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Autore: Vedova_Black    03/01/2021    0 recensioni
Dal testo - “Ė davvero tutto qui? L’Aldilà, intendo…”. Remus Lupin stava cercando inutilmente risposte negli sguardi dei suoi vecchi amici.-
E se dopo la morte non ci fosse solo questo? Si tratta di un piccolo racconto che tratta la battaglia di Hogwarts dal punto di vista di alcuni personaggi che in quel momento già non c'erano più, come anime intrappolate sulla terra. Gli amici si ritroveranno e gli amanti si riuniranno: anche se la morte ci porta via chi amiamo, ciò che loro sono stati rimarrà sempre con noi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Nimphadora Tonks, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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IL FANTASMA D’UN MALANDRINO
 
L’oscurità calava lenta sulla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. I Mangiamorte erano alle porte e gli studenti potevano sentire la vita e gli amori scivolargli fra le dita. Mentre il Signore Oscuro serrava i suoi ranghi e le forze del bene si preparavano alla battaglia, chi poteva soffocava i rimorsi di una vita: chi chiedeva perdono, chi elemosinava amore da amici e familiari, chi navigava, anima e corpo, verso un vecchio amore e chi si lasciava andare a nuove passioni.
Remus Lupin, che aveva già detto addio agli amici e aveva trovato l’amore, altro non poteva fare che prepararsi a combattere: per lei, e per il loro bambino. Per una vita di pace che non gli era mai stata concessa. Una parte di lui voleva anche vendetta: per Sirius, per James, per Lily e, suo malgrado, persino per Peter. Sì, per Peter Pettigrew. Si era sempre chiesto cosa sarebbe stato di quel ragazzino timido e magrolino se Lord Voldemort non avesse acquisito potere, che cosa sarebbe stato di ognuno di loro. Nonostante ciò che era successo, per quanto ci provasse, Remus non era mai riuscito ad odiarlo del tutto: non era il tipo di persona che si lascia logorare lentamente da un disprezzo profondo e viscerale, ma nemmeno era mai stato capace di liberare le emozioni in maniera passionale e dirompente, alla maniera di chi si fa lacerare l’anima dalle proprie sensazioni, alla maniera di Sirius.
Sirius… Quanto gli mancava. Era a lui che pensava, mentre osservava la Professoressa McGranitt stregare le gigantesche statue che da sempre osservavano Hogwarts dall’alto per fare in modo che la proteggessero, ammettendo di aver sempre voluto fare quell’incantesimo.
“A lui e James sarebbe piaciuto vedere questa scena”, disse Remus, involontariamente ad alta voce.
“Ci conosce bene, eh, James?”, disse una voce, che Lupin non poté sentire. “E a quanto pare alla fine anche Minerva è passata al lato oscuro.”
James Potter sorrise. Lui e Sirius Black erano seduti accanto al loro vecchio amico, l’uno coi soliti capelli spettinati e la mente immersa in qualche vecchio ricordo dei tempi andati, l’altro col suo tipico atteggiamento sicuro ed estroso, nella posa che usava da giovane quando voleva farsi bello davanti alle ragazze, come se qualcuno potesse davvero vederlo. Lo spirito di Potter aveva lo stesso aspetto del suo corpo quando Voldemort lo aveva ucciso, solo più trasparente, in un certo senso, e più luminoso; Sirius, invece, sembrava essere come ringiovanito, a parte gli occhi.
Sirius Black non avrebbe mai dimenticato tutto ciò che aveva visto, tutto il dolore che era stato impresso sulla sua pelle. E nonostante ciò, si era sempre sentito fortunato. Lui la speranza non l’aveva mai persa. Forse perché, in un mondo così, aveva avuto la fortuna di trovare amici come James e Remus, la sua famiglia. Perché aveva avuto l’onore di avere qualcuno da considerare un figlio, perché era sopravvissuto a tante di quelle cose. Perché aveva avuto un fratello a cui aveva voluto bene sopra ogni cosa e a cui avrebbe perdonato tutto, persino essere diventato Mangiamorte, se solo Regulus fosse riuscito a tornare a casa per chiedere quel perdono. Perché era sto amato ed aveva amato a sua volta. E questo a lui bastava.
Quando Remus Lupin si alzò per entrare nel castello e raggiungere gli Auror, James si rizzò in piedi a sua volta. “Faremo meglio ad andare via”, disse.
“Che c’è Ramoso, hai paura che i Mangiamorte ti uccidano?”, disse Sirius, beffardo.
Potter forzò un sorriso. In altre circostanze avrebbe riso, ma non era a suo agio e tantomeno capiva come il suo amico riuscisse ad essere così tranquillo.
“Tutti dobbiamo morire, e farlo difendendo la libertà e lottando per una causa non mi sembra poi un modo così brutto di andarsene”, diceva sempre Sirius.
James sospirò. “Temo che fra poco non saremo più soli, Felpato. Se restiamo avremo non poche cose da spiegare.”
“Appunto, a quei poveri ragazzi servirà qualcuno che gli spieghi per che diavolo di motivo alcuni di loro non vanno direttamente in cielo no? Perché non sono né di qua né di là. Qualcuno che li tranquillizzi…”
“Se non ricordo male tu hai sempre fatto l’esatto opposto che tranquillizzare”. L’altro sorrise malizioso. “Se resti qui poi dovrai spiegare perché sei rimasto, Sir.”
“Non ho nulla da nascondere. Io sono qui per Harry… E tu?”
“Anche io, certo”, rispose James, tagliando corto.
“Come no…”
“Di che parli?”. Sirius non gli rispose, ma si limitò ad alzarsi e ad incamminarsi verso il castello. Sapeva che c’era anche dell’altro anche se in quei due anni non aveva ancora capito cosa. “E adesso dove vai?”, lo riprese James.
“Da Remus, non voglio che stia da solo oggi”, disse lui, con l’aria un po’ triste, parlando come se il suo vecchio amico fosse in grado di vederlo. Poi si riprese da quell’attimo di malinconia. “Al mio ultimo compleanno sono quasi certo che stesse piangendo, non vive proprio senza di me!”, scherzò.
James rise sotto i baffi e si arrese, seguendolo all’interno del castello.
 
