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Autore: Nephertiti    31/12/2020    1 recensioni
*SEQUEL DI GIRL OF LIFE*
Molte cose sono cambiate dalla prima volta in cui Mitsuko ha messo piede in villa Sakamaki.
E adesso può affermare di essere parte della famiglia.
Ma con il suo diciottesimo compleanno alle porte, il destino sembra avere in serbo altri piani per lei.
***
Estratto da un capitolo:
“All’improvviso, a qualche chilometro di distanza, notai una figura in mezzo alla strada e, man mano che ci avvicinavamo, realizzai si trattasse di un uomo.
Mi resi conto che non accennava a muoversi, mentre il maggiordomo, al mio fianco, sembrava ignorare la sua presenza.
Urlai a George di frenare e questo, colto di sorpresa, affondò il piede nel freno: la limousine ruotò su sé stessa, facendomi sbattere contro il finestrino.
Un’auto dietro di noi ci tamponò.
Quando sollevai lo sguardo, ancora dolorante per il colpo, dell’uomo non v’era traccia.
Tuttavia, ciò che mi era rimasto impresso, prima che quella sagoma svanisse nel nulla, erano stati i suoi lunghi capelli bianchi.
***
Per poter leggere questa storia avrete bisogno di conoscere “Girl of Light” e “Girl of Life”, quindi correte a recuperare!
La fan fiction prende alcuni spunti dal videogioco, ma la trama sarà ben diversa.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ruki Mukami, Shuu Sakamaki, Sorpresa, Subaru Sakamaki
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 11 - Never too easy -

 

 

 

 

 

Aprii il cassetto e sistemai con cura il coltello che mi aveva regalato Azusa, posizionandolo accanto a quello di Subaru.

Mi tornò in mente quando me lo aveva donato.
Desiderava che lo uccidessi.
Ma già allora non sarei stata in grado di compiere un atto così terribile, sebbene lo avessi usato per minacciare quel Cacciatore, Lee.
Quel giorno, per un brevissimo istante, l’idea di togliergli la vita mi aveva solcato la mente.
Ero così arrabbiata, così piena di odio: volevo fargliela pagare, perché mi aveva portato via il ragazzo di cui ero innamorata.
Non che lo avesse ucciso lui ma, indirettamente, era come se lo avesse fatto, perché aveva istigato i suoi compagni ad attaccare, e quindi lo ritenevo responsabile della sua morte.
Insieme al caro Karl Heinz.

Richiusi con un colpo secco il comodino e notai che sulla superficie, dove ancora giaceva l’abat-jour ridotta in pezzi, c’erano delle gocce d’acqua: mi toccai il viso, non mi ero neppure accorta di stare piangendo.
Tirai su con il naso e provai ad asciugare le lacrime.
Una mano sul fianco mi fece sobbalzare: credevo si trattasse di Subaru, ma quando mi voltai, incontrai un paio di iridi grigie e, apparentemente, prive di emozioni.

Ruki piegò il capo da un lato, osservando meglio il mio viso.
Provai a fuggire dal suo sguardo, chinando la testa, ma lui mi costrinse a sollevarla, poggiando due dita sotto il mento.
“Che succede?”

Che succede… bella domanda.

Non vedevo Takeshi da giorni, una psicopatica aveva tentato di uccidere Shu, avevo quei poteri, di cui non conoscevo la provenienza, ne’ se fossero un pericolo per me e per gli altri.

E mi mancava… mi mancava…

“Quando diventerà più facile?”, domandai sommessamente.
“Cosa?”
“Tutto. La vita.”
Ruki fece scorrere le dita dal mento alla guancia, provocandomi un brivido lungo la schiena.
“Temo mai.”
Sospirai, ma ne ero consapevole, in fondo.

“Ma non è per questo che vale la pena viverla? – continuò il vampiro – se fosse semplice, sarebbe una vita vuota e priva di significato.”
Scossi il capo, mentre lui teneva la mano fissa sulla mia guancia.
“Le difficoltà che dobbiamo affrontare ci mettono a dura prova, è vero, ma ci fanno sentire vivi.”
Detto da un vampiro, un non-morto, sembrava quasi paradossale, ma dovetti concordare con lui.

Non potremmo mai godere delle cose belle che ci capitano nella vita, se non conoscessimo il dolore e la sofferenza, se non conoscessimo quanto questa vita può essere tanto misera, delle volte.
E diventare così meravigliosa, nello sguardo gioioso di un bambino; nella leggera brezza fresca, durante una giornata troppo calda; o nel calore di un abbraccio.

