Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    09/01/2021    12 recensioni
[Fable!AU - Cappuccetto Rosso / Cappuccetto Rosso Sangue]
Ora dormi bimba mia, tieni stretta questa mano
nel cielo non c'è luna e il lupo è ben lontano.
Se, invece, è grossa e piena, la notte sua sarà
non essere sciocca, stai al riparo o lui ti mangerà.

[Jelsa]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 3

    



    La Luna Rossa era destinata ad illuminare il cielo quella notte ed il villaggio era, inaspettatamente, in festa: non per adorare l’astro portatore di sventura, bensì per esorcizzarne i malefici influssi. Era chiamata la Festa dei Fuochi: ne venivano accesi a decine così che la luce delle loro fiamme potesse spazzare via l’oscurità con i suoi demoni, i suoi fantasmi ed i suoi lupi.
Come ogni notte di luna piena, il capo villaggio non sarebbe stato presente, già partito da qualche giorno, con il solito manipolo di uomini, per mandare avanti le relazioni con le comunità vicine. L’organizzazione era, quindi, tutta nelle mani di suo figlio Hans ed era proprio con lui che Kristoff aveva appena finito di parlare, per comprendere di quali pire da preparare avrebbe dovuto farsi carico e dove posizionarle. Era, stranamente, agitato ma non per il compito che gli avevano assegnato – assolutamente di poco conto per un taglialegna esperto come lui – ma per l’obiettivo che si era prefissato: al diavolo la timidezza, avrebbe chiesto ad Anna di passare quella serata con lui. Tuttavia, la cosa era più facile a dirsi che a farsi perché, nonostante la festa, si trattava pur sempre di una notte di luna piena e il giovane ben sapeva quali terribili ricordi potessero rischiare di riaffiorare nella mente della ragazza, ai quali si aggiungeva la quasi totale simbiosi in cui le sorelle sembravano vivere durante quei momenti. Kristoff, però, aveva il netto sospetto che Anna, a differenza di Elsa, anelasse a partecipare a quell’evento ed era più che mai intenzionato a non lasciarsi sfuggire quell’intuizione, sperando con tutto il cuore nella sua correttezza. Ad onor del vero, aveva già avuto almeno due possibilità differenti di farsi avanti ma, guarda caso, nessuna di quelle sembrava abbastanza adatta: la terza, lo sentiva, sarebbe stata quella buona. Completamente preso dai suoi propositi, camminava senza effettiva cognizione di dove stesse andando e di ciò che lo circondasse e, così, finì per colpire inesorabilmente qualcuno che, altrettanto distratto, ebbe la sfortuna d’incrociare il suo cammino. Improvvisamente vigile, si prodigò immediatamente ad aiutare la minuta figura a rimettersi in piedi, salvo pietrificarsi non appena capì contro chi avesse sbattuto «Anna!» pigolò con una voce, improvvisamente, di un’ottava più alta «Stai bene?»
«Più o meno» cercò di rassicurarlo, accettando di buon grado l’aiuto che le veniva offerto, senza riuscire ad evitare di arrossire non appena lo toccò «Scusami, ero – come al solito – con la testa fra le nuvole»
«Oh no, sono io a dovermi scusare, anche io avevo altro a cui pensare» le fece presente, scompigliandosi i capelli della nuca, cercando di non morire di imbarazzo per avere ancora la mano della ragazza stretta nella sua. «Anna» esordì, ora o mai più «Ti piacerebbe venire questa se…»
«Sì!» lo anticipò lei, felice, quasi saltando sul posto.
«Che?» sbottarono assieme, prima di diventare più rossi delle loro stesse mantelle.
Anna si morse il labbro inferiore «Volevi chiedermi di passare la serata con te, no?» chiese conferma nervosa «O non volevi? Se non volevi scusami, non imparo mai: parlo sempre troppo…»
«No, no» cercò di fermarla lui.
«Allora non volevi sul serio» constatò affranta, fraintendendo terribilmente le intenzioni dell’altro.
«Sì, cioè, no» andò completamente in crisi Kristoff: si impose di calmarsi, prendendo un grosso respiro «Certo che volevo chiederti di venire alla festa con me»
Lei s’illuminò nuovamente «Allora la mia risposta è sì, sì e ancora…» il suo sguardo scivolò impercettibilmente sulla figura della sorella che, in linea d’aria, spuntava appena dalle spalle del taglialegna, intenta a cercare di liberarsi, invano, da una conversazione in cui non avrebbe voluto essere e il suo entusiasmo inesorabilmente scemò «… no»
«Perfetto…» annuì contento il ragazzo per, poi, inarcare un sopracciglio perplesso «No?» sussurrò deluso.
«Mi dispiace» si scusò, piena di vergogna: liberò la mano dalla sua e se la portò lungo il fianco, impacciata «Mi sarebbe davvero piaciuto venire con te questa sera ma non posso lasciare sola mia sorella»
«Ho capito, dispiace molto anche a me» tentò di sorriderle per rassicurarla ma con scarso successo «Ci vediamo in giro allora» si congedò mesto.
Anna lo guardò allontanarsi e sospirò affranta.
«Perché l’hai fatto?» le chiese Elsa, affiancandola.
L’altra trasalì «Per te, l’ho fatto per te: non posso lasciarti sola in una notte come questa»
La maggiore sorrise «Non solo puoi ma devi» le prese una mano «Sono tutti troppo eccitati per questa festa, nessuno farà caso se me ne andrò un po’ prima del previsto, non servirà che mi controlli, la strada la so» cercò di rassicurarla.
«Ma io…»
«Niente ma…» bloccò la sua protesta sul nascere «Avvertivo la tua voglia di accettare da laggiù: pensa a te stessa, per una volta»
Anna spostò il peso da un piede all’altro, indecisa.
Elsa alzò gli occhi al cielo e sbuffò «Allora, ti decidi ad andargli dietro o no?»
Così la vide scattare sull’attenti per poi lanciarsi all’inseguimento dell’altro: un uragano di pura grazia che rischiò di strapparle una risata. Quando finalmente lo raggiunse, la felicità che vide disegnarsi sul volto di entrambi le scaldò il cuore. Il sorriso che le salì spontaneo sulle labbra, però, lo nascose sotto al cappuccio.

