Capitolo
11 - Never
too easy -
Aprii
il cassetto e sistemai con cura il coltello che mi aveva regalato
Azusa,
posizionandolo accanto a quello di Subaru.
Desiderava
che lo uccidessi.
Ma
già allora non sarei stata in grado di compiere un atto
così terribile, sebbene
lo avessi usato per minacciare quel Cacciatore, Lee.
Quel
giorno, per un brevissimo istante, l’idea di togliergli la
vita mi aveva
solcato la mente.
Ero
così arrabbiata,
così piena di odio:
volevo fargliela pagare, perché mi
aveva portato via il ragazzo di cui ero innamorata.
Non
che lo avesse ucciso lui ma, indirettamente, era come se lo avesse
fatto,
perché aveva istigato i suoi compagni ad attaccare, e quindi
lo ritenevo responsabile
della sua morte.
Insieme
al caro Karl Heinz.
Tirai
su con il naso e provai ad asciugare le lacrime.
Una
mano sul fianco mi fece sobbalzare: credevo si trattasse di Subaru, ma
quando
mi voltai, incontrai un paio di iridi grigie e, apparentemente, prive
di
emozioni.
Provai
a fuggire dal suo sguardo, chinando la testa, ma lui mi costrinse a
sollevarla,
poggiando due dita sotto il mento.
“Che
succede?”
Che
succede…
bella domanda.
“Cosa?”
“Tutto.
La vita.”
Ruki
fece scorrere le dita dal mento alla guancia, provocandomi un brivido
lungo la
schiena.
“Temo
mai.”
Sospirai,
ma ne ero consapevole, in fondo.
Scossi
il capo, mentre lui teneva la mano fissa sulla mia guancia.
“Le
difficoltà che dobbiamo affrontare ci mettono a dura prova,
è vero, ma ci fanno
sentire vivi.”
Detto
da un vampiro, un non-morto, sembrava quasi paradossale, ma dovetti
concordare
con lui.
E
diventare così meravigliosa, nello sguardo gioioso di un
bambino; nella leggera
brezza fresca, durante una giornata troppo calda; o nel calore di un
abbraccio.
Lui
si chinò sul mio collo e, inconsciamente, indietreggiai,
scontrandomi con il
comodino alle mie spalle.
Lo
vidi esitare e ritirare la mano dal mio viso.
Tuttavia
mi sporsi verso di lui: restava pur sempre un vampiro e, proprio come
Subaru,
era uno dei pochi che meritava veramente di bere il mio sangue.
La
scena era così familiare.
Si
avvicinò nuovamente, afferrandomi per i fianchi e
stringendomi a sé.
Sussultai,
mentre il cuore pompava veloce nel petto: lui era pur sempre un ragazzo
–un bel
ragazzo – ed eravamo troppo vicini
per impedirmi di arrossire.
“Sai
che non è il tuo sangue ciò che voglio.”
“Allora
cosa?”, domandai con voce tremante.
“Sai
bene cosa.”
Certo
che lo sapevo.
Non
ero ingenua e tanto meno stupida, e lui aveva reso tutto fin troppo
chiaro,
oramai.
Ma
quel qualcun altro era così lontano e irraggiungibile.
Mi
sentivo tanto sola senza di lui,
nonostante fossi circondata da persone che tenevano a me.
Ma
nessuno di loro riusciva a colmare quel tipo
di solitudine.
Se
non… eccetto forse per…
Subaru
è stato più rispettoso.
Suggerì
una vocina.
Ma
Ruki sa quel che vuole e non ha
esitato a prenderselo.
Replicò
un’altra.
La
sua mano tornò a posarsi sulla mia guancia: il suo corpo non
era così freddo
come quello di Subaru, probabilmente perché era un vampiro
solo per metà.
Ma
sentivo che era sbagliato.
Lui
si staccò di colpo, lasciandomi confusa e barcollante.
Derisione
certamente rivolta a Ruki, che aveva cercato di sviare i sospetti del
fratello,
ma adesso ci aveva colti sul fatto.
“Finalmente
ti sei degnato a venire.”, rispose Ruki, provando ad usare un
tono di
rimprovero, per distrarlo da ciò che aveva visto,
probabilmente.
“Sono
venuto qui con qualcuno che è solito fare tardi.”
Spalancai
gli occhi: “Hai portato qui Natalie?”