***
 
Cercando di decidere sul da farsi, i due vecchi amici avevano perso di vista Remus Lupin, ma non sembravano preoccupati per questo: avevano tutto il tempo del mondo, loro. Si guardarono intorno: camminando l’uno affianco all’altro, contemplavano la loro vecchia scuola, gli studenti più piccoli che correvano a nascondersi e quelli più grandi che prendevano una decisione che avrebbe cambiato la loro vita: combattere o meno. Sirius notò Percy Weasley che rivedeva i genitori dopo mesi, in procinto di chiedere loro scusa. Ricordò cosa lui stesso aveva detto a Molly: “Tornerà, vedrai”.
Intanto, lo sguardo di James si fermò su un giovanotto, già un po’ ammaccato, che passava di lì. “Quello è…?”
“Neville”, disse Sirius. “Il figlio di Frank ed Alice”. Entrambi fecero l’ennesimo lungo sospiro che quei tempi bui avevano portato sulle loro labbra.
“Ė davvero un bravo ragazzo, sai? E anche un buon mago, tutto sommato, anche se ammetto di non avergli dato troppo credito all’inizio. Ma io sono un’idiota, no?”, disse Sirius, cercando di strappare un sorriso a James, il quale aveva la testa evidentemente da un’altra parte.
Passò almeno un minuto prima che gli rispondesse, dopo aver fatto una leggera risata, tutto da solo, come se con la mente fosse molto lontano da quel luogo.
“Ti ricordi quando…”, cominciò James. “Quando abbiamo fatto quell’uscita con Frank ed Alice? Era un picnic se non sbaglio. Loro due stavano insieme da poco e tu avevi invitato Marlene, e tutto per convincere Lily a darmi un’occasione”, disse sorridendo. Questa volta fu Sirius ad incupirsi.
“Scusami…”, si precipitò a dire James. “Per un attimo mi ero dimenticato di Marlene…”. L’altro scosse la testa.
“Non fa nulla.”
I due proseguirono per le scale, a volte schivando involontariamente gli incantesimi come se davvero potessero colpirli, alla ricerca di una meta o di una faccia amica. Quando Ron ed Hermione passarono di corsa accanto a loro, per poi fermarsi a consultare la Mappa, Sirius e James si scambiarono un’occhiata d’intesa.
“Vuoi andare a cercare Harry?”, chiese Felpato. L’altro annuii. I due si avvicinarono ai ragazzi, che stavano maneggiando impacciatamente l’enorme pergamena proprio alla ricerca di Harry, ma inutilmente.
“Tu lo vedi?”, chiese lei.
“No”, rispose Ronald con un filo di disperazione nella voce. Anche i Malandrini alle loro spalle non riuscivano a trovarlo, ma un altro nome sulla Mappa colpì Sirius.
“Qui c’è Remus!”, esclamò.
“Andiamo!”, disse l’altro, senza neanche pensarci.
I due spiriti corsero verso il punto indicato sulla Mappa. Avevano entrambi una pessima sensazione. Se il suo cuore fosse stato ancora in grado di battere, Sirius Black l’avrebbe sentito martellare come un tamburo fino al loro arrivo, ma la sensazione che provava era la stessa. Una volta giunti alla meta, la prima cosa che scorsero gli occhi di entrambi fu Remus, che combatteva accanto a sua moglie.
“Ma lei che ci fa qui?”, pensò Sirius.
