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Autore: Demy77    29/12/2020    2 recensioni
Ad un anno di distanza dalla messa in onda delle ultime puntate della quinta stagione di Poldark sono stata ispirata proprio da questa parte della storia.
La vita dei Romelza si intreccia con le trame dei rivoluzionari francesi e ne è messa a dura prova…ma ho immaginato un possibile sviluppo alternativo ed un finale diverso da quello visto in tv.
Bugie, inganni, colpi di scena rischieranno di allontanare per sempre i nostri eroi, ma il vero amore, si sa, trionfa sempre!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TRE MESI DOPO
L’estate era volata in un soffio, lasciando il posto ad un autunno fresco e ventoso. Osservando il prato ben falciato ed il fumo proveniente dagli altiforni della Wheal Grace Demelza si trovò a riflettere che forse, come per le stagioni dell’anno, anche il periodo che stava vivendo era destinato ad essere soppiantato da una fase più lieta e propizia.
Da quando era tornata a Nampara la moglie di Ross aveva ripreso in mano le redini della casa e della miniera, ed entrambe erano più fiorenti che mai. Il raccolto era stato uno dei più ricchi degli ultimi anni e la scoperta di un nuovo filone aveva ridato speranza a parecchie famiglie di minatori. I guadagni della Grace, non più dirottati sui francesi, avevano consentito di effettuare addirittura qualche nuova assunzione.
Non tutto però era andato per il verso giusto. Appena erano sbarcati dalla Esmeralda Demelza era stata prelevata da un gruppo di gendarmi e condotta a Truro per un interrogatorio. Aveva avuto giusto il tempo di tranquillizzare i bambini e Prudie, raccomandando alla serva di far sistemare l’avvocato e Mireille nella camera degli ospiti e di mandare subito un messaggero a Killewarren, informando Dwight e Caroline del loro arrivo.
L’interrogatorio era stato lungo ed impegnativo, ma Demelza se l’era cavata egregiamente: aveva dichiarato che non sapeva nulla delle attività di Ross, né di dove fosse attualmente, e che era pienamente convinta della sua innocenza; che non aveva notato nulla di strano nel suo comportamento nei mesi precedenti, che in casa non si era mai presentato alcun personaggio sospetto, né suo marito le aveva riferito di aver conosciuto dei francesi, meno che mai delle spie. Aggiunse che era partita improvvisamente per andare a trovare la cugina in Portogallo che aveva un problema di salute, ma che la sua partenza non aveva nulla a che vedere con ciò di cui suo marito era accusato; che in paese erano sorte tante dicerie ma tutte inveritiere, anche a proposito del fatto che Ross avesse un’amante. Raccontò anzi dei vari episodi in cui aveva avuto screzi con Tess e dei suoi sospetti sul coinvolgimento della donna sia nell’incendio di Nampara che nella falsificazione delle banconote e negli ammanchi alla miniera. L’unico punto della storia un po’ traballante era quello della fuga a Killewarren, ma anche in questo caso Demelza spiegò che l’amica Caroline era molto depressa a causa della perdita della primogenita e la compagnia sua e dei bambini era stata un toccasana per i suoi nervi scossi.
Nei giorni successivi aveva trascorso più tempo a Truro che a casa sua. Aveva dovuto accompagnare l’avvocato Lorrain in Tribunale, e mentre lui prendeva visione di tutti gli atti di indagine, da Pascoe aveva scoperto che Ross, per fortuna, le aveva rilasciato tempo addietro una procura generale, grazie alla quale Demelza potè mettere in sicurezza sia i risparmi che la casa, intestandoli a sé.
L’avvocato aveva esaminato attentamente tutti gli atti ed aveva ricevuto sorprese sia in senso positivo che negativo: ad esempio era emerso che Lagrande si era comportato da uomo d’onore, non aveva mosso alcuna accusa nei confronti di Ross. A carico di quegli uomini non era stata trovata alcuna prova concreta circa un attacco imminente alle coste inglesi; poiché le mere intenzioni non sono punibili e tenuto conto della pace raggiunta tra Inghilterra e Francia, l’ambasciatore aveva ottenuto un grande successo diplomatico: tutti i francesi erano stati condotti in arresto in Francia, e lì sottoposti ad un regolare processo secondo la legge francese.
