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Autore: MackenziePhoenix94    08/01/2021    0 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un sogno.

Jennifer era certa di essere all’interno di un meraviglioso sogno ad occhi aperti: dopo la fine del concerto era tornata in albergo con Demi ed India, aveva augurato ad entrambi la buonanotte e si era ritirata nella propria suite personale; non era mai scesa alla reception per affogare i propri dispiaceri in un paio di bicchieri di vodka alla pesca.

Si era infilata sotto le coperte del letto matrimoniale a sua completa disposizione, dopo essersi cambiata, forse per un po’ si era rigirata a destra ed a sinistra, ma alla fine era riuscita a chiudere gli occhi, ed ora stava sognando il ricongiungimento tra lei e Roger che, nel profondo, bramava con tutta sé stessa; non poteva essere la realtà, perché andava contro tutto quello che il bassista le aveva detto il giorno in cui l’aveva accompagnata per la prima volta a Cambridge dalla madre, e che le aveva ripetuto con fermezza tre anni prima: poteva anche chiudere un occhio per quanto riguardava l’errore di una notte, ma non poteva fare altrettanto nei confronti di una vera e propria relazione extraconiugale.

Con Judith, il suo primo amore, non era mai tornato indietro sui propri passi e lo stesso aveva fatto con lei, che era la madre dei suoi figli: la piccola parentesi dettata dalla notte che avevano trascorso insieme in America non aveva portato a nulla; Roger non aveva neppure risposto alla lunga lettera che poco tempo dopo, tra mille incertezze, gli aveva spedito.

Quindi, con ogni probabilità, quello che ora stava vivendo non era altro che un sogno ad occhi aperti.

Bellissimo, terribilmente reale, ma pur sempre un sogno: presto o tardi avrebbe sollevato le palpebre nella totale solitudine della propria suite personale, scoprendo che l’incontro nella hall con Roger e la notte trascorsa in sua compagnia erano stati solo frutto della sua immaginazione.

Avrebbe fatto male, ma era pronta a soffrire.

Jennifer si lasciò guidare, come una bambina obbediente, all’interno della suite di Roger; lui la lasciò andare, le posò di nuovo le mani sulle guance e, nella penombra che regnava nella grandissima stanza, la baciò di nuovo sulle labbra.

Fu un bacio più lungo e languido rispetto a quello che si erano scambiati nel corridoio deserto, illuminato dalle piccole luci d’emergenza, di cui Jennifer non desiderava affatto vederne la fine; non voleva staccarsi dal bassista per nessuna ragione al mondo, non ora che stava riassaggiando il sapore delle sue labbra, misto a quello del whisky invecchiato che si era servito da solo, e sentiva di nuovo la loro consistenza, insieme a quella dei suoi capelli e del suo corpo perfetto e tonico, del tutto incurante del tempo che passava e del traguardo dei cinquant’anni che si avvicinava sempre di più.

Nessun altro del gruppo stava invecchiando bene come lui: Nick e David si erano appesantiti parecchio dal punto di vista fisico e non possedevano più le folte chiome di quando erano ventenni, mentre i capelli di Richard erano diventati prematuramente grigi ed il suo viso continuava ad apparire sciupato a causa della dipendenza da cocaina che fortuntamente era riuscito a lasciarsi alle spalle per sempre.

La droga, in qualunque forma, era proprio una brutta bestia: lasciava impressi sulle proprie vittime segni indelebili che non potevano essere cancellati in nessun modo e che non sfuggivano mai agli occhi delle persone.

Roger, a differenza dei suoi ex compagni di band, aveva un aspetto ancora terribilmente giovanile, nonostante alcune ciocche di capelli grigi che aveva ai lati del viso e le quarantasette candeline che avrebbe spento a breve: la sua chioma era sempre folta, nel suo corpo non c’era un filo di grasso in eccesso e la maturità aveva addolcito i tratti del suo viso, rendendoli più belli e molto meno spigolosi rispetto a quando era un ragazzo e successivamente un giovane uomo; gli occhi azzurri non erano cambiati, così come il naso lungo e fino, le labbra carnose, le braccia lunghe e forti e le mani dalle dita affusolate, sempre cariche di anelli metallici.

Ed il profumo della sua pelle.

Mio dio.

Anche il profumo della sua pelle non era cambiato affatto: era rimasto lo stesso che conosceva; lo stesso che aveva sentito da ragazza quando, di nascosto, era entrata nello Studio Tre di Abbey Road, aveva preso in mano il lungo cappotto nero del bassista e lo aveva avvicinato al proprio viso, prendendo un profondo respiro.

Jennifer pensò che era maledettamente strano, ma ora che era nuovamente in intimità con il suo ex marito, sembrava che non si fossero mai separati, neppure per un solo giorno; adesso che sentiva di nuovo il profumo della sua pelle, la consistenza delle sue labbra morbide e quella delle sue mani sul proprio corpo, si rese conto di ricordarle ancora benissimo: non aveva mai dimenticato nulla di tutto ciò nel corso dei sette anni trascorsi dal loro divorzio.

Quando raggiunsero il grande letto matrimoniale, lasciò che fosse Roger a condurre inizialmente i giochi; lo spogliò (senza che le dita tremassero), si lasciò spogliare e lo accolse dentro di sé trattenendo brevemente il respiro, ma sul più bello, quando ormai era certa che fosse vicino all’orgasmo, lo colse alla sprovvista decidendo di ribaltare le posizioni, assumendo lei quella di comando, e bloccandogli le mani sopra la testa, tenendole ferme per i polsi.

Lo vide spalacare gli occhi dalla sorpresa, ma non sembrava essere affatto seccato dall’improvviso cambio di programma.

“E questo che significa?” domandò a bassa voce, distendendo le labbra in un sorrisetto compiaciuto, senza neppure provare a liberarsi: avrebbe impiegato una manciata di secondi a scrollarsi di dosso le mani di Jennifer, se solo lo avesse voluto, ma era curioso di vedere qual’era il suo scopo.

“Significa che adesso è arrivato il mio momento di condurre la giostra”

“Ed io che dovrei fare?”

“Nulla. Pensa solo a goderti il giro panoramico”

“Mi auguro che non ci sia alcun conto salato da pagare una volta che avrò rimesso i piedi a terra” commentò il bassista, allargando il sorrisetto compiaciuto; Jennifer non rispose alla battuta e riprese a muoversi su di lui, facendo attenzione a non allentare la presa sui polsi.

Roger chiuse gli occhi, gettò la testa all’indietro sul cuscino ed emise una lunga serie di gemiti di piacere misti a sospiri; Jen si chinò in avanti, quel tanto che bastava affinché la distanza tra i loro visi fosse ridotta al minimo.

“Sei vicino?” domandò in un soffio, accorgendosi che il corpo dell’uomo era attraversato da brividi che non riusciva a trattenere; anche lei stava tremando da testa a piedi, dal piacere.

