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Autore: SweetLuna    10/01/2021    0 recensioni
Mettete per un attimo da parte vampiri e lupi mutaforma, e immaginate un contesto in cui i personaggi di Twilight sono tutti umani. Se Renesmee e Jacob fossero stati entrambi umani, se l'imprinting non fosse esistito, le loro strade avrebbero trovato ugualmente il modo di incrociarsi?
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Renesmee ha diciotto anni e vive a Jacksonville con i suoi giovanissimi genitori, Edward e Bella. Un'occasione speciale, il matrimonio di suo nonno Charlie, la porterà a rinunciare ad un viaggio con i suoi amici per trascorrere due settimane a Forks. Lì farà la conoscenza di Jacob Black, un ragazzo della tribù Quileute più grande di lei e terribilmente affascinante.
Ma come reagirà Renesmee nello scoprire che Jacob anni prima era stato innamorato di sua madre?
E come reagirà Jacob nello scoprire che Renesmee è proprio la figlia della ragazza che gli aveva spezzato il cuore?
Leggete e scopritelo!
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N.B. Poiché la storia è una Alternative Universe che si svolge in un futuro non raccontato nella Saga di Twilight, alcuni personaggi potrebbero essere lievemente OOC.
DISCLAIMER: La seguente storia non è a scopo di lucro. I personaggi originali di Twilight e il materiale fotografico appartengono ai rispettivi proprietari.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAPITOLO 20
 
Jacob
Quando Renesmee tornò a Jacksonville, la consapevolezza di non sapere quando l'avrei rivista fu qualcosa di incredibilmente frustrante. Anzi, frustrante era riduttivo. Era qualcosa di doloroso, quasi... violento. Starle lontano, ormai, era diventato qualcosa di innaturale. Due settimane, tanto era bastato a Renesmee Cullen per stravolgere la mia vita. E pensare che all'amore neanche ci credevo più, eppure riuscivo a sentire con assoluta certezza che quel sentimento ormai aveva messo le radici nella parte più profonda del mio cuore. 
Bella e Edward avevano voluto vedermi, ma ci eravamo giurati che ciò che ci saremmo detti sarebbe rimasto tra noi. Su una sola cosa eravamo d'accordo: non volevamo che Renesmee soffrisse.
Bella sembrava... delusa? Triste? Arrabbiata? Non saprei dirlo con certezza; eppure, nei suoi occhi, riuscivo ancora a scorgere un barlume dell'affetto che aveva provato un tempo per me e che, come aveva ammesso lei stessa, provava ancora.
"E' mia figlia, e non ha neanche vent'anni!", mi aveva urlato contro, accusandomi. 
Già, la differenza di età... Persino Seth, all'inizio, mi aveva fatto quel discorso. "Seriamente, Jake? Esci con una del 2006?". Lo aveva detto per scherzare, eppure sapevo benissimo che alla Riserva questa storia sarebbe stata oggetto di chiacchiere, quando si sarebbe sparsa la voce. Sue aveva rassicurato Renesmee, le aveva detto che Edward e Bella con il tempo avrebbero capito. Che ero, a detta di tutti, "un ragazzo d'oro". Be', non era del tutto vero... Per alcuni, complici i falsi pettegolezzi che Jessica metteva in giro per ripicca al mio disinteresse nei suoi confronti, non ero affatto un tipo da relazioni serie. Come se il non riuscire a trovare la persona giusta fosse una colpa... Che idiozia.
Ciò che avevo provato per altre ragazze, non era neanche lontanamente paragonabile a ciò che provavo in quel momento per lei. Persino ciò che avevo provato per Bella finalmente mi era del tutto chiaro: ne ero stato fortemente attratto e le volevo bene, ma era qualcosa di totalmente diverso dal sentimento per Renesmee. 
Edward era stato più piccato, nel dirmi ciò che pensava: aveva semplicemente ammesso che il problema non era tanto la differenza di età, quanto il fatto che secondo lui io rivedessi Bella in Renesmee. Un'idea malsana e totalmente lontana dalla realtà, visto che scoprire il legame di parentela tra Bella, Edward e Renesmee era stata una vera e propria doccia fredda. 
Volevo risolvere la questione, una volta per tutte. Così avevo fatto la follia di acquistare dei biglietti aerei per Jacksonville, e Seth si era offerto di accompagnarmi. Sostegno morale e spese divise, si era comportato da vero amico. D'altronde era stato lui a farci conoscere, e faceva il tifo per noi.
