Le ali della farfalla
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Capitolo
7 – Giocare a carte scoperte
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Adrien
quel pomeriggio ricevette il solito messaggio da Marinette
“Ti aspetto in camera mia”.
Non
se lo fece ripetere due volte, ed appena ebbe sbrigato i suoi impegni, già
segnati in agenda, tra i quali un’ora di cinese e un’ora di lezione di piano,
si precipitò da lei, con l’ausilio di Plagg.
Bussò
come di consueto alla porta della botola, e Marinette
lo fece entrare, accogliendolo con un lungo bacio sulle labbra.
“Ti
sono mancato, milady?” Le chiese sghembo, e di tutta risposta, ricevette un
altro bacio ancora appassionato. “Mmm…lo prenderò
come un sì”.
Poi
vide la sua espressione che s’incupì d’un tratto, quando si lasciò cadere sulla
sedia della scrivania ed iniziò a girare.
“Qualcosa
non va?” Domandò avvicinandosi, mentre ordinava a Plagg
di sciogliere la trasformazione.
Mariette sbuffò lanciando
in aria un pupazzo di pezza che ritraeva Lady Bug, la stessa bambola, con cui
Manon era solita a giocare quando le faceva da babysitter.
“Si
e no…nel senso che stavo ripensando al maestro Fu e alle sue parole”.
“Cioè?”
Chiese curioso.
“Una
volta mi ha detto che se uniamo i nostri due miraculous,
potremo ottenere il potere assoluto” Spiegò.
“Potere
assoluto?” Fece di rimando il biondo.
Lei
annuì con il capo “Potremo ottenere il potere di alterare la realtà, esprimendo
un desiderio”.
“Ed
è una cosa brutta?”
“Certo,
per due ragioni: la prima perché il mondo ha bisogno di un equilibrio e la
seconda perché c’è un prezzo da pagare, tipo occhio per occhio”.
“Tu
credi che Papillon voglia i nostri gioielli per ottenere questo potere?”
“Non
vedo altra spiegazione. Mi chiedo solo quale sia il suo scopo”. Si alzò per
osservare fuori dalla finestra.
Adrien
rabbrividì, e una strana sensazione gli faceva torcere le viscere, ricordando
la conversazione avuta lo scorso pomeriggio con suo padre.
Marinette agitò una mano
davanti il volto del suo ragazzo “Adrien? Ci sei?” Aveva lo sguardo perso nel
vuoto, non poteva essere vero, stava realizzando che forse suo padre potesse
essere Papillon, questo avrebbe spiegato lo strano comportamento che aveva,
perché gli aveva chiesto tempo fa del suo anello e se Marinette
fosse in realtà Lady Bug.
Ma
no, cosa stava pensando, potevano essere solo coincidenze, del resto è normale
essere curiosi se in città ci sono dei super eroi, tutti vorrebbero sapere chi
si nasconde dietro la maschera.
“S-si,
sto bene” Le sorrise.
“Adrien
Agreste, credo ormai di conoscerti abbastanza bene da capire quando mi nascondi
qualcosa, o se c’è qualcosa che ti turba. Me ne vuoi parlare?”.
A
lei non poteva celare niente, non era in grado di mentire, non poteva mentire a
lei, ma questa volta, non le avrebbe detto la verità, meglio non farla
preoccupare per niente, soprattutto se le sue, erano solo supposizioni.
“Sono
un libro aperto per te lo sai? Però ora non posso, ma te ne parlerò appena ne
sarò sicuro, non voglio farti preoccupare per nulla” Le prese le mani e le
baciò la fronte.
“Mi
fido di te, Adrien” Gli sorrise, anche se avrebbe voluto sapere.
“Devo
andare ora, già mi manchi, insettina”.
*
Nathalie,
non dormì molto quella notte, e le occhiaie nere che aveva sotto gli occhi,
vennero coperti abilmente da del buon correttore.
Ancora
sconvolta e con il portatile tra le mani, bussò alla porta di Gabriel, che la
fece entrare.
“Disturbo?”
Chiese in maniera impostata.
“Certo
che no, vieni pure”. Lo stilista stava lavorando alla collezione che avrebbe
presentato alla settimana della moda di Parigi, mancava poco meno di un mese.
Gli
abiti erano stati tutti disegnati e confezionato con cura, mancavano da definire
gli ultimi dettagli.
Si
sarebbe presentato a quell’evento?
Chi
può dirlo, probabilmente, come al solito, avrebbe mandato la sua assistente e
lui avrebbe presenziato in videochiamata sul suo tablet.
