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Autore: Roscoe24    29/12/2020    2 recensioni
"Arthur sapeva essere estremamente premuroso, quando non si comportava come un totale babbeo.
E questo pensiero fece sfarfallare il cuore di Merlin, in un modo che lui decise volutamente di ignorare per tutta una serie di innumerevoli motivi (...). Non poteva innamorarsi del suo capo. Sarebbe stato poco professionale, decisamente poco etico, e oltraggiosamente scontato."
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Arthur aveva una volontà di ferro.
Era stato cresciuto in modo che fosse così. Suo padre gli aveva sempre insegnato a perseverare, a raggiungere gli obiettivi ad ogni costo. Il sacrificio e l’impegno erano ciò che portava verso i risultati.
Non sempre era facile, anzi non lo era mai, ma se ci si mette la volontà, si può arrivare ovunque.
Questo principio valeva per ogni cosa della vita.
O almeno, questo era quello che Arthur aveva sempre creduto.
Avrebbe dovuto sapere che la vita in realtà è piena di cavilli e postille, quelle piccolissime regole scritte in fondo ad ogni contratto, in un carattere talmente minuscolo che nessuno legge e poi viene fregato in un successivo momento perché, appunto, prima di firmare una qualsiasi cosa bisogna leggere le dannate postille e i maledetti cavilli.
Il suo cavillo personale era Merlin Emrys. E dal momento che non ricordava di aver firmato nulla che prevedesse di essere fregato da qualcuno con un bel paio d’occhi blu e i modi irriverenti, poteva dire di essere stato raggirato per bene da un destino beffardo e un tantino infido.
Merlin era entrato nella sua vita per puro caso, un anno prima. Era il periodo delle nuove assunzioni e suo padre riteneva che fosse opportuno per lui, dal momento che era un socio senior, avere un assistente. E Uther aveva scelto Merlin, sotto consiglio di Gaius, suo fidato collega da anni.
Gaius era il medico legale, che lavorava insieme ad Uther da quando Arthur ne aveva memoria. Era il fratello maggiore della madre di Merlin, Hunith, e aveva garantito che Merlin, fresco di laurea, avesse voglia di farsi esperienza.
E quindi era finito a lavorare per Arthur.
Probabilmente, ora che ci faceva caso, colui che gli aveva metaforicamente fatto firmare un contratto pieno di postille a base di fregatura colossale era Gaius.
Forse avrebbe dovuto licenziarlo.
Causa del licenziamento: per colpa sua, Arthur si era scoperto a provare sentimenti per un certo Emrys.
Non era credibile, come motivazione. Né tanto meno sarebbe stata opportuna, o professionale.
E poi Gaius era un valido membro dello studio. Lui stava solo vaneggiando in preda all’ansia che certi pensieri gli provocavano.
Provare qualcosa per Merlin, pff. Era ridicolo.
Merlin era sbadato e imbranato, sembrava avesse costantemente la testa fra le nuvole. Arrivava in ritardo due volte su tre, doveva sempre avere l’ultima parola e aveva la capacità di fargli saltare i nervi con la sua insistenza.
Aveva un’irrazionale paura dei topi, solo perché aveva letto su Internet che possono nutrirsi di carne umana.
Merlin leggeva un sacco di idiozie. Arthur non poteva provare qualcosa per qualcuno che crede a determinate stupidaggini!
Una volta gli aveva persino mandato un messaggio con il link dell’articolo per avvalorare la sua tesi e Arthur ancora ricorda cosa gli aveva risposto.
> Dormi, Merlin, sono le tre del mattino, che diavolo ci fai sveglio?
  Se domani non arrivi puntuale, è la volta buona che ti licenzio!
> E tu che ci fai sveglio, invece? Il tuo enorme ego occupa troppo spazio nel letto e ti senti schiacciare?
> Rettifico: sei licenziato, domani non presentarti nemmeno.
> Scusa.  Posso venire al lavoro, domani? Arriverò puntuale, promesso.
> La puntualità non basta.
> Puntualità e caffè, invece? Bastano?
> D’accordo, sei perdonato per la tua impudenza.

Arthur era sicuro che quel messaggio avesse fatto alzare gli occhi di Merlin al cielo.
> Buonanotte, Arthur.
> ‘Notte, Merlin.

Il fatto che si ricordasse a memoria il loro scambio di messaggi non significava niente. Non è che uno prova qualcosa per qualcun altro solo perché si ricorda esattamente cosa si sono detti mesi fa, giusto?
Arthur aveva voglia di gettarsi dalla finestra. Tutta questa sensazione gli faceva provare un forte senso di disagio, verso sé stesso, verso chi suo padre si aspettava diventasse.
Arthur aveva soppresso questo lato di sé per così tanti anni che non aveva nemmeno imparato a gestirlo, a conoscerlo. Non sapeva nemmeno chi fosse l’Arthur che poteva ammettere con tranquillità di essere bisex, perché quell’Arthur era stato soppresso dalle parole di Uther anni indietro, quando gli aveva espressamente inculcato che avrebbe dovuto trovarsi una moglie che avrebbe garantito la continuazione del nome di famiglia.
Quando ti senti ripetere lo stesso mantra per tutta la tua vita, capisci fin da subito qual è la strada che si aspettino tu percorra. E quella strada di certo non prevedeva l’interessamento per un uomo.
Arthur sospirò, afflitto.
Non capiva perché, dopo anni, si sentiva irrequieto. Aveva rinunciato da tempo alla possibilità di provare qualcosa per un uomo. Aveva imparato, negli anni, a toglierli automaticamente dalle sue possibilità. Perché adesso doveva essere diverso? Perché adesso risultava così difficile lasciar perdere?
Perché Merlin è speciale.
Lo era davvero. Era diverso da chiunque avesse mai incontrato. Merlin, inconsapevolmente, attirava la gentilezza di tutti. Veniva quasi naturale a chiunque comportarsi in maniera più gioviale, quando lui era in una stanza, perché era talmente solare da risultare contagioso.
