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Autore: Alyeska707    02/01/2021    4 recensioni
una vecchia palazzina
arte, musica, agape ed eros, sentimenti e nostalgie
qual è il prezzo del successo?
dove conduce l'amore?
ma esiste davvero, la purezza?
♒︎
─ dal testo: ❝ Piccola. Stretta. Letteralmente a pezzi. Duncan aveva affittato una topaia, non una casa. Però era la sua topaia, ed era a pezzi esattamente come lui: un bordello, il disordine, una grezza anti-eleganza… ma non è affascinante, la distruzione? Agli occhi del punk, eccome: la distruzione era il suo riflesso specchiato.❞
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Heather, Trent | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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CAPITOLO 4

«Duncan…? DUNCAN!»
Una cuscinata in testa. Poi: «Eh? Ma che…
»
Un’altra cuscinata: «Che diamine, Gwen! Stavo dormendo!»
«Perché mi sono svegliata sul tuo divano con la tua maglietta addosso?» La voce di Gwen era perentoria, rigida, incazzata. Duncan era ancora mezzo addormentato. Dopo essersi coperto la testa col cuscino che Gwen gli aveva lanciato, rispose: «Perché cosa vorresti che avessimo fatto, Gwen?» Il cuscino non soffocò abbastanza le sue parole: la dark le comprese e colpì Duncan di nuovo.
«Okay, okay!» Il punk si alzò a sedere, passandosi una mano nella cresta tinta in un vano tentativo di restituirle una forma. Dopo essersi strofinato gli occhi, cercò la risposta più appropriata nello sguardo di Gwen, che si sforzava di non tradire, non riuscendoci poi così bene agli occhi di un dissimulatore professionista come Duncan, la preoccupazione.
«Niente, Gwen. Non è successo assolutamente niente» e poi, per renderlo ancora più realistico: «Cosa sarebbe dovuto succedere?» Razza di casanova, come se non potesse nemmeno immaginarlo! Era già troppo tardi, per Duncan, per coprirsi sotto alla maschera dell’innocenza: si era già fatto notare da Gwen per la sua propensione verso l’estremo opposto, della malizia.
Si sedette, Gwen, sull’angolo del materasso, non dopo essersi accertata di trovarsi a distanza debita dal punk.
«Ho bisogno di saperlo, Duncan…»
«Sapere cosa?»
Gwen si alzò di scatto, sbuffando. «Che sei un coglione!»
«Aspetta…» Duncan la fermò per il polso, tendendosi in avanti per raggiungerla, senza sbilanciarsi: sapeva perfettamente la sua versione dei fatti, elaborata nel preciso momento.
«Sei venuta da me ubriaca per aver litigato col tuo chitarrista.»
«Sono arrivata qui ubriaca, ma questa mattina mi sono svegliata con una bottiglia di gin vuota di fianco? Che coincidenza strabiliante!»
Duncan dovette contenersi per non scoppiare a ridere, perché cavolo, a quella bottiglia non aveva proprio pensato. Tornando con la mente alla sera precedente, al momento in cui aveva rovesciato la bottiglia di alcol a terra abbandonando le ultime gocce di gin al loro triste destino, non potè fare a meno di soffermarsi sul ricordo delle labbra di lei sulle sue, del loro contatto, del loro sapore, dell’ardente temperatura della stanza, e per un secondo sentì il desiderò di dirlo anche a lei, perché la scena gli risultava così tanto poetica… ma riuscì a tagliare l’intenzione prima che raggiungesse la sua lingua.
«Perché eri ubriaca, ma non abbastanza ubriaca per non sentirti più incazzata con Trent» si divincolò. «Quindi hai bevuto anche quel gin, ma non era molto. E per la maglietta, ti sei soltanto cambiata perché la tua era fradicia. Le birre a casa tua? Ti sei scordata pure quelle?»
«I momenti da sobria li ricordo bene, Duncan.»
«Bene. Allora ho finito il mio racconto. Dopo esserti cambiata ti sei messa sul divano, ti sei addormentata e io sono venuto di qua. Contenta?»
Gwen annuì, prima di coprirsi la faccia con le mani. «Scusa per le… congetture, ma vedi… Trent ha passato tutto il pomeriggio, ieri, spiegandomi della sua gelosia e stamattina mi sono svegliata qui e…»
«Gelosia verso di me?» Il suo risveglio si addolcì improvvisamente: il chitarrista preoccupato a causa sua? Di già? Questa sì che era una bella notizia! Il suo ego esultò a festa, lasciando allargare un ghigno sulle labbra di Duncan.
