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Autore: Natsumi92    30/12/2020    3 recensioni
Dean Winchester adorava partecipare alle feste; un po' meno doverle organizzare.
E la cosa più assurda era che il destino beffardo aveva deciso, non solo di appioppargli la croce dell’organizzazione della festa di Natale, ma anche di affiancarlo al collega che detestava di più in assoluto là dentro.
DESTIEL AU
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Charlie Bradbury, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 5

Dean è piuttosto sicuro che i suoi problemi siano iniziati all’età di otto anni: Sam, un pomeriggio d’estate, ha deciso di arrampicarsi sull’albero nel giardino sul retro della loro casa a Lawrence, Kansas. È riuscito -- con quegli esili arti -- a raggiungere il ramo più alto e a sedervisi sopra, rendendosi conto un po’ troppo tardi che gli sarebbe stato difficile tornare con i piedi per terra. Dean l’ha guardato per tutto il tempo, senza però dire una parola, e ha pensato immediatamente che Sam avrebbe fatto la fine del gatto dei vicini, Rocky -- tanto grosso quanto stupido. Sia Sam, che quel gatto, sono rimasti quindi bloccati su un albero e hanno iniziato a frignare perché incapaci di tornare giù. 

Rocky, ricorda Dean, era stato salvato dai pompieri per la gioia della Signora Stanley, perciò, vedendo Sam in quella stessa situazione, il bambino ha pensato di correre in casa per telefonare ai vigili del fuoco. O meglio, l’avrebbe fatto, se avesse saputo quale fosse il numero da chiamare.

John Winchester -- rientrato in quell’esatto momento in casa, dopo aver sbrigato alcune commissioni -- ha sorpreso il figlio maggiore a fissare inerme la cornetta del loro telefono, mentre le urla e i pianti di disperazione del piccolo Sam si facevano sempre più insistenti.

«Che diavolo sta succedendo?!» ha tuonato John, precipitandosi nel giardino, seguito a ruota da Dean.

«Sammy si è arrampicato come ha fatto Rocky!» ha risposto Dean, pensando bene che quella spiegazione potesse riassumere il tutto.

John, in un paio di minuti, è riuscito a salire sul tronco, afferrare il piccolo e a balzare nuovamente giù, sotto gli occhi ammirati di Dean. Ma il suo stupore è durato davvero poco, perché John non ci ha messo molto a tirargli uno schiaffo così forte da farlo indietreggiare di qualche passo.

«Dovevi tenere d’occhio tuo fratello! Ha quattro anni e tu sei il maggiore! Ti avevo detto che sarei mancato solo per dieci minuti!»

Il vocione di suo padre, accompagnato dal dolore alla guancia destra, ha colpito Dean con forza e le lacrime hanno iniziato subito ad inumidirgli i grandi occhi verdi: «Ma ha fatto tutto da solo!»

«Dovevi evitare che accadesse! Ti ho detto mille volte che devi essere tu a prenderti cura di tuo fratello quando mamma e papà non ci sono! È così che si comportano i fratelli maggiori!»

Per anni, quelle parole, hanno fatto eco nella testa del giovane Dean, facendogli montare dentro una nube di ansia opprimente ogniqualvolta i due fratelli si ritrovavano da soli da qualche parte. La situazione, poi, è peggiorata quando la famiglia Winchester si è trasferita a New York, dov’era la sede principale della Campbell&Co. Passare da un piccolo paese ad una metropoli com’è la Grande Mela, avrebbe sconvolto chiunque: Dean aveva dovuto dire addio ai suoi amici d’infanzia, a Zia Ellen e alla sua amata Roadhouse -- dove lui passava il tempo con Jo dopo scuola -- e alle sue prime esperienze da adolescente di paese. New York è un altro mondo, letteralmente.

I due fratelli hanno iniziato a frequentare la scuola religiosa New York School of the Bible, perché, a detta dei suoi genitori, dovevano iniziare a comprendere tutto ciò che riguardava il lavoro della loro famiglia. E, agli inizi degli anni 2000, una cosa del genere non può assolutamente essere detta ad un quindicenne. 

Così, Dean ha iniziato a comportarsi da stronzo ribelle: con suo padre, quando gli aveva detto di badare a Sam a quella festa a cui lui (e solo lui!) era stato invitato; con sua madre, quando dopo essere tornata stanca da lavoro, gli aveva chiesto una mano per preparare la cena; anche con i suoi vecchi amici di Lawrence, a cui si vergognava di raccontare la misera fine che aveva fatto. Addirittura, ha iniziato a fare lo stronzo con Sam, che di tutta quella storia non aveva assolutamente colpa.