      Elsa si era assicurata di farsi vedere in giro da più persone possibili quel giorno, consegnando la maggior parte dei suoi lavori pronti ma, adesso che stava per calare la sera, era giunto il momento di avviarsi. Il cammino che l’aspettava era lungo ma, al solito, non ci avrebbe messo molto a coprirlo. Controllò rapidamente la sua bisaccia contenente un cambio d’abito, per ogni evenienza, e una discreta quantità di cibo di vitale importanza. Spese un ultimo pensiero per la sorella e sperò con tutto il cuore che potesse godersi, in santa pace, una serata di spensieratezza e alleggerirsi, per una volta, di quel fardello che portava con assoluta dedizione nonostante non fosse il suo. Finalmente pronta a partire, la mano le tremò impercettibilmente sull’uscio quando comprese che c'era qualcuno fuori ad aspettarla: anche senza bisogno di guardare, già sapeva di chi si trattasse. Non aveva il tempo di aspettare che se ne andasse e non c’era modo di sgattaiolare via inosservata, affrontarlo era l’unica soluzione possibile. Così, sperando di risolverla rapidamente, prese un grosso respiro ed uscì.
Al solo sentir cigolare la porta, gli occhi di Hans si posarono su di lei immediatamente, lo vide dare un ultimo sorso a quello che doveva essere un boccale di birra – non ci volevano chissà quali capacità per capire che fosse l’ennesimo – e pulirsi appena il labbro superiore con il dorso della mano.
«Te ne stai andando?» le chiese, evidentemente ancora abbastanza attento da notare la sua tenuta «Non sei tu quella terrorizzata dai lupi?» continuò, allargando le braccia con fare teatrale «Senza contare che la festa dei fuochi è nata per te: l’ultima luna rossa non festeggiata ha portato la tua malattia, saresti davvero scortese e sciocca ad andartene»
La ragazza trasalì, che cosa sapeva? Lo sondò per un attimo: nulla, decretò. Hans era perfido, sì, ma non così folle da essere lì altrimenti «Perché sei qui?»
Lui alzò le spalle «Per la prima volta in vita mia, ho visto tua sorella presenziare alla festa, in compagnia di Kristoff. Ho pensato che, forse, volessi venire anche tu ma che fossi bloccata con qualche commissione, magari avevi bisogno di una mano»
Il sottinteso in quelle parole la investì in pieno «Sei ubriaco»
«E’ possibile che abbia bevuto qualcosa in più del solito, sì, ma al diavolo… è una festa, no? Perché non vieni a divertirti un po’ anche tu?»
L’altra s’irrigidì «Non mi interessa»
Hans scosse la testa «Elsa, Elsa, Elsa…» sospirò «Sempre così rigida…» si avvicinò di un passo «Sempre così inarrivabile…» un altro passo «Solo il lupo ti fa paura, nessun altro, neanche mio padre»
Le stava facendo perdere fin troppo tempo «A te sì…»
Lui sgranò gli occhi ma solo per un momento, poi un ghigno laterale apparve sulle sue labbra «Ma quanto siamo insolenti» le disse, prendendole il mento con una mano.
Elsa titubò indecisa, reprimendo con fatica il primo impulso che il cervello le aveva inviato al resto del corpo: nonostante fosse ubriaco, era decisamente ancora troppo in sé per dimenticare quel che sarebbe seguito, il che sarebbe stato un enorme problema. Tuttavia, il passare del tempo poteva essere un ostacolo altrettanto grande «Lasciami stare» gli intimò, liberando il viso.
Hans non si scompose «Altrimenti?»
La ragazza allargò impercettibilmente le narici: no, non lui, non adesso.
«Altrimenti te la vedrai con me» lo avvertì una voce alla sue spalle. Il figlio del capo villaggio non aveva bisogno di vederlo per sapere che dietro di sé aveva la persona più ovvia «Ma guarda un po’ chi è venuto latrando di corsa in soccorso della sua padrona»
«Meglio essere cane che stronzo» gli rispose a tono Jackson «Che c’è, sei triste perché il paparino non c’è a vedere la bella festa che hai organizzato?»
L’altro alzò appena le sopracciglia «Almeno io un padre ce l’ho» colpì dritto nel segno.
Il cacciatore strinse istintivamente i pugni «Vattene via»
«Agli ordini» acconsentì quello, canzonandolo con un finto inchino «Ti lascio alla tua ricompensa» diede un'ultima occhiata alla giovane e si allontanò.
Jack non comprese a cosa si riferisse e non gli interessava saperlo, c’era solo una cosa importante in quel momento «Stai bene?»
In quella domanda, Elsa percepì tutta la sua preoccupazione ma non aveva più tempo, doveva liquidarlo in fretta «Sì, il tuo intervento non era necessario»
«Non mi sembrava»
Doveva colpirlo e subito, puntò gli occhi taglienti nei suoi «Nessuno ha chiesto il tuo aiuto»
Non poteva averlo detto sul serio.
«Ma si può sapere che problema hai con me?»
La vide prendere fiato per, probabilmente, investirlo nuovamente di gelido disprezzo ma, improvvisamente, i suoi occhi si sgranarono e, rapida, lo spinse via, facendolo finire a terra in un battito di ciglia. Stupito, si accorse solo in quel momento che il colpo di bastone, caricato da Hans alle sue spalle, aveva miseramente mancato il suo bersaglio. Indispettito da quel comportamento infame, scalciò con rabbia e disarmò quello che, a tutto gli effetti, era appena diventato il suo avversario e, rimessosi in piedi, caricò un destro poderoso che si schiantò, senza troppi complimenti, sulla faccia dell’altro.
Elsa avvertì l’odore del sangue ancor prima che le nocche dell’uno lacerassero le labbra dell’altro, doveva allontanarsi il più in fretta possibile ma la mano di Jackson
, determinato più che mai a non lasciarla andare senza una spiegazione, arpionò la sua bloccandola ancora una volta «Rispondimi»
L’espressione di lei si fece improvvisamente terrificata: la vide guardare il cielo, poi le loro mani unite, infine, portarsi quella libera al petto «Lasciami andare, per favore» lo supplicò.
Il fantasma della sua amica d’infanzia gli folgorò per un attimo la mente, lasciò la presa e la guardò allontanarsi. L’impulso a seguirla si spense non appena sentì il suo nome pronunciato, ancora e ancora, da un’angosciata ed estremamente familiare voce femminile. Lasciò Hans a terra dolorante e le andò incontro.
«Madre…» la sorresse per le spalle non appena la raggiunse «Che succede?»
«Jack» lo chiamò nuovamente lei, come ad assicurarsi che il figlio fosse effettivamente lì, gli occhi colmi di lacrime «Tua sorella è sparita»