... E così, ero finito ad una festa di liceali a Jacksonville; una festa che si era poi trasformata in un totale disastro. Il solo pensiero che quei due avessero potuto farle del male... No, non riuscivo neanche a pensarci senza sentirmi ribollire il sangue nelle vene. La guardai, ancora addormentata in un letto d'ospedale. Il suo volto era sereno, le guance erano tornate rosee. La mia Nessie stava bene, ed era stata davvero coraggiosa.
Sentii la porta della stanza aprirsi, e mi voltai. Dietro di me apparvero Bella e suo marito, accompagnati da Robert. Volevo già bene a quel ragazzo, Renesmee gli era molto legata e la cosa non mi sorprese più di tanto. Erano cresciuti insieme.
‒ Vi lascio soli ‒ disse il fratello di Bella, facendosi da parte. Quando uscì dalla stanza, ci fu un lunghissimo istante in cui Edward, Bella ed io ci guardammo. Che cosa gli aveva detto Robert? A giudicare dalle loro espressioni, trovarmi lì non era stata affatto una sorpresa.
‒ Jacob, Robert ci ha raccontato tutto ‒ esordì Edward. 
‒ Come sta Renesmee? ‒ domandò Bella, puntandomi contro i suoi grandi occhi castani. Era preoccupata, così come lo era Edward: non c'era alcuna traccia di risentimento nei loro volti, né tantomeno nelle loro voci.
‒ Sta dormendo. Ha dato di stomaco e poi si è addormentata, ma il dottore ha detto che sta bene. ‒ Continuai ad accarezzarle la mano, delicatamente, mentre la stringevo tra le mie. ‒ L'ho portata qui solo per farle fare degli accertamenti ‒ spiegai. 
‒ Sì, Robert ce lo ha detto. Le hanno trovato nel sangue tracce di alcol e di droghe sintetiche ‒ rispose Edward. Aveva lo stesso sguardo di mio padre quando si preoccupava per me e per le mie sorelle. Edward era un buon padre, bastava guardarlo negli occhi per capirlo. 
‒ Chi è stato a farle questo? ‒ domandò Bella, mentre Edward la stringeva a sé. Era furiosa, come una leonessa pronta a difendere il proprio cucciolo. 
‒ E' stato Trevor, il ragazzo che ha mandato a Edward la famosa e-mail con la foto mia e di Ness. E un suo amico, un certo Caleb. Sono in una delle stanze qui a fianco, la polizia li sta interrogando. Non la passeranno liscia... ‒ Non potevo pensarci. Non ero mai stato un tipo violento, ma se non ci fossero stati Seth e Robert a trattenermi, non so cosa avrebbe potuto fermarmi dal mettere le mani addosso a quei due.
Spiegai a Bella e Edward come erano andate le cose, e del momento in cui l'avevo trovata. Era stato l'istinto a guidarmi, era una cosa strana da spiegare. A loro raccontai che era stato un caso che l'avessi trovata io prima di Robert, ma in realtà sentivo che era stato qualcos'altro a guidarmi. C'era qualcosa di straordinario nel legame con Renesmee, come se un milione di cavi di acciaio mi tenessero in connessione con lei. 
‒ Jake ‒ mi rispose Bella, dopo quelle spiegazioni. ‒ Edward ed io vorremmo scusarci, per tutto. Per aver ostacolato te e Renesmee, ed aver reagito in quel modo assurdo ‒ proseguì a dire, avvicinandosi di più a me. ‒ Dovrò abituarmi all'idea di te e mia figlia insieme, ma... ho esagerato. Questa volta sono io a chiederti scusa; mettiamo da parte il passato, una volta per tutte. ‒ Le sorrisi, e la vidi tutto a un tratto con gli occhi lucidi. Anche Edward venne verso di me, e mi diede una pacca sulla spalla. Un gesto... fraterno. 
‒ Jacob, voglio chiederti scusa anch'io. Tu e Renesmee avete la mia benedizione, e non saremmo mai dovuti arrivare a quel punto. ‒ Ero d'accordo con le parole di Edward, anche se avrei preferito imparare a farmi volere bene da lui e di nuovo bene da Bella con il tempo, e non di certo in quel modo. 
Quando Renesmee aprì gli occhi, fu sorpresa di trovarci tutti e tre nella stessa stanza, e vidi le sue labbra curvarsi in un enorme sorriso quando capì che da quel momento in poi la nostra storia sarebbe stata alla luce del sole. Non sapevo cosa ci avrebbe riservato il futuro, se io avrei lasciato La Push o se lei avrebbe lasciato Jacksonville, ma non era importante. Volevo essere per lei un amico, un fratello, il suo difensore, il suo amore. Qualunque cosa di cui lei avesse bisogno. 
