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Autore: yachan    02/01/2021    1 recensioni
Cosa significa "essere se stessi"?
Da bambino non me ne preoccupavo.
Se qualcosa mi infastidiva, mi arrabbiavo. Se qualcosa mi piaceva, lo dicevo.
Ma tutti noi cambiamo nel tempo.
Così come le cose che vogliamo proteggere...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doraemon, Hidetoshi Dekisugi, Nobita Nobi, Shizuka Minamoto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qua. Sono passati circa due anni dall'ultimo capitolo. Non era mia intenzione far passare così tanto tempo, però mi sono ritrovata bloccata nella stesura del capitolo. L'idea c'era, ma non ho potuto scriverla subito, e quindi mi sono ritrovata con dei vuoti di memoria.

Fortunatamente sono riuscita a ritrovare canzoni giuste per ispirarmi e posso finalmente pubblicare questo capitolo. Anche se l'avrò riscritta almeno tre volte.

Dedico questo capitolo a tutte le persone che hanno atteso pazientemente il seguito di questa storia e che continueranno a seguirla, nonostante la mia lentezza.

Una piccola precisazione prima, perché non ricordo di averlo fatto, il titolo della canzone è ispirato all'opening di Barakamon, ovvero Rashisa-Super Beaver. L'ho scelto perché il testo rappresenta molto la tematica di questa storia e della sua evoluzione.

Per chi non la conoscesse o non avesse letto il testo della canzone (la versione full), consiglio di farlo per gustarsi meglio la storia, e ovviamente perché è molto bella la canzone, eheh.

Buona lettura!

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Personaggi: Doraemon - Nobita Nobi - Shizuka Minamoto - Takeshi Goda (Gian) - Suneo Honekawa - Dekisugi Hidetoshi - Jaiko Goda - Hiro Kuroyama - Chika Tanaka - Aki Sasaki - Yoshino Saotome - Yukio Mori - Toshio Tsutomu

 

 

  • Che cosa??- esclamò sorpreso un grosso gatto blu senza orecchie, guardando con incredulità il bambino che si era seduto sul tatami rannicchiandosi- Ma perché... non ti piace più, forse?

Il bambino alzò lo sguardo su di lui. Nei suoi lucidi occhi neri si rifletteva la luce calda del pomeriggio.

  • Nient'affatto, lei mi piace tantissimo!- dichiarò, con una determinazione rara in lui- Lei è tutto per me, è la mia unica ragione di vita- ammise con voce più sommessa, per poi tornare ad abbassare la testa, quasi appesantito dal dolore di quella affermazione.

Il gatto lo guardò nuovamente perplesso e chinò la testa di lato, impotente. Il bambino era tornato a rannicchiarsi abbracciando le ginocchia. Era come se il suo mondo idealizzato si fosse frantumato all'improvviso.

Non riusciva a capire perché.

  • Allora, per quale motivo vuoi rinunciare?

 

 

Era in piedi in quel luogo tenebroso e in penombra, circondato da alti cristalli lucidi. Poco distante un robot blu dalla forma di gatto era disteso a terra con la testa rivolta al suolo, immobile.

Aveva tentato di avvicinarsi per soccorrerlo, ma un individuo inquietante con mantello e cappuccio continuava a ostacolarlo.

Dai cristalli continuavano apparire delle immagini in movimento, come dei piccoli video che si ripetevano.

Spostò lo sguardo altrove, non voleva più vedere.

L'individuo che gli girava intorno, quasi come un avvoltoio sulla sua piccola preda, non la smetteva di parlargli vicino alle orecchie. A ogni movimento della sua bocca, era un fluire di parole che pesavano nel suo cuore.

Non voleva ascoltare.

Serrò gli occhi e si portò le mani alle orecchie, in un tentativo disperato di far tacere quelle voci e quelle immagini. Ma sembrava tutto inutile.

Tornò a guardare il robot blu e poi i cristalli. Si morse le labbra impotente mentre le lacrime spingevano per uscire.

  • Devi prendere una decisione. Decidi a cosa credere- continuò a dire l'individuo- A quale verità sceglierai di credere?

 

 

Salì qualche gradino delle scale immerso nei suoi pensieri, quando giunse alle sue orecchie la voce soave e gentile della persona che stava cercando da un po'. Alzò la testa, proveniva dal piano superiore, alla fine degli scalini. Fece per accelerare il passo per raggiungerla e farsi notare da lei, quando sentì che era accompagnata da altre voci femminili. Un nome sfuggì dalle loro labbra e questo lo fece bloccare sul posto a metà scalinata.

Non capì da subito perché rimase lì ad ascoltare immobile, in quel punto quasi appartato alla loro vista, mentre delle risatine erano accompagnate da alcuni commenti. Con lo sguardo abbassato e la mano appoggiata al corrimano, strinse le labbra mentre ascoltava, ma non fiatò.

Le chiacchiere proseguirono, ignare che qualcuno stesse ascoltando, ma lui smise di prestare attenzione alle loro parole. Lentamente fece marcia indietro e tornò al piano di sotto.

Mentre camminava nel corridoio incrociò un ragazzo della sua stessa età venirgli incontro.

  • L'hai trovata?- chiese il moro dai lineamenti quasi perfetti.

Lui che inizialmente aveva lo sguardo abbassato e un po' smarrito, alzò lentamente la testa e gli rivolse un sorriso ritardatario. Scosse la testa, fingendosi ignaro e dispiaciuto.

  • Però non ho guardato al piano di sopra, forse si trova lì- aggiunse, come se gli stesse dando indirettamente un suggerimento.

  • D'accordo, controllo io, grazie- l'altro lo superò per raggiungere le scale.

Lui invece proseguì il cammino senza voltarsi dietro e tenendo lo sguardo abbassato.

Raggiunse le scale nell'altra ala della scuola e salì fino all'ultimo piano. Aprì la porta della terrazza e si lasciò accogliere dal leggero venticello. Non c'era nessuno a quell'ora. Avanzò qualche passo fino a raggiungere la recinzione al bordo della terrazza e appoggiandocisi con le spalle, si lasciò scivolare con il sedere a terra. Emise un sospiro tremolante e alzando la testa al cielo chiuse gli occhi. Una lacrima solitaria scivolò giù, mentre si lasciava condurre nel mondo dei sogni.

 

 

DORAEMON AND NOBITA PRESENT:

 

JUST LIKE YOU

Che significa “essere sé stessi”?

 

Cap. 7

 

  • Al volo!- gridò una voce rompendo il silenzio.

Riaprì gli occhi con la luce del giorno e il cielo su di sé. Qualcosa di piccolo e scuro passò sopra di lui, oscurando per un istante la sagoma del sole. Con un gesto istintivo lo afferrò prima che atterrasse sulla sua testa.

Osservò la confezione trasparente tra le mani, mentre due ragazzi lo stavano raggiungendo, lì nella terrazza della scuola.

  • Riflessi buoni- fece il biondino andando a sedersi alla sua sinistra e aprì tranquillamente una confezione di panino farcito. Poi si rivolse al castano che li stava osservando senza capire e gli indicò il moro- Le prime volte gli finiva sempre in faccia- spiegò.

  • Questo perché lanciavi prima di avvisarmi- protestò Nobita mentre apriva la sua confezione del panino che aveva afferrato al volo, e addentò con un grosso morso.

Yukio sorrise divertito, si stava abituando al loro modo di bisticciare. Si andò a sedere alla destra di Nobita e tirò fuori delle bottigliette dal suo sacchetto per distribuirle.

“Si sta bene qui, eh?”- commentò dopo qualche minuto, sul suo insostituibile blocchetto di appunti, guardandosi intorno.

  • Hai ragione- ammise Nobita masticando- Questa zona della terrazza viene poco frequentata ed è l'ideale per starsene tranquilli.

  • O per farsi una dormita- aggiunse Hiro indicando il moro.

Nobita non ribatté offeso, come era solito fare, ma guardò distrattamente il suo mezzo panino. Si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, ricordando i momenti passati in solitudine su quella terrazza. Riusciva quasi a vedere sé stesso mentre attraversava la porta e con passo stanco si andava a sdraiare vicino alla rete della terrazza, mentre con lo sguardo fisso al cielo lasciava che i pensieri tristi scivolassero fuori dalla sua testa.

Tornando al presente, si guardò in giro, accorgendosi che mancava qualcuno.

  • Le ragazze non vengono oggi?

  • Chika ha detto che ci avrebbe raggiunti dopo- raccontò il biondino con uno sguardo annoiato al cielo- E Sasaki non l'ho vista, ma sarà con quel fissato di Saotome.

Nobita lo guardò pensieroso per qualche secondo, poi scrollò le spalle e riprese a mangiare insieme ai suoi amici sotto quel cielo azzurro.

 

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Il suo corpo fu spinto indietro, sbattendo malamente sul muro del bagno. Emise un soffocato gemito.