Di negativo invece c’erano le dichiarazioni di Warleggan, di Jacka Hoblyn e di almeno una decina di abitanti di Sawle in merito alla consapevolezza da parte di Ross delle attività e degli intenti dei francesi. Jacka, in particolare, aveva raccontato che Poldark sapeva benissimo dei furti in miniera e quale utilizzo venisse fatto dei proventi, e che quotidianamente era presente alla Leisure per esaminare piani e mappe in possesso degli stranieri e stilare con loro delle strategie di attacco di tipo militare. Gli altri uomini avevano confermato di aver notato Ross aggirarsi tutti i giorni nei pressi della miniera abbandonata, di averlo visto talvolta sulla sua spiaggia in compagnia dei soggetti che erano stati arrestati, stranieri, non della zona, e che a volte insieme a loro aveva atteso lo scarico di casse di legno, forse contenenti materiale di contrabbando, giunte via mare.
In più, appena Ross era stato incriminato, Dwight aveva consegnato ai giudici il memoriale manoscritto dall’uomo, nel quale egli riferiva dettagliatamente dei piani e dei mezzi in possesso dei francesi, e si riservava di integrare il resoconto, affermando la parzialità delle informazioni in suo possesso e la volontà di scoprire di più prima di segnalare la cosa alle autorità.
In base a questi dati, non era certo possibile continuare a sostenere la tesi della completa estraneità di Ross; l’unica strategia difensiva possibile era quella di sostenere che egli non aveva intenzione di tradire, ma di fare da spia per il governo inglese, in attesa di acquisire maggiori informazioni sulla cellula di Lagrande. In effetti fino a quel momento non c’erano prove palesi per accusare i francesi di un piano preciso di invasione e si poteva presumere che Ross ne sapesse altrettanto.
C’era sempre il rischio, però, che Warleggan approfittasse della situazione per subornare i testimoni o influenzare i giudici. Sicuramente poi i precedenti giudiziari di Ross non giocavano a suo favore, e l’insofferenza nei confronti dell’autorità, come pure il giocare a fare l’infiltrato in una associazione criminosa, potevano essere perdonati ad un giovane irrequieto, ma non ad un uomo maturo che per di più era deputato nazionale.
Quanto a Ross, mentre Alphonse Lorrain si lambiccava il cervello per cercare di salvargli il collo e Demelza si adoperava per salvaguardare le finanze familiari, continuava a vivere nascosto e con il timore di essere scoperto da un giorno all’altro.
Ci si era resi conto subito che Nampara era un luogo tenuto costantemente sotto controllo dai gendarmi: il piano di occultare Ross lì non poteva funzionare. Appena Demelza tornò a casa dopo l’interrogatorio di Truro scoprì con stupore che nonno e nipote, con il famoso baule, avevano accolto l’offerta di ospitalità di Caroline e si erano installati a Killewarren: una dimora talmente estesa che i Lorrain erano riusciti a far sistemare Ross in una vecchia polverosa soffitta in cui da anni non metteva piede neppure la servitù.  Dwight aveva riferito che nei giorni immediatamente successivi la sparizione di Ross la tenuta era stata rovistata in lungo e in largo, così come tutte le case di persone che avevano a che fare con i Poldark: le casupole di Sam e di Drake, di Zacky Martin, di Jinny Carter, e poi man mano le ricerche si erano estese a tutte le case del villaggio ed alle miniere abbandonate come la Grambler e la Leisure. Soltanto le accalorate proteste di lord Falmouth (“è un vero oltraggio!” aveva urlato l’uomo) avevano impedito che si perquisisse il palazzo dei Boscawen, e dal lord avevano preso esempio tutte le famiglie potenti del luogo, dai Treneglos ai Basset. Tenuto conto del fatto che sua moglie era la nipote del defunto giudice Penvenen Dwight era assolutamente convinto che nessun gendarme sarebbe tornato a fare loro visita; e se pure fosse tornato, facendo la voce grossa come lord Falmouth se ne sarebbe andato con tante scuse e la coda fra le gambe.
