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Autore: Amaranthine    29/12/2020    2 recensioni
Dopo le vicende della battaglia di Hogwarts, Draco e Hermione tornano a scuola per portare a termine l'ultimo anno.
La guerra ha reso Hermione ancora più forte e risoluta di prima, ma Draco è in lotta con se stesso e deve gestire una vera e propria "crisi dei valori" interiore.
[Questa è la raccolta dei flashback Dramione contenuti nella mia storia Finite Incantatem, ma possono benissimo essere letti da soli]
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Novembre 1998

Draco aveva sempre saputo che tornare ad Hogwarts per terminare il settimo anno non sarebbe stato facile. Pur avendo tutte le intenzioni di diventare parte integrante della tappezzeria del castello, più discreto del Frate Grasso, non poteva evitare che i ragazzi e persino i professori si rivolgessero a lui con disprezzo.

Impopolare come mai avrebbe pensato di essere, i momenti più alti delle sue giornate erano quando qualcuno nei corridoi faceva in modo che sentisse bene la parola "assassino".

Neanche gli Slytherin avevano molta voglia di socializzare con lui, se non altro perché temevano di inimicarsi il resto della scuola. Una volta, aveva sorpreso i suoi due compagni di dormitorio a domandarsi quanto doveva essere stupido per essere ritornato a Hogwarts.

Nessuno poteva saperlo, ma Draco non aveva avuto altra scelta. A distanza di mesi dalla Battaglia di Hogwarts, non tutti i Mangiamorte erano stati catturati e, dato che la sua famiglia si era salvata dall'arresto rivelando al Ministero ogni minimo segreto sui loro ex amici, gli stessi Auror avevano palesato il rischio di ritorsioni e gli avevano piazzato in casa un paio di guardie.

Quando la preside McGranitt aveva poi suggerito che fosse più sicuro per il ragazzo e ideale per la sua istruzione restare un altro anno al riparo tra le mura del castello, sua madre era stata d'accordo: senza pensarci due volte, gli aveva fatto le valigie e l'aveva spedito a Hogwarts come un pacco postale.

L'anno scolastico era iniziato ormai da due mesi e questo era l'ennesimo sabato pomeriggio che Draco era costretto a trascorrere da solo. Gli mancavano Theo, Blaise, Vince... Sembrava passata un'eternità da quando Draco era il centro del mondo e tutti pendevano dalle sue labbra. Ora non c'era più nessuno per lui e non gli era rimasto altro da scontare che un umiliante contrappasso.

Non voleva però piangersi addosso e nemmeno passare il resto del sabato chiuso nella Sala Comune di Slytherin o appartato in Biblioteca a fingere di studiare.

Si diresse fuori dal castello, sperando di trovare un angolo tranquillo in riva al Lago in cui godersi il sole prima del tramonto. Altri studenti avevano avuto la stessa idea, infatti camminando nei pressi del Lago Nero scorse la Granger in compagnia di Ginny Weasley e di Luna Lovegood, impegnate a ripiegare le coperte e a riporre i libri in borsa dopo un picnic.

Draco accelerò il passo, come sempre quando quelle tre erano nei paraggi. Ogni volta che le aveva davanti provava vergogna, ricordando cosa era stato fatto loro in casa sua. Non meno imbarazzanti - e decisamente insopportabili - erano i ripetuti tentativi della Granger di parlare con lui dei suoi problemi a scuola, il che costituiva anche un altro buon motivo per evitarla. Credendo di averla seminata, Draco si rilassò solo quando le ragazze non furono più a portata della sua vista periferica.

"So cos'è successo ieri sera, Malfoy." Naturalmente si era sbagliato. La Granger l'aveva seguito. Se ne stava a pochi passi da lui, la spilla da Caposcuola scintillante appuntata al petto, così austera da sembrare la versione più giovane della McGranitt. Senza alcun preavviso, puntò la bacchetta contro Draco ed esclamò: "Revelio!"

Il ragazzo sentì la guancia solleticare in risposta alla magia e, subito, la coprì con la mano. Anche se non poteva vederlo, sapeva che il livido che quella mattina aveva nascosto con tanta cura era appena riapparso in tutto il suo splendore: una macchia fatta di tante sfumature di viola che si estendeva dal naso all'occhio sinistro.

"Occultum!" Draco puntò la bacchetta su se stesso e di nuovo il livido sparì alla vista. "Come ti sei permessa?"