  • … Allora? Ti abbiamo vista, sai!- fece la ragazza bionda con tono minaccioso, mentre continuava a trattenerla per le spalle contro il muro.

Le sue unghie smaltate e ben affilate parevano quasi le unghie di una tigre, per come stavano affondando nella sua carne.

  • Non so di cosa state parlando- rispose lei calma, senza mostrarsi sofferente per la spalle.

  • Non fingerti ingenua!- accusò un'altra ragazza a qualche passo di distanza. Se non ricordava male, le due dovevano essere più grandi di lei- Ti abbiamo vista!- ripeté.

  • Mi avete visto... fare cosa?- chiese alzando gli occhi al soffitto, come se stesse parlando con delle ritardate mentali.

Non è che le conoscesse personalmente, anzi in verità in quei anni le aveva viste forse tre volte, e certamente non erano il tipo di compagnia che si sarebbe cercata. Però le risultava difficile afferrare certi discorsi sconnessi.

  • Tu e Hidetoshi!- rispose la tipa che la tratteneva, con un tono alto che obbligò la mora a socchiudere gli occhi per il fastidio. Per un attimo avrebbe desiderato avere quei famosi tappi per le orecchie che si portava appresso Nobita, accennando a un amico stonato- Alla biblioteca, ti abbiamo visto come hai cercato di avvicinarti a lui!

  • Oh- non poté dire altro, ricordando quell'incontro casuale di qualche giorno prima.

Però alle due svitate sicuramente sfuggiva il particolare che fosse stato Hidetoshi ad avvicinarsi a lei, e il loro unico argomento era stato su un autore di libri. Niente di allusivo o con malizia.

Non poteva immaginare che altri li stessero osservando e immaginando chissà quali assurdità.

Ed era così frustante. Sì insomma, la biblioteca era l'unico luogo dove poteva stare lontana da sguardi indiscreti. Ma non aveva tenuto conto che anche a Hidetoshi piaceva aggirarsi nelle biblioteche e che aveva una schiera di ragazze tutte matte che lo adoravano come una divinità.

  • Oh?- una delle due fanatiche rifece il verso della sua preda e la guardò indispettita- Quindi lo sai. Cosa hai da dire adesso!

La ragazza abbassò lo sguardo come riflettendoci. Sarebbe stato solo fiato sprecato spiegare come si erano svolti i fatti realmente. E poi, per cosa? Sentiva di non aver fatto niente di sbagliato, semmai era l'altro ragazzo che avrebbe dovuto starle alla larga.

Ma sospettava che qualsiasi cosa avesse detto per giustificarsi, sarebbe andata ugualmente nello stesso modo. Era una storia che si ripeteva.

Lei fissò la bionda negli occhi, con indifferenza e per niente impressionata.

  • Non è penoso?

  • Cosa?- le due ragazze grandi si guardarono a vicenda senza capire.

  • Questo comportamento infantile. Mettersi in ridicolo per ottenere l'attenzione di un ragazzo, che neanche vi considera.

  • Come hai detto?!- esclamarono entrambe offese e prese alla sprovvista.

  • Tu sei più penosa di noi! Ma ti sei vista come vai conciata per i corridoi?

  • Ah, quindi lo ammettete che siete penose.

  • Non scherzare!- esclamò offesa la bionda tinta e la spinse di più sul freddo muro, facendole male- Persone come te non dovrebbero esistere. Non devi avvicinarti a Hidetoshi, mai più! E per farti capire meglio il concetto...- dietro di lei l'altra ragazza le passò un secchio.

Entrambe la guardarono con uno sguardo malevolo e divertito mentre alzavano il secchio.

Lei intuendo, serrò gli occhi d'istinto, aspettandosi il seguito. Ci era già passata altre volte, perciò era preparata a quelle situazioni.

Ogni tanto però le capitava di chiedersi... se avrebbe mai avuto fine tutto ciò. Se un giorno, finalmente, il mondo si sarebbe dimenticato di lei.

 

 

Chika Tanaka non era una bambina come tante. Al contrario delle sue coetanee, non era così vispa e allegra. Il che era alquanto strano, per le persone che conoscevano la sua famiglia.

Difatti ogni componente della famiglia di Chika possedeva una forte personalità e allegria. Ma erano conosciuti più per essere dei buontemponi. Anche troppo, per il parere di Chika.

Era consapevole che la gente la fissava e continuava a paragonarla alla sua famiglia.

E ciò, con il tempo, aveva finito per farla soprannominare "strana".

Certo, a guardarla sembrava quasi si portasse appresso un alone di tristezza.

Persino i suoi genitori non sapevano darsi un perché del suo carattere, spesso deprimente. Avevano pensato a uno stato d'umore temporaneo, per questo l'avevano semplicemente ignorata.

Ma Chika era tutt'altro che strana.

Era solo una bambina timida che non riusciva a venire fuori dall'ombra ingombrante della sua famiglia. Famiglia che, involontariamente, finiva per oscurarla anche con i suoi compagni di classe, preferendoli a lei.

A loro piaceva stare al centro dell'attenzione, seppur mantenendo la serietà che richiedeva il loro status sociale. Finendo però per sovrastare qualsiasi tentativo di conversazione di Chika.

Eppure lei ci aveva provato ad assomigliare di più alla sua famiglia, ma faticava a farsi ascoltare da loro, finendo per venire fraintesa. E ciò aumentava la sua insicurezza, rendendola ancora più taciturna.

Dopo un po' aveva smesso di provarci, anche con i suoi compagni di classe. Chi avrebbe preferito ascoltare lei, anziché la sua famiglia?

Quando iniziarono le scuole medie, la situazione non migliorò. Era ancora incapace di relazionarsi con i suoi compagni di classe. Ma il pensiero che i suoi genitori sarebbero stati meno presenti alla sua vita scolastica, la tranquillizzava. Almeno i suoi compagni l'avrebbero solo considerata una ragazza riservata, al posto di “strana”.

Inoltre fin dal primo giorno della visita della scuola, aveva notato un grazioso giardino. Non era quello maestoso piazzato in bella vista davanti alla scuola, bensì uno piccolo, quasi all'ombra dell'edificio scolastico, e quindi ignorato e trascurato dagli studenti.

Aveva preso la piccola abitudine di rifugiarsi lì, nei momenti di pausa o pranzo. Tanto non aveva ancora stretto amicizia con i suoi compagni di classe, e quindi non aveva nessuno con cui condividere il suo tempo.

E mentre se ne stava beatamente da sola, si soffermava a vedere sbocciare i fiori. Pensò che non sarebbe stato male dare una sistemata a quel giardino, che in apparenza sembrava quasi dimenticato dalla stessa scuola.

Senza che qualcuno le desse l'incarico, iniziò a prendersene cura. Le ricordava il piccolo giardino di casa, dove si rifugiava ogni volta che si sentiva un'estranea in casa.

Aveva imparato qualcosa sul giardinaggio dal suo defunto nonno, con cui sospettava di avere più in comune con lui, visto che parlava poco.

Prendersi cura del giardino della scuola che era diventato quindi il suo passatempo preferito, senza che altri la scoprissero, ma dopo qualche giorno dovette ricredersi sul suo pollice verde, osservando dei fiori un po' afflosciati. Non riusciva a capire dove sbagliava.

  • Gli stai dando troppa acqua- disse una voce nei dintorni.

Chika sussultò in un primo momento. Si era quasi abituata a non venire disturbata in quel giardino. Alzando lo sguardo, vide un ragazzino venire verso di lei.

  • Dovresti cambiare la terra e piantarle di nuovo- continuò lui, mentre Chika restava in silenzio e sorpresa che le rivolgesse la parola- Vedi?- lui però non notò la sua sorpresa e continuò a parlare spensierato. Si chinò vicino a lei e indicò il terreno- Ieri ha pure piovuto tanto, quindi il terreno è ancora zuppo.

  • Tu...- il suo debole tentativo di dire qualcosa, la imbarazzò quindi tornò a zittirsi.

  • Oh scusa- lui sembrò aver intuito la sua confusione- Io mi chiamo Yoshino Saotome. Siamo nella stessa classe- si presentò con un sorriso gentile, seppur fossero in classe insieme da già metà anno scolastico- Tu sei Chika Tanaka, dico bene?

Lei annuì come un automa. Era cosciente che ormai dovevano aver imparato i loro nomi, ma si sentiva ugualmente come un pesce fuori dall'acqua, quando lo sentì dire il suo nome. In tutto quel tempo non si erano rivolti la parola, quindi perché prendersi la briga di impararsi il suo nome?

  • Come lo sai?- evitò di fare domande al riguardo e indicò i fiori. Con una ciocca di capelli cercò di coprirsi dal suo sguardo.