“Hai
detto che stavi male ed era preoccupata.”
Avrei
voluto schiaffeggiarmi: odiavo dire bugie, e soprattutto odiavo dire
bugie alle
mie amiche, suscitando anche la loro preoccupazione.
Almeno
con Yuki non avevo bisogno di mentire.
Non
su tutto.
“Certo
che no, sta con Yuma ed Azusa.”
“Azusa?!”,
ripetei con voce stridula,
precipitandomi al piano di sotto.
Forse
Yuma lo aveva tenuto d’occhio.
“Mitsuko
come stai?”, volle sapere, carezzandomi una spalla.
“Molto
meglio – le sorrisi, - mi dispiace se ti ho fatta
preoccupare.”
“Oh
l’importante è che tu stia bene!”
Quanto
avrei voluto dirle tutta la verità.
Indicai
il Mukami.
“Hai
già conosciuto il fratello di Kou?”
“A
dir la verità l’ho incontrato oggi al parco,
mentre ti aspettavamo.”
“Oh
capisco.”
Risposi,
prima di accorgermi, con la coda dell’occhio, che Azusa aveva
iniziato a
srotolare una delle sue bende.
La
mia bocca minacciò di spalancarsi, mentre il vampiro
sembrava parlare con una delle sue
cicatrici.
Cercai
di mandare un segnale a Yuma, indicando suo fratello con piccoli cenni
della
testa, temendo di essere vista da Natalie, ma era già troppo
tardi.
La
mia amica si voltò e notò quello che stava
facendo Azusa.
“Kou
mi ha detto delle sue… problematiche.”
Meglio
così.
“Hai
legato molto con Kou, vedo.”
Per
la prima volta da quando la conoscevo, vidi Natalie arrossire.
Sentii
un braccio avvolgermi le spalle e sussultai, mi ci volle poco per
riconoscere
il biondo al mio fianco.
Natalie
forzò un’espressione seccata.
“Non
direi che abbiamo legato così tanto. –
rimbeccò – ma direi che, magari, col
tempo, potremmo diventare amici.”
A
Kou sfuggì una risatina.
“Ma
certo, amici come lo sono Ruki e Mitsuko.”
Rischiai
di strozzarmi con la mia stessa saliva, mentre deglutivo a vuoto:
ciò che era
successo qualche minuto prima mi tornò
–prepotentemente- alla memoria.
Yuma
lanciò un’occhiata al fratello, incuriosito,
chissà che i due non sparlassero
di noi alle nostre spalle.
“Sai
Natalie, io dovrei preparare la cena, ma puoi farmi compagnia, se ne
hai voglia.”,
dichiarai, mentre mi liberavo del braccio di Kou.
“Assolutamente, ti do una mano!”
Le
sorrisi riconoscente e mi rivolsi ai Mukami.
“Ragazzi
fate i bravi, vi chiamerò quando è
pronto.”
“E
da quando non ci comportiamo bene?”, replicò Yuma.
I
miei occhi incontrarono per un breve istante quelli di Ruki e un lieve
rossore
tinse le mie guance, così afferrai la mano della mia amica,
per trascinarla in
cucina.
“E
lei che ci fa qui? –, domandò piccato –
non hai nemmeno chiesto il consenso di
Oree-sama!”, mi rimbrottò.
Da
quando Shu e Reiji erano partiti, Ayato continuava ad essere
più irritante del
solito, ma era dovuto sicuramente alla presenza dei Mukami.
“Oh,
Ayato, cercavo proprio te. –, risposi invece – che
ne dici di chiamare Yuki e
invitarla a stare da noi?”
Il
suo sguardo accigliato vacillò, lasciando il posto ad
un’espressione meno
infastidita.
“Yuki?”
Sollevai
le sopracciglia: “Si, la ricordi ancora, vero?”
“Ma
certo.”, sbottò, punto sul vivo.
Nascosi
un sorrisetto trionfante.
“Bene,
allora fammi sapere se verrà, noi dobbiamo preparare la
cena.”
Natalie
fece un mezzo sorriso ad Ayato e proseguimmo per la cucina.
Erano
figli di madri diverse, ma Raito restava pur sempre suo fratello, e
vedere
Mitsuko soffrire atrocemente per quella perdita, aveva incrementato il
suo
astio.
Ma
Shu lo conosceva bene e poteva percepire
la tensione che aleggiava nell’aria.