Quando l’episodio era stato riferito a Ross, ne era rimasto molto deluso. Che fiducia si poteva avere in un sistema giudiziario che era forte con i deboli e debole con i forti?  E nonostante le rassicurazioni dell’amico dottore viveva nel costante timore che lo scoprissero. Inoltre, non aveva quasi più visto Demelza da quella notte sulla nave…lei era di certo pedinata costantemente, e visite troppo frequenti a Killewarren sarebbero state viste con sospetto. Per fortuna Dwight era medico, ed accampando un malessere oggi di un figlio, oggi dell’altra, un infortunio domestico di Prudie o un capogiro di Demelza, le visite del dottore a Nampara erano piuttosto frequenti, ed in tali occasioni Dwight faceva da tramite tra i due sposi, riferendo messaggi verbali dall’uno all’altra. Ogni tanto anche Lorrain si recava a Nampara e faceva il punto della situazione con Demelza. Avevano stilato una lista di possibili testimoni a favore e spesso negli incontri venivano coinvolte anche queste persone.
La difficoltà maggiore che Demelza aveva dovuto fronteggiare era stata quella di spiegare le cose a Clowance e Jeremy. Il figlio maggiore era tornato un giorno a casa con un occhio nero. “Me lo ha fatto Ben Carter – aveva raccontato alla mamma – mi ha picchiato, perché io lo avevo chiamato bugiardo, dopo che lui ha detto delle cose brutte su papà”.
“Cosa ti ha detto esattamente?”
Tra i singhiozzi, Jeremy aveva continuato: “Mi ha detto che papà è un traditore, è un amico dei francesi che volevano farci la guerra e che per questo motivo è scappato, altrimenti lo impiccheranno, se lo prendono. È una bugia, vero mamma?”
“Ascolta, Jeremy – aveva detto allora Demelza – è la verità che accusano papà di aver fatto queste cose, ma lui è innocente, e quell’avvocato che ha fatto il viaggio con noi lo dimostrerà. Dobbiamo avere fiducia. Ross ha trovato il modo di farmi sapere che sta bene e che ritornerà presto; però è un segreto, devi promettermi che non lo dirai a nessuno, nemmeno a Ben e a quei ragazzi che ti prendono in giro”.
“Nemmeno a Clowance posso dirlo?”
Demelza si era allora resa conto che anche la figlia più piccola aveva diritto ad avere notizie del padre. Era da quando erano giunti a Lisbona che non aveva più fatto domande, forse rassegnata al pensiero che Ross non le volesse più bene. Così li aveva presi da parte tutti e due e li aveva rassicurati sul fatto che Ross era sempre un papà di cui essere orgogliosi e che li amava moltissimo, e che solo temporaneamente erano costretti a vivere separati, ma presto sarebbero stati di nuovo una famiglia felice come prima.
Quei tre mesi dal ritorno a casa erano volati in un lampo, e quella era la mattina in cui avrebbe avuto inizio il processo contro Ross.
Demelza si era alzata prestissimo, nonostante non avesse preso sonno che a notte inoltrata. La carrozza di Caroline, con a bordo i Lorrain, sarebbe passata a prenderla alle 7 per arrivare a Truro in tempo. Lì aveva appuntamento con i suoi fratelli, che non l’avrebbero lasciata sola in un momento come questo. Sam aveva invano cercato di convincere il suocero a non deporre contro Ross, ma Jacka aveva replicato che lui non faceva altro che dire ciò che aveva visto con i propri occhi e che la falsa testimonianza era un peccato mortale. In realtà Jacka non avrebbe mai ritrattato perché in cambio di quella deposizione gli era stata promessa l’impunità; anzi, gli era stato fatto capire che al processo doveva dichiarare che era stato Poldark a convincerlo a rubare nella sua stessa miniera per aiutare i francesi, facendo fare il lavoro sporco a lui. Solo così la giustizia inglese avrebbe potuto mandarlo esente da ogni pena.