   
    Fra Emma e Jack passavano ben dieci anni di differenza. Il primo parto di Ellen era stato incredibilmente duro e aveva rischiato di portarsi via madre e figlio in un solo colpo ma, incredibilmente, le preghiere di Jørgen erano state ascoltate ed il miracolo era avvenuto senza, però, risparmiare il pagamento di un duro prezzo: la donna non avrebbe potuto mai più avere figli. Nonostante questo, gli anni erano passati felici, anni in cui il piccolo Jackson cresceva, giorno dopo giorno, con una curiosità esasperata per quel mondo che aveva rischiato di non vedere. Anche Jørgen era un grande cacciatore ed era, appunto, da lui che Jackson aveva perfettamente ereditato questa dote. La caccia, però, era un’attività altamente pericolosa e, durante una battuta sfortunata, l’uomo si ritrovò privato di una gamba e di tutta la sua voglia di vivere. Erano stati mesi terribili, in cui l’aria grave di sogni infranti e rimpianti saturava, come melma, le mura della loro casa. Fu Jack a trovare il padre a giocare con un pugnale pericolosamente rivolto verso i polsi e, forse, furono proprio i suoi occhi di bambino ad evitargli di trovare il coraggio a far scendere quella lama senza possibilità di ritorno. Poi, un nuovo miracolo era accaduto ed Ellen era rimasta incinta della piccola Emma. La gioia era tornata a risplendere in quella casa ma, nonostante tutto, il corpo di Jørgen era ormai corroso da quel tempo passato a struggersi nel dispiacere e un male misterioso se l’era portato via improvvisamente. Non c’era da stupirsi che Ellen considerasse i propri figli come i suoi tesori più preziosi e fosse, spesso, un po’ troppo apprensiva nei loro confronti ma, indubbiamente, i due non facevano niente per sedare i suoi timori, anzi.

