficiente punto. - fu la scontata replica dell’altro, mentre continuava a fissare avanti a sé ma riuscì comunque a vedere Tooru sporgersi verso i tre seduti davanti loro – aka Suga, Daichi e Asahi – e rivolgersi a loro con finto fare cospiratorio.
- Sì, se ve lo foste mai chiesto, Iwa-chan mi adora in realtà. -
Cosa che fece scoppiare a ridere sia Kuroo che il diretto interessato.
- Sì guarda: è proprio quello che ci siamo chiesti fin dalla prima volta che vi abbiamo visti. - replicò a metà tra il serio e il faceto Koushi, cosa che suscitò un altro scoppio di risa da parte degli altri.
- Sei proprio un imbecille senza possibilità di replica, Idiokawa. - con tono come se avesse detto un’ovvietà.
- Vedete? - indicandolo con l’indice e annuendo teatralmente mentre in campo l’ultimo timeout si era esaurito e la partita stava entrando nelle sue battute finali.

Ed ecco, quando il fischio dell’ultimo punto venne sancito da parte dell’arbitro, fu come se la scena in campo si fermasse. Per un attimo, passato il momento di comprensibile esaltazione da parte dei vincitori, fu come se un ipotetico occhio di bue del palcoscenico si fosse puntato tutto solo ed esclusivamente su Tobio, il quale dopo aver socchiuso gli occhi, emettendo una serie di inspiri ed espiri, li aveva riaperti. E fu come se tutti gli attori in scena si fermarono all’unisono dalla sua parte del campo. Si fermò anche l’altra parte del campo quando Kageyama compì solo pochi passi prima di sollevare la rete quel tanto che gli permise di passarci sotto, abbassando solo di poco il busto ed iniziando ad incamminarsi serio e solenne.
Tooru stritolò il ginocchio al suo compagno, che si trovava seduto al suo fianco sinistro; aveva captato immediatamente che stava per succedere qualcosa di epocale. E subito dopo di lui, anche gli altri sei si ammutolirono. In particolar modo quelli che erano stati per un anno suoi compagni di squadra. Avevano giocato insieme solamente per un anno ma avevano imparato a conoscerlo meglio delle loro tasche.