Ed anche lei era ormai vicinissima all’orgasmo, ma doveva trattenersi.

Prima c’era una cosa che lui doveva assolutamente fare.

Anche se era fermamente convinta che tutto quello non fosse altro che un sogno (cosa poteva essere, d’altronde? Era troppo perfetto, troppo bello per essere reale), sentiva il bisogno di prendersi una piccola rivincita personale.

“Sì, son… Ahh!” Roger strinse i denti ed inarcò maggiormente la testa all’indietro quando Jen, senza alcun preavviso, gli afferrò una ciocca di capelli e la strinse con forza eccessiva, facendogli salire le lacrime agli occhi.

“Allora dillo” sussurrò la giovane donna, avvicinando le labbra carnose all’orecchio destro di Waters “dillo, avanti, sai benissimo a quali parole mi sto riferendo, altrimenti mi fermo. Dillo! Voglio sentirtelo dire”

“Cos… Cosa…” provò a dire il bassista, confuso, ma venne zittito da uno schiaffo sulla guancia sinistra, perché non erano quelle le parole che Jennifer voleva sentire uscire dalle sue labbra; usò la mano sinistra per bloccargli entrambi i polsi, mentre con la destra rafforzò la presa attorno alla ciocca di capelli che non era intenzionata a lasciare andare.

Almeno non prima di avere sentito quelle famose parole.

“Ho detto che voglio sentirti dire quelle parole. Non costringermi a darti un altro schiaffo e non fingere di non sapere a cosa mi sto riferendo… Dillo. Avanti. È il minimo che mi devi dopo tutto questo tempo” Jen avvicinò così tanto il suo viso a quello di Roger che le loro labbra ormai si sfioravano “dillo, Roger, avanti”

Ti prego, continua così, piccola. Mi stai facendo impazzire” sussurrò alla fine il bassista, con un basso gemito, accontentando la richiesta di Jennifer e lasciandola senza parole, con gli occhi spalancati; approfittò del suo attimo di distrazione per liberarsi dalla sua presa, ribaltare le posizioni ed assumere di nuovo quella di comando assoluto: non gli era dispiaciuto sottostare al volere della sua seconda ex moglie per un po’, ma preferiva tornare lui al posto di comando, adesso che erano alle battute finali “mi stai davvero facendo impazzire”.

Bastarono quelle parole in più, sussurrate con un filo di voce, insieme a qualche spinta più decisa per far raggiungere l’orgasmo a Jennifer: la giovane donna inarcò la schiena all’indietro, trattenne il respiro ed affondò le unghie nelle spalle del bassista; si morse il labbro inferiore, per non urlare (la suite di Roger non era così lontana da quelle di Demi ed India), quando lo sentì rilasciare il proprio seme all’interno del suo corpo, e trascorsero diversi minuti prima che riuscisse a rilassare i muscoli del corpo, tesi fin quasi allo spasmo.

Gli ultimi echi di un piacere fisico ed assoluto si spensero gradualmente, si allontanavano e poi tornavano indietro come le onde del mare, e quando finalmente svanirono, trasformandosi subito in un ricordo lontano, vennero sostituiti da una sensazione di stanchezza e spossatezza; Jennifer sentì le membra farsi pesanti ed improvvisamente riusciva a fatica a tenere le palpebre alzate: sgusciò lontana dalle braccia di Roger, raggiunse l’altra piazza del letto, affondò la testa sul morbido cuscino imbottito e si addormentò, stremata, nello stesso istante in cui chiuse gli occhi.



 
La prima cosa che Jennifer mise a fuoco, al proprio risveglio, si rivelò essere il posto vuoto affianco al suo: c’era il lenzuolo, c’era un secondo cuscino appoggiato alla testiera del letto… Ma non c’era nessuno sdraiato sul morbido materasso matrimoniale.

Le labbra carnose di Jen si piegarono in una smorfia che forse in origine doveva essere un sorrisetto ironico rivolto a sé stessa: ecco, quella che adesso aveva davanti ai propri occhi era la prova tangibile che tutto quello accaduto nel corso della notte precedente non era stato altro che un sogno; non si era mai incontrata con Roger nella hall dell’albergo e non avevano condiviso lo stesso letto.

Lei era rientrata subito, dopo il termine del concerto, e lui, con ogni probabilità, era rimasto al party fino a tarda notte a bere, festeggiare ed a godersi la compagnia della sua nuova fiamma dai lunghi capelli biondi.

Jennifer si lasciò scappare una risata tanto ironica quanto lo era la sua smorfia: aveva perfino sognato Roger che le spiegava che tra lui e quella donna misteriosa non c’era assolutamente alcun rapporto stretto ed intimo! Ma quanto era disperata se aveva fatto un sogno simile? E quanto cretina poteva mai essere, visto che ora sentiva una dolorosa fitta al petto, provocata dalla cocente delusione di aver scoperto che era stato tutto solo un enorme parto della sua mente?

Accettare l’invito per il soggiorno a Berlino era stata una pessima idea, peccato che lo avesse realizzato solo ora.

La giovane donna si sedette sul materasso, si passò entrambe le mani prima sul viso e poi tra i corti capelli scompigliati, e solo allora si rese veramente conto del costante rumore di sottofondo che fino a quel momento aveva ignorato: sembrava qualcuno che continuava ad ansimare; abbassò lo sguardo verso sinistra, sulla moquette che ricopriva il pavimento di tutta l’enorme suite, e con enorme sorpresa incrociò un paio di grandi occhi color nocciola, che la fissavano incuriositi.

I grandi occhi color nocciola appartenevano ad un buffo cucciolo di cane dalla pelliccia arancione e bianca, dal corpo tozzo ed allungato e dalle zampette microscopiche, quasi invisibili.

Jen lo riconobbe subito: apparteneva alla razza Welsh Corgi, la preferita della Regina.

“Ohh!” esclamò sorpresa, osservando con più attenzione il batuffolo a quattro zampe che non ricordava essere incluso nell’arredamento della sua suite “e tu chi sei, piccolino? Da dove salti fuori?”

“Lui è Stewart” rispose una voce maschile “ed è un trovatello”.

Jennifer si voltò di scatto verso destra e vide Roger entrare nella stanza: tra le mani reggeva un vassoio colmo di tutto il necessario per una prima colazione completa; sentì il cuore iniziare a battere più forte ed avvertì le guance diventare improvvisamente calde, mentre tutte le sue certezze si sgretolavano una dietro l’altra come argilla secca.

Ecco.

Forse quello che credeva essere un sogno non lo era stato affatto…

Ma era impossibile, impossibile, imp…

Il bassista posizionò il vassoio sopra il materasso e si avvicinò al cagnolino, che nel frattempo aveva iniziato a scodinzolare, perché era tornato il suo padrone; raccolse da terra una pallina di plastica rossa e la lanciò in direzione del salottino della suite.