  • Ho letto dei libri sull'argomento- spiegò- Stavo cercando un nuovo passatempo e in libreria mi sono imbattuto nella sezione giardinaggio. Mi è sembrato un argomento affascinante e ho iniziato a fare caso al giardinetto della scuola, che sembrava migliorato. Poi ti ho visto venire qui più volte e quindi...

  • Lo dirai a qualcuno?- chiese subito allarmata.

Sapeva che quel pezzo di terreno era di proprietà della scuola, ma la sua insicurezza di essere ascoltata anche dagli insegnanti, l'aveva fatta rimandare la richiesta dell'autorizzazione.

  • Non è mica un crimine- lui sembrò per un attimo divertito dall'espressione terrorizzata di Chika- Anzi, è ammirevole che tu lo voglia fare senza che qualcuno te lo imponga. Ma non sarebbe meglio chiedere direttamente al professore? Per evitare problemi in futuro e per non rimetterci di tasca tua il materiale.

  • Sì... hai ragione- annuì, sentendosi così sciocca a non averlo fatto subito- Ma non ho avuto ancora l'occasione di parlarne con qualcuno.

  • Ci penso io- si indicò- E già che ci sono, potrei darti una mano. Sarà più divertente farlo insieme, non credi?- ed esibì un sorriso radioso.

  • Io... sì- annuì un po' spiazzata, e aggiunse con timidezza- Se non è un problema per te...

  • Non preoccuparti- si alzò in piedi con energia- Allora ci vediamo domani, d'accordo?

Lei annuì di nuovo e lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava e continuava a salutarla. Lei ricambiò timidamente il saluto e tornò a guardare il giardino.

Si sentì stranamente in ansia.

Non era certo la prima volta che parlava con un suo coetaneo, ma se si trattava di fare amicizia, non sapeva quanto poteva durare.

Di ritorno a casa ripensò a quanto era accaduto. Chissà se Saotome aveva realmente intenzione di aiutarla, o il giorno dopo avrebbe cambiato idea.

Si fermò poco prima di arrivare all'ingresso di casa, perché trovò sua sorella maggiore, Akane, in compagnia di un ragazzo.

  • Uuuh! È lui!- sentì le voci concitate delle altre due sorelle dietro di lei, Kaori e Aoi, che la spinsero di lato per raggiungere la coppia.

Le tre ragazze iniziarono a chiacchierare emozionate, quasi si trattasse di un gossip, mentre il ragazzo veniva fatto accomodare dalla madre all'interno della casa.

Per Chika era alquanto bizzarro quel loro comportamento, perché non era la prima volta che veniva il ragazzo e non era una novità che si frequentassero. Era solo questione di tempo, prima che la relazione diventasse ufficiale.

E a giudicare dalle espressioni delle sorelle, forse era quello il momento. Per i loro genitori era importante rispettare certe formalità, come il presentarsi ufficialmente alla famiglia della fidanzata.

Sospirò, mentre lasciava la cartella in stanza e tornava in salotto, dove la famiglia era già tutta riunita, inclusa la nonna.

Il ragazzo, com'era da aspettarsi, fece la proposta di matrimonio alla sorella, di fronte all'approvazione dei genitori. Seguirono i festeggiamenti e pianificazioni sui prossimi passi da fare.

Akane era raggiante. Era la primogenita e aveva da poco un lavoro stabile in una ditta. Le mancava solo concludere in bellezza creandosi una famiglia tutta sua.

Per Chika, che era rimasta un po' in disparte dai festeggiamenti, era strano vedere la sorella pronta per il matrimonio. Ricordava ancora quando insieme alle altre sorelle commentava che non voleva legarsi seriamente a nessuno. Era uno spirito libero, sempre pronta a conoscere nuove persone, e con tanti progetti da realizzare.

Ma allora come era riuscito quel ragazzo a farle cambiare idea? Erano i sentimenti di lui o il desiderio di lei di cambiare?

Questo pensiero la fece soffermare a osservare in silenzio la sorella, rimanendo l'unica seduta. Ciò non passò inosservato alla sorella Kaori.

  • Almeno in questa occasione, non potresti mostrare un po' più di partecipazione? Non sei felice per nostra sorella?- commentò lei scocciata, attirando l'attenzione degli altri, compreso quello del ragazzo.

D'improvviso il clima di festa si placò, calando in un silenzio. Gli sguardi dei presenti puntarono sulla più piccola.

  • Sei la solita guastafeste- commentò Aoi, incrociando le braccia e roteando gli occhi, gesto che riservava solo a lei.

Akane la guardò seria per un momento, senza commentare. Chika, risvegliandosi dai suoi pensieri, si accorse solo dopo di aver involontariamente guastato l'umore della festa.

  • N-no... mi fa piacere, davvero- cercò subito di giustificarsi, ma dalle loro espressioni comprese che non le credevano- È solo che... sei davvero convinta della tua scelta?- ma si pentì subito di averlo detto.

Le espressioni dei presenti, la mortificarono. Tentò invano di trovare le parole per rimediare a quello che aveva detto, ma la madre intervenne prima che aprisse di nuovo bocca.

  • Direi che la notizia deve essere adeguatamente celebrata- disse con tono pacato e un gran sorriso, con l'intento evidente di far dimenticare le parole della figlia minore- Propongo di spostarci in un locale di nostra conoscenza.

Aiko e Aoi tutte eccitate salirono in stanza per cambiarsi d'abito. Altrettanto fece Akane, che dopo aver lasciato il ragazzo con il padre per continuare a conversare, si diresse alla sua stanza. La nonna, l'ultima a rimanere con lei nel salotto, scosse la testa con un sospiro e se ne andò lentamente.

Con il salotto praticamente svuotato, Chika cercò di raggiungere la madre nel tentativo di spiegare le sue parole, ma la donna si voltò verso di lei e le rivolse uno sguardo severo.

  • Vai a cambiarti. E vedi di migliorare il tuo umore, per quando saremo usciti.

Chika non replicò all'ordine della madre e si limitò ad abbassare lo sguardo.

Per certi aspetti, la madre assomigliava a lei. Era molto pacata e rigida nella sua postura, e a prima impressione poteva sembrare poco incline al divertimento. Ma era solo apparenza, per via dell'educazione dei suoi genitori. In realtà era allegra, come il resto della famiglia, e non faticava a mostrarlo. Anche se era seria, solo poche volte mostrava un'espressione di vero disappunto e rabbia. Come quel momento.

Chika sapeva di averla delusa, di nuovo.

Serrò le labbra mentre fissava addolorata il pavimento di legno. Perché andava a finire sempre così? Perché veniva fraintesa nei suoi sentimenti? Lei era realmente felice per la sorella, ma non era in grado di mostrarlo apertamente, non le usciva così spontaneo il sorriso.

Salendo le scale sentì le voci concitate di Kaori e Aoi nella stanza che condividevano. Si diresse alla sua stanza, situata su in soffitta, ma poi si fermò davanti alla porta con su scritto Akane. Bussò e aspettò che la porta si aprisse. Un'alta ragazza si sporse oltre lo stipite e la osservò con un'espressione fredda.

  • Che vuoi ora? Non ti è bastato umiliarmi davanti al mio fidanzato?

Lei scosse la testa mortificata.

  • Io volevo solo...

  • Sì, sì... me lo dirai un'altra volta. Ora sono impegnata- disse sbrigativa e le chiuse la porta in faccia.

  • ... chiederti scusa- terminò di dire alla porta. Sospirò e tornò nella sua stanza.

Qualche giorno dopo era seduta nel piccolo giardino, con lo sguardo perso sui fiori.

Come aveva previsto, Saotome non si era più fatto vedere lì, anche se in classe era sempre presente. Non ne fu particolarmente delusa.

I suoi pensieri invece si soffermarono al giorno della proposta del matrimonio. Non aveva avuto occasione di parlare con la sorella. Forse aveva troppe cose di cui discutere per il matrimonio, o forse era un modo per evitarla.

Socchiuse gli occhi, lasciandosi passare il vento tra i lunghi capelli neri. Perché non era stata zitta quel giorno?

Riaprendo gli occhi, si ritrovò davanti una figura che le faceva ombra. Sobbalzò per un istante.

  • Scusa il ritardo- disse il ragazzino con in mano un sacco di terra- Ci ho messo un po' a scegliere il tipo di terra- appoggiò giù il sacco, di fronte agli occhi stupiti di lei- Ah, ho parlato con il professore. Abbiamo il via libera- aggiunse con un sorriso e facendo il gesto della vittoria.

Senza che lei rispondesse, Saotome iniziò a tirare fuori degli attrezzi da un sacchetto e le illustrò come avrebbero proceduto.

  • Tu davvero vuoi farlo? Con me?- chiese lei, ancora incredula di vederlo lì.

  • Certo- rispose con ovvietà- Dai, diamoci da fare.