Era sincero, a volte da far male, ma le sue parole avevano il potere di riuscire a cambiare le persone. Lo stesso Arthur era cambiato, da quando lo conosceva. Era migliorato. Aveva imparato a guardare le cose con gli occhi di Merlin, trovandosi spesso a notare dettagli che, senza la sua prospettiva, non avrebbe mai notato. Merlin era dotato di una sensibilità profonda e di un’intelligenza acuta che lo rendevano unico nel suo genere.
E Arthur… Arthur provava qualcosa per lui. Non sapeva che nome dare ai suoi sentimenti, anche perché lo terrorizzavano a tal punto che avrebbe preferito relegarli in un angolo remoto di sé.
Si sarebbero rassegnati, quei sentimenti, proprio come si era rassegnato lui anni prima.
Niente uomini, nella sua vita, Uther non avrebbe mai approvato.
E allora, altro non gli rimaneva da fare che osservare Merlin e guardare ciò che non avrebbe mai potuto avere. L’occasione sfumata di una felicità così profonda da risultare surreale. La sua occasione di poter amare sinceramente ed essere amato, nel caso fortuito in cui Merlin avesse ricambiato. Ma sapeva che non poteva avere niente di simile, non con lui, almeno.
E una parte di sé gli fece notare che se non poteva averla con Merlin, questa felicità, allora non l’avrebbe voluta con nessun altro.
Nessuno era come lui. E tentare di provare gli stessi sentimenti per qualcun altro sarebbe stato come cercare di intrappolare la luce con le mani: inutile e insoddisfacente.
Una profonda tristezza lo invase. E si impegnò con tutto sé stesso per scacciarla, buttandosi nuovamente sul suo lavoro. Forse, pensare ad altro, l’avrebbe aiutato a stare un po’ meglio.
Forse.






*





Quella sera stessa, Merlin si trovava a casa di Arthur.
Stavano ancora lavorando al loro caso clandestino, esaminando faldoni di fogli da cui sembrava fosse destinato ad uscire solamente il nulla più assoluto. Il caso c’era, ma mancavano le prove sostanziali per costruirlo. Le informazioni raccolte fino a quel momento avevano portato ad una serie di prove circostanziali che l’avvocato della difesa avrebbe massacrato in una manciata di minuti in tribunale.
Serviva qualcosa di solido, qualcosa che avrebbe portato una svolta, qualcosa come…
“Arthur?” Merlin, seduto a gambe incrociate sul tappeto davanti al camino, si alzò per dirigersi da Arthur, che invece stava esaminando i fogli sul caso seduto al tavolo. Si erano divisi in quel modo per riuscire ad esaminare più informazioni possibili. Il tavolo, così come il pavimento intorno a dove era seduto Merlin poco prima, erano ricoperti di carta, quasi come se un bambino particolarmente esuberante avesse lanciato a terra dei coriandoli giganti.
Arthur, seduto, alzò lo sguardo su Merlin, che si trovava in piedi al suo fianco. L’assistente gli piazzò sotto il naso il foglio che aveva trovato, quasi come se fosse una specie di Sacro Graal.
“Leggi qui.” Gli indicò un punto specifico con l’indice. “Una volta una vicina ha chiamato la polizia perché ha sentito delle urla. Quando la polizia è arrivata, il marito di Annabelle ha mandato via gli agenti. È una pista un po’ azzardata, ma la vicina potrebbe anche aver visto qualcosa. In quel caso avremmo una testimone. Se è disposta a parlare, potremmo avere un elemento solido per la costruzione del caso.”
Merlin parlò tutto concitato, cercando di non far trapelare troppo la sua emozione o lasciarsi andare a speranze vane. Come aveva detto, era una pista azzardata. Lo sapeva lui e lo sapeva Arthur. Quello che non sapeva era come avrebbe reagito Arthur a quella nuova scoperta. Di certo non si aspettava di vederlo alzarsi dalla sedia, afferrargli il viso tra le mani e premere le sue labbra contro le proprie.
Merlin si scansò da quel contatto come se Arthur avesse appena provato a bruciarlo vivo. Fece un passo indietro. Sentiva il cuore che gli martellava nel petto e il respiro che si era fatto più veloce.
Si guardarono in silenzio per un lungo attimo, studiandosi.
Merlin sapeva che nulla di tutto questo aveva davvero un senso. Sapeva che razionalmente aveva fatto bene a tirarsi indietro. Allontanarsi era la cosa giusta da fare. Per entrambi. Allora perché Merlin si stava di nuovo avvicinando a lui? Perché i suoi piedi avevano fatto un passo in avanti ancora prima che lui decidesse effettivamente di farlo e, ancora, perché le sue mani erano già sul viso di Arthur e lo stavano tirando a sé?
Perché lo stava baciando?
Perché lo voleva. Lo voleva da così tanto tempo che non si era nemmeno reso conto che rischiava di essere consumato da quel desiderio, da quella curiosità di sapere che sapore avessero le labbra di Arthur. E Dio, se erano deliziose.
Era bastato un semplice contatto per azzerare tutto, silenziare ogni sua voce razionale che gli gridava che questa era una pessima idea, semplicemente perché niente gli sembrava pessimo se le mani di Arthur scivolavano lungo la sua schiena e lo spingevano contro il suo petto.
Merlin aveva la sensazione di essere ebbro. Sentiva il proprio corpo che aderiva perfettamente a quello di Arthur, andandosi ad incastrare ad esso in modo perfetto, come le due famose metà della mela, come due facce della stessa medaglia. Diversi, ma complementari. Ed era certo che il suo cuore sarebbe esploso da un momento all’altro.
Era sicuro che non ne avrebbe mai avuto abbastanza di Arthur e dei suoi baci. Si sentiva ridicolo al solo pensiero, ma non poté fare a meno di sentirsi come il protagonista di una di quelle commedie romantiche esageratamente sdolcinate, dove alla fine, in un modo del tutto surreale e irrealistico, l’amore arriva. E vince, e…
“Questo non è mai successo, giusto? Domani ci saremo dimenticati tutto.”