Karl
Heinz poteva vantare l’eleganza e la bellezza tipiche dei
vampiri antichi e la mente subdola
di un
politico.
D’altronde
era quello il ruolo che ricopriva in società.
Reiji
sedette composto, posando i palmi delle mani sulle cosce, mentre Shu si
stravaccò
su un altro sofà, incurante delle buone maniere.
I
due Sakamaki arricciarono il naso, mentre l’odore della
bevanda raggiungeva le
loro narici: non si trattava affatto di vino.
Il
suo viso affilato si distese in un’espressione compiaciuta.
Non
sporcò nemmeno un millimetro della sua bocca col liquido
scarlatto, quando
terminò, si rivolse ai propri figli.
“Come
se ti importi.”, commentò Shu, ignorando
l’occhiataccia del fratello.
Se
Reiji voleva portar rispetto a quel mostro,
che aveva ricordato, improvvisamente, di essere loro padre, lui non
avrebbe
fatto lo stesso.
Shu
balzò in piedi, furioso come accadeva raramente, conscio che
Raito si stesse
rigirando nella tomba.
“Shu,
torna a sedere, cortesemente.”, proferì Reiji.
Sapeva
che suo padre aspettava solo una scusa per potersi liberare di un altro
dei
suoi figli, considerati tutti esperimenti mal riusciti.
“Due
settimane fa, i Cacciatori sono venuti a farci visita.”
“Oh,
ma davvero?”, domandò Karl Heinz, fingendosi
sorpreso.
“Vuoi
che Mitsuko scelga un Adamo, giusto?”
L’uomo
dai lunghi capelli bianchi osservò il figlio, senza
confermare o smentire
quell’ipotesi.
“Se
è così, lo farà presto.”
Shu
guardò il fratello: stava palesemente mentendo, entrambi
sapevano bene che
Mitsuko avrebbe scelto Raito, se fosse stato ancora in vita.
Mentre
ora era troppo distrutta dal dolore per poter anche solo pensare
a qualcun altro.
Karl
Heinz parve infatti interessato alla questione, i suoi occhi dorati
brillarono
innaturalmente.
“Cosa
ti fa pensare che voglia ancora trovare un Adamo per Mitsuko?”
Reiji
mantenne un atteggiamento impassibile.
“Non
avresti mandato una vampira in casa nostra, altrimenti.”
“Una
vampira? –, Karl Heinz posò il calice di vetro sul
tavolino davanti a sé, e
iniziò a far scorrere un dito sul bordo –
perché mai dovrei mandare una
vampira?”
Karl
Heinz interruppe il movimento della mano e rise senza scomporsi troppo.
“Ho
perso interesse nella ragazza, quando ho realizzato che non avrei
ottenuto ciò
che desideravo da lei.”
I
due Sakamaki lo osservarono scettici.
“Avrete
notato che, nonostante abbia tentato con voi e con i Mukami, nessuno ha
avvertito
un cambiamento. Nessun Adamo.”
“Dopotutto,
era sua madre ad essere una discendente di Eva, non lei. Potete fare
ciò che vi
aggrada con Mitsuko, non mi interessa.”
“Se
questo è tutto, vi farò accompagnare
all’uscita. – annunciò Karl Heinz, prima
di esporre il braccio della cameriera – sempre che non vi
vogliate fermare per
uno… spuntino.”
La
domestica tremava dalla paura, gli occhi pieni di lacrime, ma aveva
un’espressione imperturbabile e distaccata. Non doveva essere
la prima volta,
per lei.
Era
pur sempre un vampiro purosangue, e la sete
non cessava mai, poteva avvertire
il
sangue caldo che scorreva nelle vene di quella giovane donna, ma non
avrebbe
accettato mai più nulla da quell’uomo subdolo e
calcolatore.
E
poi, sapeva che Mitsuko non avrebbe approvato, e la sua opinione aveva
molta
influenza su di lui, ormai.
Rifiutò
con fermezza e così Reiji.
Forse
l’opinione di Mitsuko contava anche per lui, dopotutto.
Karl
Heinz fece un ultimo cenno col capo, ricambiato unicamente da Reiji,
prima di
addentare con foga la propria domestica.
Con
le urla di quella giovane donna nelle orecchie, i Sakamaki lasciarono
la villa
del padre.