Tonks e Lupin stavano combattendo con valore, fianco a fianco, come se null’altro importasse oltre a vincere questa guerra per il piccolo Teddy. Ed era così, per loro non c’era altro ormai: né l’amore che provavano l’uno per l’altra, né il dolore del passato. Nemmeno le loro vite erano importanti al confronto.
Un paio di maledizioni senza perdono li colpirono a distanza ravvicinata. James ebbe l’impressione che Remus stesse guardando loro, un attimo prima di morire.
Sia lui che Sirius urlarono. Ma nessuno li sentì. Black cadde a terra, sovrastato dal dolore. Non voleva che morissero. Nessuno dei due. Diede un pungo a terra e urlò ancora. Poi si costrinse a rialzarsi, glie lo doveva. James era rimasto immobile, come pietrificato. Entrambi sapevano cosa sarebbe successo. Potter trovò a malapena la forza di parlare.
“Sei pronto?”
“No. E tu?”
“Neanche un po’.”
 
***
 
I don't believe in an interventionist God
But I know, darling, that you do.
Lo spirito di Remus Lupin fu il primo a palesarsi. Per lui fu come svegliarsi, ma in pochi possono dire di essersi alzati la mattina e di aver visto il proprio cadavere a terra. L’uomo osservò sé stesso da un’altra prospettiva, muovendo ripetutamente la testa, per potersi guardare meglio. Il suo sguardo era confuso, ma una parte di lui già sapeva cosa era successo.
But if I did, I would kneel down and ask Him
Not to intervene when it came to you.
“Vorrei poterti dire che quando dormi sei carino così…”, disse una voce alle sue spalle. “Ma la verità è che hai sempre russato come un cinghiale”. Remus dovette voltarsi perché i suoi occhi gli dessero la conferma di ciò che le sue orecchie ed il suo cuore già sapevano. Sirius Black, in tutto il suo splendore adolescenziale e con gli occhi saggi dell’ultima volta che lo aveva visto, stava in piedi di fronte a lui, con indosso un non so che di evanescente ed il completo impeccabile.
Oh, not to touch a hair on your head
Leave you as you are.
“Sirius!”, esclamò, col cuore in gola, mentre correva ad abbracciarlo. Solo un secondo dopo essersi staccato dal suo vecchio amico si rese conto di quanto ciò che era successo fosse strano.
“Tra spiriti si può fare, ma chi è vivo non sente il nostro tocco”, gli spiego l’altro, intuendo il suo dubbio.
“Allora sono morto, vero?”
“Più morto di te qui ci sono solo io”, scherzò James. Remus si voltò, ormai non troppo stupito di vederlo. Lo guardò da lontano per un’istante, senza dire nulla. Aveva pensato tante volte a cosa avrebbe voluto dirgli, ma improvvisamente tutto sembrava così inutile e fuori luogo.
If he felt he had to direct you
Then direct you into my arms.
Decise di seguire il cuore. Si sentiva improvvisamente di nuovo ragazzino, quindi non si stupì quando le prime parole che uscirono dalle sue labbra furono per fare una battuta: “E lui allora?”, disse indicando Sirius.
“Lui non morirà mai. Finché qualcuno a questo mondo farà uno scherzo, Sirius Black non sarà morto!”. I tre risero forte e Remus andò ad abbracciare James. Felpato rimase per un attimo in disparte, poi si unì all’abbraccio. Era come tornare a casa.
Into my arms, oh Lord.
Into my arms, oh Lord.
Into my arms, oh Lord, into my arms.