…E Merlin si sentì uno stupido. Il mondo gli crollò addosso nel momento esatto in cui quelle parole lasciarono le labbra di Arthur, gonfie di baci. Avevano un altro sapore, adesso, quelle labbra. Un sapore amaro, che sapeva di rifiuto. Merlin si era lasciato andare ai suoi sentimenti, aveva lasciato che gli offuscassero la mente senza prima domandarsi perché Arthur avesse reagito in quel modo. Senza ricordarsi che Arthur, per lui, non provava altro che amicizia.
Si allontanò da lui, di nuovo, e questa volta ebbe come la sensazione che Arthur gli avesse pugnalato il cuore. Riusciva quasi a percepirlo sanguinare. Avrebbe voluto darsela a gambe levate, fuggire in preda alla vergogna per essere stato così ingenuo e credulone.
Arthur gli aveva dato un bacetto e lui aveva abbassato tutte le sue difese, rendendosi vulnerabile. In quel momento, Merlin si detestò. E detestò anche realizzare quanto fosse immenso il potere che Arthur aveva su di lui.
Era bastato davvero un misero gesto e lui aveva abbassato ogni sua difesa.
“Ma certo.” Merlin sputò quelle parole con astio. I suoi occhi fissarono quelli di Arthur e lo guardarono in un modo che nessuno dei due pensavano sarebbe mai stato possibile: rancore.
Merlin era stato ferito e Arthur si rese conto di quanto male gli avesse fatto nel momento in cui venne guardato in quel modo.
“Merlin, io… cerca di capire, ti prego.” Si allungò verso di lui, cercando di afferrargli una mano, ma Merlin si ritirò bruscamente, deluso e addolorato.
“E cosa dovrei capire esattamente, mh? Che hai deciso da un giorno all’altro di prenderti gioco di me? Sei solo un arrogante egoista!” gridò e quelle parole cariche di rabbia ebbero il potere di accendere anche quella di Arthur.
“Io sarei l’egoista!” urlò a sua volta, puntandogli un dito contro, ma senza toccarlo. “Non hai idea a cosa io abbia rinunciato! Non tutti hanno la fortuna di avere qualcuno come Hunith! Tua madre accetta chi sei, mio padre no!”
Merlin rimase un attimo stordito da quelle parole. Gli entrarono nel cervello come una freccia che viene conficcata con prepotenza dentro ad un ciocco di legno. Arthur aveva appena fatto outing con lui? Gli aveva appena confessato una vita di negazione verso sé stesso? Una parte di lui avrebbe voluto abbracciarlo, confortarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene.
Ma il dolore del momento ebbe il sopravvento su qualsiasi cosa. E lo lasciò immobile, davanti ad Arthur, capace solo di formulare un’unica domanda: “Quindi questo cos’era?”
“Qualcosa che mio padre non approverebbe.”
“Quindi era il capriccio di un momento? Sono una distrazione da una vita in cui ti senti intrappolato?” Merlin sentì le lacrime che cominciavano a pungergli gli occhi. Le ricacciò indietro. Non voleva che Arthur lo vedesse più vulnerabile di quanto non l’avesse già visto, quella sera.
Arthur rimase in silenzio, così Merlin decise che ne aveva avuto abbastanza. Si voltò e si diresse verso l’uscita di quella casa a passo spedito. Non si voltò nemmeno quando udì la voce di Arthur che lo richiamava.
Era troppo tardi. Aveva già avuto la sua risposta. Adesso l’unica cosa che desiderava era stare solo.





*



Il week-end era passato.
Era mercoledì, Merlin non andava al lavoro da tre giorni e Arthur era agitato.
Diciamo pure che era insopportabile, ingestibile e tutti avevano cominciato ad evitarlo. L’assenza di Merlin lo destabilizzava e ancora di più lo destabilizzava il suo silenzio. A niente erano serviti gli infiniti messaggi dove gli chiedeva se potevano parlare e ovviamente non aveva risposto nemmeno ad una delle sue numerose chiamate.
Aveva deciso di smettere, se non altro per non risultare patetico, ma voleva davvero sentire come stesse e parlare per chiarire quella situazione, o quanto meno avere la possibilità di scusarsi.
Merlin non meritava qualcuno incasinato come lui. Meritava qualcuno che avrebbe potuto amarlo liberamente, alla luce del sole, qualcuno che gli avrebbe potuto dare tutto ciò che c’è di bello in una relazione.
L’unica cosa che Arthur poteva dargli era segretezza e un periodo limitato della sua vita, prima che trovasse una donna con cui convolare a nozze.
Era una situazione di merda. E lui iniziava ad essere stufo marcio di dover seguire una strada che lo rendeva estremamente infelice e lo allontanava, invece, da Merlin, che ormai era diventato, senza dubbio alcuno, il custode della sua felicità.
Arthur era frustrato, abbattuto e aveva voglia di prendere a pugni qualcosa. La sua vita era una trappola che lo stava soffocando e non si era reso conto di quanto si sentisse in gabbia fino a quando non aveva perso l’unica cosa che gli permetteva di respirare veramente.
Merlin, da quando si erano incontrati, era stato la sua dose d’aria pura in una vita che gli era stata cucita addosso. Il suo mestiere gli piaceva, l’idea di guidare lo studio in un futuro, anche, ma non gli piaceva l’aspetto sentimentale della faccenda – un aspetto che suo padre aveva sempre scelto per lui.
E Arthur era stanco di vivere una bugia. Sospirò. Doveva trovare il coraggio per essere finalmente padrone di sé stesso e doveva trovare un modo per chiarire con Merlin.
Afferrò il cellulare, con l’intenzione di mandargli l’ennesimo messaggio, ma una chiamata in arrivo interruppe ogni sua intenzione.
“Si può sapere cos’hai in testa, principessa? Ti è andato di volta il cervello?”