«Sì, lo so, è assurdo.»
Non così tanto assurdo, Gwen.
«Comunque sono contenta che non sia successo nulla. È un vero sollievo. L’alcol può portare a qualsiasi cosa.»
Già, Gwen; a qualsiasi cosa.
«Mai quanto ne sono contento io.» Duncan tornò a stendersi sul materasso, tenendo gli occhi aperti per osservare la reazione di Gwen, che per un secondo apparve stizzita da quell’affermazione: «Ah sì?»
Duncan annuì; no, non lo pensava davvero, si divertiva soltanto a provocarla. Perché era palese, anche se non l’avrebbe mai ammesso, che Gwen aveva colto quella risposta come una provocazione: “Non sono abbastanza per te, Duncan?” avrebbe pensato, oppure: “Prima i nomignoli ed era questo? O sei bipolare o ti piacciono gli ossimori, Duncan” oppure l’opzione che preferiva: avrebbe accolto la sfida e risposto ad alta voce “Sei solo un bugiardo, Duncan.” Ma non si verificò nessuna opzione, o meglio, non del tutto: sì, perché Gwen la pensò, l’ultima immagine balenata nella mente di Duncan, ma non la disse. Invece ribattè: «Per via di Courtney?»
Era bastato sentire il suo nome per indispettirlo. Per la seconda volta in meno di ventiquattr’ore, anzi dieci, un nome si rivelò sufficiente a rovinare il perfetto copione inciso nella testa di Duncan.
«E che me ne dovrebbe fregare di Courtney?»
«Non è la tua ragazza?»
«È così che te l’ho presentata?»
Gwen ci pensò un attimo. «Beh no, però…»
«Niente però, è solo una boccetta di colla compressa che in questi giorni non riesco a staccarmi di dosso.»
«Eppure sembrava così carina ieri sera, a stringerti durante il film come se non ci fosse un domani…»
Il sorrisetto tornò sul volto di Duncan. «Stavi guardando noi al posto di vedere il film, darkettona?»
Gwen ruotò gli occhi. «Stavo guardando il film e ad intervalli cercavo la ciotola dei pop-corn, che avevi sempre in mano tu, punkettone
Duncan scoppiò a ridere. «È un nome orribile!»
«Sì, lo è. E vuole suonare da dolce invito a non chiamarmi più in quel modo.»
«Pensavo che fosse il bellezza a innervosirti, ma se lo preferisci, per me è soltanto un piacere, bellezza.»
«Non mi piace nemmeno quello, non illuderti. Però almeno è ascoltabile.»
«Oh, eccome se lo è! Soprattutto a un metro dal chitarrista, vedi come si ascolta bene, poi.»
Gwen lo fulminò con lo sguardo.
«Ora dovrò anche preoccuparmi di spiegargli dove ho passato la notte… Che casino.»
«Perché dovresti mentirgli?»
«Non farmi domande ovvie, Duncan!»
«Va bene, va bene. Sarà il nostro segreto, allora.» Ammiccò.
«Non è che mi esalti, avere dei segreti con te» lo punzecchiò Gwen. Come se Duncan avesse potuto crederle! Chi non avrebbe voluto averne, di segreti con lui? Peccato solo che una parte di quel segreto, nella mente di Gwen, fosse del tutto sfumata via.
Dopo essere uscita dalla sua stanza, Gwen disse: «Ti lascio la maglia sul divano! E vestiti, una buona volta!» Duncan sogghignò: ma chi dormiva con una maglietta addosso?
In quel momento Trent stava per spingere la porta socchiusa dell’appartamento di Duncan, per chiedergli se avesse notizie sulla sua Gwen. La voce di lei lo bloccò: si ritrasse, ma che? Cosa significava? Avrebbe dovuto spalancare quella porta ed esclamare che diamine stava facendo lì, che cavolo di maglia avesse addosso e cosa avesse fatto con quel criminale tutta la notte. Avrebbe dovuto gridare, incazzarsi, colpire Duncan in pieno viso col pugno più forte di cui fosse capace… e invece non trovò il coraggio per fare niente di tutto ciò. Liberò la maniglia dalla sua presa, indietreggiò. Si sentì tremare, il cuore in gola, ma che diavolo ci faceva lì Gwen? Si prese la testa tra le mani: non poteva essere vero. Poi di nuovo, la voce della sua amata provenire da quell’inferno, appena ad una parete dal loro paradiso comune: «Vado a parlare con Trent! Ciao Duncan!»
Parlare con lui? E parlare di cosa? Trent raccolse le ultime energie che gli erano rimaste per fiondarsi sugli scalini e correre giù per la rampa, prima che Gwen uscisse dall’appartamento di Duncan, non accorgendosi nemmeno dei suoi passi che continuavano a rincorrere i gradini, rischiando di inciampare ad ognuno, nonostante si trovasse già al riparo dalla vista di Gwen.