“Cavolo!”, disse una voce femminile alle loro spalle. Se oramai non fosse stata uno spirito, Nymphadora Tonks avrebbe urtato l’ennesimo oggetto, facendolo cadere, come le accadeva sempre. Solo in quel momento la giovane si rese conto di essere più evanescente di quanto non avesse compreso e che non avrebbe più urtato alcun oggetto.
“Ho interrotto qualcosa?”, scherzò lei. Al contrario del marito, la vista del suo cadavere non sembrava averla scossa eccessivamente. Remus corse da lei, la abbracciò, la baciò, si chiese se non fosse tutta colpa sua.
And I don't believe in the existence of angels
But looking at you I wonder if that's true.
Anche Sirius la salutò. “Ciao Tonks”
“Ciao Sir”
“Perché lo hai fatto?”
“Anche tu lo avresti fatto”
“Io non sono un esempio da seguire”. Poi si abbracciarono.
But if I did I would summon them together
And ask them to watch over you.
Da dietro i lunghi capelli del cugino, lei poté scorgere l’uomo di cui aveva tanto sentito parlare.
“Devi essere James”, disse. “Io sono…”
“Nymphadora, lo so. Sirius mi ha parlato di te: tu sei la figlia della sua cugina preferita”. Lei sorrise.
Guide you into my arms.
Into my arms, oh Lord.
 
“Allora”, intervenne Remus. “Qualcuno ci può spiegare perché siamo qui?”
 
***
 
“Ė davvero tutto qui? L’Aldilà, intendo…”. Remus Lupin stava cercando inutilmente risposte negli sguardi dei suoi vecchi amici.
“Ramoso, spieghi tu o lo faccio io?”, chiese Sirius.
“Io ho dato quando sei arrivato te, ora è il tuo turno”. Felpato sospirò ed iniziò a spiegare.
“Non tutti quelli che muoiono restano, ecco, bloccati qui…”, cominciò. “In un certo senso è una scelta.”
“Una scelta?”, chiese Nymphadora, ancora più confusa di prima.
“Sì. Nessuno è tenuto a restare, in realtà, è la tua anima a decidere di farlo. Spesso è per via di una questione in sospeso, qualcosa che ti lega ancora alla vita.”
“Harry?”, chiese Remus ai due. Annuirono entrambi. “Allora Lily?”
“Lei ha abbandonato questa terra già da tempo, ogni tanto viene a trovarmi, ma questo non è il suo posto”, disse James.
“Stai dicendo che non tiene a Harry quanto ci tieni tu?”, chiese Nymphadora.
“No, affatto. Ma lei ha dato tutto per lui, l’ha salvato. Credo che faccia la differenza anche il modo in cui vediamo ciò che ci succede. Lily è dell’idea che non potevamo fare meglio di così, Harry è vivo e Voldemort è stato inerme per molti anni grazie al nostro sacrificio, ma io non la vedo così.”
“E noi allora? Perché siamo qui?”, chiese la ragazza.
“Non è ovvio?”, disse Lupin. “Per vedere come va a finire, se la nostra morte è valsa a qualcosa. Per sapere se Teddy starà bene. Sinceramente… Se qualcosa andrà storto, io non credo che riuscirei a lasciarlo”. Sua moglie abbassò lo sguardo. Anche gli altri non dissero nulla.
Fu lui a rompere il silenzio. “Perché tu sei giovane?”, chiese poi a Sirius. “Aspetta, lo sono anche io?”. Nymphadora gli fece cenno di no.
“Credo di aver scelto anche questo”, rispose Felpato. “Ho l’aspetto che avevo prima della morte di James e Lily, prima di Azkaban. Prima di tutto. Quando ero un giovane ribelle felice con i suoi amici”, disse sorridendo ad entrambi.
“Quindi io ho scelto di essere vecchio?”, scherzò Lupin.
“Hai scelto di essere l’uomo che tua moglie ama”, lo riprese James. Nymphadora sorrise e lo fece anche Remus, anche se di nascosto.
“Vi dispiace se ce ne andiamo via di qui? Vedere il mio cadavere lì mentre parliamo fa uno strano effetto”. Gli altri acconsentirono e tutti insieme tornarono verso la Sala Grande. Erano quasi usciti nel cortile di Hogwarts quando una voce alle loro spalle gli si rivolse: “Speravo proprio di trovarvi qui”.
La familiarità di quella voce fece gelare il sangue nelle vene ai tre uomini, che si voltarono si scatto. Lo spirito di Peter Pettigrew li fissava da lontano.
 