“Ciao, Gwaine.”
“Ciao un corno, Arthur. Dobbiamo parlare. E sai che dobbiamo farlo.”
“Perché suona come una minaccia?”
“Perché lo è. Ci vediamo stasera. Non pensare di darmi buca, perché altrimenti vengo da te e ti trascino fuori da quel castello che chiami casa, intesi?”
Arthur alzò gli occhi al cielo. “Posso almeno sapere perché questa urgenza?”
“Se devi chiederlo, sei più stupido di quanto abbia mai creduto!”
“Sta’ zitto. Ci vediamo stasera.”
“Sarà meglio, principessa.”
Arthur, sorvolando sul soprannome che si portava appresso da anni, ormai, riattaccò. Si era fatto un’idea del perché Gwaine volesse parlargli.
Ed era certo che c’entrasse Merlin.





*




Gwaine era per certo uno dei suoi più vecchi amici. Si erano conosciuti da ragazzini, al liceo. Il padre di Gwaine era il preside della scuola privata che frequentava Arthur e, anche se non era poi così ricco da potersi permettere la retta, essere il preside gli dava certi vantaggi, tra cui la possibilità di far frequentare la scuola al figlio.
Gwaine era diverso da tutti quei ragazzini con la puzza sotto il naso già a quattordici anni. Era sincero e onesto, con un animo un tantino ribelle, e nessun pelo sulla lingua. Il loro primo incontro era stato per un caso fortuito in cui Arthur si era trovato coinvolto in una lite con un suo compagno di classe, non ricorda nemmeno per cosa, e Gwaine era intervenuto mettendosi dalla sua parte.
La loro amicizia era nata in quel preciso momento e con essa erano arrivati tutti i privilegi – e non – di avere un amico come Gwaine, incapace di stare zitto per più di due secondi, ossessionato da ogni tipo di cibaria, amante della birra e delle donne e con la petulante propensione a chiamarlo principessa.
Ma nonostante questo, non l’avrebbe cambiato con nessuno al mondo. Era uno dei suoi amici più sinceri, qualcuno con cui riusciva a parlare a cuore aperto.
Gwaine era l’unico a sapere la verità sul suo orientamento sessuale e non ne aveva mai fatto parola con nessuno perché sapeva che Arthur non voleva si sapesse.
Ed era l’unico, quindi, che avrebbe potuto capire la situazione incasinata che stava vivendo con Merlin. Era certo che fosse per questo che l’avesse convocato in uno dei pub preferiti. Sicuramente sospettava qualcosa.
“Quindi, Merlin.” Cominciò, non appena si sedettero ad uno dei tavoli liberi. Gwaine era fatto così, andava dritto al punto senza passare per inutili convenevoli. Se doveva dirti qualcosa lo diceva senza mezzi termini.
Un cameriere si avvicinò al loro tavolo e Arthur ordinò due birre. Quando il cameriere si allontanò, lui tornò a guardare Gwaine.
“Toglimi una curiosità. Come fai a sapere cosa è successo?”
“Non so cosa sia successo, ma ho sentito Merlin, ieri. Sembrava di parlare con un morto. Quando gli ho chiesto il motivo del suo malumore si è limitato a dirmi che ha avuto problemi al lavoro. Gli unici problemi di Merlin al lavoro possono essere causati da te. Cosa gli hai fatto?”
Arthur, in altre circostanze, avrebbe sorriso. Gwaine era estremamente protettivo con Merlin. Erano diventati amici fin dalla prima volta che si erano incontrati e ad Arthur faceva più piacere di quanto avrebbe mai ammesso che quei due andassero d’accordo.
In questa specifica circostanza, tuttavia, il tono d’accusa nella voce di Gwaine altro non fece che ricordargli quanto male avesse fatto a Merlin con il suo comportamento.
“L’ho baciato.” Disse, perché sentiva davvero il bisogno di parlarne con qualcuno e sapeva che Gwaine l’avrebbe capito. Poteva fidarsi di lui, negli anni gliene aveva dato prova una miriade di volte.
Il cameriere tornò con le loro birre e si allontanò nuovamente. Arthur ne bevve immediatamente un lungo sorso.
“Sto aspettando il resto della storia, principessa.”
Arthur fissò l’interno del suo boccale, quasi come se la schiuma della birra potesse dargli le risposte giuste.
“E all’inizio si è tirato indietro, stavo per chiedergli scusa, convinto di aver fatto una cazzata, ma poi si è sporto verso di me e mi ha baciato. Ed è stato tutto meraviglioso e così intenso e–”
“Risparmiami i dettagli. La parte dove vi provocate un’erezione a vicenda è abbastanza ovvia. Salta alla parte dove combini un casino.” 
Arthur gli riservò un’occhiataccia fulminante, le guance rosse per l’insinuazione di Gwaine. “Sei insopportabile quando ti comporti in questo modo.”
“E tu sei uno stupido a rovinare la prima cosa bella che ti capita dopo anni. Forza, dimmi che gli hai detto.”
Arthur incassò in silenzio. Sapeva che Gwaine aveva ragione. “Io gli ho detto che avremmo fatto finta che non fosse mai successo niente.” Ammise, avvilito. Dirlo ad alta voce per la seconda volta lo faceva sentire ancora più idiota di quanto già non si sentisse.
“Non ti rendi conto di come sei, in sua presenza, vero? Ma io sì. Sei più felice e più rilassato. Diventi persino una persona piacevole, quando lui è nei paraggi.”
Arthur gli mostrò il dito medio, ma non negò. Merlin lo rendeva un uomo migliore. Aveva fatto quasi una magia su di lui e sul suo caratteraccio. Ma Arthur era talmente orgoglioso, accidenti, che mai l’avrebbe ammesso ad alta voce. Era già un progresso il fatto che lo stesse ammettendo a sé stesso.
“Se l’hai baciato, Arthur, un motivo c’è. Chiediti perché l’hai fatto.”