Quelle parole la smossero dal suo stato da ebete e si unì a Saotome a trapiantare i fiori. Il ragazzino continuava a parlare spensierato sul giardinaggio, mentre lei ascoltava e lentamente si univa alla conversazione.

La giornata passò velocemente, il sole stava già calando ed era tempo per entrambi di tornare a casa.

  • Ci vediamo domani. Ti porterò un libro interessante- la salutò.

Lei annuì, decisamente di buon umore. C'era ancora una vocina nella sua testa che la portava a dubitare che sarebbe ritornato, però non poteva negare di aver passato un bel pomeriggio.

Nei giorni seguenti, Saotome si presentò puntuale, ogni volta con in mano un libro diverso. Sfogliavano insieme i libri e cercavano spunti o suggerimenti per migliorare il giardino.

Avevano anche iniziato a rivolgersi la parola in classe, suscitando non poco interesse da parte degli altri compagni. Ma a Saotome non sembrava importare.

Senza rendersene conto, Chika stava passando molto tempo con il ragazzo, scambiandosi informazioni o semplicemente chiacchierando d'altro. Non poteva negare che era piacevole. Non era più da sola in quel giardino e non c'era l'ombra della sua famiglia a intaccare questa sua piccola felicità.

Saotome era un ragazzino interessante e gentile, e sembrava ugualmente contento di passare del tempo con lei, anziché con il resto della classe. Non sembrava neanche interessato a fare amicizia con altri ragazzi.

  • Perché passi il tempo con me, invece che con gli altri?- chiese un giorno Chika. Non poté fare a meno di chiedere per curiosità- I compagni mi evitano, ma tu potresti tranquillamente farti altri amici.

Saotome la guardò per qualche istante prima di rispondere.

  • Hai mai l'impressione che l'apparenza sia tutto?- lei lo guardò senza capire- Le persone che ci circondano sono così superficiali, vuote, e irritanti con i loro modo di fare. È come svegliarsi all'improvviso e trovarsi soli nel mondo. Nessuno che comprenda la mia lingua, nessuno con cui mi senta a mio agio.

A Chika sembrò un modo di descrivere la sua solitudine nella famiglia. La difficoltà di farsi ascoltare senza finire nell'incomprensione.

  • Noi siamo simili- segnalò entrambi- Non hai paura che gli altri ti evitino, non hai paura dei loro giudizi. Non sei come gli altri, sei intelligente, vedi le cose per come sono, senza fronzoli, e non ti fai coinvolgere dalla massa. Con te non devo fingere che mi piacciano gli altri. Ci capiamo. È questo che fa di te l'amico ideale.

Chika non l'aveva vista in quella ottica, ma le fece molto piacere essere considerata l'amico ideale di qualcuno.

E anche se in casa, la situazione non migliorava, almeno a scuola aveva qualcuno con cui parlare di vari argomenti. Uno degli argomenti di cui parlavano spesso, erano le loro ambizioni.

Chika non aveva particolari desideri da perseguire, stava ancora scoprendo cosa le riservasse il mondo. Ma non le sarebbe dispiaciuto dedicarsi al giardinaggio per altro tempo ancora.

Per Saotome era diverso, aveva già in mente una sua visione del futuro.

  • Vorrei fare la differenza- spiegò lui, in una delle loro conversazioni- Qualcuno per cui la gente si senta ammirata e grata. Qualcuno d'importante e rispettato.

  • Punti in alto, quindi.

  • Già. So che non sarà facile, ma devo sforzarmi- abbracciando le ginocchia tra le braccia, guardò l'orizzonte- È l'unico modo... l'unica speranza di avere successo... l'unica strada che mi permetta di essere felice...

Chika lo osservò per qualche minuto. Il viso di lui trasmetteva ansia e tristezza. Non era la prima volta che lo vedeva così preoccupato, ma ultimamente capitava più spesso. I suoi discorsi si facevano sempre più cupi e vaghi. Era così diverso dai loro primi discorsi.

  • È così importante per te?

  • Lo è- abbassò lo sguardo e il tono di voce si fece incerto- Altrimenti... che senso avrebbe la mia esistenza? Non voglio essere lasciato indietro e dimenticato dalla società... dalla mia famiglia...- poi la guardò e abbozzò un sorriso dispiaciuto- Che discorso penoso, vero?

Chika però non rispose subito e lentamente gli appoggiò una mano sulla spalla. Scosse la testa ed esibì un dolce sorriso.

Non poteva dire di conoscere la famiglia di Saotome, in tutti quei mesi aveva visto la madre solo una volta di sfuggita alle riunioni con gli insegnanti. Sapeva solo che rivestiva un ruolo importante in una azienda e che aveva avuto una discussione con uno degli insegnanti.

Il figlio in quell'occasione gli era sembrato un po' teso, con uno sguardo diverso dal solito.

  • Fai del tuo meglio, io ti sosterrò.

Ma qualsiasi cosa stesse passando per la testa di Saotome, lei era sua amica e sentiva che doveva sostenerlo.

  • grazie Tanaka. Sono contento che siamo amici.

Chika era altrettanto contenta. Conoscere Saotome era uno dei pochi traguardi di cui andava fiera.

Sperava che la loro amicizia durasse il più a lungo possibile.

Ma dopo qualche settimana, i loro incontri si fecero più saltuari. Nonostante l'impegno di prendersi cura del giardino, che nel tempo era migliorato tantissimo, Saotome doveva rimandare per altri impegni. Lo vedeva rientrare presto a casa, a volte con un'espressione cupa in volto.

Lui le accennava solo che voleva migliorare la sua media dei voti, per questo non aveva tanto tempo da passare con lei. Chika però sentiva che qualcosa lo tormentava, ma lui non ne voleva parlare.

Aveva notato anche che aveva iniziato a parlare più frequentemente con altri loro coetanei. Le stesse persone che in più occasioni li aveva snobbati.

  • Mi candiderò come rappresentante di scuola- le spiegò più avanti, a poche settimane dalla fine dell'anno scolastico- Ma per riuscirci devo ottenere più consensi anche dai ragazzi delle altre classi. E il primo passo è diventare rappresentante di classe. Anche se, per farlo mi toccherà sopportare le loro lagne.

Lei lo guardò sorpresa. Si vedeva che non era tanto a suo agio con quella scelta, più volte aveva fatto commenti sarcastici sul resto dei compagni di classe.

  • Perché questa decisione improvvisa?

Il ragazzo esitò prima di rispondere.

  • Non posso permettermi di perdere altro tempo. È l'unica strada che posso percorrere...

Chika non capiva molto a cosa si riferisse, ma sembrava davvero deciso.

  • Per quanto possa servire, avrai il mio voto- disse lei con tono incoraggiante.

Saotome la guardò e smorzò un sorriso. Sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti, prima della fine dell'anno scolastico.

Guardando come si impegnava a fare amicizia con gli altri, era quasi ammirata da lui. Si sforzava nei suoi obiettivi, anche se non gli piaceva. Perché lei non poteva fare altrettanto?

Di ritorno a casa Chika trovò davanti al cancello l'auto del fidanzato di Akane. Entrò in casa e scorse il fidanzato nel salotto con il resto della famiglia. Salì le scale e si fermò davanti alla porta della stanza della maggiore.

Bussò e attese. Aprì la sorella che vedendola fece una smorfia sorpresa, per poi darle le spalle e lasciare la porta semi aperta.

  • Avanti, se hai qualcosa da dirmi, fallo in fretta. Non mi fermerò a lungo. Sono qui solo per prendere le ultime cose.

La ragazzina entrò nella stanza e vide che era mezza vuota, gli armadi spalancati e vuoti, la libreria e la scrivania privi di libri e riviste, gli scaffali liberati dai premi vinti. Sul letto solo una valigia con dentro dei vestiti piegati con premura. Faceva un certo effetto vedere la stanza svuotata.

Poi rivolse lo sguardo sulla sorella che ancora le dava le spalle, indaffarata a sistemare la valigia.

Da quando era stato annunciato il fidanzamento e il suo trasferimento a casa di lui, non aveva avuto l'occasione di parlare di nuovo con la sorella.

  • Mi dispiace- disse finalmente- Non volevo offenderti quella volta. Sono davvero contenta per te, se è questo quello che desideri.

  • Certo che lo voglio- lei si voltò e la guardò contrariata- Credi che faccia questo per divertimento?

  • N-no, non intendevo questo... solo che...- sospirò- Credevo che non volessi sposarti. Non così presto. Scusami se ho pensato il contrario e ti ho messa in imbarazzo- si voltò per andarsene.

  • Aspetta Chika- la fermò sulla soglia della porta. Chika si girò, mentre la sorella si sedeva sul letto e sospirava con pesantezza- Mi preoccupi, sai?

Chika la guardò senza comprendere.

  • Questo tuo modo di fare, lo sai che non ti aiuterà. Non riuscirai a ottenere niente se ti ostinerai a chiuderti nel tuo mondo.