 
*****


«E così mi vuoi dire che la cara Gwendolyn se la fa con un altro? Non mi dire.»
«Non sei divertente, Heather.»
«Non volevo esserlo, Trent.» Heather prese un sorso del suo «caffè macchiato con latte vegetale spolverato di cacao, e senza schiuma, o ve lo rimando indietro», trovandolo ancora caldo ma non bollente, sorprendentemente della temperatura giusta e dagli aromi bilanciati, della perfezione con cui condiva ogni cosa di cui era solita circondarsi. L’imperfezione non era degna di lei.
«Il punto è» riprese la ragazza, dopo aver riposato la tazzina sul tavolo, «che non mi sento per niente sorpresa. Per quanto non ti piaccia sentirlo dire, io ho sempre avuto il presentimento che fosse una sgualdrina. Si atteggia tanto da artista miseramente incompresa, quando in realtà si comporta in modo discutibile apposta. È lei che non vuole farsi comprendere. Da questo punto di vista, ha decisamente la stoffa della pittrice controcorrente che aspira di diventare.»
Trent gli rifilò un’occhiataccia, che tuttavia cedette presto sotto al peso della desolazione che non faceva che sommergere i suoi pensieri a ondate prepotenti.
«Non fare quella faccia, Trent. Non puoi dire che non te l’aspettavi. Infondo, prima di mettersi con te Gwen era l’amichetta di Alejandro, no?» sputò Heather, come se il ricordo di un aneddoto, o la semplice visualizzazione della faccia derisoria dello spagnolo, la disgustasse.
«Amichetta… fai sempre l’esagerata, tu. Alejandro le aveva semplicemente proposto una collaborazione artistica con la band dopo aver visto i suoi disegni, lo sai bene.»
«Blablabla» argomentò Heather. «Non è esattamente il modo in cui la racconta Alejandro.»
«Non è mai il modo in cui racconta Alejandro» osservò Trent, sospirando. Il loro bassista aveva sempre avuto il vizio di pompare ogni storia che lo riguardasse, era troppo sicuro di sé per non sottolineare in ogni discorso la sua spiccata propensione a conquistare cuori e appiccare incendi.
«E poi» riprese Trent, «sai quante ne racconta su voi due, di storie? Se non ti conoscessi, gli crederei pure. Entra talmente nel dettaglio…»
«Ah s-sì?» Heather vacillò: per un attimo ebbe il timore che quell’ultimo sorso di caffè le sarebbe finito di traverso, tradendola.
Trent la guardò inarcando le sopracciglia. «Vuoi sentirne qualcuna?»
«NO!» Heather l’aveva gridato, sì. Diamine. Lo ripetè, questa volta riuscendo a fingere la nonchalance che si era prefigurata: «No, non voglio sentirle, Trent. Posso solo immaginare a che livelli possano arrivare le fantasie di quel malato latin-lover.»
«Quel malato latin-lover fa parte della nostra band, vedi di non trattarlo troppo male, o dovremo trovarci un bassista nuovo.»
L’idea accarezzò i pensieri di Heather: sarebbe stato così facile liberarsi di Alejandro? La prospettiva l’allettava, liberarsi di lui le avrebbe di certo risolto innumerevoli problemi: finalmente sarebbe riuscita a cantare nuovamente senza le distrazioni delle sue occhiatine e dei suoi commenti, senza la distrazione dei suoi fianchi che si muovono accompagnando il ritmo del basso, delle sue dita così veloci a pizzicare le corde… No! Non voleva proprio pensarci ad Alejandro, l’unica cosa su cui desiderava riflettere era come riuscire a strozzare quel maledetto bocca-larga col cavo del suo stesso microfono.
«Cavolo» mormorò Trent, riportando Heather al presente. «Guarda quanti fiori…» Dal tavolino esterno del bar sotto casa di Heather, chiamata all’ultimo dal chitarrista per estrema necessità di parlare con qualcuno, i colori vivaci delle aiuole risaltavano sotto al sole. Così tanti colori, si ritrovò a pensare Trent, che però non riescono a rallegrarmi. «La loro bellezza è così insensibile…»
«Oh, adesso smettila per favore! Solo perché Gwen è tanto propensa a incarnare il perfetto, immorale prototipo di vita bohémienne, non significa che tu debba reagire mostrandoti così debole!»
«E come dovrei reagire, scusa? La mia ragazza passa la notte col nuovo vicino di casa, e io dovrei sentirmi indifferente? Come hai fatto a ghiacciare il tuo cuore così bene? Insegnami, dovrei congelare anche il mio.»
«Dovresti soltanto svegliarti!» Heather gli schioccò le dita a un palmo dal viso. «Anche tu sei un artista, Trent! Comportati da tale!»
«Essere artisti implica essere sensibili… Non so più quanto sia conveniente.»
«Essere artisti vuol dire essere imprevedibili e fuori dalle righe, invece! Ribellati alle tue logiche!»
«… Alle mie… logiche?» Trent non capiva, né a cosa alludesse la sua cantante, né a come fosse possibile liberarsi da un modo di pensare semplicemente decidendolo. Lui amava Gwen e avrebbe continuato, anche quando sarebbe rientrato a casa e lei lo avrebbe lasciato e sfrattato, rivelandogli del neonato amore scoppiato con quel Duncan. L’avrebbe amata ancora per tanto, tantissimo tempo, forse per sempre, perché lei era così unica, così singolare nella sua particolarità… così… così “non esistono altri esseri umani simili”! Come avrebbe fatto? Quante volte si sarebbe ripetuto di smettere di amarla? Quante non ci sarebbe riuscito?
Heather in risposta si sporse in avanti sul tavolino. Scandì di nuovo, questa volta più lentamente: «Ribellati, Trent.»
Trent continuava a non afferrare il senso.
Più vicina, ancor più lentamente, Heather: «Ri-bel-la-ti.»
Le sue labbra danzavano.
Ancora più vicino.
Heather sfiorò le labbra di Trent con le proprie, per poi sussurrare all’amico: «Sei un artista, devi ripeterti questo», parole che provocarono in Trent un brivido improvviso e indomabile. Perché Heather aveva ragione: gli artisti sono incontrollabili, imprevedibili! Che aspettava a tirare fuori la sua stravaganza, il nucleo originale della sua creatività? Baciò Heather di nuovo, più intensamente, a lungo, tenendo con le mani il viso di lei contro al suo. Heather lo assecondò soltanto: a lei non importava niente, i suoi sentimenti non esistevano, non… le venne in mente Alejandro: per un secondo si sentì trasportata da quel bacio in maniera indicibile, poi ragionò sulla sua immaginazione, si impegnò per eliminarla, spegnerla, ma il barlume era sempre lì, però no, lei restava comunque insensibile. Se baciare Trent l’avrebbe finalmente portato a ragionare, a lasciare Gwen prima che lei potesse farlo con lui e prendere sul serio, finalmente, l’essenza della sua arte – che appunto, secondo Heather, doveva essere indomabile e impulsiva, contro l’apollineo che Trent aveva sempre predicato nella pulizia dei suoi ritmi –, allora l’avrebbe baciato di buongrado. Si sarebbe perfino spinta ad andare a letto con lui, per il bene della loro musica; si trattava semplicemente di calcolo e strategia per Heather, sempre.
Ma poi il bacio finì, Heather si riappoggiò compostamente sulla sua sedia: era quella di sempre. E anche Trent era quello di sempre: un debole sempre e comunque innamorato di Gwen, ma questa volta non si limitava a sentirsi fragile: era diventato un insulso traditore. Heather aveva mascherato un peccato di sollievo, ma adesso che la natura del suo gesto si dispiegava a lui per ciò che era stata effettivamente, sentì il senso di colpa cadergli addosso come un’incudine sulla testa.
Trent avrebbe davvero voluto trovare sé stesso, nonostante l’imminente futuro in cui prevedeva l’abbandono di Gwen. Ma Trent si sentiva sé stesso soltanto con lei.
Heather avvicinò una mano al viso. «Cavolo!» esclamò. «Mi si è rotta un’unghia! Devo salire in casa per limarla!»
E Trent, osservandola mentre si alzava, si sentì ancora più solo.