Mi decisi a guardare Ruki negli occhi, le lacrime avevano smesso di scendere.
Lui si chinò sul mio collo e, inconsciamente, indietreggiai, scontrandomi con il comodino alle mie spalle.
Lo vidi esitare e ritirare la mano dal mio viso.
Tuttavia mi sporsi verso di lui: restava pur sempre un vampiro e, proprio come Subaru, era uno dei pochi che meritava veramente di bere il mio sangue.

“P- puoi farlo.”, sussurrai, mentre mi dava le spalle.
La scena era così familiare.

Ruki ruotò il busto, un sorriso amaro sul viso.
Si avvicinò nuovamente, afferrandomi per i fianchi e stringendomi a sé.
Sussultai, mentre il cuore pompava veloce nel petto: lui era pur sempre un ragazzo –un bel ragazzo – ed eravamo troppo vicini per impedirmi di arrossire.
“Sai che non è il tuo sangue ciò che voglio.”

Deglutii a fatica.
“Allora cosa?”, domandai con voce tremante.
“Sai bene cosa.”
Certo che lo sapevo.
Non ero ingenua e tanto meno stupida, e lui aveva reso tutto fin troppo chiaro, oramai.

Si abbassò nuovamente sul mio volto, eravamo decisamente troppo vicini, e avrei voluto allontanarlo, poiché sapevo di aver donato il mio cuore già a qualcun altro.
Ma quel qualcun altro era così lontano e irraggiungibile.
Mi sentivo tanto sola senza di lui, nonostante fossi circondata da persone che tenevano a me.
Ma nessuno di loro riusciva a colmare quel tipo di solitudine.
Se non… eccetto forse per…

Ruki mi baciò senza chiedere alcun consenso.
Subaru è stato più rispettoso.
Suggerì una vocina.

Ma Ruki sa quel che vuole e non ha esitato a prenderselo.
Replicò un’altra.

Le labbra del vampiro, premute contro le mie, scacciarono entrambe le voci.
La sua mano tornò a posarsi sulla mia guancia: il suo corpo non era così freddo come quello di Subaru, probabilmente perché era un vampiro solo per metà.
Ma sentivo che era sbagliato.
Lui si staccò di colpo, lasciandomi confusa e barcollante.

“Disturbo?”, la voce di Kou trasudava derisione.
Derisione certamente rivolta a Ruki, che aveva cercato di sviare i sospetti del fratello, ma adesso ci aveva colti sul fatto.
“Finalmente ti sei degnato a venire.”, rispose Ruki, provando ad usare un tono di rimprovero, per distrarlo da ciò che aveva visto, probabilmente.

Kou osservò il fratello con un sorriso di scherno, poi riprese la conversazione.
“Sono venuto qui con qualcuno che è solito fare tardi.”
Spalancai gli occhi: “Hai portato qui Natalie?”
“Hai detto che stavi male ed era preoccupata.”
Avrei voluto schiaffeggiarmi: odiavo dire bugie, e soprattutto odiavo dire bugie alle mie amiche, suscitando anche la loro preoccupazione.
Almeno con Yuki non avevo bisogno di mentire.

Non su tutto.

“E l’hai lasciata di sotto da sola?”
“Certo che no, sta con Yuma ed Azusa.”
Azusa?!”, ripetei con voce stridula, precipitandomi al piano di sotto.

Fu un sollievo vedere che la mia amica sorrideva cordialmente al vampiro ricoperto di bende, e scoprire che lui non aveva ancora iniziato a infilzarsi con qualche oggetto contundente.
Forse Yuma lo aveva tenuto d’occhio.

Natalie mi intravide dietro le spalle di Azusa e scattò in piedi, venendomi incontro.
“Mitsuko come stai?”, volle sapere, carezzandomi una spalla.
“Molto meglio – le sorrisi, - mi dispiace se ti ho fatta preoccupare.”
“Oh l’importante è che tu stia bene!”
Quanto avrei voluto dirle tutta la verità.
Indicai il Mukami.
“Hai già conosciuto il fratello di Kou?”

Natalie lanciò un’occhiata nella loro direzione e annuì.
“A dir la verità l’ho incontrato oggi al parco, mentre ti aspettavamo.”
“Oh capisco.”
Risposi, prima di accorgermi, con la coda dell’occhio, che Azusa aveva iniziato a srotolare una delle sue bende.
La mia bocca minacciò di spalancarsi, mentre il vampiro sembrava parlare con una delle sue cicatrici.
Cercai di mandare un segnale a Yuma, indicando suo fratello con piccoli cenni della testa, temendo di essere vista da Natalie, ma era già troppo tardi.
La mia amica si voltò e notò quello che stava facendo Azusa.

“Ecco lui-”, iniziai a dire, ma la mia amica mi interruppe con un’occhiata apprensiva.
“Kou mi ha detto delle sue… problematiche.”