  • lo so- abbassò lo sguardo. Non era la prima che glielo faceva notare.

  • Non sei più una bambina, è tempo che ti sforzi ad adattarti alla società. Un giorno dovrai cavartela senza più la famiglia, e credimi, gli estranei non sono così indulgenti- Chika non fiatò, mentre la sorella afferrava la valigia e usciva dalla stanza- Sforzati e cerca di non far preoccupare i nostri genitori.

Chika tornò in stanza e dalla finestra rimase a osservare la sorella che si riuniva con il fidanzato e insieme se ne andavano.

Osservò il cielo riflettendo sulle parole della sorella.

Nel frattempo le vacanze terminarono e arrivò veloce il nuovo anno scolastico.

Di ritorno a scuola, trovò Saotome molto cambiato. Sembrava molto preso dalle nuove amicizie e dai nuovi impegni. Lo vedeva sempre in compagnia con qualcuno mentre si spostava. I suoi voti che già in precedenza erano alti, ora eccellevano.

Aveva provato a salutarlo più volte, ma nella maggior parte dei casi Saotome si limitava a un cenno con la testa, altre volte non sembrava neanche notarla.

Chika comprendeva la sua esigenza di dedicarsi a un nuovo obiettivo, per questo non se la prese. Una volta eletto rappresentante di scuola, avrebbe trovato un po' di tempo per venire al giardino con lei. Nel frattempo lei si sarebbe occupata di mantenere in buono stato i fiori, anche se la solitudine iniziava a sentirsi. Era abituata a stare per conto proprio, ma dopo aver condiviso con qualcuno la stessa passione, si sentiva diverso.

Ripensò alla prima volta che parlò con Saotome, e si chiese se non fosse il momento che anche lei si sforzasse di avvicinarsi agli altri. Se Saotome era riuscito a superare lo scoglio del fastidio di fare nuove amicizie, anche lei poteva superare la sua timidezza e la sua insicurezza. Magari avrebbe scoperto che altri ragazzi erano appassionati di giardinaggio.

Ma forse era stata troppo ottimista. Il suo improvviso interesse nelle altre persone, era visto strano. Le volte che provava a iniziare una conversazione, veniva ignorata o evitata, da persone che poi neanche la conoscevano. Nell'intento poi, di sembrare disinvolta come Saotome, non poté evitare di dire qualche parola di troppo. E questo sembrò dare loro più fastidio.

Aveva tentato di avvicinarsi a Saotome per chiedergli consiglio, ma lui sembrava sempre più impegnato, anche se non poteva evitare di notare che se la passava tutto il tempo scherzando con tanta altra gente.

La situazione peggiorò, quando fu addirittura bloccata bruscamente nel corridoio da un gruppetto di ragazze. Non le conosceva di persona, ma le aveva notate mentre seguivano ciecamente Saotome.

  • Ci dai sui nervi, sai?- disse una con un tono di sufficienza.

  • Chi credi di essere, per mettere fuori di casa la tua faccia? Non vogliamo una strana tizia intorno a noi.

Chika le guardò spaesata. Non capiva perché se la stessero prendendo con lei, se non le aveva fatto niente. Non si erano neanche mai parlate.

  • Non parli? Quindi lo sai, no?- le diede una spinta alla spalla- Smettila di tormentarlo.

  • Ma chi... ?

  • Non replicare! Sei stupida o cosa!- ricevette un'altra spinta.

  • Non lo sono!- non poté evitare di protestare. Non aveva la minima idea a chi si riferissero- Lasciatemi in pace.

  • No, finché non lo capirai.

Chika era stanca delle loro accuse infondate, e cercò di ribellarsi, ma poi notò qualcuno passare per il corridoio in precedenza deserto.

Provò sollievo a riconoscere il suo amico insieme ad altri ragazzini. Avrebbe chiesto una mano a lui, visto che era benvoluto dalle persone.

  • Saoto...- iniziò a chiamarlo, ma la voce le morì in gola quando il ragazzino le rivolse un'occhiata di sfuggita, per poi mormorare qualcosa agli altri, con un sorriso sulle labbra.

Patetica.

Gli altri ridacchiarono in risposta. Poi tutto il gruppetto passò oltre, lasciando esattamente lì lei e le ragazze.

E mentre sentiva in sottofondo le altre inveire contro di lei, iniziò a comprendere il significato dell'allontanamento di Saotome. Non erano gli impegni, bensì per il suo nuovo obiettivo aveva pensato di disfarsi di ciò che l'avrebbe penalizzato, inclusa lei, e mostrarsi agli altri più interessante.

E grazie a questo stava accumulando più consensi e ammirazione dagli studenti.

Forse era quello il motivo per cui quelle ragazze se la stavano prendendo con lei. Avevano notato i suoi tentativi di parlare con Saotome e ciò aveva creato forse degli equivoci.

Si sentiva così sciocca per non averlo capito subito.

Da lì, le occasioni in cui fu presa di mira da qualche studente, non terminarono. Una volta qualcuno trovò divertente rovesciarle un secchio di acqua gelida. Lei semplicemente non reagì, come le altre volte. Voleva solo che prima o poi si stancassero.

Il peggio però arrivò qualche giorno dopo che Saotome fu scelto come rappresentante degli studenti.

Tornando al suo piccolo giardino, dopo aver ricevuto l'ennesimo dispetto e avendo la divisa sporca di gesso, trovò il pezzo di prato maltrattato. Come se qualcuno si fosse divertito a creare solchi nella terra e pestare i fiori.

Di conseguenza le fu tolto l'incarico di prendersi cura del giardino, e si ritrovò sostituita da un'altra ragazzina.

Così all'improvviso, senza aver avuto l'opportunità di dimostrarsi estranea all'accaduto, senza che nessuno si degnasse di avvisarla.

  • perché?- mormorò impotente, mentre osservava in lontananza lo spazio che prima era riservato solo a lei e a chi credeva un amico.

Cosa aveva spinto Saotome a toglierle anche l'unica cosa che la rendeva felice?

Aveva raggiunto il suo scopo, era ammirato e con una posizione di rilievo, non c'era nessuno che poteva rivaleggiare con lui... a che proposito tormentarla in quel modo?

Com'era potuto cambiare un ragazzino premuroso e gentile, in una persona assetata di potere?

Sospirò. Ormai non le importava più.

Quella esperienza le aveva solo confermato che non era fatta per avere amici. Si ripromise che arrivata alle superiori, non avrebbe fatto più lo stesso errore. Non avrebbe permesso ad altri di avvicinarsi a lei.

Il giorno che la scuola espose sui tabelloni l'elenco degli studenti iscritti e le loro rispettive classi, non poté evitare di sorprendersi per l'ironia. Normalmente non faceva caso agli altri nomi, ma il nome di Saotome spiccò tra quelli della sua nuova classe.

Non si era neanche posta la possibilità di rincontrarsi anche alle superiori.

  • Et-chum!- lo starnutò del ragazzo accanto a lei, la distrasse dai pensieri. Era poco più alto di lei e indossava una sciarpa gialla. Lo vide pulirsi il naso con un'espressione imbarazzata- Fa freddo oggi, eh?- disse con un sorrisino, mentre si sfregava le braccia infreddolito.

Forse era un suo tentativo per iniziare una conversazione, ma aveva sbagliato persona. Prima che lui continuasse, lei si voltò e si allontanò dal gruppo di studenti ammassati davanti ai tabelloni.

L'anno scolastico iniziò, e fin da subito cercò di evitare qualsiasi interazione con gli altri compagni di classe. Non voleva attirare l'attenzione e finire nuovamente nei guai.

Si limitò ad assistere alle lezioni, pranzare da sola e tornare presto a casa. Non degnò neanche uno sguardo al club di giardinaggio.

Saotome al contrario, fin da subito cercò di mettersi al centro dell'attenzione, sfruttando le sue capacità di conversazione e i suoi buoni voti. L'ultimo anno delle medie, rimanendo tra gli studenti più brillanti, lo avevano reso più egocentrico e vanitoso. Ma a quanto pare c'era un ragazzo che era più amato nella scuola e questo lo aveva reso più competitivo.

Chika e Saotome non si rivolgevano la parola, neanche in classe. Era come se nessuno dei due si conoscesse dai tempi della scuola media, come dei completi estranei.

Chika si abituò presto a quella nuova routine, che era molto simile alla sua scuola precedente, e non si preoccupava di venire ignorata.

Eppure ogni tanto si soffermava a ricordare.

Come in occasione di una gita scolastica. Non sopportava le gite, perché era un modo per costringerla ad ascoltare le voci irritanti degli altri studenti. Non conosceva nessuno, a parte Saotome, ma lui non contava, quindi doveva stare vicina a persone di cui non si era presa la briga di conoscere.