***
 
“Tu! Miserabile!”, gli urlò Sirius Black, appena lo vide, tentando di scagliarsi contro di lui. Pettigrew si ritrasse istintivamente, spaventato, come se Sirius potesse davvero fargli male. Remus blocco l’amico e lo implorò di calmarsi. Tutti loro si stavano comportando come se fossero ancora vivi. Fra le urla che nessun’altro sentiva, lo stupore nel rivedere Codaliscia ed i tentativi di usare violenza su Peter, i Malandrini, ormai al completo, stavano mescolando il loro odio alla disperazione della battaglia che avveniva attorno a loro.
Sirius era fuori da ogni grazia e in quel momento le sue grida avrebbero potuto risvegliare i morti, mentre Remus, che come al solito pensava prima agli altri e a ciò che provavano che a sé stesso, stava tentando di placarlo, ottenendo come unico risultato di stare urlando a sua volta, per coprire le maledizioni che l’amico stava lanciando a Codaliscia. Quest’ultimo, non emetteva che sonori versi di disperazione.
James Potter era immobile, gli occhi fissi su Peter. Avvertiva una fitta al cuore, come se lo avessero pugnalato. Non avrebbe potuto muovere un muscolo nemmeno se lo avesse voluto. Solo Nymphadora si era accorta dello stato in cui era.
“Adesso basta!”, urlò lei, sovrastando in modo incredibile tutto il chiasso attorno a lei. I tre uomini si fermarono: Sirius era arrivato al collo di Peter e stava tentando di strangolarlo, mentre Remus tirava l’amico per i lunghi capelli, sperando di riuscire a dividerli. “Remus Lupin vieni subito qui”, riprese lei.
“Subito!”, aggiunse, alzando ulteriormente la voce, quando notò che suo marito non aveva ancora ubbidito. “Sirius Black allontanati subito da Pettigrew”. Anche lui si vede costretto ad ascoltarla, così si separò da Peter, dandosi un’aggiustata ai capelli e ai vestiti, mentre andava a posizionarsi accanto a Remus.
“Tu non ti muovere”, intimò a Codaliscia. “James, stai bene?”, chiese infine, con tutta la dolcezza di cui era capace.
Lui annuì, senza togliere gli occhi da Peter. Fece qualche passo verso di lui.
“Perché sei qui?”, gli chiese. Era apparentemente calmo. Non sembrava stesse parlando con l’uomo che aveva causato la sua morte e quella di sua moglie. Tutti notarono che sembrava sapere qualcosa che nessun’altro sapeva. O quasi nessuno.
“Volevo parlare con voi”, rispose. “Con te…”, precisò.
James non parlava. Sapeva cosa dire ma non come dirlo.
“Io… Sono stato un codardo…”
“Si è trattato solo di questo?”, lo interruppe James.
“Cosa intendi?”, chiese Lunastorta alle sue spalle. Ma l’altro lo ignorò.
“Allora?”, riprese James.
“Ho avuto paura”, disse Codaliscia. “Lui mi avrebbe ucciso, mi avrebbe torturato…”
“E avrebbe fatto bene”, commentò Felpato.
“Sta zitto Sirius!”, lo rimbeccò Ramoso.
“NO!”, rispose. “Io sarei morto piuttosto che tradirti. Tu sei un fratello per me! E lui..”
“Ma per Peter non era così!”, sbraitò James.
“Che cosa vuoi dire?”, chiese di nuovo Remus.
“Voglio dire…”, disse Potter, alzando la voce. Tentò di calmarsi, poi riprese a parlare. “Remus, puoi davvero guardarmi negli occhi e dirmi che l’abbiamo sempre trattato alla pari?”, gli chiese indicando Peter.