Dal canto suo, Shoyo, vedendoselo avanzare contro, con sguardo indecifrabile anche per lui e passo sicuro, si trovò costretto a deglutire a vuoto. Era durato tutto al massimo una manciata di secondi ma ebbero tutti la sensazione che, contemporaneamente, si fosse trattato di una eternità.
- Kags…? - mormorò appena Hinata quando Tobio gli si fermò davanti, piazzandosi davanti a lui.
Con i sedici centimetri che li separavano, lentamente sollevò il volto fino a portare gli occhi sui suoi. Davvero non si sapeva cosa aspettare. Certo, tutto, ma non quello… Conoscendo Tobio poi! Riservato e discreto com’era.
Quindi ancora non le poté assolutamente capire le sue intenzioni neppure quando Kageyama gli prese il volto tra le mani e lo sollevò ulteriormente verso il proprio. Fu quando sentì i polpastrelli ruvidi dei pollici accarezzargli il viso con delicati movimenti circolari che il suo inconscio realizzò cosa stava per accadere. Da questa realizzazione al trovarsi le labbra del suo compagno sulle proprie fu la frazione di un secondo.
Dio mio, veramente lo stava baciando? Lì, davanti a tutti? In mondo visione?! Per un istante la sua coscienza andò in corto circuito. No dai, non poteva essere! 
Ma chissenn, si intromise l’altra parte della sua coscienza. Le labbra di Tobio sulle sue, i suoi baci, la maniera delicata ma sempre salda con la quale gli teneva il volto tra le mani, erano cose che lo facevano sentire così amato e che lo rendevano così felice; questo contava e null’altro.
E le sue labbra si piegarono in uno dei suoi meravigliosi sorrisi, mentre si solleva sulle punte dei piedi per poter agevolare meglio quel bacio – che si stava mantenendo di una dolcezza unica, non vi era nulla di malizioso e sessuale - intrufolandogli le dita tra i capelli neri per poi, non contento e mentre il sorriso si andò allargando sempre di più, con un agile balzo aggrapparsi a lui, allacciandogli le gambe sulla schiena. E per fortuna Tobio fu svelto a tenerlo saldo mentre si staccavano dal bacio e si guardavo negli occhi divertiti, fronte poggiata l’una sull’altra.
- Tu sei pazzo! - gli sussurrò Shoyo, con l’amore negli occhi, facendolo sorridere adorabilmente imbarazzato mentre proprio non si decideva a farlo scendere.
Cosa gli era successo? Davvero Tobio non avrebbe mai saputo darsi una spiegazione razionale. Gelosia? Senso di voler ribadire il possesso, il fatto che Shoyo fosse suo e solo suo e guai a mettersi in mezzo a loro due? Domande che sarebbero rimaste senza risposta.
Tutto si era svolto nel giro di un battito di ciglia ed era come se l’intero palazzetto avesse trattenuto il fiato, non sapendo cosa aspettarsi e l’unica cosa che si levò fu un coro di ohhhh che valeva più di mille parole.
Ovviamente i loro amici, vecchi e nuovi, sapevano perfettamente che quei due stavano insieme ma fu comunque una sorpresa a dir poco scioccante vedere quella reazione di Kageyama. E fu quando alla fine i due dovette sciogliersi e Kou si era preso subito sotto la sua ala protettiva Shoyo stritolandoselo addosso tutto felice per ciò che aveva visto, dopo aver dato due sonore pacche sulla schiena a Tobio – incrinandogli di sicuro due, ma forse anche tre, costole – che la voce di Tooru si levò come un sussurro.
- Non possiamo lasciarlo da solo... - mormorò mortalmente serio, come raramente capitava di vedere. E gli altri sei capirono immediatamente a cosa facesse riferimento.
Oikawa sapeva benissimo che se ad uno come Hinata – così solare, genuino, coccoloso che si attirava l’affetto e la simpatia di chiunque immediatamente – il pubblico, i suoi fans avrebbero “perdonato” qualsiasi cosa – non che ci fosse nulla da perdonare, sia chiaro, ma si sa a quali livelli può arrivare la grettezza e l’ottusità della gente – ecco che, di per contro, per uno come Tobio – con il suo maledetto talento invidiabile che tante gelosie ed invidie ancora suscitava ed un carattere non propriamente facile ed amabile in chi non lo conosceva – il pericolo che i media, i social gli si scatenassero contro in quella schifosa cosa che era lo shitstorm, era più che palpabile.
I sette ragazzi praticamente si attaccarono alla balaustra degli spalti e quando Kageyama ci passò sotto ecco che lo iniziarono a chiamare a gran voce. E fu solo quando si assicurano che le telecamere gli stessero inquadrando che ognuno, a modo suo, manifestò a Tobio il proprio consenso a gesti e a gran voce.
A loro volta - chi in un campo chi un altro, chi più chi meno - erano personaggi in vista e famosi, quindi far vedere che erano dalla parte di quei due, del loro essere una coppia, in qualche modo poteva essere loro d’aiuto per evitare di trovarsi le proprie pagine o i proprio account intasati di merda. In un mondo dove ancora l’amore tra due ragazzi non era accettato, lo poteva essere ancora meno quello tra due ragazzi in qualche modo famosi.
Tobio, quando si era sentito chiamare – e quelle voci, seppur mescolate tra di loro, le avrebbe riconosciute ovunque – li aveva fissati sorpreso ma sgranò ancora di più gli occhi quando vide ciò che stavano facendo per lui. Infinitamente grato per quei loro gesti, sollevò il pugno chiuso verso di loro a ringraziarli.
E i loro occhi non lo abbandonarono fino a quando non sparì dalla loro vista e tutti, all’unisono, fecero un grosso ispiro.