Una sera d’inverno -- che gli è rimasta impressa tanto quanto il famoso pomeriggio d’estate -- Dean ha letteralmente supplicato suo padre di cambiare scuola perché non riusciva a farsi degli amici, odiava studiare la storia delle religioni, odiava doverci andare ogni mattina insieme a Sam; avrebbe voluto praticare sport perché in quella scuola erano banditi. Ha spiegato tutto, a tavola, con sua madre e suo fratello presenti, ma la risposta che il giovane Dean sedicenne ha ricevuto è stata un mediocre “Resisti un altro anno e poi potrai scegliere da solo il college. Fallo per la tua famiglia.”

Dean tutt’ora non riesce a spiegare quanto ha odiato quelle parole.

E il college è arrivato, alla fine, durando esattamente metà semestre.

Perciò, dopo aver lavorato per anni come assistente di suo padre, alla stramaledetta azienda di famiglia, Dean proprio non si sarebbe aspettato di ricevere il ruolo di Direttore Generale. Ma, comunque, ha accettato il tutto con un grazie tante, senza ulteriori lamentele.

Sam è l’unico che sa, che ha vissuto tutto con lui e che, infatti, è riuscito a capire perché suo fratello si comporti sempre da spina nel fianco. Lo ha capito quando è arrivato anche lui al college, perché prima di quel momento non era riuscito a comprendere cosa ci fosse di così difficile nel rispettare i desideri di mamma e papà. E, forse, se Sam è venuto fuori così perfetto e per niente problematico, il merito è da attribuire proprio a Dean, che gli ha fatto da scudo, assorbendo ed assimilando tutto ciò che loro padre diceva.

E quando Castiel ha detto a Dean, ormai due settimane prima, che ha capito che sotto la corazza da stronzo si nasconde un uomo che ci tiene davvero all’azienda di famiglia, facendo passare le sue azioni per ammirevoli, Dean avrebbe desiderato con tutto se stesso trovare la forza di ridergli in faccia: Castiel non sa un cazzo di cosa lui ha dovuto passare per riuscire a tollerare quella casa editrice. Castiel non può sapere che Dean lavora bene e si impegna solo perché è stato letteralmente plasmato da suo padre al ruolo di bravo soldatino obbediente; non riesce (anche se lo desidera ardentemente) a pensare di mandare all’aria il lavoro della sua famiglia perché avrebbe deluso i suoi genitori. E non vuole più farlo.

Non è nemmeno mai stato bravo a mantenere una relazione stabile, preferendo di gran lunga saltare da un letto all’altro, che diamine. Nel momento in cui ha iniziato a rendersi conto di essere attratto indistintamente sia dalle ragazze che dai ragazzi, durante il suo ultimo anno di scuola, la prima persona a cui lo ha confidato è stato Sammy. Aveva tredici anni e una mente così aperta, che l’unica reazione che ha avuto è stata “Non voglio sapere chi baci, l’importante è che non lo fai davanti a me!”. Dean ne ha riso e l’ha abbracciato, prendendo il coraggio necessario per comunicarlo anche ai suoi genitori: Mary ha sorriso e annuito, con uno sguardo che trasudava fierezza per il coraggio dimostrato, mentre John… beh, John ha scrollato le spalle mormorando un “L’importante è che mi darai dei nipoti, per portare avanti l’azienda”.

L’azienda viene prima di tutto e vaffanculo al resto.

Quindi il caro Castiel, forse credendo di fare cosa buona e giusta, lo ha turbato con quelle parole. Profondamente. Ma Dean non sa come dirglielo, come dimostrarlo, perciò ha semplicemente deciso di evitarlo, scappando dai problemi e fingendo che non ce ne siano.

L’ha capito troppo tardi, comunque, che è stata una pessima idea, perché mentre tornano a sedersi al loro tavolo, dopo quell’eccitante bacio nei bagni del The Surrey, la sua testa annebbiata sta provando a gridargli che ha fatto la cazzata del secolo. Provare attrazione per un suo collega non è un problema; ubriacarsi alla festa dell’ufficio non è un problema; tenersi tutto dentro per tanti giorni ed esternare il tutto sotto forma di pomiciata alcolica è un grossissimo problema, di quelli che non si risolvono facilmente e che continuano a tormentarti per i successivi dieci anni. 