Stewart corse subito all’inseguimento della pallina rossa, alla massima velocità che le sue corte zampe gli permettevano di raggiungere; tornò indietro dopo una manciata di secondi, con il giochino in bocca: lo posò a terra ed iniziò ad abbaiare, finché Roger non lanciò una seconda volta la pallina rossa.

“Ce l’ho da un mese, ormai. Mi sono imbattuto in lui per puro caso, per strada, e siccome ha iniziato a pedinarmi con insistenza… L’ho portato a casa con me” spiegò Waters, lanciando la pallina per la terza volta consecutiva “non chiedermi come riesca a correre così velocemente con quelle zampette così minuscole, ma quando si tratta dei suoi giocattoli da inseguire è in grado di farlo senza la minima difficoltà”

“E Fender e Precision hanno accettato di buon grado il nuovo arrivato?”

“Non ci sono più da un paio di anni” rispose laconico il bassista, senza fornire ulteriori dettagli riguardo a quello che era accaduto ai due grossi gatti neri a cui era affezionato, e che Judith gli aveva regalato un Natale di tantissimi anni prima, quando erano ancora sposati e quando lui pensava che fosse l’unica donna della sua vita; Jen spalancò gli occhi, sorpresa e dispiaciuta per la notizia inaspettata.

“Ohh, mi… Mi dispiace… Io…” mormorò, lasciando cadere la frase nel nulla più assoluto, perché non sapeva che altro aggiungere: ricordava benissimo quanto il suo ex marito fosse legato ai due felini, nonostante il loro carattere dispettoso, ed era certa che non esistesse parola al mondo in grado di consolarlo o di lenire il dolore per la loro perdita.

“Anche a me… Comunque adesso c’è Stewart, ed è una buona compagnia… Non è vero, Stewart? Andiamo d’accordo… A parte quando vuole uscire a fare una passeggiata alle quattro di mattina” Roger accarezzò il manto arancione del suo nuovo e fedele compagno a quattro zampe e poi spostò la propria attenzione su Jennifer, indicandole il vassoio che aveva portato nella suite “hai fame? Io mi sono svegliato con un enorme buco allo stomaco e così ho pensato di scendere nella hall per prendere qualcosa da mangiare… E già che c’ero, ho pagato le due bottiglie di ieri notte… Contenta? Ti senti meglio, adesso, a sapere che non abbiamo alcun debito nei confronti dell’albergo?”.

Ecco.

Adesso aveva la certezza assoluta che non era stato affatto un sogno: avevano davvero bevuto qualcosa insieme nella hall dell’albergo e poi, dopo aver litigato nell’ascensore, erano finiti nello stesso letto a fare sesso.

“Sì, ma… Ecco…” iniziò Jennifer, tormentandosi una ciocca di capelli “noi due dobbiamo parlare, Roger. Dobbiamo parlare riguardo a quello che è accaduto ieri notte”
“Forse dovremo fare colazione prima, altrimenti queste focaccine al burro dall’aspetto così invitante rischiano di raffreddarsi. Io le ho provate con un po’ di marmellata alle ciliegie e ti posso assicurare che sono la fine del mondo. Provane una e poi dimmi se non è vero” Roger allungò la mano destra verso il vassoio per prendere una delle focaccine che aveva appena menzionato, ma Jennifer lo bloccò, afferrandogli con gentilezza il polso.

“Sono sicurissima che le tue parole corrispondano al vero, ma sono altrettanto sicura che le focaccine al burro non avranno niente da obiettare se aspetteremo qualche minuto a mangiarle. Credo che abbia priorità assoluta la notte che abbiamo trascorso insieme, non credi?”

“Sì, credo di sì” sospirò il bassista, allontanando a malincuore la mano dai dolcetti ancora caldi; girò il viso verso quello della sua seconda ex moglie e la guardò dritta negli occhi, mentre Stewart, a poca distanza da loro, si era acciambellato nella sua cuccia imbottita “e credo anche che tu debba rivolgermi molte domande, ho indovinato?”

“Sì”

“Almeno concediti una doccia rigenerante prima di procedere col mio interrogatorio” commentò Roger, lanciando un’occhiata al lenzuolo bianco che Jennifer stringeva contro il proprio petto, perché non aveva niente addosso; lui, invece, indossava dei pantaloncini ed una maglietta nera a maniche corte, e portava i capelli lisciati all’indietro.

Jen abbassò lo sguardo sul lenzuolo bianco ed arrossì lievemente.

Roger aveva ragione: non era il caso di affrontare una conversazione così seria senza nulla addosso, e con un misero lenzuolo candido a nascondere la sua nudità completa; e poi, sentiva i capelli sporchi ed il corpo appiccicoso a causa del sudore.

Forse quella della doccia rigenerante non era affatto una pessima idea.

Accettò il consiglio dell’ex marito e si spostò in bagno per concedersi una bella doccia fredda, in modo da schiarirsi le idee; approfittò dei minuti in totale solitudine all’interno del bagno per riflettere sulle domande da rivolgere a Waters, e quando tornò in camera, con addosso gli slip e la maglietta verde militare a maniche corte, lo trovò intento a spalmare della marmellata alle ciliegie sopra una focaccina al burro.

Stewart era ai piedi del letto, con gli occhi fissi sul suo padrone, nella speranza di ricevere un boccone del dolcetto; Roger lo accontentò subito, ed il cucciolo tornò nella cuccia con un pezzetto di focaccina in bocca.

“Meglio?” domandò subito lui, mentre Jennifer si accomodava a gambe incrociate sul materasso; lei annuì e si passò la mano destra tra i capelli ancora umidi.

“Sì, meglio, ora penso di essere veramente pronta a quello che stiamo per fare… Prima di tutto, giusto per fugare ogni possibile dubbio ed incomprensione: è successo per davvero? Quello che è accaduto ieri notte è successo per davvero, o in parte è stato frutto della mia immaginazione?”

“Non mi dire che sono bastati due bicchieri di vodka alla pesca per farti prendere una bella sbronza coi fiocchi”

“Lo prendo come un sì… Dunque… Abbiamo trascorso la notte insieme e… Abbiamo fatto sesso”

“Non esattamente: diciamo che abbiamo concluso una serata perfetta in un modo altrettanto perfetto. Così suona molto meglio”

“Perché in corridoio mi hai baciata?”

“Perché era quello che volevo”

“E perché per altri tre anni hai evitato qualunque contatto con me e non hai mai risposto alla lettera che ti ho mandato? Perché quando hai deciso di farmi rivedere India non sei venuto tu al posto di Carolyne?”

“Perché non era ancora arrivato il momento adatto”

“E ti sono serviti altri tre anni per capire che era arrivato il momento di riavvicinarci? Quanto sarebbe stato tutto più semplice, e quanto meno complicata sarebbe la nostra situazione famigliare, se quel giorno fossi venuto tu a riportarmi nostra figlia?”