Nessun altro aveva visto, ma Draco non poteva sopportare nemmeno lo sguardo indulgente di Hermione, così colmo di risoluta pietà.

"Devi andare subito in infermeria." Lo rimproverò la Granger. "E devi dirlo alla McGranitt."

"E tu dovresti iniziare a farti gli affari tuoi!"

"Sono Caposcuola, è mio dovere prendermi cura degli studenti." Scandiva le parole come se parlasse a un bambino piuttosto lento.

"Non mi servono le tue cure! Chi ti credi di essere? Tu e Potter siete ancora convinti che il mondo abbia bisogno di voi. Vi sentite forti adesso che siete i vincitori, ma non è stato sempre così, giusto? Chissà quanto hai urlato, in passato..."

Malfoy Manor, Bellatrix Lestrange, la Maledizione Cruciatus, tutto questo era probabilmente al centro dei peggiori incubi di Hermione. Soddisfatto come non lo era da tempo, Draco non si preoccupò di nascondere la sua gioia perversa.

"Non puoi ferirmi, Malfoy." Disse lei, solenne. "Non puoi negare che tutto questo faccia più male a te che a me. Non saresti mai tornato se non fossi stato costretto e non partecipi nemmeno agli incontri di recupero psicologico della McGranitt..."

"Sai anche questo?" La bocca di Draco si spalancò. "Tu e la McGranitt vi riunite per prendere il tè e scambiarvi pettegolezzi, per caso?"

"La preside sta solo cercando di aiutarti, ma tu la eviti. Non va bene."

Erano già passati da questa strada e Draco non era mai riuscito a scrollarsela di dosso. Non riusciva a capire che gusto ci provasse a tormentarlo, a meno che non stesse cercando di vendicarsi per quando i ruoli a scuola erano capovolti ed era lei ad essere naturalmente sottomessa a lui.

"Smettila di trattarmi come un bambino, Mudblood!" Insultandola aveva cercato di ripristinare un po' di quell'antico equilibrio. Poi, però, gli parve di capire: "Io ti faccio pena. Ammettilo! Ti faccio pena, è per questo che stai sempre qui a dirmi cosa devo fare."

L'aveva detto come se fosse una grande scoperta, ma Hermione reagì impaziente:

"Oh, è davvero impossibile provare pena per te, Malfoy. Ma ho pietà di te, come ne avrei per chiunque altro nella tua situazione."

"Farai meglio a tenerla per te la tua pietà, lurida Mudblood!"

Se la prima volta che aveva pronunciato l'insulto era riuscito a cavarsela, la seconda si rivelò un disastro. Draco non si era accorto di avere alzato la voce, nella rabbia di trovarsi in una condizione di inferiorità rispetto a qualcuno che secondo lui gli era inferiore per natura, e questo aveva fatto sì che intorno a loro si radunasse una piccola folla di studenti inorriditi.

"È tutto a posto." Disse Hermione ai ragazzi e alle ragazze di passaggio, che avevano tutta l'aria di voler gettare Draco in pasto alla Piovra Gigante. "Questa conversazione verrà terminata nell'ufficio della preside McGranitt."

"Non è tutto a posto, Hermione." Draco riconobbe un Ravenclaw del suo stesso anno. Era Michael Corner, che mesi prima era stato una delle vittime predilette di Alecto e Amycus Carrow. "Quello che ti ha detto è tremendo. Malfoy non ha ancora imparato niente, eppure sono già morti in tanti per colpa di quelli come lui!"

A Draco mancava il respiro: alla fine era riuscito ad attirare l'attenzione, e tutto perché aveva perso la pazienza con la Granger. Se non gli fosse rimasto un briciolo di dignità, sarebbe già scappato via.

"E noi non avremmo imparato niente se rispondessimo alla sua violenza con altra violenza." Rispose Hermione, lanciando occhiate eloquenti ai più grandi come ai più piccoli. "In questa scuola non sono tollerati gli atti di bullismo, sia chiaro, soprattutto quando sfociano nella violenza fisica!"

"Sta zitta!" Mormorò Draco a denti stretti, mentre i ragazzi lì intorno iniziavano a bisbigliare. Non credeva di poter reggere all'umiliazione se si fosse sparsa la voce che veniva picchiato. I colpevoli non l'avrebbero raccontato in giro per evitare di cacciarsi nei guai coi professori e di certo non era il caso che al loro posto ci pensasse la Granger.