Come un angelo che ti sfiora la spalla avvisandoti che stai per essere investito, Gabriel si gli si siede accanto e porta un braccio attorno al collo di Dean.

«Ehi, capo, vieni a ballare! Questa festa è uno spasso ed è tutto merito vostro!» dice a voce un po’ troppo alta, letteralmente nel suo orecchio. «Non ci avrei scommesso un dollaro sulla riuscita!»

«Grazie tante, stronzo,» commenta Dean, spegnendo completamente il filtro che regola il linguaggio capo-sottoposto. 

Per fortuna, Gabriel non sembra notarlo o, comunque, decide di riderci su.

«Gabe, sei ubriaco?» chiede, di punto in bianco, Cas, rovinando completamente l’atmosfera. Come fa sempre, d’altronde.

«E tu perché non lo sei?» il maggiore dei Novak versa un altro po’ di vino in due calici e si alza, dirigendosi di nuovo al centro della pista e lasciando, quindi, Dean solo con Cas. 

«Allora,» inizia Castiel, ma Dean si sente sopraffatto al momento, perciò si alza e se ne va, senza battere ciglio.

Incrocia Sam, appoggiato al leggìo all’ingresso, intento a chiacchierare un po’ troppo animatamente con la ragazza bionda -- Jessica? -- e spera con tutto il cuore che continui a farlo, ignorando Dean. Ma, siccome si sta parlando di quel ficcanaso di suo fratello, a Sam basta uno sguardo fugace per capire che qualcosa non va, così si scusa con la ragazza e segue Dean fuori dalla sala ricevimenti.

I due si ritrovano ad afferrare i propri cappotti e ad uscire sotto la neve, senza dire una parola. Il freddo gelido di New York sembra conferire lucidità al maggiore dei Winchester.

«Vuoi parlarne?» chiede Sam, molto genericamente.

«È un periodo di merda, Sammy, tutto qua. Passerà.»

«Eppure il lavoro va alla grande--»

«La vita non gira attorno a questa cazzo di casa editrice!» sbotta Dean e, cavolo, se è liberatorio. Sam non fiata e lui continua: «Ho un sacco di problemi nella testa, un sacco di dubbi e vorrei non averne, vorrei avere una cazzo di vita normale, vorrei essere rimasto a Lawrence, tanto per cominciare.»

Sam sgrana gli occhi. «Non dici sul serio...»

«Non me ne frega un accidenti di questa città, né tantomeno di vendere le fottute bibbie come facevano i nostri antenati. Avrei voluto praticare baseball, lo sai? Avrei voluto guadagnare qualche spicciolo alla Roadhouse per portare fuori a cena qualche ragazza,» i pensieri di Dean sono sconnessi e le parole escono a fiumi una dopo l’altra.

«Dean, non ti capisco,» risponde, quasi inerme, suo fratello.

«Poi i maledetti Novak hanno iniziato a scombussolarmi l’esistenza. No, solo Castiel, perché a Gabriel non darò questa soddisfazione.»

«Ecco, Dean, parliamo di Castiel.»

«Cosa vuoi che ti dica?! L’ho baciato, ma non volevo baciarlo, l’ho fatto perché non so come dirgli che non ha capito un cazzo di me e della mia vita, invece lui crede di sapere tutto e viene qui dicendomi “Sei un uomo ammirevole” e voglio solo spaccargli quella stupida faccia, perché non sono ammirevole per un cazzo!»

Si ferma, finalmente, con l’affanno e l’aria gelata che brucia i polmoni, sentendosi tuttavia leggero come mai prima d’ora. Avrebbe tanto voluto avere il coraggio di vomitare quelle parole addosso a suo padre, ma John non è lì, lui è tornato a Lawrence dopo il pensionamento, facendo capire a Dean che la vita che non ha mai avuto sarà in grado di averla solo dopo aver superato i sessant’anni e, cazzo, se gli fa male questo pensiero.

«Calmati, adesso, okay? Sei ubriaco e stai dicendo tante cose, anche se credo di aver capito il punto.»

«Ne dubito, perché non ci capisco un cazzo nemmeno io, Sammy.»

Il minore si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, soppesando mentalmente qualcosa. Poi, sospira: «Vuoi licenziarti?»

Un pugno nello stomaco sarebbe stato meno inaspettato e, soprattutto, meno doloroso. Perché la risposta a quella domanda apparentemente così semplice risolverebbe sicuramente la metà dei problemi che affliggono Dean. Ma il punto è proprio questo: l’altra metà dei suoi problemi risiedono nell’uomo dagli occhi blu che gli ha fottuto il cervello.

