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Autore: suni    24/08/2009    4 recensioni
Sirius lo tallonava senza tregua da un tempo variabile tra i dieci minuti e le quindici ore; ovvero, le lancette indicavano che si trattava di dieci minuti, ma a Remus Lupin parevano quindici ore: probabilmente perché, negli attimi intercorsi dall’inizio dell’inseguimento, Sirius era riuscito ad informare all'incirca l’intera scuola, con la sua risonante voce grave e per nulla trattenuta, che lui era appena stato corteggiato da una ragazza per la prima volta dall’inizio del primo anno, che la ragazza era carina, che lui era diventato bordeaux, aveva balbettato, si era strafocato con la sua saliva e infine le aveva dato picche senza nessuna valida ragione.
(Eventuali riferimenti slash sono intuibili o meno a vostra intera discrezione.)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non capisco

Picche

 

 

Remus Lupin aveva pazienza a chilate. Poteva tollerare i suoi migliori amici per un quantitativo pressoché illimitato di tempo, capacità che, considerati gli individui in questione, poteva rientrare di diritto nell’elenco delle Abilità Straordinarie della Storia della Magia, come per i maghi che potevano volare senza l’ausilio di alcuno strumento. Effettivamente, a sua conoscenza, soltanto lui e Albus Dumbledore potevano vantare lo strabiliante primato di sopportare senza effetti collaterali James Potter e Sirius Black.

E Dumbledore, insomma, compariva persino sulle Cioccorane. Remus Lupin cominciava seriamente a chiedersi, stando così le cose, quanto ancora avrebbe dovuto aspettare prima di finirci anche lui.

Tuttavia quel pomeriggio, marciando filato per il corridoio nel vano tentativo di liberarsi del suo insistente inseguitore, Remus comprese che forse, dopotutto, sulle Cioccorane non ci sarebbe finito perché forse, dopotutto, la sua pazienza aveva un limite.

Limite che stava per essere drammaticamente superato.

Sirius lo tallonava senza tregua da un tempo variabile tra i dieci minuti e le quindici ore; ovvero, le lancette indicavano che si trattava di dieci minuti, ma a Remus Lupin parevano quindici ore: probabilmente perché, negli attimi intercorsi dall’inizio dell’inseguimento, Sirius era riuscito ad informare all'incirca l’intera scuola, con la sua risonante voce grave e per nulla trattenuta, che lui era appena stato corteggiato da una ragazza per la prima volta dall’inizio del primo anno, che la ragazza era carina, che lui era diventato bordeaux, aveva balbettato, si era strafocato con la sua saliva e infine le aveva dato picche senza nessuna valida ragione.

Oltretutto non era neanche vero. Remus era sicuro dello svolgimento dei fatti: era semplicemente rimasto per qualche secondo in silenzio, sorpreso, poi aveva gentilmente e fermamente rifiutato l’invito della fanciulla ad andare ad Hogsmeade con lei. Sì, poteva essere che nel tentativo di respirare gli fosse andata di traverso l’aria, poteva essere che avesse avvertito una forte vampata di calore e anche che non si fosse espresso articolando alla perfezione le parole, ma di certo non era andata come sosteneva Sirius. Che restava un cafone immane, uno spiattellatore di fatti altrui e non ultimo un maledetto rompicoglioni, come dedusse il giovane licantropo in quel momento, udendo l’ennesimo, lamentoso “Ma vuoi spiegarmi perché cavolo le hai dato picche, eh? Eh, eh eh?

Uno strazio.

“Allora, me lo spieghi sì o n...?”

“Pietà, Sirius,” bofonchiò lui spossato, svoltando verso la rampa delle scale.

“Non c’entra nulla la pietà. Rispondi e basta, ti decidi a spiegarmi sì o...?”

“NO,” sbottò Remus, accelerando il passo per la milionesima volta.

Poteva avvertire l’emanazione della contrarietà di Sirius anche senza voltarsi indietro. Aveva le sopracciglia corrugate e un’espressione fosca, imbronciata e lievemente infantile.

“Questa non è una risposta contemplata,” osservò bizzoso, e Remus seppe che si stava drappeggiando il mantello della divisa sul petto anche senza udirne il fruscio.

“L’hai proposta tu,” ribatté placidamente lui, imboccando la gradinata.

“Remus!” protestò Sirius tenendogli dietro. La scala, forse mossa a compassione, fece per aprirsi a metà salita e ruotare su se stessa, ma Sirius fu lesto a spiccare un balzo e atterrare appena due gradini dietro di lui. “Quella Lea è una...”

“Leena,” lo corresse meccanicamente Remus.

“Leena, fa lo stesso,” bofonchiò Sirius noncurante, “è una gallinella da sballo e tu l’hai appena scaricata come...”