Ross non doveva comparire al processo, quanto meno fino a che Lorrain si fosse fatto un’idea sul probabile esito, alla luce delle testimonianze raccolte in giudizio e dell’atteggiamento del giudice e dei giurati.
Si vociferava che il magistrato cui era stato assegnato il processo fosse il famoso Joseph Merceron, fratellastro di Hanson, giunto appositamente da Londra, il che non deponeva a favore di Ross, dati gli scontri verbali che più volte avevano avuto.
L’unica speranza era che la giuria non si facesse influenzare dall’opinione del togato.
Appena la carrozza giunse nel piazzale antistante il Tribunale, insieme a Sam e Drake Demelza notò un giovane cadetto, elegantissimo nella sua divisa azzurra dai grossi bottoni dorati. “Geoffrey Charles! Sei venuto… Che bella sorpresa!” – esclamò Demelza abbracciandolo.
“Cara zia… come potevo mancare?” – replicò il giovane ricambiando con calore l’abbraccio.
Entrarono nell’aula, già piuttosto affollata. Ai primi banchi sedeva lord Falmouth, che con gli occhi fece un gesto di saluto a Demelza. Si notava che era furibondo: l’accusa al suo pupillo, all’uomo che aveva portato a sedere sugli scranni di Westminster, rischiava di travolgere politicamente anche lui.
Anche George Warleggan era già seduto, e appena Demelza gli passò davanti per prendere posto nella fila immediatamente avanti la apostrofò: “Che bel cappotto verde, signora Poldark. Si abbina ai vostri occhi. Fate molto bene ad indossare questi abiti di colore vivace, finché potete, visto che tra poco il vostro guardaroba dovrà essere monocolore.”
Demelza lo fissò con uno sguardo nauseato. “Pensate alla vostra di vedovanza, George, anziché preoccuparvi della mia, che è ancora di là da venire. Come mai avete portato anche lui? Vi sembra un posto adatto ad un bambino della sua età?” – disse riferendosi al piccolo Valentine, che sedeva tranquillo su una delle panche riservate al pubblico.
“Trovo che sia un posto altamente istruttivo per un bambino. Oggi potrà rendersi conto di come un uomo perbene e rispettabile non deve comportarsi, ed imparerà anche quali sono le conseguenze che si pagano per chi non rispetta le regole del vivere civile”.
“Non ti curare di lui, zia Demelza – le disse Geoffrey Charles, che veniva subito dietro e si era fermato un attimo a salutare il fratellastro – il mio patrigno non sa cosa siano la creanza e la compassione”.
Si sedettero, Demelza di fianco a Mireille e subito dopo il giovane Poldark. Con l’occasione Demelza effettuò le dovute presentazioni tra il nipote di Ross e la francese.
Intanto lord Falmouth era andato a confabulare con l’avvocato Lorrain… ma ben presto furono interrotti dal suono di un campanellino che avvisava dell’ingresso della Corte in aula. Tutti si alzarono in piedi, ma il silenzio di rito fu rotto dalla voce di qualcuno che gridò, indicando verso la porta di accesso: “Guardate!”
Ross Poldark, completamente sbarbato ed elegantissimo nel suo completo blu oltremare, fece il suo ingresso in aula tra il mormorio degli astanti, e si andò a sedere tranquillamente al banco degli imputati, di fianco al suo difensore, che lo fissava con sguardo corrucciato.
“Non mi sembrava che fossero questi i piani” – sibilò Lorrain.
“No. Ma non potevo lasciare a voi tutto il divertimento” – gli sussurrò Ross. Lorrain guardò sconsolato verso Demelza, che si trovò a pensare che l’uomo che aveva sposato l’avrebbe fatta senz’altro morire di crepacuore, un giorno o l’altro.
  
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