"Lo dovrebbero espellere." Continuava Corner. "È assurdo che l'abbiano riportato a scuola. È un Mangiamorte, dovrebbe stare ad Azkaban!"

Draco si accorgeva che gli studenti che assistevano allo spettacolo stavano aumentando e che tanti di loro davano ragione al Ravenclaw.

"Non siamo qui per discutere delle decisioni prese dal Ministero e dalla Preside." Replicò Hermione a gran voce. "E anche lui ha diritto a un'istruzione, come tutti noi."

"Non ho dato fastidio a nessuno." Mormorò Draco, ansioso com'era di essere lasciato in pace. Lo ripeté a voce più alta. "Non ho dato fastidio a nessuno da quando sono qui!"

"Ma è ovvio, come faresti? Sei rimasto solo." Replicò ancora Corner. "Non ci sono più i Carrow o i tuoi amici gargoyle a spalleggiarti, è per questo che te ne stai sempre zitto in un angolo. Ma se loro tornassero, anche tu torneresti quello di prima. Ce l'hai appena dimostrato!"

Draco voleva replicare che non era vero, che non aveva più voglia di combattere battaglie non sue, ma non ne trovava il coraggio. Valutò invece che fosse un bene il fatto che tutti lo credessero pericoloso, perché questo gli dava un certo vantaggio rispetto a chi poteva fare gruppo contro di lui. D'impulso, sollevò la manica della camicia e mostrò a tutti il braccio sinistro. Con la morte di Voldemort il Marchio Nero si era trasformato in una semplice cicatrice, ma fu comunque sufficiente perché alla sua vista Michael Corner e gli altri indietreggiassero con un urlo di terrore.

"Se non mi lasciate in pace giuro che vi Crucio tutti, uno per uno!" Li minacciò gridando.

Il panico si riversò come un'onda tra gli studenti, alcuni dei quali corsero al castello cercando l'aiuto dei professori. Tutti urlavano, nessuno osava avvicinarsi a Draco, ma certi studenti più grandi provarono ad attaccarlo con la Magia. Furono fermati da Hermione con la minaccia di essere mandati dalla preside.

Una volta calmato il panico più immediato, la Gryffindor gli ordinò con fermezza di seguirla. Draco si rendeva conto di non avere alternative. Poteva restare e venire picchiato da Corner e i suoi amici, oppure seguire la Granger e ritrovarsi al sicuro nell'ufficio della preside. Scelse la seconda opzione.

"Spero ti butteranno fuori!" Gli disse qualcuno di Gryffindor che lui non conosceva, mentre camminava in direzione del castello. Draco sperò almeno che quella passerella della vergogna potesse finire in fretta.

Non abbassò la testa ma non sfidò mai direttamente nessuno, continuando a fissare dritto davanti a sé. Le uniche persone di cui si accorse durante il tragitto furono Ginny Weasley e Luna Lovegood - immerse in un chiacchiericcio dal quale Draco captò soltanto la parola "espulsione" - oltre a degli Slytherin del sesto anno fermi davanti al portone d'ingresso. Dovevano avere visto e sentito tutto, ma almeno loro evitavano di commentare.

Nel mezzo, riconobbe Astoria Greengrass, una ragazza esile e bionda che era la sorella di una ex compagna di classe, nonché una delle poche persone che di tanto in tanto gli rivolgevano la parola in Sala Comune.

Draco fece finta di nulla quando le passò accanto, ma da come si torceva le mani avrebbe giurato che fosse sinceramente preoccupata per lui.

"Non vedo l'ora di essere espulso." Borbottò Draco, una volta al sicuro tra le mura del castello. "Non ne posso più di nessuno di voi."

In tutto il tempo che avevano impiegato per salire di due piani, Hermione non aveva pronunciato una sola parola. Si era limitata a varcare scale e corridoi senza neanche controllare che Draco continuasse a seguirla, ma solo dando per scontato che fosse così.

Lui in effetti la tallonava senza neanche badare a dove andassero, preso com'era dall'idea di tornare a casa e mettere fine a quell'inutile agonia scolastica. Si accorse che qualcosa non andava solo quando Hermione s'intrufolò in un'aula vuota del terzo piano e lo costrinse a entrare.

"È qui che si è trasferita la McGranitt? Molto umile da parte sua." Esclamò sarcastico, gettando un'occhiata alle serie di scrivanie e librerie vuote e anonime, mentre la porta si richiudeva alle sue spalle.