- Neko-chan, visto che le telecamere ci stanno ancora inquadrando, potremmo anche no... - ma venne interrotto.
- No! Scordatelo, lo sai che sono uno riservato e pudico. - replicò Kuroo ghignando e cacciandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
- Tch! Tu pudico, ma quando mai? -
- Ohy, Sawamura-kun non sei simpatico. -
- Ti ricordo che eravamo tutti presenti a quel ritiro nel quale le nostre tre squadre hanno partecipato. Vi abbiamo sentiti e sgamati in ogni modo e maniera. -
- Ma non è vero! Ci imboscavamo! - tentò di difendersi in qualche modo Tetsurou.
- Sì, mi avete turbato i sogni per non so quante notti. - si divertì a rincarare la dose Keiji. E il fatto che avesse parlato con il suo solito tono serafico rese il tutto ancora più comico.
- Ma senti quell’altro! - esclamarono all’unisono Kuroo e Tooru puntandogli il dito contro, sinceramente sconcertati.
- Io proporrei che per esorcizzare i traumi passati, bisogna proprio andare a bere. E ovviamente paga l’Idiokawa. - proferì Iwaizumi, iniziando ad incamminarsi verso l’uscita.
E si levò un coro di “ci sto” da parte degli altri.
- Iwa-chan, hai mai pensato di creare una rubrica o una pagina dal titolo #sempreunabuonaparolaperOikawaTooru? - fu l’imbeccata sardonica, mentre iniziava a salire gli scalini verso le uscite delle gradinate a sua volta, gettando un’ultima occhiata alle sue spalle.
- Hum, che bella idea… -

 

Impossibile, anche a distanza di tutti quei giorni, non rivivere anche in quella mattina della vigilia di Natale quel ricordo, mentre continuavano a coccolarsi abbracciati, con Shoyo che gli teneva la testa appoggiata sull’incavo del collo posandogli piccoli bacini su quella piccola porzione di pelle scoperta dal collo della felpa e Tobio che gli faceva i grattini sulla nuca. Anche un gesto così semplice era qualcosa che era mancato tantissimo ad entrambi.
Ma se Shoyo stava pensando che, da quel gesto eclatante del suo compagno, ne erano usciti con le ossa più o meno intatte – ovviamente c’era stato qualche imbecille di turno che, sui social, non aveva avuto niente di meglio da fare che insultarli con frasi di scherno e da trogloditi per il fatto che stavano insieme ma immediatamente tali imbecilli erano stati zittiti dalle tante manifestazioni di affetto e solidarietà da parte di sconosciuti e non – ecco che Tobio era concentrato su qualcosa di molto più spaventoso per lui. La cena della vigilia di Natale con la famiglia, l’intera famiglia! - di Hinata.
Si ricordava perfettamente quando, qualche sera prima, mentre erano in video chiamata mentre stavano cenando, Shoyo gli aveva dato la bella notizia, tutto entusiasta.
- Eh? – aveva ribattuto lui, con le bacchette a mezz’aria, convinto di aver capito male. – Eh?! – aveva poi richiesto poggiando le bacchette sul tavolo.
- Sìììì! Non è una bellissima idea? -
- Seh… fantastica… -
- Hanno già prenotato un albergo, mi hanno assicurato che non pianteranno le tende a casa nostra. -
- Hum-hum… - già nel panico più totale sentendo un brivido ghiacciato corrergli giù per la schiena ma poi aveva guardato negli occhi nocciola il suo adorato e aveva abbozzato un mezzo sorriso anche lui.