Così, la giovane Emma – dodici anni di spirito d’avventura e ribellione pura – si era legata i capelli in una coda di cavallo, aveva rubato un pugnale del fratello, issato in spalla il piccolo arco che lui le aveva regalato in segreto, caricato qualche freccia ed era partita per emulare le gesta del suo eroe, incurante degli avvertimenti della madre e, soprattutto, della luna piena - rossa di sangue - ormai alta nel cielo. I conigli, come ben sapeva, erano animali notturni e non c’era niente di meglio che cacciarli a quell’ora, Jack glielo diceva sempre. Infatti, da un piccolo cespuglio, fece capolino proprio una di quelle tenere creature dal pelo morbido, le orecchie lunghe e la coda a batuffolo. La ragazzina perse un secondo di troppo a contemplarne la tenerezza: quello alzò di scatto le orecchie e terrorizzato scappò via. Lei imprecò, era sicuramente contro vento e il piccolo doveva aver avvertito il suo odore, un errore da vera novellina. Tuttavia, la raffica gelida che la investì in pieno viso le dimostrò di non essersi sbagliata, non aveva commesso sbaglio alcuno. Rabbrividì ma non per il freddo, si voltò verso il refolo caldo che le aveva appena soffiato sul collo, non riuscì nemmeno ad aprire bocca: di fronte a lei aveva il lupo bianco più grosso e minaccioso che avesse mai visto, i suoi occhi di brace la puntavano bramosi e le sue fauci bavose schioccavano nell’aria, pregustandosi il sapore della preda che avrebbero assaporato di lì a poco. Un cupo ringhio rombò nel petto dell’animale e quando alzò il muso per ululare alla luna, lei – finalmente – urlò.



Nuovo anno, nuovo aggiornamento.
Non so nemmeno se farvi gli auguri o no, visto come sono andate le cose l'anno scorso... diciamo altro giro, altra corsa? Cerchiamo di correre nel miglior modo possibile.
Al solito grazie per aver letto questo nuovo capitolo e scusate la lunga attesa, purtroppo il tempo da dedicare alla scrittura si è notevolmente ridotto ma ciò non implica che voglia smettere, solo avrò bisogno di più tempo fra un capitolo e l'altro.
Che dire, il grande lupo cattivo ha fatto la sua comparsa... gli indizi sulla sua identità cominciano ad essere ormai chiari (anche se, in realtà, c'è chi ha già compreso pure con quelli più torbidi ^^) ma siamo appena all'inizio...
Chi mi conosce già sa che, per quanto ami Elsa e Jack, ho una profonda adorazione per la pucciosità dei Kristanna... perciò un po' di dolcezza per cominciare questo nuovo anno, prima di un sacco di guai XD
Sperando che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto - se vorrete farmi sapere le vostre impressioni, ovviamente, mi farete felice - vi lascio.
Alla prossima
Cida

  
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