“Perché volevo. Eravamo impantanati in questo caso che sembrava un rompicapo senza uscita e lui era lì, con una possibile soluzione in mano. E allora ho realizzato che in realtà lui è sempre al mio fianco, indipendentemente dalla situazione, bella o brutta che sia. E mi è venuto istintivo baciarlo perché era esattamente dove volevo che fosse: al mio fianco. Lo voglio vicino costantemente, e so di suonare come il più egoista degli stronzi, perché non si merita uno incasinato come me.”
Gwaine fece un respiro profondo, pieno di comprensione. “Ti ricordi il tuo primo anno di università? Mi avevi raccontato che c’era un tuo compagno di corso che ti piaceva, ma hai lasciato perdere perché non ti sentivi pronto ad affrontare Uther. E va bene, nessuno ti incolpa, per questo. Ma voglio chiederti una cosa: lasceresti andare Merlin, pur di non affrontare tuo padre?”
La risposta rotolò giù dalla lingua di Arthur con una facilità disarmante. “No. Non accetterei di perderlo.”
“E allora fai qualcosa di concreto al riguardo. Parla con Merlin, spiegagli come stanno le cose e poi affronta tuo padre. Credo che tu sia pronto, Arthur, e credo che in fondo lo sappia anche tu.”
Arthur sospirò. “Sai, se non ti conoscessi penserei addirittura che tu sia un uomo saggio, ma sfortunatamente ti conosco e so che non è così.”
“Sta’ zitto e finisci la birra. Hai una cosa importante da fare.”
Arthur sapeva che aveva ragione. Finì la birra, pagò per entrambi, e salutò Gwaine. Una volta fuori dal pub, recuperò la sua macchina e si diresse all’indirizzo di casa di Merlin.
Doveva parlargli. Sperò solo che Merlin fosse disposto ad ascoltarlo.





*



Arthur, con ogni probabilità, aveva infranto qualche limite di velocità. Senza contare che se l’avessero fermato il suo tasso alcolico sarebbe risultato compromettente al punto da provocargli una multa per stato di ebbrezza.
Ma poco gli importava.
La cosa più importante era parlare con Merlin, spiegargli tutta la situazione. Sarebbe stato facile, pensava. A lui veniva facile parlargli come mai gli era venuto con nessun altro. Non aveva filtri, con lui, riusciva a parlargli a cuore aperto di qualsiasi cosa. Era l’unico con cui riusciva a parlare di sua madre ed essere sincero al riguardo, esternare quanto la sua assenza lo lacerasse dentro e quanto il senso di colpa lo divorasse.
E Merlin sapeva sempre cosa dire per farlo sentire meglio, per alleggerire quel peso sulle spalle e sul cuore che a volte sembrava gli impedisse addirittura di respirare.
E se esiste una persona al mondo in grado di farti provare un tale senso di pace, sia con il mondo che verso te stesso, allora cosa ci può essere di sbagliato in determinati sentimenti?
Uther avrebbe dovuto capirlo.
Sospirò e scacciò quel pensiero. Una cosa alla volta. Prima avrebbe parlato con Merlin, poi avrebbe affrontato suo padre e le sue rigide idee. Già sentiva le sue urla perforargli i timpani.
Parcheggiò nel primo posto disponibile che trovò per pura fortuna e uscì dall’auto. Raggiunse il portone del palazzo dove si trovava l’appartamento di Merlin e suonò al citofono.
“Chi è?”
Arthur aggrottò la fronte. “Lancelot?”
“Arthur?” Lo stesso stupore si rifletté nella voce del suo interlocutore.
“Cosa ci fai a casa di Merlin?”
“Sono venuto a trovarlo?” Rispose retoricamente l’altro. “Cosa ci fai tu, qui, piuttosto.”
Impertinente. Lancelot gli piaceva, in genere. Non gli piaceva quando stava appiccicato a Merlin.
“Devo parlare con Merlin.”
Un silenzio un po’ troppo prolungato per non risultare sospetto gli fece stringere lo stomaco. Forse Merlin era lì, in ascolto, e aveva bellamente deciso di ignorarlo. O forse lui e Lancelot stavano silenziosamente pianificando di lanciargli una secchiata d’acqua gelida dalla finestra, per mandarlo via come un molesto gatto randagio.
Merlin non avrebbe mai fatto del male ad un animale, quindi scacciò quell’ipotesi. Certo era che lui non era un gatto e l’aveva ferito profondamente, quindi forse la secchiata d’acqua gelida in pieno inverno non era totalmente da escludere.
“Per favore.” Sussurrò al silenzio. Non era certo che qualcuno fosse ancora in ascolto, ma voleva tentare. Aveva combinato un casino e non si sarebbe arreso fin quando non vi avrebbe porto rimedio. Indipendentemente da come sarebbe finita quella situazione, voleva un unico esito: farsi perdonare da Merlin.
Stava per suonare di nuovo il citofono, quando sentì la serratura del portone scattare. L’aprì con più veemenza del necessario e si fiondò sulle scale. L’ascensore di quel palazzo era rotto da mesi, quindi Arthur rinunciò alla possibilità di prenderlo in partenza. Merlin viveva al terzo piano. Arthur si fece tre rampe di scale, salendo gli scalini a due a due per fare prima. Quando arrivò davanti alla porta dell’appartamento che gli interessava, notò che Merlin lo stava aspettando. E sapeva che era arrabbiato con lui, ma vederlo dopo tre giorni gli alleggerì in automatico il cuore, che poi prese a correre un po’ più veloce – e poco c’entrava il fatto che avesse corso per gli scalini come un matto.
Era Merlin a fargli quell’effetto.
“Ciao.” Lo salutò, perché in quel momento il suo cervello si era un attimo azzerato e quella sembrava l’unica cosa fosse in grado elaborare.
Merlin incrociò le braccia al petto. Indossava una felpa blu almeno due taglie in più del necessario e un paio di pantaloni della tuta. “Se fosse stato per me, ti avrei lasciato ibernare fuori. Ma Lancelot mi ha convinto ad ascoltarti. Hai cinque minuti.”