“Devo
mostrarti una cosa”. Si avvicinò con lo schermo acceso. “E’
un video ripreso dalla telecamera di video sorveglianza, di quella nuova fatta
installare nell’unico punto cieco della casa.”
“Si
lo vedo” Annuì con il capo.
“Guarda
chi esce dalla finestra di Adrien alle 16.02”.
Gabriel
spalancò la bocca, l’immagine di Chat Noir che balza dalla finestra della
camera di suo figlio per andare chissà dove.
“Ora
guardi, chi rientra alle 18.56”. Di nuovo Chat Noir.
“Mio
figlio…è Chat Noir?” Gabriel ebbe quasi un mancamento, si sedette sugli
scalini, sorretto dalla sua assistente.
I
suoi sospetti erano fondati, lo erano sempre stati.
Non
poteva essere, in tutti quei mesi, aveva combattuto contro il suo unico figlio,
ed era stato sul punto di rivelargli diverse volte il suo piano, per riportare
in vita Emilie.
Si
maledì per non averlo fatto prima, si sarebbe risparmiato un sacco di sconfitte
e delusioni.
Se
Adrien, avesse saputo che il corpo di sua madre, si trovava nei sotterranei
della casa, in attesa che il miraculous di Lady Bug e
Chat Noir, probabilmente non ci sarebbe stato il bisogno di richiamare altri
mostri al suo comando.
“Dov’è
ora mio figlio?” Chiese alla sua assistente.
“E’
a scuola, Gabriel, oggi esce alle 12.30”.
“Bene,
andremo a prenderlo dopo”. Fu sorpresa di ricevere quella risposta, si sarebbe
aspettata un’uscita anticipata da scuola per qualche futile motivo inventato
seduta stante, infatti aveva già pronto sul cellulare il numero dell’autista da
chiamare e quello della scuola.
“Che
intenzioni hai?”
“Gli
dirò tutta la verità, e lo porterò a vedere il corpo della madre, così sarà
costretto a farsi dare gli orecchini da Lady Bug, e finalmente potrò realizzare
il mio desiderio”.
“Certo,
sono felice che finalmente ci sia riuscito” Si congedò poi, uscendo dalla
stanza, mentre una lacrima le rigava il volto.
*
Quel
pomeriggio, Adrien e Gabriel pranzarono insieme, con gran stupore del più
giovane, che era solito a consumare i pasti in totale solitudine, o con
Nathalie, mentre gli ricordava gli impegni presi per il pomeriggio.
“Sono
contento che abbiamo mangiato insieme papà, non mi ricordo più da quanto lo
facevamo.”
Gabriel
prese il calice di vino rosso rubino e se lo portò alla bocca “Questo e molti
altri, Adrien” Gli sorrise, non pensando che da lì a poco, gli avrebbe
sconvolto la vita.
“Sei
strano, papà…hai un’aria così rilassata, quasi non ti riconosco”.
“Sono
felice di passare un po’ di tempo con mio figlio”. Gli toccò la mano
amorevolmente.
Adrien
gli volse un sorriso che gli ricordò molto quello della scomparsa Emilie.
“Lo
sono anch’io” Si sentiva amato, si sentiva desiderato, e questa volta non solo
dalla sua insettina,
ma anche da suo padre, che cosa volere di più? Gli mancava solo sconfiggere
Papillon e poi la sua vita sarebbe stata perfetta, per quanto potesse essere
per un ragazzo di sedici anni.
*
“Che
cosa mi devi mostrare?” Chiese Adrien curioso “…finalmente hai deciso di farmi
vedere in anteprima la nuova collezione?” A lui non era mai stato concesso
questo privilegio in tutti quegli anni.
“No,
ma ne resterai stupito”. Gabriel azionò i pulsanti dal quadro di Emilie,
facendo aprire il passaggio sotto i loro piedi.
“Dove
andiamo?” Domandò sospettoso.
“Tutto
a tempo debito, figliolo”.
Il
tunnel che stavano percorrendo era buio, erano stata installata solo una luce
nel soffitto dell’ascensore, che continuava a scendere.
“Ora
mi sto spaventando, papà”.
“Non
ti devi preoccupare, ora sei pronto per vederlo con i tuoi occhi”.
Arrivarono
in uno stanzone enorme che attraversava tutto il perimetro della casa, un ponte
di metallo color oro ne guadava il corso d’acqua.
Faceva
caldo, un caldo umido e tante farfalle bianche, erano appena sbocciate e
stavano svolazzando sopra a quella, che agli occhi del più giovane, sembrava
una bara di cristallo, illuminata dai raggi solari, che filtravano dal rosone,
sopra di essa.