Si era chiuso un cerchio, una questione rimasta in sospeso per diciotto lunghi anni. Non sapevo se ci fosse di mezzo il destino, una qualche divinità o una forza superiore, sapevo soltanto che ogni cosa era finalmente al suo posto. 
Mi sfiorai il tatuaggio che avevo sul braccio, la frase che mi legava a Renesmee: tutto ciò che avevo sempre desiderato era lei, e lo sarebbe stato per sempre.
 
~~~
 
Renesmee
 
Alcune ore prima
 
‒ Vieni con me, ti accompagno in bagno ‒ mi aveva detto. Qualcosa mi diceva che non dovevo fidarmi di quel ragazzo, e che dovevo dare ascolto al mio intuito.
Anche se era dannatamente difficile, dovevo sforzarmi di rimanere lucida. Avevo bevuto solo un paio di drink, e allora per quale motivo mi sentivo così male? Mi fermai, cercando di restare calma. 
Respira, Renesmee. Non essere rigida.
‒ Senti... ‒ dissi al ragazzo.
‒ Caleb. 
‒ Okay, Caleb. Sei stato davvero molto gentile ad aiutarmi a trovare il bracciale, ma mi sento già meglio. E qui da qualche parte ci sono i miei amici e il mio ragazzo, perciò ora se non ti dispiace vorrei tornare da loro ‒ gli risposi, guardandolo negli occhi. Volevo essere convincente, e non fargli capire di essere già in ansia. 
‒ A dire il vero, mi dispiacerebbe molto se te ne tornassi proprio ora dai tuoi amici. Che poi io ti conosco, non sei amica di Christina Bennett? Ti chiami... Rebecca, vero? ‒ Quella frase mi fece storcere il naso, volevo togliermelo dai piedi il prima possibile. Perché conosceva Christina?
‒ No, non Rebecca. Renesmee ‒ risposi, ma stranamente non mi domandò per quale motivo avessi un nome tanto particolare. ‒ E come ti ho detto ‒ proseguii a dire, ‒ qui c'è il mio ragazzo. Non sono... ‒ Fui interrotta, e mentre lui parlava valutai due possibili opzioni: scappare, con il rischio di cadere per terra e slogarmi una caviglia, o restare lì ad accampare scuse. Mi sentivo la testa pesante, e se avessi provato a fuggire sarei caduta senza alcun dubbio...
‒ ... Sei carina, Renesmee. Ma sei un po' ubriaca, e dico davvero: voglio solo accompagnarti in bagno. ‒ Non mi fidavo di quel ragazzo, e nonostante tutte quelle premesse iniziavo seriamente a pensare che nella torta che mi aveva offerto ci fosse qualcosa di strano. Ero stata una stupida, ma il tavolo da buffet era pieno di cibo e di diversi tipi di dolci. Possibile che l'unica a mangiare quella torta fossi stata io? Chiaramente no... 
Diedi la colpa all'alcol: mai accettare cibo dagli sconosciuti, ma in quell'atmosfera di festa era stato l'ultimo dei miei pensieri.
Sperai che qualcuno - Jake, Seth, Rob o le mie amiche - venisse a cercarmi il prima possibile. 
Il ragazzo mi prese per un braccio, e a quel punto ebbi di nuovo una bruttissima sensazione. Per quanto tempo sarei rimasta lucida, se mi avevano... drogata? Eravamo lontani dagli altri, non potevo neanche chiedere aiuto. Ero agitata, e sapevo che se Caleb se ne fosse accorto avrei senza dubbio peggiorato la situazione. Mi sarei chiusa in bagno e da lì avrei chiamato Jake, ecco la soluzione.
‒ Va bene, andiamo ‒ dissi, poco convinta. ‒ Devo vomitare, quella torta che mi hai dato... deve avermi dato fastidio ‒ risposi, e come sospettavo lui abbassò lo sguardo. 
All'interno della villa, c'era un gruppo di persone che sembravano totalmente ubriache o sotto effetto di stupefacenti, e tra questi c'era Thomas, il ragazzo di Christina. Come ci era finito lì? Forse anche lui aveva mangiato quella torta, o qualcosa di simile? 