Non un ottimo inizio, ma un po’ se lo meritava. “Posso entrare?”
“No. Parla.”
Arthur fece un passo verso di lui. “Merlin, per favore.”
Merlin lo guardò. Era furioso con lui per come si era comportato, per aver detto quello che aveva detto. Quella frase gli risuonava in testa da giorni e aveva ancora il potere di ferirlo. Ma anche quando era in collera con lui, non riusciva a non assecondarlo, non quando lo guardava in quel modo, quasi lo stesse supplicando di essere ascoltato.
“D’accordo, entra. Ma hai comunque cinque minuti.” Merlin entrò per primo e Arthur lo seguì. Era stato a casa di Merlin tantissime volte, ma quella volta in particolare entrò quasi in punta di piedi, come se, per la prima volta da quando si conoscevano, lui non avesse il diritto di trovarsi lì. Nel tragitto verso la camera di Merlin, incrociò Lancelot e lo salutò con un cenno del capo. Adesso che sapeva che era lui il motivo per cui Merlin aveva deciso di ascoltarlo, gli piaceva un po’ di più.
Quando furono nella camera di Merlin, Arthur si chiuse la porta alle spalle. Quella stanza rispecchiava il proprietario perfettamente. Era discreta ed estremamente accogliente. Trasmetteva una certa quiete e calore, anche se era abbastanza disordinata. C’erano libri e DVD sparsi ovunque, insieme ad una serie di fotografie attaccate con lo scotch e senza cornice al muro. Arthur notò che ce n’era una che raffigurava anche loro, insieme. L’aveva scattata Gwen, un giorno al lavoro. Si era presentata con la sua nuova macchina fotografica, un regalo di suo fratello Elyan, e aveva cominciato a scattare foto a tutti. Non sapeva che Merlin l’avesse tenuta.
“I tuoi cinque minuti stanno per finire.”
Arthur smise di guardarsi intorno e si concentrò su Merlin. Se ne stava in piedi, al centro della stanza, rigido e a disagio. E Arthur si detestò per essere la causa di questa rottura tra di loro. Non erano mai stati a disagio l’uno con l’altro, nemmeno quando erano due estranei.
“Non avrei dovuto dire quello che ho detto, mi dispiace. Non farei mai niente che possa ferirti, Merlin. Non di proposito.”
“Mi hai baciato, Arthur. Perché diavolo l’hai fatto, se poi volevi far finta di niente??”
“Perché provo qualcosa per te.” Ammise, sinceramente. “Non so che nome dargli, ma di certo non è amicizia. Non più, almeno. E mio padre mi ha sempre inculcato questa assurdità di portare avanti il nome di famiglia, di un matrimonio con una donna che avrebbe avuto i miei figli…”
“Suona piuttosto retrogrado.”
“Lo è. Ma te lo sto dicendo per farti capire come sono cresciuto. Mio padre non accetterebbe mai di vedermi con un uomo e mi sono fatto prendere dal panico. Il mio comportamento non è giustificabile, ma volevo solo parlarti per farti capire che non era mia intenzione ferirti o prendermi gioco di te. Io non… io non voglio perderti, ma capirei se non volessi più avere a che fare con me.”
Merlin rimase in silenzio per qualche istante. Fu un istante lunghissimo, che aveva il sapore di una condanna a morte. Arthur sentiva chiaramente il suo cuore impazzire. Merlin avrebbe accettato le sue scuse o l’avrebbe sbattuto fuori di casa? Non avrebbe più voluto vederlo? Cristo, perché se ne stava zitto e non diceva nulla?
“Quindi non sono stato il capriccio di un attimo?” Ruppe finalmente quel silenzio asfissiante e Arthur percepì il suo cuore farsi più leggero.
“No.”
Merlin fece un passo verso di lui.
“E provi qualcosa per me?”
Si avvicinò ancora di più, non staccando mai gli occhi da Arthur, fino a quando non lo raggiunse. Arthur deglutì a vuoto per quella vicinanza.
“Sì.” Rispose, in un sussurro strozzato. Averlo così vicino lo destabilizzava. E ancora di più lo destabilizzava l’intensità del suo sguardo.
“Quindi se adesso ti baciassi, non diresti nulla di simile all’ultima volta?”
Arthur aveva ufficialmente la gola secca.
“No.”
Merlin sorrise. “Questo esprimerti a monosillabi non ti si addice per niente.” Soffiò a due centimetri dalla sua bocca.
Arthur rabbrividì. Era frustrante, dannazione, perché non lo baciava e basta?
“Hai intenzione di baciarmi, oppure no?”
Il sorriso di Merlin si fece, se possibile, ancora più ampio. “Volevo solo costatare che fossi tornato in te. A quanto pare, sei la stessa testa di fagiolo di sempre.”
Arthur alzò gli occhi al cielo. “Sta’ zitto, idiota.” Si sporse verso di lui e piazzò una mano sulla sua nuca per spingerlo verso di sé. Fece scontrare le loro labbra con più decisione della prima volta perché sapeva che Merlin non l’avrebbe respinto ed era consapevole che qualsiasi sensazione negativa avrebbe potuto provare, dettata dalla voce di Uther che gli rimbombava nel cervello e gli diceva che tutto ciò era inaccettabile, sarebbe stata zittita prepotentemente dalla marea di sensazioni positive che avere Merlin vicino gli provocava.
Era consapevole che, con lui al suo fianco, avrebbe avuto la forza di affrontare qualsiasi cosa.
I suoi movimenti divennero sempre più sicuri e decisi a mano a mano che sentiva Merlin reagire ai suoi baci e ai suoi tocchi. Lo strinse a sé con la mano che aveva libera non appena si rese conto che l’altro gli si stava letteralmente spalmando addosso e poteva sentire le sue mani appoggiate alle proprie guance. Merlin aveva delle labbra bellissime, piene e rosee, soffici. Arthur gli afferrò il labbro inferiore con i denti, senza fargli male, e Merlin mugolò in risposta, prima di staccarsi da lui per riprendere fiato.