“Sì, hai perfettamente ragione” le parole di Roger lasciarono Jennifer senza fiato: era certa che avrebbe risposto a tono, perché lo stava dipingendo come il cattivo della situazione, ed invece aveva subito ammesso di avere profondamente torto “me ne rendo conto anch’io, ma sarebbe stato troppo presto. Non ero certo di nulla, non sapevo con esattezza cosa volevo e… Sì, ho avuto davvero bisogno di questi ultimi tre anni per riorganizzare in modo chiaro le idee. Ho capito quali erano le mie vere priorità ed ho agito di conseguenza, e come prima cosa ho divorziato da Carolyne”

“E perché, allora, quando hai divorziato da lei non ti sei fatto vivo?”

“Perché avevo bisogno di tempo per me stesso, te l’ho detto, e poi… Anche se a Chicago siamo andati a letto insieme, restavi comunque la donna che per mesi aveva avuto una relazione alle mie spalle e che era rimasta incinta di un altro uomo” Waters iniziò a giocherellare con uno degli anelli che indossava “David ti ha mai accennato alla conversazione che io e lui abbiamo avuto dentro un ascensore?”

“Sì, mi ha detto qualcosa a riguardo”

“È stato lui a dirmi che l’uomo con cui mi avevi tradito era Bob… Sono rimasto abbastanza sorpreso quando me lo ha detto, sai? Ero convinto che avessi una storia con Rick, e comunque non avrei mai sospettato di lui. Non ho mai notato nulla durante le riprese”

“Perché la nostra storia non è iniziata durante le riprese di The Wall, ma in seguito. Lui… Aveva provato più volte a corteggiarmi, ma io ho sempre respinto le sue avance. Ha avuto anche il coraggio di baciarmi, è accaduto quando stavate girando la scena della parata militare, ricordi? David mi aveva accompagnata nella zona delle roulotte perché non mi sentivo al sicuro sul set, e per sbaglio sono entrata nella sua roulotte, anziché nella tua. La nostra storia è iniziata durante il viaggio in Grecia con le ragazze: per puro caso, la sua villetta era vicina alla nostra”

“Era proprio destino che accadesse” commentò Roger con un sorrisetto ironico, facendo arrossire la giovane donna dalla vergogna.

“Mi dispiace. Non avrei mai dovuto comportarmi in modo così meschino, e le mie scuse valgono nulla, ma…”

“Ma avevi le tue buone ragioni” la bloccò il bassista, continuando a giocherellare con l’anello d’argento che si era sfilato dall’indice sinistro e che possedeva da moltissimi anni “sai, Jen… Posso chiamarti di nuovo Jen? Ho il tuo permesso?”.

Jennifer annuì con il capo.

La notte precedente, senza tanti complimenti, gli aveva dato il permesso di entrarle dentro e di possederla di nuovo, dopo tanto tempo, che senso avrebbe avuto, ora, negargli il permesso di chiamarla con il soprannome che aveva fin da bambina?

Aveva il suo permesso, eccome.

Ed era anche pronta a dargli il permesso di possederla di nuovo, tutte le volte che desiderava.

Harry aveva ragione: non era altro che un cagnolino obbediente, sempre pronto a scodinzolare, esattamente come Stewart.

“Sai, Jen, ti ho odiata per molto tempo per quello che mi hai fatto. Non potevo credere a quello che mi avevi fatto, non potevo credere che mi avessi pugnalato alle spalle proprio come aveva fatto Judith. Nello stesso, identico, modo. Ero convinto di essere stato preso in giro fin dall’inizio e quindi desideravo solo fartela pagare nel peggiore dei modi, restituendoti tutta la sofferenza che mi avevi arrecato. Dopo aver ricevuto la tua lettera, e dopo aver chiesto ed ottenuto il divorzio da Carolyne, ho iniziato a riflettere molto sulla fine del nostro matrimonio e sulle cause che hanno portato al nostro divorzio. Inevitalmente ho pensato anche alla fine del mio matrimonio con Judith e mi sono reso conto che c’erano molte similitudini, e diciamo che… Diciamo che questo mi ha portato a fare un enorme passo indietro nei confronti di una decisione che avevo preso molto tempo fa, quando ancora non ci conoscevamo personalmente” il bassista si schiarì la gola, e Jennifer rimase in attesa che riprendesse a parlare “io… Ho contattato Judith, sono riuscito a combinare un incontro ed abbiamo trascorso diverso tempo a parlare di noi due. Principalmente, lei ha parlato ed io sono rimasto ad ascoltarla. Volevo capire cosa l’avesse spinta tra le braccia di un altro uomo e lei, beh… Diciamo che Judy è stata un vero fiume in piena di parole. Credo che aspettasse questo momento da molto tempo. Comunque, al termine delle sue spiegazioni, mi sono reso conto che l’ultimo periodo del nostro matrimonio non assomigliava semplicemente a quello del mio matrimonio con Judith: era pressoché identico”

“Eri diventato terribilmente freddo e distaccato nei miei confronti, Roger. Non mi sentivo più né amata né desiderata. Ero diventata invisibile ai tuoi occhi perché esisteva solo il nuovo album”

“Lo so. Vuoi che ti dica che sono stato un vero coglione? È vero, sono stato un emerito coglione e me ne pento profondamente. Ho sbagliato in tutto quanto: ho sbagliato ad interporre il lavoro a te, ho sbagliato a portarti via India in quel modo, ho sbagliato a dare il via a quel gioco al massacro… Ed ho sbagliato a dirti quelle parole orribili ed irripetibili a St.Louis. In mia difesa, posso solo dire che ero accecato dalla rabbia, ma mi rendo benissimo conto da solo che non è una giustificazione che si appoggia su solide basi. Jen, voglio che tu sappia, in ogni caso, che mi dispiace terribilmente per tutto quanto e non c’è giorno in cui non mi penta di quello che ho fatto… Ecco perché ho voluto averti con me a Berlino. Perché speravo di riuscire in qualche modo a rimediare ai miei errori, anche se so già per certo che non ci riuscirò mai fino infondo. Per colpa del mio stupido ego, mi sono guadagnato l’odio di nostro figlio… Ma è il giusto prezzo che devo pagare”

“Harry non ti odia, Roger”

“Mi odia terribilmente, invece, e non posso dargli torto. L’ho abbandonato qui e non gli ho mai fatto visita per quattro anni. Lo sentivo telefonicamente tramite Keith, ma non è la stessa cosa… Anche Keith mi odia… Ed anche mia madre e John mi odiano, perché ho impedito loro di vedere India per quattro anni. Ed anche loro hanno ragione”