Per evitarlo, cercava di rimanere dietro al gruppo. Nessuno ci avrebbe fatto caso, nessuno a cui importasse di lei.

Quando il resto della classe si raggruppò vicino a dei quadri famosi, lei si soffermò su un dipinto di un autore poco conosciuto. Quel quadro aveva attirato la sua attenzione.

Era un semplice ritratto di un campo di girasoli dopo una tempesta.

Non poté evitare di ricordare quel piccolo giardino della sua scuola precedente. Quel piccolo angolo di serenità che le era stato portato via, dopo che giorno dopo giorno si era impegnata a tenere vivi i fiori.

Ricordò in particolare il giorno dopo un tifone. Nonostante lei e Saotome si fossero impegnati a proteggere in vari modi quel piccolo pezzo di terra, la furia della natura aveva spazzato il loro lavoro.

Non credi che sia una rappresentazione della vita?”- disse Saotome, mentre constatavano i danni con desolazione. Solo qualche fiore si teneva in piedi.

Chika lo aveva osservato con smarrimento, intanto che il ragazzino aveva rivolto lo sguardo al cielo.

La società è come quel tifone che è passato. Passa in mezzo alle persone, distruggendo tutto sul suo cammino, lasciando solo in piedi i più forti. I deboli non sono accettati, per questo vengono spazzati via”

Chika aveva abbassato lo sguardo sui fiori sopravvissuti.

Ricorda, Chika”- continuò lui, voltandole le spalle- “Questo mondo non è fatto per i buoni propositi. Se non vuoi essere calpestato dagli altri, devi essere tu il primo a farlo”- e come gesto estremo calpestò uno dei pochi fiori superstiti. Poi senza aggiungere altro, se ne andò a passo veloce.

Chika si era limitata a guardarlo andare via, senza raggiungerlo. Successivamente si era chinata sul fiore calpestato e delicatamente provò a rialzarlo.

Non poté evitare di provare amarezza.

Era davvero così? Sarebbe diventata una dei tanti girasoli calpestati dalla società?

Eppure, osservando il colore vivido di quei poveri girasoli del quadro, con all'orizzonte una tempesta in lontananza... non trasmetteva in realtà un senso di speranza?

Il giorno dopo la gita, il professore aveva voluto incaricare alla classe una relazione sui quadri visti.

Era da fare in collaborazione con almeno due persone.

Mentre i ragazzi si apprestavano a cercarsi un compagno di lavoro, Chika preparò il materiale per lavorare da sola. Sperava solo che l'insegnante non fosse così fiscale e non le affibbiasse a forza un compagno di lavoro. L'insegnante delle medie lo aveva fatto, e il risultato era stato catastrofico. Sapeva che nessuno voleva la sua compagnia, e la costrizione dell'insegnante rendeva solo la situazione più incomoda.

  • ti andrebbe di fare coppia con me?- chiese una voce.

Alzando lo sguardo, Chika si vide un ragazzo che se ne stava in piedi davanti al suo banco. Le stava sorridendo.

Lei lo guardò inizialmente spiazzata, poi guardò il resto dell'aula.

  • Sei ancora in tempo per sceglierti un altro compagno- suggerì, facendo un cenno ai pochi compagni ancora spaiati.

  • Lo so. Ma io l'ho chiesto a te.

Chika lo guardò nuovamente, ancora dubbiosa. Se avesse rifiutato, avrebbe solo attirato l'attenzione dell'insegnante su di sé.

Quindi con un sospiro di arresa, gli indicò di avvicinare il banco.

Non era preoccupata, da lì a qualche ora il ragazzo si sarebbe stancato di lei, e avrebbe scelto qualcun altro.

Si soffermò a osservarlo, mentre lui si sedeva di fronte a lei e tirava fuori i suoi appunti.

Ricordava vagamente quel ragazzo dagli occhiali rotondi e lo sguardo un po' sognante. Ricordava la sua sciarpa gialla, il primo giorno di scuola, e come i suoi occhiali si fossero appannati dal freddo.

  • Tanaka, giusto?- chiese conferma. Lei annuì- Io sono Nobi, Nobita Nobi. Sono seduto lì dietro- sorrise, indicando il banco nella fila affianco dietro di lei.

Chika evitò di commentare e si limitò ad aprire il suo quaderno.

In più di un mese non si era degnata di guardarsi intorno, compresi i compagni dei banchi vicini.

A che scopo impararsi i nomi di persone che non aveva intenzione di conoscere?

Eppure quel ragazzo aveva attirato la sua attenzione in più di una occasione.

A primo impatto era un ragazzo come tanti, non spiccava per la bellezza o per il suo talento. Ma era piuttosto goffo. Si faceva spesso male, nei modi più assurdi. Altre volte era vittima di qualche scherzo, a sua insaputa. Ciononostante, continuava a sorridere come un beota.

Come il primo giorno di scuola davanti ai tabelloni. Le sorrideva innocente, dietro a quei occhiali un po' appannati.

  • Sei di poche parole, eh?- disse il moro, cercando di rompere il silenzio.

Lei continuò a sfogliare il suo quaderno senza degnarsi di rispondere.

Il ragazzo sembrò aver capito l'indiretta e se ne stette in silenzio per un po'. Poi però lo vide distrarsi guardando fuori dalla finestra.

Cosa aveva attirato la sua attenzione, da farlo addirittura sorridere malinconicamente?

Con discrezione Chika diede un'occhiata, ma vide solo gli studenti della sezione accanto, nell'ora di ginnastica.

Da come sorrideva, sembrava che il ragazzo conoscesse qualcuno, ma non disse niente e tornò a guardare il suo quaderno.

Qualsiasi cosa si trattasse, non era qualcosa che potesse interessare a Chika, quindi non gli diede importanza.

Il progetto proseguì, e al contrario di quanto sperato da Chika, Nobi si presentò tutte le volte. Non si era ancora stufato di Chika, nonostante lei non si sforzasse minimamente di fare conversazione.

Nobi non sembrava turbato dal suo silenzio, o di ricevere solo risposte concise alle sue domande.

Un giorno però lo sentì sospirare guardando il cielo fuori dalla finestra.

  • È davvero un peccato- Chika alzò lo sguardo su di lui, mentre Nobi incrociava le braccia- Oggi c'è un bel tempo e noi siamo rinchiusi qui dentro.

  • E cosa vorresti fare, uscire?- disse lei in modo sarcastico. L'altro però non sembrò notare il tono e la guardò.

  • Perché no?- lo vide valutare l'idea, e nell'istante dopo si alzò dalla sedia per dirigersi dall'insegnante Tsutomu.

Non sentiva cosa si dicevano, ma vide l'insegnante muovere la testa svogliatamente, per poi annuire.

Ciò che accadde dopo, era che l'intera classe stava svolgendo il resto del compito sul prato della scuola. Mentre le altre classi seguivano diligentemente le lezioni in aula.

  • Aaah, niente di meglio di un po' di raggi caldi, dopo giorni di freddo- sospirò soddisfatto Nobi, mentre volgeva il viso al cielo.

Chika non sapeva cosa dire. Non solo che l'insegnante Tsutomu agiva sempre in modo meno conforme agli altri professori, rendendolo spesso imprevedibile e troppo spensierato. Non sembrava neanche molto incline a rispettare le regole della scuola. Ma anche Nobi, spesso e volentieri se ne usciva con delle trovate, che inaspettatamente trovavano consenso nelle persone.

Non sapeva dire se era il suo modo di parlare o più semplicemente era il suo modo di fare genuino e spontaneo.

  • Non credi che si lavori meglio così?- continuò lui con un sorriso, mentre prendeva in mano il quaderno- Forza, diamoci da fare.

Chika lo osservò mentre Nobi iniziava a scrivere. Non sapeva ancora come descrivere Nobi. A volte lo vedeva molto concentrato e altre volte era soprappensiero.

Il suo modo di fare così semplice, sembrava mettere gli altri a proprio agio, instaurando dei buoni rapporti. Forse era perché sembrava molto attento ai bisogni degli altri, e per questo sembrava disponibile ad aiutare, o che non si sforzasse di essere il migliore, che invogliava alle persone di ricambiare il suo sorriso. Eppure non era una persona popolare, anzi anche lui sembrava a volte volersi isolare. In quei momenti il suo sorriso sfumava in malinconia. Ma non durava a lungo, e il buonumore tornava sul suo viso.

Non sapeva ancora cosa lo avesse spinto a fare coppia con lei per il progetto, né perché insistesse a parlarle quando era chiaro che gli non avrebbe risposto. Forse era la pietà o forse c'era un fine nascosto, ma anche se a lei non importava fare amicizia con lui, non poteva negare che la sua presenza le trasmettesse un certo benessere.

Sentendo il prato sotto le sue mani e i raggi di sole, per un istante le sembrò di tornare al piccolo giardino e alla sua quiete. Ed era piacevole.