Non sapeva quand'era successo che la Granger si fosse trasformata nella leonessa inferocita che aveva davanti.

"Io non so neanche da dove cominciare, Malfoy." La ragazza batté la mano contro il banco più vicino con tutta la forza che aveva e il tonfo lo colse alla sprovvista. "Sei pazzo o cosa? Come hai potuto minacciare i nostri compagni con la Maledizione Cruciatus? Vuoi finire ad Azkaban o sei solo in cerca di attenzioni? Perché se è così, ti assicuro che ci stai riuscendo, solo che il risultato alla fine non ti piacerà!"

Draco non riusciva proprio a capire che cosa volesse quella strega da lui. Era stata proprio lei a dare il via a quel disastro!

"Me ne stavo per conto mio fino a quando non ti sei immischiata tu. È colpa tua! Quale parte di fatti gli affari tuoi non riesci a capire?"

"Te l'ho detto, Malfoy, sto cercando di aiutarti!" Hermione tirò fuori la bacchetta e la puntò verso il banco. Mormorò qualcosa e, dove prima era il nulla, apparve una lettera ripiegata in quattro parti. La prese e la passò a Draco. "Leggi."

Lo Slytherin aprì la lettera, ma gli bastò una sola occhiata per capire che fosse stata scritta dalla mano di sua madre.

Proseguì nella lettura e ciò che scoprì lo lasciò sconvolto. Sua madre aveva scritto personalmente alla Granger, chiedendo che potesse perdonarli per il trattamento subito in passato e pregandola di aiutare la McGranitt a badare a Draco in cambio di una bella somma di galeoni.

"Ho rifiutato i vostri soldi, ma ho promesso che avrei fatto quanto in mio potere per tenerti fuori dai guai." Spiegò Hermione, facendo scomparire la lettera che Draco le aveva riconsegnato.

"Non avete nessun diritto di impicciarvi degli affari miei! Nessuno di voi!" Draco sentiva la rabbia montare. Sua madre, la McGranitt, la Granger, non solo avevano agito alle sue spalle, ma addirittura lo avevano creduto talmente insulso da non potersi difendere da solo. "Non puoi neanche immaginare cosa ho passato lo scorso anno, con la minaccia dell'Avada Kedavra che pendeva sulla mia testa! Se sono sopravvissuto al Signore Oscuro, posso sopravvivere anche alla scuola e a un pugno di idioti senza l'aiuto di nessuno."

"Davvero, Malfoy? Vallo a raccontare al resto della scuola là fuori o, meglio ancora, a tua madre."

Sembrava che Hermione la sapesse più lunga di quanto volesse ammettere. Il pensiero andò subito a Piton, a tutto quello che il suo insegnante preferito aveva fatto per proteggerlo, e Draco per un secondo si sentì mancare sapendo che lui non c'era più. Che la Granger fosse al corrente anche del Voto Infrangibile? Ma aveva da porle una domanda più importante.

"Perché?"

Draco non riusciva a capire. Poteva aspettarsi che sua madre rinunciasse a un po' del suo orgoglio per assicurarsi che il figlio stesse bene, ma per quale motivo la Granger avrebbe dovuto acconsentire?

"Perché posso farlo. Sono in grado di aiutarti." Dall'alto della sua superiorità morale, Hermione non poteva fare a meno di impostare la vita sul dovere anche quando c'erano di mezzo i vecchi nemici. "Ho dato la mia parola e capisci anche tu che, a questo punto, sarebbe una sconfitta personale se tu rischiassi di farti espellere ogni volta che hai una crisi di nervi."

"Non mi importa niente delle tue sconfitte." Disse Draco, sprezzante, e un nuovo pensiero lo spaventò: "Lo hai detto a qualcuno?"

"Nessuno è al corrente di quella lettera, a parte la McGranitt."

Fu lieto di saperlo. Sarebbe stato tremendo se alla lunga lista di umiliazioni pubbliche si fosse aggiunta anche la notizia che una Nata Babbana era diventata la sua babysitter.

"Gradirei che continuassi a mantenere la bocca chiusa; su questo e su qualsiasi altra cosa mi riguardi." Stava pensando al pugno in faccia e al fatto che la Granger, poco fa, stava quasi per spiattellarlo a tutta la scuola.