 
****Angolo dell’Autrice****
Buonasera a tutti! È con immenso piacere che, finalmente, ho modo di presentarvi Heather, signore e signori  lettrici e lettori ! una Heather in una veste vagamente alla Lord Henry Wotton, e un Trent… Dorian Gray? Ho appena trovato uno spunto per il suo cognome :’)

Ricapitolando : Duncan e Gwen, ma Gwen e Trent, ma, circa, Duncan e Courtney; e poi Bridgette e Geoff, e ora… Al e Heather? Heather e Trent? Altro che doppia-coppia-in-scatola!!! *Sierra are you hearing me?*

Il povero Trent è tormentato… mi sento in pena per lui, in questo capitolo… la sua pena continuerà? Oppure deciderò di darci un (o nove) taglio, facendolo finalmente, un po’, gioire? E CHI LO SA?! E come si comporterà con Heather, dal prossimo capitolo? La sua trasformazione in Dorian si attuerà, o Trent precipiterà miseramente ancor prima di convertirsi al mondo del peccato? E Gwen, quando finalmente riuscirà a parlare col suo fidanzato? Riusciranno a chiarirsi? Scopritelo qui! Su A tutto! Reality! Il Toouuur  The Apartment – insulsa fanfiction improvvisata da un’autrice che non aveva altro di meglio da fare.

A voi che mi lascerete una recensione: grazie del regalo di Natale posticipato 
❥ ❥ , e buon anno a tutti!

Alyeska
   
 
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