A metà anno scolastico arrivò un nuovo studente nella loro classe. Subito attirò l'attenzione per il biondo dei suoi capelli. Anche se si notavano i suoi tratti da giapponese, a primo impatto avrebbe potuto essere scambiato per uno straniero.

Dai suoi modi poco amichevoli mentre fissava la classe, si intuiva che sarebbe stata una testa calda. Ciò non la preoccupò, perché era l'ultimo dei suoi pensieri fare amicizia.

I comportamenti indisciplinati del nuovo ragazzo non si fecero attendere e anche le voci che giravano sul suo conto. Del resto non si poteva evitare di notare qualche livido sul suo viso.

Una volta, dando un rapido sguardo dietro, notò come Nobi lanciasse degli sguardi preoccupati al biondino. Se Nobi sperava di stringere amicizia con lui, come lo aveva fatto con gli altri, forse gli conveniva desistere, visto che il biondino continuava a far scappare chiunque gli si avvicinasse.

Soprattutto dopo che aveva saputo che Nobi voleva candidarsi come rappresentante di classe, come aveva fatto Saotome.

Ciò la portò a pensare che i due in certi aspetti non erano così diversi. Entrambi si erano avvicinati a lei con la stessa gentilezza, ed entrambi aspiravano a una posizione di potere. Ma se avesse voluto avere una minima possibilità per la candidatura, si sarebbe dovuto tenere alla larga dai problemi e dalle persone strane.

Ciononostante non sembrò intenzionato a smettere di mostrarsi disponibile con tutti.

Notò come il biondino lentamente iniziasse a scambiare qualche parola con Nobi, anche solo per mandarlo al diavolo, o come talvolta lo stesso Nobi tornasse in classe con un aspetto un po' malconcio. Quando scompariva il biondo, anche Nobi sembrava assentarsi.

Non era difficile da intuire, che il moro era stato in qualche modo coinvolto dalle risse del nuovo arrivato.

Nobi sembrava in qualche modo ostinato nell'aiutare le persone, era incapace di guardare altrove se vedeva qualcuno in difficoltà. E da quanto aveva constatato, il ragazzo era tenace, anche se il più delle volte finiva per farsi del male.

E questo, in qualche modo, aveva avvicinato i due ragazzi.

Cosa spingeva Nobi a comportarsi da incosciente? Non voleva candidarsi per diventare un rappresentate di classe e poter forse aspirare a qualcosa di più? Non provava neanche a nascondere la sua intesa con il biondino.

Ma anche se l'anno scolastico dopo, finì solo per fare il vice rappresentante di classe, ciò non guastò il buonumore del moro.

  • Non sei dispiaciuto di non aver vinto?- si azzardò di chiedere, mentre era rimasto solo in classe a compilare dei fogli.

Nobi l'aveva guardata per un istante sorpreso e forse un po' preso alla sprovvista perché lo vide rimuginarci su.

  • Non si trattava di vincere- spiegò lui- E anche come vice, posso rendermi d'aiuto alla classe.

  • Il tuo scopo era aiutare gli altri?- commentò lei incredula.

  • Per cos'altro si potrebbe aspirare a diventare rappresentante di classe?- rispose con tale semplicità, che per un momento spiazzò Chika.

  • Credevo che puntassi al potere.

A quella affermazione, Nobi scoppiò a ridere.

  • Potere? Mi ci vedi in un ruolo così?

Chika non rispose, ma a pensarci bene non aveva torto. Nobi dava l'impressione di essere goffo e ingenuo. Forse un ruolo di rilievo non sarebbe stato adatto per lui.

  • E ti va bene che Saotome dia tutto il lavoro a te?- indicò il plico di fogli sul suo banco.

  • È un prezzo che si deve pagare per avere dei risultati.

Chika lo osservò mentre tornava a lavorare, mentre gli altri studenti erano già tornati a casa, incluso Saotome.

Non sapeva dire se era solo sciocco, o realmente credeva nelle sue parole. Non era comunque suo compito metterlo in guardia da personaggi come Saotome.

Prese la sua cartella e uscì dalla classe. Lungo il corridoio, appoggiato alla parete della classe, trovò un ragazzo seduto con un'espressione poco amichevole. Era lì da solo, come se stesse aspettando qualcuno.

I loro sguardi s'incrociarono mentre lei gli passò davanti. Il biondino fece una smorfia infastidita, distogliendo lo sguardo. Chika proseguì oltre, ignorandolo.

Era certa che il biondino stesse aspettando che Nobi terminasse il suo lavoro, anche se non lo avrebbe ammesso apertamente.

Ultimamente aveva notato che il ragazzo aveva iniziato a seguire il moro un po' dappertutto, anche se non faceva che lamentarsi e criticarlo in continuazione.

Come faceva Nobi a sopportarlo? Era forse questa una forma di amicizia?

Nobi non era nuovo ad amicizie particolari. Sembrava molto amico del rappresentante della classe affianco, un ragazzo molto richiesto dagli studenti, anche se in apparenza non avevano niente in comune. E l'aveva visto parlare in corridoio con altri due studenti della stessa classe, un ragazzo robusto e un altro più basso di statura.

C'era poi una ragazza, sempre di quella classe, con cui si soffermava a parlare. Le era sfuggito di notare che quando era con lei, il ragazzo sembrava avere un sorriso ancora più malinconico. Come quel giorno che le aveva proposto di lavorare insieme e si era soffermato a guardare fuori dalla finestra. Che tipo di relazione avevano? Da fuori sembravano semplici conoscenti, ma aveva l'impressione che dietro quei suoi modi gentili e la sua risata spensierata, si nascondesse qualcosa di più profondo. Lo poteva vedere per come il ragazzo cercasse in qualche modo di mettere distanza tra i due.

Tornando a casa Chika si soffermò a riflettere del perché da un po' di tempo tutto ciò che faceva Nobi, catturava la sua attenzione. Lei che non voleva essere coinvolta da nessuno, da quando aveva iniziato a osservarlo?

Patetica.

Sentì una voce che le risuonò nella testa e tornò a farsi presente l'amarezza che aveva provato in quel momento.

Anche se ai suoi compagni di classe non era simpatica, non voleva rivivere la stessa esperienza. Finché gli altri le stavano alla larga, andava tutto bene.

Ma poi, non riuscì a capire come, finì per venire trascinata dai piani del ragazzo e dal suo entusiasmo. In breve, avere intorno la compagnia di Nobi e di Kuroyama, sembrò la quotidianità.

Anche se non poteva fare a meno di rispondere con il suo solito tono indisponente, che poteva infastidire le persone, loro non se ne andavano.

  • Tutto ciò è assurdo- le scappò da dire, quasi al limite di sopportazione. Nobi la guardò confuso, mentre lei si alzava dalla sedia- Perché continuate a starmi vicino?- domandò quasi con rabbia e guardò entrambi i ragazzi- Io non voglio la vostra compagnia, non voglio nessuno- vide gli occhi di Nobi ingrandirsi dalla sorpresa- Lasciatemi perdere!- concluse lei, distogliendo lo sguardo e uscendo dalla classe, in quel momento deserta.

Sembrava quasi stesse scappando, mentre camminava a passo veloce per il corridoio. Non sapeva da cosa, però. Non è che qualcuno la stesse inseguendo, ma sentiva che voleva mettere distanza da qualsiasi cosa potesse minacciare la sua tranquillità.

Perché non si era limitata a rimanere nel margine, come si era ripromessa una volta iniziata la scuola superiore?

Perché era sempre così difficile?

Una mano l'afferrò per il polso, frenando la sua camminata. Sorpresa, si voltò di scatto, per scoprire che Nobi l'aveva raggiunta.

  • Aspetta Chika- era la prima volta che la chiamava per nome, ma in quel momento nessuno dei due ci fece caso- Non andartene.

  • E perché dovrei rimanere?- fece lei guardandolo infastidita- Non siamo neanche amici.

Nobi sembrò dispiaciuto da quell'affermazione, ma cercò di rimanere serio.

  • Se te ne vai adesso, finirai solo per sentirti più sola.

  • Che ne sai di me!- esclamò allontanando la sua mano dal suo polso. Era arrabbiata, e non sapeva neanche perché. Fino a quel momento, tutti quei episodi che l'avevano ferita nel passato, invece di farla arrabbiare l'avevano fatta solo sentire impotente. Ora invece stava sperimentando un diverso sentimento e ciò la faceva sentire smarrita. Era come se tutta la sua frustrazione venisse a galla d'un colpo- Tu non potrai mai capire come ci si sente a essere come me! Perché allora non torni nel tuo mondo ideale, con le tue buone azioni da fare, e ti dimentichi di me!

Nobi rimase il silenzio a osservarla. Il suo sguardo dietro i suoi occhiali trasmetteva amarezza.