“Lo so, ero presente. Smettila di ripeterlo.”

“Ma perché?”

Remus sbuffò esasperato per l’ennesima volta, socchiuse gli occhi e continuò a marciare verso la torre di Gryffindor. Sperava che il silenzio avrebbe dissuaso quella testina del suo migliore amico, ma sapeva bene quanto quella pia illusione fosse sciocca.

“Ma Remus!” continuò infatti Sirius come se niente fosse. “Ha graziosissime curve, sembra una collina irlandese. Dovresti...”

“Tu non sei mai stato in Irlanda. Non hai mai messo il naso fuori da Londra, Hogsmeade o questo castello,” lo riprese lui, cercando disperatamente di trattenere la nascente irritazione.

“Pedante e spaccapalle!” sbottò Sirius punto sul vivo. “Quello che voglio dire è che Lea...”

“Leena!”

“...Lei, insomma, non è affatto male e tu l’hai scaricata. Insomma, capirei se fossi me e avessi nugoli di ragazze ai tuoi piedi. In questo caso potresti fare...”

Piume di zucchero,” sibilò Remus parandosi davanti alla Signora Grassa.

“...Il difficile, ma questa è la prima ragazza che ti si fila dai tempi della Santa Inquisizione e...” continuò imperterrito Sirius, seguendolo all’interno della sala comune.

“Beh, sì, ma non mi interessa,” commentò lui con sufficienza, rischiando di travolgere e falcidiare due sventurati studenti del secondo anno, che osservarono stupiti il loro calmissimo Prefetto dirigersi verso le scale dei dormitori con passo minaccioso.

“Ma com’è possibile?” La conosci da quanto, una settimana? Magari è la donna della tua vita, quella Lea...”

“LEENA!”

Sirius inchiodò di scatto sulla porta della loro camerata nel vederlo voltarsi indietro con furia di belva, gli occhi argentei vagamente spalancati e il naso storto con perplessità. Sollevò le mani in un gesto indolente e si strinse nelle spalle.

“D’accordo, va bene, Leena,” borbottò, prima di snudare uno scintillante sorriso beffardo. “Guai a storpiarle il nome, eh?” osservò, malizioso.

Remus emise un possente verso gutturale, qualcosa che stava tra un ringhio e un gemito di sofferenza, prima di voltare i tacchi ed entrare tentando di sbattergli la porta in faccia. Purtroppo, Sirius fu di nuovo rapido e infilò una gamba nell’uscio di forza, spalancandolo nuovamente.

Touché?” ridacchiò lezioso.

“No!” abbaiò severamente Remus. “E ora finiscila, Pad,” aggiunse, pericolosamente stizzito.

“Voglio solo sapere perché l’hai rifiutata,” si difese innocentemente l’animagus.

“E perché tu mi dai il tormento, eh?” sbottò lui, lanciando via la borsa dei libri come avrebbe fatto un battitore con un Bolide.

Sirius spalancò lievemente gli occhi, quasi la domanda lo avesse sinceramente stupito, poi scrollò di nuovo le spalle mentre Remus si sedeva sull’orlo del letto, prendendo lunghi respiri per calmarsi.

“Perché non ti capisco. Lei...”

“Ma cosa cavolo c’è da capire, Pad?” protestò Remus alzando la voce, definitivamente saturo. “Perché mai dovrei uscire con quella ragazza e scoprire che magari mi piace sul serio, se tanto non abbiamo un futuro perché io sono un dannatissimo lupo mannaro e devo rimanere da solo, eh? Io devo tenere gli altri a distanza per il loro stesso bene, lo capisci, specie d’imb...?”

“E noi, allora? E io?”

Troppo stupido per essere vero.

“Non è la stessa cosa, Pad,” osservò Remus con condiscendenza, torvo.

Gli occhi grigissimi, trasparenti, si posarono nei suoi con leggiardo stupore.

“Come no?”

Remus si rialzò di scatto, dominando l’impulso violentissimi di sbranarlo sul posto.

“Tu non sei come gli altri, idiota!” concluse, esasperato da quella conversazione da ritardati. Quindi, stremato, scosse lentamente la testa, ignorò l’espressione ebete dell’interlocutore e stabilì di raggiungere la biblioteca.
Augurandosi d’incontrate Peter, Frank, Lily o chiunque potesse evitare di comportarsi come un fastidioso, irritante Sirius Black imboccò nuovamente la porta, lasciando un Padfoot alquanto sbigottito in piedi in mezzo alla stanza, intento a ripetersi con uno strano, balsamico senso di calore che, per Remus, lui non era come gli altri. Lui non era come nessun altro.

   
 
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