“Demi non ti odia affatto, se questo può consolarti. È stato l’unico a dimostrarsi di essere apertamente dalla tua parte” disse Jennifer con un sorriso; sperava di riuscire a contagiare l’uomo, ma i suoi sforzi si rivelarono vani “Roger, Harry non ti odia. Sei suo padre, non potrebbe mai odiarti. È solo tanto arrabbiato. Solo sicura che col tempo, compiendo un piccolo passo alla volta, tutto si aggiusterà… Dagli tempo e insisti, ma senza fargli troppa pressione, altrimenti otterrai solo l’effetto opposto”

“Non potrà mai perdonarmi se tu per prima non lo fai”

“Io non devo perdonarti perché non ti ho mai veramente odiato. Avrei dovuto, visto tutto quello che mi hai fatto, ma non ci sono riuscita neppure per un istante. Entrambi abbiamo sbagliato nel nostro matrimonio, entrambi abbiamo la nostra parte sostanziosa di colpe ed entrambi non abbiamo fatto veramente abbastanza per evitare di allontanarci in modo irreparabile e per sempre. Nel corso di questi sette anni non ho mai perso la speranza di riuscire, in qualche modo, a sistemare il nostro rapporto… A recuperarlo in qualche modo. Sai, nel mio portafoglio ho ancora lo scatto di quel servizio fotografico che abbiamo fatto quando i ragazzi erano piccoli”

“Anche io ce l’ho ancora. Credevo di averlo perso, o di averlo strappato in un momento di rabbia, invece un paio di settimane fa l’ho ritrovato per puro caso… Non pensi che sia una specie di segno?”

“Non lo so, Roger. Però so che abbiamo ancora molto di cui discutere”

“Cos’altro mi devi chiedere?”

“Una cosa che ha a che fare con la lunga conversazione che tre anni fa, a Chicago, hai avuto con David. Tu ricordi di cosa avete discusso?”

“Beh, di molte cose… Sono trascorsi tre anni, pensi davvero che ricordi ancora una discussione avuta con una persona con cui non desidero avere più nulla a che fare?”

“Quindi non ricordi neppure di aver discusso riguardo Ginger?” domandò Jennifer; fissò il bassista con intensità, perché non voleva lasciarsi sfuggire neppure il più piccolo cambiamento d’espressione.

Roger la fissò di rimando, colto totalmente alla sprovvista.

In realtà, ricordava ancora molto bene la lunga discussione che lui e David avevano avuto a Chicago (come avrebbe potuto dimenticarla, dal momento che lo aveva bloccato all’interno di un maledetto ascensore?) e ricordava altrettanto bene la parte incentrata su Ginger.

David lo aveva costretto a confessare quali erano stati i suoi veri sentimenti per Ginger e, a giudicare dal modo in cui Jennifer lo stava guardando, doveva averli confidati anche alla sua sorella minore.

Era stato un vero bastardo a giocargli un tiro così mancino.

“Jennifer, qualunque cosa lui ti…”

“Dimmi solo una cosa, rispondi ad una semplice domanda: io sono stata un ripiego?” lo bloccò lei, lottando contro il labbro inferiore che aveva iniziato a tremare violentemente “perché da quando David mi ha raccontato la verità su di te e Ginger, non riesco a togliermi dalla testa l’impressione di essere stata solo un ripiego”

“Abbiamo già affrontato una conversazione simile, anni fa, ricordi?”

“Sì” mormorò la giovane donna, ripensando ad una delle tante discussioni che avevano avuto anni prima a Los Angeles, nel periodo in cui avevano registrato in America una parte dei brani per The Wall: quando Roger aveva scoperto la dipendenza da cocaina di Richard, lui e David avevano avuto l’ennesimo violento litigio, ed il chitarrista in quell’occasione aveva accennato ad una presunta relazione segreta tra il bassista e Ginger “ma voglio affrontare ancora questo argomento, Roger: in quell’occasione ho creduto ciecamente alle tue parole, ma dopo quello che David mi ha confidato tre anni fa, penso di essere stata presa in giro. Mi hai rifilato un sacco di menzogne quando eravamo a Los Angeles, vero? Dimmelo, per favore, e sii sincero. Sono stanca di sentire bugie su bugie, voglio solo la verità. Se… Se vogliamo davvero tirare fuori qualcosa di buono da tutto questo, se quello che abbiamo fatto non è stato del sesso occasionale, allora devi essere completamente sincero nei miei confronti: io sono stata solo un rimpiazzo perché non hai potuto avere Ginger?”

“No, non sei stata un rimpiazzo”

“Però voi due siete andati a letto insieme, vero?” domandò Jennifer, andando dritta al doloroso punto cruciale; cercò lo sguardo dell’ex marito, ma lui continuava stoicamente a fissare l’anello metallico con cui stava giocherellando da diversi minuti: sembrava quasi che non avesse visto nulla di più interessante in vita sua “Roger? Roger, per favore, puoi rispondere alla mia domanda? È vero quello che David mi ha confidato, oppure è stata solo una bugia che si è inventato per colpire te in modo indiretto?”

“Vuoi che sia completamente sincero nei tuoi confronti? D’accordo, lo sarò, perché anch’io sono stanco di sentire e di raccontare bugie, e perché, come hai detto tu stessa, se vogliamo davvero tirare fuori qualcosa di buono da tutto questo, non possiamo iniziare in questo modo: sì, Jennifer. Io e Ginger siamo andati a letto insieme, ma si è trattato solo di una notte. Una notte soltanto”.

Jen non rimase affatto sorpresa dalla risposta totalmente sincera del bassista, perché dentro di sé già sapeva che tra lui e la sorella maggiore c’era stato qualcosa.

Nelle ultime settimane di vita di Ginger, Jennifer aveva avuto spesso la sensazione che lei le stesse nascondendo qualcosa, ma non aveva mai indagato; non le aveva mai chiesto nulla, neppure quando ne aveva avuto l’occasione mentre si stavano preparando per la Vigilia di Natale, perché aveva preferito concentrarsi sul poco tempo che ancora avevano a propria disposizione da trascorrere insieme.

Tuttavia, anche se dentro di sé già conosceva la verità, il colpo si rivelò piuttosto duro da incassare.

“E quando… Quando…” balbettò, vagando con lo sguardo per tutta la stanza; non era neanche in grado di parlare.

“Quando è successo? Quando ha scoperto che David la stava tradendo con Virginia: quella sera stessa si è presentata davanti la porta di casa mia, e l’ho costretta a fermarsi almeno per la notte perché era troppo sconvolta per mettersi di nuovo alla guida. Le ho dato la mia camera, ed io mi sono sistemato sul divano. Ricordo che a notte fonda mi ha svegliato perché non riusciva a dormire, abbiamo parlato un po’ e poi… Beh… Poi è successo quello che è successo”

“Capisco” commentò la giovane donna in tono neutro: anche se i suoi occhi verdi erano concentrati su Stewart, che dormiva nella sua cuccia, non lo vedeva affatto; la sua povera mente affaticata stava tentando di rielaborare le informazioni ricevute, ed insieme ad esse stava prendendo sempre più forma l’immagine di Ginger e Roger in intimità.