  • Non so cosa stai provando, né il perché, ma so cosa significa sentirsi solo- le rispose diretto senza staccare lo sguardo da lei. Chika lo guardò sorpresa. Nobi si toccò dietro la testa un po' esitante e abbassò lo sguardo- È come sentire che nessuno potrà mai accettarci per come siamo. Come se qualsiasi nostro sforzo non fosse mai abbastanza per uscire dal nostro guscio. Come se per gli altri fossimo eternamente “sbagliati”.

Poi fece una pausa e tornò a guardarla.

  • Non è piacevole sentirsi soli, ma non è nascondendoci dietro le nostre sconfitte, che potremo davvero cambiare. Basta anche poco, sai?- tornò a sorridere e allungò il braccio verso di lei- Anche solo porgere la mano alla persona di fronte... per sentirsi un po' meno soli.

Chika fissò la sua mano e lentamente imitò il suo gesto allungando il braccio. E nel momento che gliela strinse, quella rabbia che l'aveva pervasa qualche istante prima, la sentì scivolare via.

C'era solo un sorriso giovale nel viso di Nobi e un'espressione serena di lei.

Nessuno disse niente poi. Neanche che, a pochi passi era rimasto in disparte Kuroyama ad ascoltare. Tutti e tre rientrarono in classe e la giornata proseguì tranquilla.

Chika non poteva dire di aver smesso di sentirsi sola e sbagliata, ma solo per un attimo, quando le loro mani si erano strette, aveva provato un genuino sentimento di felicità e gratitudine.

Non sei patetica.

Anche se in un principio non aveva potuto evitare di paragonare Saotome con Nobi, non aveva più dubbi che fossero due mondi diversi.

I loro rapporti migliorarono poco alla volta, da quel giorno, anche se non potevano evitare ogni tanto qualche bisticcio, soprattutto tra Nobi e Kuroyama.

  • Non temere che le tue parole possano essere fraintese- le disse un giorno Nobi mentre stavano pranzando insieme- Se smetterai di provarci, il vero messaggio non giungerà mai alla persona. E se ciò non bastasse, non preoccuparti, ci saremo io e Hiro ad ascoltarti.

Kuroyama fece una smorfia in direzione di Nobi.

  • Ehi, non decidere per conto mio. Non ci tengo a essere bacchettato ogni volta da lei- si lamentò- Ne va della mia autostima.

  • Ma se a me non ascolti mai- replicò lui.

  • Be', quello è diverso. Chi ti prenderebbe sul serio?- fece spallucce con disinteresse.

  • Sei esasperante, sai?

Chika li osservò, e non poté evitare di sorridere mentre loro non guardavano.

Ora comprendeva come un ragazzo così scontroso come Kuroyama restava affianco di Nobi.

Perché non è mai piacevole sentirsi soli.

Forse era un azzardo, forse se ne sarebbe pentita in futuro, ma per una volta voleva continuare a stringere la mano di quei nuovi amici.

Poco importava se sarebbe potuta finire vittima di qualcuno che la fraintendeva. Poco importava, se c'era qualcuno da qualche parte, che la comprendeva per davvero.

 

 

E con questo pensiero nella testa, chiuse gli occhi, aspettandosi il seguito. Ma le voci sorprese delle ragazze, e l'acqua che solo in parte la raggiunse, le fece riaprire subito gli occhi.

Con suo stupore, all'ultimo istante qualcuno si era messo davanti a lei e aveva fatto da scudo spalancando le braccia. Riconobbe all'istante quei capelli così curati, adornati sempre da qualche accessorio trendy, ridotti in un'istante a una massa bagnata color castano scuro.

  • Cosa... Sasaki, perché l'hai fatto?- chiese una delle due ragazze. Forse tra di loro si conoscevano a giudicare dal loro sconcerto.

  • Vi si è fuso il cervello!- disse lei rabbiosa, anche se Chika non poteva vederla in volto perché le dava le spalle- Credete che sia divertente?!

  • Noi...- cercò di giustificarsi una di loro, un po' intimorita. Sasaki doveva avere un aspetto terrificante, con i ciuffi di capelli che le cadevano davanti.

  • Perché la difendi? Dovresti essere dalla nostra parte- intervenne l'altra- È lei che è strana, non doveva avvicinarsi a Hidetoshi. Si merita una punizione.

  • Qui le uniche strane siete voi!- quasi strillò per la rabbia- Chika è mia amica! E voi siete pazze se pensate che vi lascerò fare questo a lei!

  • Siamo noi le tue amiche! Ricordati chi ti ha accettata nel nostro gruppo, nonostante le voci che giravano sul tuo conto.

  • Voi non siete mie amiche, non lo siete mai state. A voi importa solo di voi stesse. Credete che non sappia chi mette in giro quei pettegolezzi?- le due ragazze abbassarono lo sguardo, forse sentendosi smascherate- Non m'importa di essere cacciata dal vostro gruppo e non m'importa di finire nella vostra lista nera. Ma non permetterò mai che ve la prendiate con i miei veri amici!

  • Ti stai mettendo contro le persone sbagliate, Sasaki. E te ne pentirai- senza aggiungere altro, se ne andarono sbrigative dal bagno.

Quando la porta si chiuse con uno sbattere, vide le spalle di Sasaki rilassarsi e le braccia afflosciarsi. Poi si voltò a guardarla.

  • Stai bene Chika?- chiese sinceramente dispiaciuta.

Forse era l'espressione della ragazza, più preoccupata per lei che per sé stessa, o forse era il suo aspetto disastroso dopo la secchiata d'acqua, che a Chika provocò una risatina.

  • Cosa? Come?- Sasaki si toccò il viso e si precipitò a guardarsi allo specchio. Ma invece di disperarsi come al suo solito per il suo aspetto non impeccabile, finì per essere contagiata da Chika e iniziarono a ridere insieme.

Chika poi portò la tuta a Sasaki e anche per sé stessa, in modo che potessero cambiarsi.

  • Grazie- disse infine Chika, mentre Sasaki si sistemava il trucco e i capelli.

L'aveva giudicata come la maggior parte delle ragazze che l'avevano tormentata. Ma Sasaki era molto di più di una ragazza frivola.

La castana si girò a guardarla e le sorrise allegra.

  • Siamo amiche, no?

  • Sì, lo siamo- confermò. E non aveva timore di dirlo questa volta.

Ricordò il giorno quando Nobi si era avvicinato al suo banco e con aria innocente aveva chiesto di poter lavorare con lei. Chika lo aveva visto solo come un fastidio.

A quel tempo non poteva immaginare che la vera forza di quel ragazzo, che in apparenza sembrava un ingenuo, era la capacità di attirare e comprendere le persone. La sua dote naturale di vedere oltre l'apparenza. Era per questo che le persone non potevano che provare affetto per lui.

E lei era grata che quel giorno l'avesse notata e le avesse offerto la sua mano. Solo così il suo mondo si era aperto a persone fantastiche.

Chika non sapeva dire se era cambiata, probabilmente era ancora “strana” per molte persone, e la sua situazione in famiglia non era migliorata, ma ora quando parlava non si sentiva timorosa, perché dall'altra parte aveva amici che l'ascoltavano e che non le avrebbero voltato le spalle.

 

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A Nobita gli andò di traverso il panino, quando vide entrambe raggiungerli sul terrazzo.

  • Che vi è successo?- chiese evidentemente allarmato. Entrambe indossavano la tuta da ginnastica e i capelli di Sasaki erano umidi.

Le due ragazze si guardarono in modo enigmatico e si sorrisero con aria complice.

  • Segreto.

I maschietti si guardarono spaesati. Non riuscivano a capire.

  • L'ho sempre detto che sono pazze- commentò Hiro infine con un'alzata di spalle.

Poi le due ragazze si sedettero insieme a loro e Yukio le passò i loro panini.

Mentre il gruppetto si rilassava e iniziava a chiacchierare, Nobita osservò attentamente le due ragazze mentre ridevano per qualcosa.

Non aveva idea del perché erano in quelle condizioni, ma sospettava che c'entrasse quel ritardo, e ciò non poté evitare di farlo preoccupare.

Eppure, qualsiasi cosa fosse successo, aveva reso le due ragazze più affiatate.

Sorrise risollevato.

Gli faceva piacere, per entrambe. Anche se Sasaki era molto espansiva e Chika molto riservata, erano riusciste a superare le loro diversità e diventare amiche.

Poi guardando tutto il gruppetto, lo riportò ai giorni che saliva sulla terrazza, per starsene in completa solitudine. Quei giorni in cui, guardando il cielo, veniva sommerso dai ricordi amari e preferiva appisolarsi, per dimenticare ciò che lo feriva.

Ma ora era diverso. Quella terrazza era piena di persone straordinarie e la loro compagnia bastava a spazzare la solitudine che portava nel cuore.

Non era più solo.

   
 
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