“Puoi dire che non gli abbiamo dato motivo di sentirsi escluso? Di sentirsi inferiore a noi?”. Remus aveva sentito dire al suo migliore amico quello che pensava ormai da anni, mentre Sirius ancora non credeva a ciò che sentiva. Non poteva essere davvero questa l’altra ragione che legava James a questo mondo.
“Ho avuto anni per pensarci e ora so che io ero felice di averlo intorno solo perché mi osannava, e per nessun altro motivo. Non l’ho mai trattato davvero come un fratello, non l’ho mai trattato… come trattavo voi”. Si voltò verso Pettigrew. “Non è stata solo codardia, vero? Ė stato anche per l’indifferenza che ti ho gettato addosso per anni. Per invidia, per dolore.”
Peter non rispose. Si limitò a balbettare un: “Ė stata colpa mia”.
“Oh, sì che lo è stata”, borbottò Sirius.
“Ero solo un ragazzino arrogante, questo l’ho capito”, disse James. Remus gli si avvicino e gli pose una mano sulla spalla, poi fece un cenno a Codaliscia, che per lui voleva dire tutto. Remus era sempre stato la persona più vicina ad un amico che Peter Pettigrew avesse mai avuto.
Tutti e tre posarono lo sguardo su Sirius: a questo punto l’ultima parola stava a lui.
“Se lascio correre è solo per lui, non per te, sappilo”, disse crudo a Pettigrew, indicando James, che gli sorrise. “E perché è ormai da qualche anno che non mi importa più nulla di te”. Gli altri parvero confusi.
“Quando ho guardato Harry negli occhi per la prima volta dopo Azkaban è cambiato tutto, credo che certe cose abbiano perso di significato in confronto”, spiegò Sirius. “Ormai è come un figlio per me. Ora hai avuto il tuo perdono, sparisci.”
Quando ebbe finito di pronunciare quelle parole, tutto intorno a loro si fermò. Nessuno combatteva più. I Mangiamorte parevano quasi in adorazione, mentre studenti ed insegnanti sembravano star male, molti si tenevano le tempie, come se la testa gli scoppiasse. Solo in quel momento capirono che tutti gli altri sentivano qualcosa a loro inudibile, qualcosa nella mente: la sua voce.
Quando il Signore Oscuro aveva lasciato le menti di tutti i combattenti, Peter Pettigrew se ne era già andato.
 
***
 
Ai Malandrini ed a Nymphadora non ci volle molto per comprendere che Lord Voldemort aveva chiamato a sé i suoi Mangiamorte, i quali se ne erano andati, mentre gli altri si erano apprestati a curare i loro feriti e a disporre dei loro morti. Remus stava camminando nella Sala Grande quando scorse il suo corpo a terra, posto accanto a quello di sua moglie, le mani congiunte. Lo sguardo di James non poté che posarsi su Harry ed il suo cuore ebbe un sussulto nel vederlo ancora illeso. Segui lui e i suoi amici fino al punto in cui si erano radunati i Weasley. Solo in quel momento notò che piangevano su un corpo di un giovane ragazzo dai capelli rossi.
“James, guarda”, gli disse Sirius. In un angolo, seduto non poco lontano, con le ginocchia accerchiate dalle braccia, quel che rimaneva di Fred Weasley stava piangendo, confuso. Sirius gli si avvicinò, si abbassò alla sua altezza. I due si guardarono per qualche interminabile istante in cui Fred riconobbe l’uomo che aveva davanti, in cui capì. Poi Sirius lo abbracciò ed il rosso scoppiò di nuovo in lacrime.
 