Non voleva pensare a quello, ma non ci riusciva.

Proprio come era accaduto quando aveva scoperto Roger e Carolyne insieme: nei mesi seguenti, per quanti sforzi avesse fatto, l’immagine di loro due che scopavano sopra un divano aveva continuato a tormentarla giorno e notte, perfino quando era impegnata con qualche cliente in negozio.

Solo che ora… Ora, forse, era perfino peggio.

Roger intuì qualcosa della lotta interiore che Jennifer stava affrontando, lasciò perdere l’anello e si avvicinò a lei: le sfiorò le dita della mano sinistra e le strinse appena; una parte di lui avrebbe voluto cercare un contatto più intimo, ma sapeva benissimo che non era il momento adatto.

Se l’avesse abbracciata o, peggio ancora, se avesse provato a baciarla, lei si sarebbe chiusa a riccio e subito dopo allontanata.

“Sono stato io a fare il primo passo quella sera, Jen. Ginger non si è opposta, ma il giorno seguente si è subito pentita di quello che era accaduto tra noi due, e quando è scesa in cucina, mi ha tirato addosso un vasetto di marmellata ai mirtilli. Ricordi la maglietta bianca a cui ero molto affezionato? Quella che, come ti ho raccontato, avevo comprato ad Hakone, in Giappone? È stata quella marmellata ai mirtilli a rovinarla per sempre. Ginger non era innamorata di me e non lo è mai stata, ma quella sera era disperata e… E quando una persona è disperata, può arrivare a commettere azioni di cui, poi, nella maggior parte dei casi finisce per pentirsene amaramente”

“Sì, ne so qualcosa” mormorò Jennifer, riferendosi in modo implicito al suo tentativo di suicidio “ma perché Ginger non mi ha mai detto nulla? Credevo che tra me e lei non ci fossero segreti, e poi scopro che…”

“Perché non voleva ferire i tuoi sentimenti. Ti amava così tanto che non desiderava farti soffrire terribilmente per colpa dell’errore di una notte, perché questo è stato: solo l’errore di una notte”

“Ma anche tu la pensi così? Se sei stato tu a fare il primo passo, significa che in realtà provavi qualcosa per lei”

“Abbiamo agito entrambi d’impulso quella notte, senza ragionare e senza renderci conto di quello che stavamo facendo. Eravamo lucidi, ma allo stesso tempo era come se fossimo strafatti”

“Ma tu provavi qualcosa per lei, altrimenti non avresti comprato la casa a Brighton e non avresti fatto tutto quello che hai fatto nel corso di quei mesi”

“Ero divorato dai sensi di colpa per non aver aiutato Syd… E lo sono tutt’ora” la confessione di Waters colse Jennifer alla sprovvista: non le aveva mai detto nulla di simile, né quando si frequentavano né quando erano sposati, ma in fin dei conti non avevano mai realmente parlato di Syd; il suo nome a volte sbucava fuori dai meandri delle loro menti quando si trattava di Keith, ma nulla di più, perché si trattava di un argomento tabù.

Jen aveva sempre avuto l’impressione che fosse un argomento troppo delicato per il bassista, ed ora ne aveva avuto la prova concreta a tangibile: Roger soffriva ancora; soffriva adesso a quarantasei anni proprio come ne aveva sofferto a ventiquattro.

Il dolore non era mai passato e non aveva dimenticato Syd neppure per un istante, semplicemente era diventato meno complicato da gestire e da nascondere.

Conosceva molto bene quel genere di sofferenza, perché era entrata a far parte della sua vita da quando aveva perso l’amata sorella maggiore.

“Per anni ho continuato a ripetermi che avevo fatto tutto ciò che era in mio potere per aiutare Syd, ma dentro di me sapevo che non era affatto così. Mi stavo solo ingannando per scampare ai sensi di colpa, ma loro sono riusciti comunque a trovarmi ed a raggiungermi. Non ho fatto davvero tutto ciò che era in mio potere per aiutarlo. Nessuno di noi lo ha mai fatto. Nessuno di noi ha mai provato a sforzarsi di capire cosa gli stava accadendo, ed abbiamo preferito etichettare i suoi comportamenti come più strani e strampalati del solito. Il nostro più grande problema è sempre stato quello di evitare di guardare in faccia un problema con la speranza che si risolvesse da solo. Abbiamo sempre agito in questo modo e non ha mai funzionato. A suo tempo, avevo provato ad informare la famiglia di Syd ed a fissargli un appuntamento da un bravo psichiatra di Londra, ma non è servito a nulla ed io mi sono arreso. Ero convinto di aver fatto qualunque cosa per aiutarlo, e solo ora mi rendo conto che non è così. Avrei potuto fare molto di più per lui, ma non l’ho fatto, perché sarebbe stata la fine della band. E quindi ho preferito la band. Ho messo le mie aspirazioni personali davanti al mio migliore amico, lasciandolo in balìa dei vermi che credeva di avere nella propria testa, con la consapevolezza che lui al posto mio avrebbe agito in modo completamente diverso. Quando ho saputo quello che stava accadendo a Ginger, ho capito che mi stava venendo offerta la possibilità di rimediare al mio errore. Syd non me lo avrebbe mai perdonato se non avessi provato a fare qualcosa per lei… Il vecchio Syd, ovviamente” precisò Roger con un sorriso carico di amarezza; sapeva che non serviva a nulla soffermarsi sui ricordi legati all’infanzia, quando Syd era ancora presente mentalmente, ma continuava a farlo di tanto in tanto: non voleva lasciarlo andare, perché aveva paura di dimenticarlo “forse ho provato qualcosa per Ginger, forse è stato nell’ultimo periodo, non lo so dire con certezza… A volte, quando ci ripenso, mi sembra quasi di sforzarmi per ricordare un sogno ad anni di distanza… Ma dopo la sua scomparsa mi sono reso conto che aveva ragione quando parlava di noi due: coi nostri caratteri, era pressoché impossibile una storia d’amore. Anche se ci avessimo provato, non saremo andati molto lontani. Saremo resistiti al massimo un paio di mesi”.

Jennifer si limitò ad annuire con il capo, ma il suo sguardo era ancora fisso nel vuoto ed a Roger sorse spontaneo il dubbio se avesse o meno ascoltato le sue parole.

Probabilmente era ancora sconcertata dalla scoperta che lui e Ginger avevano condiviso una notte insieme.