Appoggiò la fronte a quella di Arthur, un sorriso ampio non voleva lasciare il suo viso, ed era certo che se il suo cuore avesse continuato a battere in quel modo furioso sarebbe uscito dalla sua cassa toracica, ma andava bene così.
“Si può sapere perché sai di birra?”
Arthur gli lasciò un bacio a stampo, prima di rispondere. “Potrei aver parlato con Gwaine, prima di venire qui. E sai com’è Gwaine, gli piace parlare davanti alla birra.”
“Ti sei davvero messo alla guida dopo aver bevuto?”
“Questo dimostra quanto tenessi a farmi perdonare.” Arthur gli accarezzò il viso con delicatezza, quasi faticasse ancora a credere che tutto quello che stava vivendo fosse reale. “Mi dispiace davvero.”
“Lo so, non preoccuparti, è tutto passato. Mi dispiace solo che tu ti sia sentito costretto a negare te stesso per colpa di tuo padre. Non devi parlargli subito, se non vuoi. Fallo quando ti senti veramente pronto, non voglio che pensi ci siano delle pressioni.”
Arthur lo baciò di nuovo, perché ancora una volta Merlin lo capiva nel profondo.
“Grazie. Ma credo di essere pronto. Non voglio vivere tutto questo in segretezza.”
“D’accordo. Possiamo farlo insieme, se ti fa stare meglio.”
Arthur gli sorrise e gli fu davvero grato per quell’offerta. “Ci penserò.”
Merlin annuì e gli lasciò un bacio su una guancia che fece arrossire Arthur lievemente, quasi quel gesto lo cogliesse di sorpresa. Era adorabile, ma Merlin ovviamente era di parte.
“Forse dovremmo tornare di là?” Suggerì Arthur.
“Credo di sì, giusto per rassicurarlo che non ti ho ucciso.”
“Gli hai raccontato quello che è successo?”
“Non nei dettagli. Sapevo che non volevi si sapesse. Gli ho detto solo che avevamo avuto una discussione ed ero furioso con te.”
Arthur non avrebbe dovuto stupirsi, perché aveva capito quanto Merlin fosse leale, ma si stupì comunque, meravigliandosi di quanto potesse essere protettivo nei suoi confronti anche quando lui lo faceva infuriare. Nonostante l’avesse ferito, l’aveva protetto, rimanendo sul vago sia con Lancelot che con Gwaine.
Era un segno di profondo rispetto.
“Puoi dirglielo, se vuoi. Insomma, io a Gwaine l’ho detto. Lancelot è tuo amico e ormai non voglio più tenere nascosto nulla, quindi puoi.”
Merlin accennò ad un inchino. “Grazie infinite per il vostro permesso, Maestà.” Disse, con un sorrisetto sghembo e lo sguardo furbo.
Arthur adorava quell’espressione, ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce o Merlin si sarebbe montato la testa.
“Sei un idiota.”
Merlin gli riservò una linguaccia e gli fece cenno di spostarsi dalla porta. L’aprì e si diresse verso il salotto, con Arthur che lo seguiva a ruota. Trovarono il salotto vuoto e al centro del piccolo tavolo davanti alla televisione notarono un foglietto. Merlin lo afferrò e lo lesse.
Sono andato da Gwen. Spero chiariate. Fammi sapere come stai,
Lance.

“Perché è andato da Gwen?” Domandò Arthur, curioso – il mento appoggiato alla sua spalla e gli occhi fissi sul foglietto.
“Perché escono insieme, forse?” Gli rispose, retorico e sarcastico.
“Escono insieme?”
“Sì, Arthur. Funziona così quando due persone si piacciono. Una chiede all’altra di uscire. Gwen l’ha chiesto a Lance e lui ha accettato. Si frequentano da due mesi, ormai.”
“Ah.” Arthur sorvolò sul sarcasmo pungente e si concentrò sulla parte che più gli interessava della faccenda: Lancelot che frequenta Gwen. Stava a significare che non provava niente per Merlin in quel senso. “Quindi voi due siete amici?”
Merlin si mosse per guardarlo in viso, costringendo in questo modo anche Arthur ad abbandonare la sua spalla.
“Hai sbattuto la testa, mentre venivi qui? Fai domande più stupide del solito.”
Arthur lo fulminò. “Io non faccio mai domande stupide.”
“Ho una lista infinita di esempi che dimostra il contrario.”
“Taci. Sei tu che non capisci cosa intendo.”
“Allora spiegati meglio, Mr. Intelligenza Suprema.”
Arthur arrossì in previsione di quello che stava per chiedere. Tutta la faccenda della gelosia era nuova per lui e non sapeva davvero come si gestisse. Sapeva quanto potesse suonare arrogante – Merlin gliel’avrebbe fatto sicuramente notare – ma di solito, nelle sue precedenti relazioni, erano gli altri gelosi di lui. Le ragazze che aveva avuto, o gli ex ragazzi delle ragazze che aveva avuto che lo incolpavano di essere la causa per cui la loro relazione era finita. A quello era abituato. Quel lato della gelosia era in grado di gestirlo.
Ma essere lui quello geloso, quello no… lui non era mai stato geloso di nessuno. Con Merlin era diverso.
“Intendevo, sai, se tu… e lui…”
Cristo, si sentiva un idiota. Perché balbettava? Dov’era finita la sua stoica sicurezza?
“Stai cercando di chiedermi se proviamo qualcosa l’uno per l’altro che non sia amicizia?”
Arthur gli fu quasi grato per averlo tolto dall’imbarazzo di porre quella domanda. “Sì!”
“Arthur,” lo chiamò piano, con pazienza. Avevano appena finito di mangiarsi la faccia a vicenda e onestamente gli sembrava piuttosto ovvio chi fosse quello per cui provava qualcosa di non amichevole. “Questo rientra negli esempi della lista delle domande stupide. Fortuna che sei carino, perché a volte la tua arguzia diventa… inesistente.”