Ad
Adrien iniziò a seccarsi la gola e a mancargli il respiro, nutrendo in suo
padre un sospetto, che sperava con tutto se stesso non
fosse vero.
Attraversarono
il ponte, e Adrien non smetteva di guardarsi intorno, facendosi sempre più
domande e pensando cosa suo padre nascondesse laggiù, ma di una cosa ne era
certo, non gli avrebbe mai e poi mai tolto un capello.
Una
farfalla gli si posò con dolcezza, sopra la testa bionda, e lui la fece posare
sopra il suo indice, portandosela davanti gli occhi.
“Ti
spiegherò tutto, figliolo” Gli disse mostrandogli la teca, con all’interno il
corpo senza vita della madre.
“M-mamma.
E’-e’ la mamma?” Balbettò incredulo.
“Si,
è Emilie”.
“Ma-ma
come? L’abbiamo seppellita, abbiamo fatto il funerale. P-perché è qui?” Gli
occhi di Adrien iniziarono a pizzicare e ai lati, si stavano formando delle
gocce salate.
“Perché”
Ci fu un attimo di esitazione “…la voglio riportarla in vita”
“Non
puoi riportare in vita qualcosa che è morto, papà, è impossibile”
“Per
riportarla da noi, ho bisogno dei miraculous di Lady
Bug e Chat Noir”. Disse tutto d’un fiato, in tutto quel tempo, aveva cercato le
parole giuste per dirglielo, in modo da non sconvolgerlo troppo, ma non ne
aveva trovata nessuna che andasse bene.
“I miraculous di Lady Bug e Chat Noir?” Soffiò.
“A
dire il vero solo quello di Lady Bug” Il viso dello stilista si fece serio e
con un’espressione che non lasciava intravedere nulla di buono “…quello di Chat
Noir, lo hai tu, vero?” Un ghigno beffardo si fece strada tra le sue labbra.
“Ma
di che cosa stai parlando?” Chiese nascondendo dietro la schiena, la mano
destra, dove era solito portare l’anello.
Sotto
la sua camicia, il piccolo kwami nero tremava di
paura.
“Non
fare il finto tonto con me, so che sei Chat Noir, l’ho visto dalle telecamere
che ho fatto installare nuove; mi avevano fatto notare che quella parte della
casa era scoperta, e che quindi dovevo metterne una anche lì”.
Adrien
si sentì morire, era stato stupidamente scoperto e cosa peggiore, avrebbe
sicuramente litigato di brutto con Marinette per
questo.
“Come
fai a sapere tutte queste cose sui miraculous?”.
Gabriel
non diede nessuna risposta al figlio, perché trovò la soluzione qualche attimo
più tardi, quando l’ennesima farfalla gli passo accanto “Papillon…tu sei
Papillon”.
Si
scagliò contro il padre gettandolo a terra, e bloccandolo con il suo peso, che
andò a gravare sul petto dello stilista, caricò un pugno, che non sferrò mai.
“Lasciami
spiegare, figliolo”. Lo pregò mettendo le mani avanti.
“Perché?
Perché?” Gli urlò in preda alla rabbia.
Stava
per trasformarsi, per fuggire via da quell’incubo, per andare ad avvertire lei,
la sua lady.
Una
mano gli bloccò il braccio e gli tolse l’anello.
“Mayura!” Esclamò Adrien incredulo, era logico, se suo padre
era Papillon, non poteva essere che Nathalie, il possessore del miraculous del pavone.
“Tu
ora ascolti tuo padre, e non vai da nessuna parte. Questo lo tengo io”. Chiuse
dentro una scatola l’anello, che qualche attimo prima, aveva risucchiato Plagg al suo interno.
*
“Come
hai potuto fare una cosa del genere?”.
“Ascoltami,
ti prego, avrai tutte le tue risposte. Te lo prometto”.
Non
riusciva a guardare suo padre negli occhi, in quel momento rabbia, frustrazione
e delusione, si erano impossessati di lui.
Se
vogliamo vedere il lato positivo, Papillon non poteva akumizzarlo,
almeno per il momento.
“Sentiamo
quali inutili scuse inventerai”.
“Ti
ricordi il viaggio che avevamo fatto io e tua madre in Tibet? Quello prima di
sposarci”.
“Si”.
“Ero
alla ricerca di tessuti e stoffe pregiate per la mia nuova collezione, quando,
durante un’escursione abbiamo trovato nella neve due scatoline nere ed un
libro”.
“Il
grimorio? Quello che hai nella cassaforte?”
Gabriel
annuì.
*
continua