“Jennifer? Jen?” Roger la chiamò per nome per riportarla alla realtà “Jennifer, devi credermi quando ti dico che tra me e lei tutto è iniziato e finito con l’unica notte di sesso che abbiamo avuto. Se tu fossi stata solo un rimpiazzo per riempire un vuoto, probabilmente la nostra frequentazione sarebbe durata appena pochi mesi, non ci sarebbe stato nessun matrimonio e non ci sarebbero stati i nostri due splendidi figli”

“D’accordo” mormorò la giovane donna dopo un lungo silenzio, sbattendo finalmente le palpebre “voglio crederti, Roger, ed infatti questa storia resterà confinata dentro le mura di questa stanza. Non ne parleremo mai più. Voglio darti la mia fiducia visto che sei stato sincero nei miei confronti, ma adesso devo chiedertelo: tu che cosa vuoi? Non voglio illudermi, e quindi ti prego di essere di nuovo sincero. Abbiamo avuto solo una notte di piacevole sesso, oppure è stata l’inizio di qualcosa? Questa stessa conversazione è l’inizio di qualcosa?”

“Io vorrei che fosse così”

“Ma non mi hai sempre detto che secondo te non ha alcun senso concedere una seconda possibilità quando dietro non c’è solo l’errore di una notte? Perché ora avresti cambiato idea?”

“C’è sempre l’eccezione che conferma la regola”

“Sì, ma… Perché?”

“Perché mi sono reso conto che mi manchi… Nonostante tutto. Non so se tutto è iniziato con la notte che abbiamo trascorso a Chicago, o se quell’episodio è servito solo a farmi capire ciò che continuavo a nascondere a me stesso, ma dopo il nostro incontro non te ne sei mai andata dalla mia testa”

“E perché, allora, mi hai lasciato quel biglietto d’addio?”

“Quello in albergo non era un biglietto d’addio, non lo hai letto con attenzione?”

“Certo che l’ho letto con attenzione, mio dio, ho quasi consumato la carta da quante volte l’ho letto e riletto nella speranza di capirci qualcosa. Parlava di un taglio finale, dunque perché non avrebbe dovuto essere un biglietto di addio?”

“Ed è qui che ti sbagli, Jennifer: non parlava di un taglio finale. Parlava del taglio finale che avrei dovuto dare, ma che in realtà non sono mai riuscito veramente a dare. Jennifer… Quel taglio finale a cui mi stavo riferendo nel biglietto, eri tu. Volevo cancellarti per tutta la sofferenza che mi avevi fatto provare, ma non ci sono mai riuscito. Non riesco a stare lontano da te, mi manca tutto della nostra vecchia vita. Mi rendo conto di aver perso molti anni che non possono più essere recuperati, ma ce ne sono molti altri che siamo ancora in tempo per trasformarli in nostri, se solo lo vogliamo” Roger allungò la mano destra e sistemò una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio sinistro della giovane donna “a proposito, questo nuovo taglio ti sta d’incanto. Adoravo i tuoi capelli lunghi, ma questo caschetto corto mi fa impazzire. Lasciali così”

“Roger…” mormorò lei, con le guance che cambiavano colore “ti rendi conto di quanto mi hai fatta soffrire?”

“Sì, purtroppo me ne rendo conto fin troppo bene”

“E ti rendi conto che se dovessi darti un’altra possibilità, passerei per la cogliona della situazione?”

“Se non ricordo male, hai detto che Demi è l’unico a non provare neppure una briciola di risentimento nei miei confronti, quindi immagino che ci siano diverse persone che avrebbero qualcosa da ridire al riguardo e che sarebbero d’accordo con il modo in cui ti sei autodefinita… Ad ogni modo, io non ti considero affatto una cogliona

“Roger” ripeté di nuovo Jennifer, con un’espressione terribilmente seria “anche io non voglio che la notte che abbiamo trascorso insieme resti per sempre solo una semplice notte di sesso piacevole, ma sei stato davvero un grandissimo coglione nei miei confronti”

“Mi rendo conto fin troppo bene anche di questo, e non voglio giustificarmi in nessun modo. Ero ferito, ero arrabbiato e mi sono comportato come un grandissimo bastardo. Anche se le mie parole valgono ben poco, e nulla potrà mai cancellare ciò che ho detto e ciò che ho fatto, voglio comunque dirti che mi dispiace terribilmente per tutto quanto. Dall’inizio alla fine. Scusami, Jennifer, e scusami anche per aver aspettato così tanto tempo a dirti queste parole”

“Voglio accettare le tue scuse, ma non voglio darti un’altra possibilità nell’immediato futuro. Devi riconquistarmi da capo, Roger. Ricordi quando eri bloccato in albergo per colpa dell’epatite e mi hai chiamata? E ricordi quando nel corso della chiamata mi hai detto che al tuo ritorno a Londra avremo potuto vederci di tanto in tanto? Ecco. Fingi che siamo tornati ad essere due completi estranei. Devi riconquistarmi da capo e devi dimostrarmi che le tue intenzioni sono serie, e che questa volta lo saranno per sempre. Ormai sono arrivata ad un punto della mia vita in cui desidero avere solo certezze. Non posso più permettermi il lusso di perdere tempo dietro a qualcosa che non avrà mai un futuro”

“Va bene” disse il bassista senza opporsi “non ho mai preteso né sperato che fosse così semplice, e sai benissimo quanto mi piacciano le sfide… Però, propongo di optare per una breve parentesi di tregua fino a quando non sarà finita la vacanza a Berlino. Non trovi che sarebbe un enorme peccato sprecare le prossime notti che avremo a nostra completa disposizione?”.

Le parole di Waters riuscirono finalmente a strappare un sorriso alla giovane donna ed a farla arrossire per l’ennesima volta; lui era l’unico in grado di farla arrossire così intensamente, come una ragazzina alle prese con la sua prima cotta adolescenziale.

“Sì” mormorò subito dopo lei, continuando a sorridere, mentre lui si portava alle labbra un bicchiere colmo di spremuta all’arancia “sì, credo che una piccola tregua sia d’obbligo, ma solo fino a quando il soggiorno non sarà concluso… E non credere di guadagnare qualche punto extra spendendo migliaia di sterline in regali costosi perché con me caschi male. E non farti venire in mente di nuovo la malsana idea di riempirmi casa con peluche enormi e mazzi infiniti di rose rosse: non ti faranno prendere alcuna scorciatoia, sono solo uno spreco di tempo e mommi capirebbe subito tutto quanto. E se vogliamo davvero ricominciare da capo, credo che sia meglio tenere tutti quanti all’oscuro, compresi i nostri figli. Non voglio ricevere alcun genere di pressione esterna”

“Dovremo stare molto attenti, allora” commentò il bassista, bloccandosi con il bicchiere a pochi  millimetri di distanza dalle sue labbra carnose “ma ti confesso che questo tuo desiderio non mi dispiace affatto: anche io desidero non avere alcun genere di pressione, e trovo particolarmente eccitante l’idea di vivere una storia segreta… Ma se vogliamo che funzioni davvero, dobbiamo fare attenzione a non commettere nessun genere di passo falso: prima di tutto, non dobbiamo farci scoprire da India e Demi, quindi dobbiamo comportarci normalmente in loro presenza”