“Non essere odioso, Merlin!” Lo rimbeccò, piccato. “Ti stai prendendo gioco di me, forse?”
Merlin sorrise, intenerito. “No, affatto. Comunque, no, non provo niente per Lance e lui di certo non lo prova per me. È etero. E molto, molto, innamorato di Gwen.”
Arthur sembrò rilassarsi dopo quel chiarimento. Merlin fece un passo verso di lui e gli afferrò il viso tra le mani, accarezzandogli gli zigomi.
“Magari una volta usciamo con loro, ok? Così potrai conoscere Lance un po’ meglio.”
“Non credo di piacergli.”
“Gli piaci, ma se tu evitassi di fare l’arrogante babbeo in sua presenza gli piaceresti di più.”
Arthur incassò, perché sapeva che Merlin aveva ragione. “D’accordo.”
“Grazie.” Gli lasciò un bacio a stampo, prima di allontanarsi da lui. Arthur lo osservò mentre recuperava il cellulare dal tavolino e digitava un messaggio. “Gli ho scritto che va tutto bene.”
Dopo qualche secondo, il cellulare di Merlin suonò e Arthur lo vide sorridere. Non fece in tempo a chiedergli perché che l’altro aveva già girato il telefono verso di lui. Lancelot aveva mandato una foto che raffigurava lui e Gwen insieme ad Elyan e un altro ragazzo che non conosceva.
“Chi è quello vicino ad Elyan?”
“Percival, il suo ragazzo. È una delle persone più buone che potrai mai incontrare.”
Arthur osservò Merlin digitare una risposta, il sorriso che non voleva lasciare le sue labbra.
“Vuoi raggiungerli? Possiamo andare da loro, se ti fa piacere.”
Merlin posò di nuovo il cellulare dove si trovava in precedenza e si avvicinò ad Arthur, appoggiandogli le mani al petto. “Sei davvero dolce a dirlo, ma preferirei stare anzi qui, con te.”
“Onestamente, anche io.” Arthur, istintivamente, appoggiò le proprie mani sopra a quelle di Merlin. Erano fredde, ovviamente. Lo erano sempre. “Hai le mani fredde. Sei davvero un rettile, Merlin.”
“E tu un asino, ma non te lo faccio mica pesare.”
Arthur alzò gli occhi al cielo e si diresse verso il divano, dove si sdraiò, trascinando Merlin con sé. Coprì entrambi con una delle tre coperte che Merlin teneva sempre a portata di mano e si aggiustò per farlo stare il più comodamente possibile sopra di sé.
“Sei comodo?”
Merlin gli avrebbe detto che non era mai stato più comodo in vita sua. Quello era diventato il suo posto preferito in assoluto: tra le gambe di Arthur, appoggiato al suo petto e con il viso nascosto nell’incavo del suo collo.
“Sì.”
Arthur lo circondò con entrambe le braccia e il cuore di Merlin accelerò un tantino.
“Senti abbastanza caldo?”
In realtà poteva anche rischiare di prendere fuoco, vista la vicinanza e i loro corpi che aderivano, ma forse non era il caso di entrare così tanto nei dettagli.
“Sì.”
“Sai, nemmeno a te si addice parlare a monosillabi.”
“Sta’ zitto e non usare le mie parole contro di me.”
Arthur rise e Merlin poté sentire la risata riverberare nella sua cassa toracica e raggiungere la propria. Gli lasciò un bacio fugace sui capelli corvini, prima di sussurrare: “Testa di fagiolo.”
Merlin alzò il capo per guardarlo in viso. “Ehi! Quella è una mia espressione! Non puoi usarla contro di me!”
“Posso, se sei la testa di fagiolo per eccellenza.” Un sorrisetto irriverente aprì il viso di Arthur.
“Ah, sì?”
“Sì.”
Merlin a quel punto gli piantò con decisione un dito tra le costole, facendolo sobbalzare. “Ahi! Le tue dita ossute fanno male!”
“Te lo sei meritato.” Riabbassò la testa, tornando con il viso nell’incavo del collo di Arthur. Il respiro di Merlin faceva sì che la pelle dell’altro venisse ricoperta da piccoli brividi, ma era piacevole. Come il silenzio che li avvolse, come il calore reciproco trasmesso dai loro corpi che andava a fondersi in un unico intero, esattamente come erano sempre stati loro.
Due metà della stessa moneta. Complementari a tal punto da essere quasi dipendenti l’uno dall’altro. Non si poteva avere uno senza avere l’altro.
Merlin si accoccolò un po’ di più e istintivamente Arthur lo strinse di più a sé. Ora che poteva farlo, non l’avrebbe più lasciato andare.
In quello stato di totale quiete, si addormentarono.






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Ciao a tutti! Spero abbiate passato un buon Natale ^v^
Ecco il terzo capitolo, con un po’ di ritardo.
C’è un piccolo disguido tra Merlin e Arthur, che è voluto. Nel senso che è servito per far capire ad Arthur che non vuole stare senza Merlin e, contando come mi sono immaginata la sua infanzia/adolescenza in questa storia, con Uther che non è esattamente LGTB+ friendly, pensavo che la sua prima reazione potesse essere comprensibile. Lui va nel panico e si tira indietro, ma poi si rende conto di aver ferito Merlin e cerca di rimediare. Spero non sia troppo surreale, o troppo affrettato.
Gwaine in versione grillo parlante/cupido vi è piaciuto? Spero di sì, io adoro Gwaine <3
C’è un accenno anche a Percy ed Elyan perché i Cavalieri della Tavola Rotonda sono una delle cose meravigliose di questa serie – e, ammettiamolo, ci sono momenti in cui sono più che shippabili.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se vi va!
Ringrazio chiunque legga e abbia messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, mi fa un immenso piacere!
Un abbraccio, a presto! <3 
   
 
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