"Io invece gradirei che la smettessi di essere tanto sgarbato con me, Malfoy." Rispose lei. "Cerco di aiutarti, non solo perchè l'ho promesso a tua madre e alla preside, ma perché non ritengo giusto che tu venga picchiato. Loro sono più numerosi di te e tu parti da una condizione di svantaggio. Con lo spettacolo di poco fa, poi, gli hai dato esattamente ciò che volevano. Gli hai confermato di essere un mostro, un nemico altamente pericoloso da eliminare, che era proprio ciò che io e la preside stavamo cercando di evitare. Hai idea di quanto sarà complicato per la McGranitt rimediare al guaio che hai combinato?"

"Peggio per lei! La McGranitt lo sapeva che non volevo nemmeno tornarci in questa scuola!"

Hermione batté di nuovo il pugno sul tavolo e urlò:

"Ma ormai sei qui e devi comportarti di conseguenza!"

"Cioè dovrei essere come voi? Devo dire quello che dite voi e agire come agite voi. Beh, forse non ne sono capace. Se tutto ciò che riuscite a vedere in me è un pericoloso Mangiamorte, significa che sono proprio questo e nient'altro! Sono malvagio, e lo sarò sempre!"

Ora che l'aveva detto, si sentiva libero da un peso e al tempo stesso triste in un modo che non riusciva a spiegare.

"La McGranitt ritiene che sia giusto darti una seconda possibilità e io sono d'accordo con lei." Commentò la ragazza dopo qualche secondo di silenzio, con un tono freddo e diplomatico.

"Lo pensi anche tu." Draco si era accorto che non si fosse presa il disturbo di negare la sua natura meschina. "Il problema è che ti credi così moralmente superiore da non volerti concedere il lusso di odiarmi."

Il silenzio di Hermione confermò i suoi sospetti. Lo odiava, e lui non poteva aspettarsi nient'altro. Se all'alba del 2 maggio avesse vinto Voldemort, forse Draco si sarebbe salvato ma la Granger sarebbe finita sottoterra, il che non era lontano da ciò che lui aveva sempre desiderato.

"Io non ti odio, Malfoy." Affermò lei dopo una lunga riflessione. "Ti ho già detto che ho pietà di te."

"Invece mi odi ma non lo vuoi ammettere." Ribadì Draco e poi aggiunse, col suo solito ghigno: "Non ti toglieranno il titolo di Caposcuola o di Paladina del Mondo Magico se pronunci quelle due parole."

"Quali parole?"

Draco scandì lentamente:

"Ti-odio."

Fu di nuovo molto soddisfatto quando capì di avere centrato il bersaglio. La Granger non voleva ammettere di avere delle debolezze, di essere soggetta anche lei alle peggiori pulsioni dell'animo umano come chiunque altro. O, almeno, non voleva ammetterlo con lui.

"E tu invece mi odi, Malfoy?" Domandò lei. "Pensi ancora che io sia inferiore a te, o quella là fuori era la recita di un ragazzino solo e spaventato?"

"Ma certo che lo penso." Rispose prontamente, il largo ghigno malvagio sul volto. "Mi disturba anche il fatto di trovarmi qui, chiuso in quest'aula, a respirare il tuo stesso ossigeno."

Hermione cambiò atteggiamento. Si chiuse in se stessa, incrociò le braccia e rispose:

"Molto bene. Allora lo ammetto, ti odio anch'io. Ti odio più di quanto tu possa immaginare. Sei un perfido, subdolo, piccolo, malvagio pidocchio. Da quando la guerra è finita e Voldemort è stato sconfitto, sei caduto talmente in basso nella scala sociale che l'unico essere vivente al quale potresti ancora fare del male è te stesso. Ho avuto la mia vendetta e mi sta bene così. Ora che l'ho ammesso sei contento, Malfoy?"

"Sì." Rispose lui di getto, ma non ne era sicuro. "Almeno giochiamo ad armi pari."

"Io non sto giocando, sto andando avanti!" Ribadì lei, visibilmente offesa. "Voglio ricostruire la mia vita, riprenderla da dove Voldemort l'ha interrotta. E a dirla tutta, è quello che dovresti fare anche tu."

"Cosa ti fa pensare che non lo stia già facendo?"