“A proposito di India, ci sono alcune cose che non ti ho ancora raccontato… Sai che poco prima che iniziasse la pausa estiva, sono stata convocata a scuola? È stato il preside in persona a telefonare”

“No, non lo sapevo. Non mi ha detto nulla a riguardo”

“E non ne sono affatto sorpresa, dal momento che la signorina ha aizzato l’intera classe contro una povera insegnante ed ha avuto il fegato di sputarle in faccia, Roger. Nostra figlia non ha alcuna intenzione di sottostare alle regole scolastiche per colpa di qualcuno che all’interno di un brano ha avuto la brillante idea d’inserirci la frase We don’t need no education. Ti confesso che in quell’occasione il preside era alquanto ansioso di parlare anche a te, e dubito fortemente che fosse in qualità di ammiratore”

“Ma quella è una canzone”

“Dillo tu a nostra figlia. Credo proprio che faresti meglio a parlare ad India per mettere in chiaro alcune cosette… E per una volta faresti meglio a non dimostrarti affatto permissivo”

“Le parlerò poco prima del vostro rientro a Londra, così il soggiorno a Berlino non sarà rovinato. C’è altro che dovrei sapere su di lei?”

“Sì, in effetti sì. C’è un’altra piccola cosa di cui non sei ancora stato informato. Dubito che India te ne abbia parlato”

“Quale altro guaio ha combinato?”

“Ohh, nulla, ma diciamo che da questa cosa potrebbero derivare molti guai, e sono certa che sarà proprio così” Jennifer aspettò che Roger iniziasse a bere per sgangiare la notizia bomba “India ha avuto le sue prime mestruazioni”.

Esattamente come previsto dalla giovane donna, il bassista per poco non soffocò a causa della spremuta fresca di arance: sputò la bevanda zuccherina sul lenzuolo candido, che si tinse di macchie arancioni, ed iniziò a tossire ed ansimare, nella speranza di riuscire a riprendere fiato; Stewart, allarmato, dopo essersi svegliato di soprassalto, corse dal suo padrone ed iniziò a saltellare ed abbaiare.

Jennifer diede il proprio contributo assestando qualche leggera pacca sulla schiena dell’ex marito e mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a ridergli in faccia; dopo qualche minuto di agonia, finalmente Roger riuscì a respirare di nuovo in modo regolare, senza più rantolare.

“Cosa… Cosa hai…” provò a dire, tossendo per liberarsi la gola, e per Jen diventò ancora più difficile trattenere la risata che premeva sempre di più per uscirle dalle labbra.

“Ho detto che India ha avuto le sue prime me…”

“Ho capito!” esclamò il bassista, interrompendo la sua seconda ex moglie, prima che potesse ripetere quella parola orribile che sperava di non udire ancora per diverso tempo; non era possibile, Jennifer doveva essersi sbagliata: India, la sua India, era ancora troppo piccola per… “ho capito, maledizione, non c’è bisogno che tu lo dica ancora una volta, ma questo non può essere possibile! Deve esserci un’altra spiegazione! India non… Non può…”

“Invece ti assicuro che è diventata una signorina a tutti gli effetti”

“Impossibile, è troppo piccola! Ha appena dodici anni!”

“Roger, a gennaio ne compirà tredici. È perfettamente normale. Ad alcune ragazze le me…”

“Ti ho detto di non ripetere quella parola!” esclamò di nuovo, irritato, l’uomo; il buonumore derivato dal piacevole risveglio era completamente scivolato via, sostituito da un’espressione cupa per aver scoperto che la sua adorata bambina aveva già imboccato la strada per l’età adulta.

Jennifer sospirò e sollevò gli occhi al soffitto della suite.

Uomini.

“Alcune ragazze diventano signorine prima, altre un po’ dopo. Dipende da persona a persona, si tratta di un processo molto soggettivo e personale. A me è successo a quattordici anni, ad India un po’ prima”

“E doveva proprio accadere così presto? Non poteva diventare signorina a… Non lo so… A trent’anni?”

“Roger, nessuna ragazza diventa signorina a trent’anni” rispose Jennifer con un sorriso, immensamente divertita dal panico che leggeva nell’espressione di Roger “qual è il problema?”

“Il problema? Qual è il problema? Ohh, te lo dico io qual è! Il problema è che tra poco inizierà a volere degli abiti più femminili, poi arriveranno i trucchi, poi arriverà la richiesta di andare in discoteca con le amiche ed infine arriveranno i maschi. E la sola idea che un emerito coglione con ancora i denti da latte possa mettere gli occhi addosso a nostra figlia, mi fa sentire lo stomaco sottosopra dalla nausea. Non se ne parla nemmeno”

“So che per un padre è sconvolgente vedere la propria figlia crescere, ma tra un po’ ci farai l’abitudine” mormorò Jen, posizionandosi dietro a Roger e passandogli le braccia attorno alle spalle “non possono restare bambini per sempre, non funziona in questo modo”

“Ma non dovrebbero neppure crescere così in fretta. Mi sembra ieri che India è nata. Ricordo ancora tutto perfettamente” commentò Waters, lasciandosi andare ad un sospiro arrendevole: non c’era nulla che potesse fare, non poteva impedire in alcun modo che sua figlia crescesse… Ma non gli sarebbe affatto dispiaciuto se fosse rimasta bambina ancora per un po’; e sì, era terrorizzato dalla sola prospettiva che India s’innamorasse di un ragazzo e che questo sconosciuto occupasse il posto d’onore nel suo cuore “e mi sembra sempre ieri che è nato Harry”

“Lo sai che è cresciuto tantissimo? È molto più alto di me, e temo che non abbia ancora smesso. Sta iniziando ad assomigliarti molto anche caratterialmente. Ti posso assicurare che quando si mette in testa un’idea non riesci a smuoverlo di un solo millimetro. Non cede neppure con le suppliche”

“Allora questo significa che ho ben poche speranze di riuscire a riconquistarlo” commentò il bassista con una smorfia; Jennifer, rendendosi conto dell’effetto causato dalle sue stesse parole, si affrettò a consolarlo dopo avergli posato un bacio casto sulla guancia sinistra.

“No, tu sarai l’eccezione. Ne sono certa, Roger. Devi solo dargli il tempo necessario e fare un piccolo passo alla volta. Vi riavvicinerete molto prima di quello che immagini, ne sono sicurissima” gli sussurrò, poi, all’orecchio sinistro “non ci pensare ora, però. Questa è la nostra piccola tregua, ricordi cosa hai detto poco fa? Sarebbe davvero uno peccato sprecare questi giorni, e queste notti, che abbiamo a nostra completa disposizione”.
   
 
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