Dean abbassa le spalle, con fare sconfitto, e scuote la testa: «Non credo di avere il diritto di farlo.»

«Hai trent’anni, sei un uomo libero, certo che puoi farlo,» incalza suo fratello, dandogli una pacca sulla spalla. Prima di proseguire, però, un colpo di tosse li interrompe e i due fanno scattare la testa in direzione di Castiel, in piedi dietro di loro da chissà quanto tempo.

«Non volevo sembrare maleducato, ma credo che sia arrivato il momento di dire la mia.»

Dean nota che ha l’espressione turbata, le labbra strette in una linea dura e gli occhi fissi solo su di lui, come se Sam non fosse lì.

«Questo riguarda la mia famiglia, tu non c’entri niente,» risponde Dean, duro, mentre un qualcosa molto simile alla rabbia gli monta dentro. 

«Ah, sì? Perché credo di essere entrato di diritto in questo discorso nel momento in cui mi hai infilato la lingua in bocca.»

«Okay!» interviene Sam, le mani alzate in segno di resa. «Io torno dentro! A dopo!»

Suo fratello scappa letteralmente via, sorpassando Cas che, invece, rimane completamente immobile a fissare Dean con astio.

«La gente normale, per risolvere qualche problema, solitamente dà voce ai propri pensieri, Dean. Solitamente parla,» inizia, infilando le mani nelle tasche del suo caratteristico trench beige. Dean deglutisce. «Se le mie parole ti hanno sconvolto così tanto, avresti dovuto dirmelo. Infatti, ora che ti ho sentito lamentarti con tuo fratello -- per la seconda volta, aggiungerei -- posso chiederti scusa. Mi dispiace di averti giudicato male e di aver pensato che fossi ammirevole.»

Il tono di voce irritato tradisce le sue parole. Dean pensa che, probabilmente, questa storia si concluderà da sola senza che lui sia costretto a dire o fare niente.

«Quindi sei davvero un arrogante moccioso viziato.»

«Ehi--»

«Scusami tanto, Dean Winchester, per aver pensato che fossi degno di ereditare il posto di tuo padre. Evidentemente sei proprio il buono a nulla che credi essere.»

Dean è paralizzato, ha gli occhi sgranati e la bocca schiusa. Quando Cas non replica più, decide di rispondergli. «Non sai niente di me,» dice, semplicemente, anche se a lui sembra solo una frase vuota.

«No, infatti, adesso ne sono sicuro anche io. Forse ti ho idealizzato troppo. Ho questo difetto, Dean, tendo a vedere il buono nelle persone, soprattutto quando quelle persone si odiano a tal punto da essere cieche.»

«Che vuoi dire?»

«Dovresti vederti per come ti vede tuo fratello, o per come ti vedo io, per quel che vale. Spero che prima o poi imparerai a farlo.»

E si volta, Castiel, deciso a chiudere lì la questione. Dean si sente nudo, vulnerabile, come se Castiel avesse scavato con le unghie e con i denti fino a raggiungere la parte più profonda della sua anima. Ovviamente Dean non si vede come lo vede lui, ovviamente sa che il suo collega ha torto marcio nel vedere qualcosa di buono dentro di lui.

«Io sono una macchina costruita da mio padre. Lui mi voleva così ed io sono diventato così. È questa la verità.»

Castiel si ferma, continuando a dare le spalle al suo capo, e si irrigidisce. «No, Dean.» Poi gli lancia un’occhiata da sopra le spalle, e Dean ci legge compassione, forse. «Sei lontano anni luce dalla verità.» 






 


Nota dell'autrice: Hello <3 Scusate il capitolo terribilmente pesante e angst, ma quando c'è da entrare nella testa di Dino-budino purtroppo si rischia di fare questa fine. Dovevo farlo: come avete notato anche voi, le azioni di Dean nel capitolo precedente erano troppo affrettate e in qualche modo inspiegabili, perciò dovevo dedicare un intero capitolo a lui e ai suoi pensieri. Oltretutto, la mia idea iniziale prevedeva una fic della lunghezza di 3/4 capitoli e, purtroppo per me, le cose sono sfuggite di mano. Che volete che vi dica, amo troppo la destiel e tutto ciò che gira attorno ad essa. Comunque! Fatemi sapere cosa ne pensate e ci risentiamo nel prossimo capitolo. Un bacio <3
Ps: come sempre, ringrazio profondamente la mia beta Julss *-*

   
 
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