"Seriamente? Chi è che ha appena cercato di terrorizzare tutti col Marchio Nero?" Draco non sapeva cosa rispondere ed Hermione approfittò di quei secondi di silenzio per studiarlo: "Spero davvero che la McGranitt non si stia sbagliando sul tuo conto. Dovremmo proteggere te dagli altri e sarebbe una vera seccatura se dovessimo finire per proteggere gli altri da te. Comunque, se non vuoi farlo per te stesso pensa almeno ai tuoi genitori. Sarà costato parecchio a tua madre scrivermi quella lettera. Cosa pensi che succederà se dovesse saltare fuori che suo figlio non ha perso le vecchie abitudini?"

Il Ministero li avrebbe sottoposti a una nuova inchiesta, Draco lo sapeva bene. Quante altre volte una famiglia legata al Signore Oscuro poteva salvarsi da Azkaban? Se solo non avesse perso la pazienza, se solo la Granger non si fosse impicciata, se solo un'ora fa fosse andato a chiudersi in Sala Comune davanti al camino invece di uscire dal castello... Ma ormai il danno era fatto e bisognava pensare a una soluzione.

"Ti propongo un accordo." Le disse, di nuovo sicuro di sé. "Farò il bravo e non spaventerò più nessuno se tu ti farai gli affari tuoi." Hermione era stata pronta a valutare qualsiasi proposta, ma non le sembrò possibile che fossero ritornati al punto di partenza. Prima che potesse ribadire la faccenda dell'accordo con sua madre, Draco precisò: "D'ora in poi, se avrai qualcosa da dirmi potrai mandarmi un gufo e, se ne varrà la pena, io ti riceverò su appuntamento."

"Su appuntamento?" Ripeté lei, perplessa. "E perché dovrei mandarti un gufo se ti incontro già dappertutto?"

"Inoltre, non mi seguirai da nessuna parte."

"Ho di meglio da fare che pedinare te, Malfoy."

"Non andrai in giro a chiedere di me."

"Non ho intenzione di farlo."

"E non ti immischierai mai nelle mie faccende, neanche se dovessi beccare tutte e due le torri di Gryffindor e di Ravenclaw a darsi man forte per farmi fuori. Sono stato chiaro? Accetterai le condizioni?"

La Gryffindor si morse il labbro mentre valutava le richieste. Erano accettabili, ma secondo lei mancava ancora qualcosa.

"Seguirai i corsi della McGranitt?" Gli domandò.

Draco alzò gli occhi al cielo e tirò un gran sospiro.

"Va bene."

"Non reagirai alle provocazioni degli altri e parlerai con un insegnante se qualcuno dovesse attaccarti?"

"Va bene." Acconsentì, ma sottovoce e con una punta di stizza.

"Allora abbiamo un accordo."

Allungò la mano, rigida e decisa. Lui non era riuscito a trattenersi e aveva fatto un passo indietro, profondamente disgustato.

La Mudblood, però, non si era scomposta. La tenacia era uno dei pochi pregi che Draco poteva ammirare in lei, ma non sopportava come questo lo facesse sentire piccolo e sciocco. Decise che prima quella storia finiva meglio era. Prese la mano della ragazza e la strinse trattenendo il fiato.

"Abbiamo un accordo." Borbottò in risposta.

Hermione gli concesse per la prima volta un sorriso. Vedere la Granger soddisfatta, sapere di essere stato lui a renderla in qualche modo felice, fu di colpo sconvolgente. Draco non avrebbe mai immaginato di arrivare al punto da toccare una Mudblood e di trattare con lei da pari a pari. Non sapeva cosa provare, se non un grande senso di terrore. Interruppe bruscamente il contatto e fece per andare via.

"Aspetta." Hermione lo richiamò alle sue spalle.

"Cosa vuoi ancora?" Rispose scontroso, senza nemmeno voltarsi.

La Gryffindor andò a mettersi tra lui e la porta, molto più serena rispetto a quando erano entrati. La semplicità, la calma interiore che emanavano i suoi occhi castani e intelligenti continuavano a disturbare Draco, che sentì il malvagio impulso di picchiarla, o almeno di insultarla, qualunque cosa pur di toglierle quell'odioso sorriso dalla faccia.

"Ti devo portare dalla McGranitt." Gli spiegò, aprendo la porta e facendogli segno di uscire.

Di nuovo Hermione gli fece strada tra i corridoi della scuola, seguita da uno Slytherin che non aveva altra scelta che seguirla.

Mentre la guardava camminare, Draco si ritrovò a pensare, incredulo e con orrore, che se fossero rimasti soli un minuto in più avrebbe finito per Schiantarla oppure per baciarla.

 

 

   
 
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