Non sapevo cosa le avesse raccontato Kou esattamente, ma non sembrava troppo scioccata, per cui doveva conoscere solo una parte del racconto.
Meglio così.

Poi un sorriso affiorò sulle mie labbra e non riuscii a trattenermi.
“Hai legato molto con Kou, vedo.”
Per la prima volta da quando la conoscevo, vidi Natalie arrossire.
Sentii un braccio avvolgermi le spalle e sussultai, mi ci volle poco per riconoscere il biondo al mio fianco.

“Si io e la brunetta abbiamo legato molto.”
Natalie forzò un’espressione seccata.
“Non direi che abbiamo legato così tanto. – rimbeccò – ma direi che, magari, col tempo, potremmo diventare amici.”
A Kou sfuggì una risatina.
“Ma certo, amici come lo sono Ruki e Mitsuko.”
Rischiai di strozzarmi con la mia stessa saliva, mentre deglutivo a vuoto: ciò che era successo qualche minuto prima mi tornò –prepotentemente- alla memoria.

Yuma lanciò un’occhiata al fratello, incuriosito, chissà che i due non sparlassero di noi alle nostre spalle.

“Sai Natalie, io dovrei preparare la cena, ma puoi farmi compagnia, se ne hai voglia.”, dichiarai, mentre mi liberavo del braccio di Kou.
“Assolutamente, ti do una mano!”
Le sorrisi riconoscente e mi rivolsi ai Mukami.
“Ragazzi fate i bravi, vi chiamerò quando è pronto.”
“E da quando non ci comportiamo bene?”, replicò Yuma.

Lo fissai con un cipiglio: avevo un elenco infinito delle volte in cui “non avevano fatto i bravi”, a partire dal loro tentativo -riuscito- nel rapirmi.

Azusa era ancora intento a contemplare le sue cicatrici, mentre Kou sorrideva divertito.
I miei occhi incontrarono per un breve istante quelli di Ruki e un lieve rossore tinse le mie guance, così afferrai la mano della mia amica, per trascinarla in cucina.

Nel farlo ci scontrammo con Ayato, che notò Natalie.
“E lei che ci fa qui? –, domandò piccato – non hai nemmeno chiesto il consenso di Oree-sama!”, mi rimbrottò.

Da quando Shu e Reiji erano partiti, Ayato continuava ad essere più irritante del solito, ma era dovuto sicuramente alla presenza dei Mukami.

“Oh, Ayato, cercavo proprio te. –, risposi invece – che ne dici di chiamare Yuki e invitarla a stare da noi?”
Il suo sguardo accigliato vacillò, lasciando il posto ad un’espressione meno infastidita.
“Yuki?”
Sollevai le sopracciglia: “Si, la ricordi ancora, vero?”
“Ma certo.”, sbottò, punto sul vivo.
Nascosi un sorrisetto trionfante.
“Bene, allora fammi sapere se verrà, noi dobbiamo preparare la cena.”
Natalie fece un mezzo sorriso ad Ayato e proseguimmo per la cucina.

***

Shu osservava suo padre con quella che potrebbe definirsi un’aria di sufficienza, tuttavia ricordava bene il giorno in cui aveva seppellito Raito a causa sua.
Erano figli di madri diverse, ma Raito restava pur sempre suo fratello, e vedere Mitsuko soffrire atrocemente per quella perdita, aveva incrementato il suo astio.

Reiji mantenne la sua compostezza, spalle dritte, capelli perfettamente in ordine e occhiali posti precisamente a metà del cavallo del naso.
Ma Shu lo conosceva bene e poteva percepire la tensione che aleggiava nell’aria.

Karl Heinz poteva vantare l’eleganza e la bellezza tipiche dei vampiri antichi e la mente subdola di un politico.
D’altronde era quello il ruolo che ricopriva in società.

Prese posto su uno dei divani intorno al camino e invitò i propri figli a fare lo stesso.
Reiji sedette composto, posando i palmi delle mani sulle cosce, mentre Shu si stravaccò su un altro sofà, incurante delle buone maniere.

La domestica che li aveva fatti entrare apparve all’improvviso, portando con sé un vassoio, contenente una bottiglia di quello che aveva l’aria di essere vino e un paio di calici.

“Volete favorire?”, domandò Karl Heinz, facendosi versare del liquido rosso nel bicchiere.
I due Sakamaki arricciarono il naso, mentre l’odore della bevanda raggiungeva le loro narici: non si trattava affatto di vino.

“No.”, fu la risposta secca di Shu e Reiji imitò il fratello, accompagnando il rifiuto con un educato “grazie”.