James, Remus, Nymphadora, Sirius e Fred stavano seduti a terra, invisibili agli occhi di tutti, ognuno con le spalle appoggiate al muro e gli occhi su chi amavano di più.
“Quindi non devo restare se non voglio?”, chiese Fred, quando ebbero finito di spiegargli. Sirius scosse il capo.
“Mi…Mi dispiace che tu sia morto”, gli disse poi.
“Già”, rispose Fred. “Anche a me”, aggiunse guardando suo fratello. Non fu necessario specificare che non gli dispiaceva per sé stesso ma per George.
“Credo di essere qui per lui”, disse poi. “Siamo nati insieme e forse una parte di me credeva che saremmo anche invecchiati insieme”. A Sirius scese una lacrima: anche lui credeva che sarebbe invecchiato insieme a suo fratello. Ma la guerra, si sa, cambia tante cose. Black si affrettò a togliersi quell’unica lacrima dal viso.
“Ė stato bello rivedervi”, disse Fred, alzandosi. “Ma credo che a George non serva a molto che io resti qui se non può nemmeno vedermi. E poi, io sarò sempre con lui, in fondo”, disse. “Spero di rivedervi presto”, concluse con un ultimo sorriso, prima di voltarsi. Una grande luce lo avvolse e in un attimo il suo spirito non era più lì.
 
***
 
“Perché siete qui? Tutti voi…”, chiese Harry, stringendo la Pietra della Resurrezione.
“Non siamo mai andati via”, rispose Lily. Lei era lì, con tutti loro, raggiante e meravigliosa come lo era sempre stata. Ma ora Harry poteva vederli. Lily Potter fece un sorriso d’intesa a James che Harry non poté comprendere a pieno, mentre Tonks osservava la scena in disparte, ancora nascosta allo sguardo del giovane Potter.
Fu bello parlare con lui un’ultima volta, volergli bene, rassicurarlo, sognare con lui un futuro migliore, che forse aveva ancora speranza di esistere. Rimasero tutti con lui, fino all’ultimo respiro e poi di nuovo al primo. Quando Harry tornò alla vita, i Malandrini osservarono Narcissa Malfoy mentire al Signore Oscuro, e videro lui credere alla sua parola.
“Per fortuna in famiglia siamo tutti bravi nell’Oclumanzia”, pensò Sirius, ringraziando che per una volta le severe lezioni impartite dai Black ai loro figli in tenera età fossero risultate utili a qualcosa. “Se l’avesse fatto qualcun altro probabilmente sarebbe già morto.”
 