Ed ora eccoli là, la mattina di quella fatidica giornata. E con il frigo completamente vuoto.
Ecco perché ora si trovavano al supermercato vicino al loro appartamento e pronti a far incetta di tipici prodotti natalizi. Ovviamente, tra i due, era Tobio quello che aveva cura e attenzione nel cucinare e, di conseguenza, anche la cura nello scegliere gli ingredienti migliori da abbinare tra loro. Infatti, eccolo che si muoveva con la sua solita solerzia ed efficienza tra le corsie, cercando di coinvolgere in qualche maniera Shoyo, tipo chiedendogli qualche salmone fosse meglio scegliere o quale ananas gli sembrava più maturo. A lui?! A lui che non aveva la più pallida idea nemmeno di come si facesse a togliere la scorza a quell’ananas! Ma Hinata – come gli era proprio per carattere – si stava impegnando seriamente in quella delicata scelta.
- Allora, vediamo… - iniziò a farfugliare mentre annusava i due frutti che l’altro gli aveva messo in mano, saggiandone il peso e la consistenza. Era ormai diventata una questione d’onore e non voleva sfigurare nei confronti dell’altro tanto che Tobio aveva già praticamente finito di fare la spesa che lui era ancora là, indeciso su quale dei due scegliere attirandosi tutte le simpatie delle vecchiette che gli davano suggerimenti in merito e che Hinata stava lì ad ascoltare attentamente.
A vederlo dal di fuori, con il cappello in testa, tuta da ginnastica, circondato da tutte quelle solerti donnine che gli ronzavano attorno e che lui ascoltava attentamente con il suo solito sorriso solare in grado di conquistare chiunque subito, lo fece sorridere teneramente
- Hai deciso? – gli chiese.
- Hum! – fu la replica mentre gli cacciava nel carrello la sua scelta, con un orgoglio malcelato che fece sorridere ancora più teneramente l’altro.
Una volta usciti, dopo aver ricevuto gli auguri dalla cassiera e gli ultimi suggerimenti culinari dalle onnipresenti nonnine, ecco che entrambi si sentirono catapultati in una sorta di altra dimensione. Magica, natalizia.
- E’ stato davvero divertente fare la spesa, no? - se ne uscì dal nulla, tanto che Tobio si girò a guardarlo, per poi annuire.
- Sì. – 
Ed erano ancora immersi nel loro pensieri che Tobio andò a sbattere sulla schiena di Shoyo che si era fermato estasiato a guardar in una vetrina di giocattoli il modellino di un treno.
- Kags, guarda: non è a dir poco meraviglioso? – gli chiese indicandogli il trenino che correva sui binari e lui si piegò a sua volta per osservare attentamente, così come si mise a osservare poco dopo il volto dell’altro e l’entusiasmo che gli brillava negli occhi e sarebbe qui inutile dire che nel pomeriggio, nel momento in cui avevano finito di ultimare tutti i preparativi per la cena e Shoyo era andato a farsi una doccia, Tobio aveva fatto una fuga silenziosa degna di un galeotto al negozio di giocattoli a recuperare al suo adorato proprio quel trenino.
Ed era ritornato a casa giusto in tempo e, sempre giusto in tempo, era riuscito a nascondere il pacco incriminato dentro all’armadio prima che Shoyo facesse il suo ingresso in camera ignaro di tutto. Il regalo gliel’avrebbe dato quella notte, quando sarebbe rimasti solo loro due.
E per fingere noncuranza, ecco che Tobio si piantò davanti all'armadio, indeciso su come vestirsi.
- Mi dovrei mettere giacca e camicia secondo te? Che in ogni caso non avrei ma dettagli. – gli chiese perplesso girandosi verso di lui che era seduto sul letto.
- No, perché? – fu la replica di Shoyo - Amore: siamo in famiglia stasera. E se non si può stare tranquilli e rilassati quando si è in famiglia, che famiglia è? -
Alche Kageyama aveva sorriso e gli si era seduto accanto sul letto, girandogli il viso per baciarlo. Semplicemente adorava quando Hinata lo chiamava “amore” perché gli usciva con una naturalezza incredibile. Ed era ancora perso in questi dolci pensieri che non si accorse subito di ciò che Hinata stava facendo. O meglio: cosa stava tirando fuori dal comodino.
Il lieve sorriso di Tobio morì lentamente sulle sue labbra.
- Shoyo, no… -
- Kags, ti prego! - strofinandogli la testolina rossa sul petto – Sono di coppia poi, se tu non metti il tuo, non ha senso che io metta il mio. -
Oddio, no! Non quegli orrendi maglioni natalizi al limite del trash, no! Pensò Kageyama con una punta di panico dentro di sé.
- Tobio… - eccoli! Di nuovo quegli occhioni da cerbiatto che lo fissavano speranzosi. E sapeva di aver perso in partenza.
Da quando Tobio non era più stato in grado di dire di no a Shoyo?
Semplicemente da sempre.
 

FINE

 

E niente: la KageHina è la dolcezza pura e preziosa perenne.
Baci baci e a presto prestino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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