Il padre scrollò le spalle, facendo portare via la bottiglia e iniziando a sorseggiare il sangue di chissà quale povero sventurato.
Il suo viso affilato si distese in un’espressione compiaciuta.
Non sporcò nemmeno un millimetro della sua bocca col liquido scarlatto, quando terminò, si rivolse ai propri figli.

“Cosa vi porta qui? Non ero onorato della vostra presenza da tanti anni.”
“Come se ti importi.”, commentò Shu, ignorando l’occhiataccia del fratello.

Se Reiji voleva portar rispetto a quel mostro, che aveva ricordato, improvvisamente, di essere loro padre, lui non avrebbe fatto lo stesso.

“Ma certo che mi importa – replicò Karl Heinz – mi importa di tutti i miei figli.”
Shu balzò in piedi, furioso come accadeva raramente, conscio che Raito si stesse rigirando nella tomba.

Karl Heinz sorrise maligno, osservando il suo primogenito dardeggiare su di lui.
“Shu, torna a sedere, cortesemente.”, proferì Reiji.
Sapeva che suo padre aspettava solo una scusa per potersi liberare di un altro dei suoi figli, considerati tutti esperimenti mal riusciti.

E anche Shu ne era consapevole, perché torno al suo posto, alzando il volume della musica nelle orecchie.

“Due settimane fa, i Cacciatori sono venuti a farci visita.”
“Oh, ma davvero?”, domandò Karl Heinz, fingendosi sorpreso.

“Vuoi che Mitsuko scelga un Adamo, giusto?”

L’uomo dai lunghi capelli bianchi osservò il figlio, senza confermare o smentire quell’ipotesi.
“Se è così, lo farà presto.”
Shu guardò il fratello: stava palesemente mentendo, entrambi sapevano bene che Mitsuko avrebbe scelto Raito, se fosse stato ancora in vita.
Mentre ora era troppo distrutta dal dolore per poter anche solo pensare a qualcun altro.

Ma probabilmente era una menzogna necessaria.
Karl Heinz parve infatti interessato alla questione, i suoi occhi dorati brillarono innaturalmente.
“Cosa ti fa pensare che voglia ancora trovare un Adamo per Mitsuko?”
Reiji mantenne un atteggiamento impassibile.
“Non avresti mandato una vampira in casa nostra, altrimenti.”
“Una vampira? –, Karl Heinz posò il calice di vetro sul tavolino davanti a sé, e iniziò a far scorrere un dito sul bordo – perché mai dovrei mandare una vampira?”

Un sorriso privo di allegria comparve sulle labbra di Shu: “Per farci fuori e avere Mitsuko.”
Karl Heinz interruppe il movimento della mano e rise senza scomporsi troppo.
“Ho perso interesse nella ragazza, quando ho realizzato che non avrei ottenuto ciò che desideravo da lei.”

I due Sakamaki lo osservarono scettici.
“Avrete notato che, nonostante abbia tentato con voi e con i Mukami, nessuno ha avvertito un cambiamento. Nessun Adamo.”

Karl Heinz si mise in piedi, raccogliendo il bicchiere dal tavolo.
“Dopotutto, era sua madre ad essere una discendente di Eva, non lei. Potete fare ciò che vi aggrada con Mitsuko, non mi interessa.”

La domestica comparve nuovamente, per riempire il calice del suo padrone, ma questo le afferrò il polso, impedendole di adempiere al suo compito.
“Se questo è tutto, vi farò accompagnare all’uscita. – annunciò Karl Heinz, prima di esporre il braccio della cameriera – sempre che non vi vogliate fermare per uno… spuntino.”

La domestica tremava dalla paura, gli occhi pieni di lacrime, ma aveva un’espressione imperturbabile e distaccata. Non doveva essere la prima volta, per lei.

Shu impiegò tutta la sua forza di volontà per trattenersi.
Era pur sempre un vampiro purosangue, e la sete non cessava mai, poteva avvertire il sangue caldo che scorreva nelle vene di quella giovane donna, ma non avrebbe accettato mai più nulla da quell’uomo subdolo e calcolatore.
E poi, sapeva che Mitsuko non avrebbe approvato, e la sua opinione aveva molta influenza su di lui, ormai.
Rifiutò con fermezza e così Reiji.
Forse l’opinione di Mitsuko contava anche per lui, dopotutto.

Un uomo anziano si materializzò al loro fianco e invitò i due a seguirlo fuori.
Karl Heinz fece un ultimo cenno col capo, ricambiato unicamente da Reiji, prima di addentare con foga la propria domestica.
Con le urla di quella giovane donna nelle orecchie, i Sakamaki lasciarono la villa del padre.

   
 
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