Quando i Mangiamorte portarono via suo figlio, James decise che per lui era arrivato il momento di compiere quel viaggio tanto a lungo rimandato, di lasciare andare il passato ed Harry, di tornare con Lily.
“Voi cosa pensate di fare?”, chiese Lily a Remus e Tonks.
Loro si scambiarono uno sguardo. “Teddy se la caverà”, disse lei. “Fred ha ragione, noi saremo con lui in ogni caso”. Remus annuì.
“D’accordo, veniamo con voi”. Poi si rivolse a Sirius.
“Felpato, tu vieni?”
“No”, rispose. “Andate avanti, io resto ancora un po’. Vi raggiungerò quando sarà tutto finito”. Remus e James sospirarono, ma non tentarono di fargli cambiare idea. Sapevano che con lui era inutile. Così Sirius Black vide i suoi due migliori amici e la sua cuginetta sparire dietro una luce abbagliante, rimanendo per un attimo a fissare il punto da cui erano partiti.
Black seguì Harry ed i Mangiamorte sin dentro il castello, ormai distrutto. Osservò in disparte la disperazione di Ron, della piccola Hermione e di Minerva McGranitt nel credere Harry morto. Avrebbe voluto consolarli. “Se solo potessi”, pensò.
Assistette alla resurrezione della speranza, alle lotte fra Mangiamorte ed Auror, vide sua cugina Narcissa e suo nipote Draco scegliere finalmente la parte giusta e sorrise.
“Infondo lui è soltanto un ragazzo”, disse, pensando a tutto ciò che Draco aveva dovuto passare negli ultimi due anni.
Poi seguì Harry, lo osservò combattere contro Voldemort, lo vide lottare fino alla fine, per gli amici, per l’amore, per la libertà e, questo Sirius lo sapeva per certo, anche per la memoria sua, di Remus e dei suoi genitori. Sentì Harry narrare a Voldemort la storia di Piton, e poi della sua morte, e credette di percepire le sue budella contorcersi: come avevano potuto essere così ciechi?
Infine, vide il giovane Neville distruggere l’ultimo Horcrux, ricordando con gioia sua madre e suo padre. Harry Potter sconfisse Lord Voldemort. Mentre quest’ultimo si accasciava a terra per tirare l’ultimo agognato respiro, Sirius credette di vedere Severus Piton, lontano, che osservava la scena immobile e spettrale, proprio come lui. Lo salutò con la mano, come a dire “Mi dispiace, sono stato un’idiota arrogante”.
Severus Piton fece un cenno con la testa prima di voltarsi e sparire nello stesso fascio di luce che aveva portato via i Malandrini. Sirius Black era di nuovo solo.
Lui ed Harry si trascinarono fino alla Sala Grande, dove il ragazzo poté riabbracciare i suoi amici. “Io che ci faccio ancora qui?”, si chiese Sirius.
“Credo che noi conosciamo la risposta a questa domanda, fratello.”
Sirius si voltò di scatto: Regulus Black era tornato dal regno dei morti e l’aveva fatto per lui.
Il volto da ragazzino di Reg ed il suo sorriso che brillava di luce propria riportarono Sirius indietro di altri dieci anni. Rivide loro due fra quei corridoi, felici, ancora così lontani da tutto ciò che li avrebbe divisi.
Poi gli tornarono alla memoria le urla della madre, le punizioni del padre, la loro mania del sangue puro ed il Marchio Nero sul braccio del fratello, e fu come se tutta la luce che aveva portato con sé stesse già sparendo.
“Sai, quando ho capito come funzionavano le cose, pensavo che ti avrei incontrato”. Regulus rise un po’ beffardo.
“Non hai letto il mio biglietto? Eppure eri con Harry e i suoi amici quando hanno scoperto che era mio… Diceva ‘Affronto la morte’, a me andava bene così”.
“Mi dispiace”, furono le uniche due parole che Sirius riuscì a balbettare.
“Per cosa?”, gli chiese Regulus, senza smettere di sorridere.
“Il giorno in cui me ne sono andato di casa, quando sono andato da James…”, spiegò lui. “Avrei voluto girarmi e chiederti di venire via con me. Ho pensato di farlo almeno mille volte. Ma alla fine ho continuato a darti le spalle, mi sono chiuso la porta dietro e me ne sono andato. Mi dispiace. Non avrei dovuto lasciarti lì.”
Regulus Black smise per un attimo di guardare suo fratello. Osservò il miscuglio di vittoria e sofferenza che si dipingeva davanti a lui, poi guardò fuori dalla finestra, lasciando che il sole gli baciasse il viso, così simile a quello di Sirius.
Fece qualche passo, dandogli le spalle, poi si fermò. Si voltò quel poco che bastava per guardare suo fratello. “Vieni via con me?”
Sirius rise e lo raggiunse, ponendogli il braccio intorno al collo, come faceva quando erano bambini. Sirius e Regulus Black infine lasciarono questo mondo, in pace.
“Tu l’hai sentita?”, disse Luna Lovegood.
“Che cosa?”, le chiese Neville.
“Una voce. Mi sembrava dicesse: Vieni via con me.
 
 
Credits: Nick Cave and the Bad Seeds
   
 
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