Caleb mi accompagnò fino alla porta del bagno, e quando andai a chiuderla notai che non c'era alcuna chiave. Qualcuno l'aveva fatta sparire, fantastico. Come avrei fatto a togliermi da quella situazione?! Imprecai mentalmente, a malapena riuscivo a reggermi in piedi. Mi appoggiai alla porta del bagno, facendo finta di tossire. Cercai il cellulare nella mia borsa, e andai accanto alla finestra per chiamare qualcuno. Non c'era campo, così provai a telefonare tramite WhatsApp. Qualcuno tra Jake, Rob, Seth, Stella e Chris mi avrebbe risposto...
‒ Hai fatto, Renesmee?? ‒ mi sentii chiamare insistentemente da Caleb. Jake aveva risposto, ma colta dal panico avevo premuto il tasto per terminare la chiamata. 
Per prendere altro tempo, tirai lo sciacquone; dovevo scrivergli un messaggio.
 
Renesmee: Jake, sono dentro la villa. Vieni a cercarmi, dopo ti spiego... Fai in fretta
 
‒ Ma questa ci è caduta, in bagno? ‒ sentii borbottare da qualcuno fuori dalla porta. 
Mi accorsi che Caleb se ne stava attaccato alla porta, e parlava con qualcuno. Conoscevo quella voce, e stavo cercando di capire se non fosse stata solo una mia suggestione. Era la voce di Trevor. E se quel Caleb era un suo amico, potevo stare certa di essere davvero nei guai.
A quel punto, il mio cuore batteva a mille: non mi ero mai ritrovata in una situazione del genere, e nonostante stessi davvero male, non potevo permettermi di farmi prendere dal panico. Aprii il rubinetto e mi bagnai la fronte con l'acqua fredda, anche se probabilmente non sarebbe servito a nulla. Ne bevvi un sorso.
Ragiona, Ness. Fai qualcosa, mi dicevo. Jacob arriverà presto, vedrai.
Che altro potevo fare, per prendere tempo? Volevo incastrarli, non volevo che la passassero liscia. Accesi il registratore, stavo cercando di capire cosa si stessero dicendo Trevor e Caleb.
"Adesso la facciamo bere un altro po', e poi è tutta tua". Era stato Caleb a parlare. 
"Veramente, io pensavo a qualcosa di meglio", rispose la voce ovattata di quel viscido di Trevor. "... Thomas è fatto come una pigna, la facciamo baciare con lui. Tu li riprendi con il cellulare e poi la ricattiamoSe non esce con me, metteremo in giro la voce che Renesmee è una troia che ci prova con i ragazzi delle amiche, e metteremo il video in cui si bacia con Thomas in rete...". Si mise a ridere. Per me era una situazione surreale, e notai che il cellulare era di nuovo senza campo. 
Non ero riuscita a sentire altro, ma li avevo registrati. Ero spaventata, e non avevo più la forza di rimanere lucida. Sentii svariate imprecazioni rivolte a me, visto che stavo occupando il bagno da una decina di minuti, così Caleb mi fece uscire a forza.
Non saprei raccontare con esattezza cosa accadde dopo, perché i miei ricordi erano confusi. Ma ad un certo punto sentii una voce, una voce familiare. E riconobbi il suo odore...
 
... Aprii gli occhi, e li sentii bruciare alla vista inaspettata delle luci al neon. C'era puzza di ospedale... Ero, in ospedale.
Mi sentivo ancora un gran mal di testa, ma stavo decisamente meglio. Sollevai lo sguardo, e vidi Jake parlare a bassa voce con... mamma e papà. Ero ancora sotto effetto di qualche sostanza stupefacente o stava accadendo davvero? Iniziai a ricordare cosa era accaduto, avevo vomitato e poi ero svenuta. Jake mi aveva portata in ospedale... Ero rimasta vigile fin troppo a lungo, finché non avevo perso completamente il lume della ragione. Che cosa era accaduto in quel lasso di tempo? Thomas stava bene? Ma c'era una cosa che, più di tutte, mi preoccupava... Le parole di Trevor e del suo amico mi tornarono in mente con la violenza di uno schiaffo. Parlavano di un video con cui ricattarmi... e temevo che mi avessero anche messo le mani addosso. Provai di nuovo l'impulso di dover vomitare. Avevo richiuso gli occhi, tanto che nessuno si era accorto del fatto che mi fossi svegliata. Ma volevo conoscere la verità, una volta per tutte. Provai a mettermi seduta, mugugnando qualcosa. 
‒ Ehi, tesoro, come ti senti? ‒ mi disse papà, avvicinandosi immediatamente. 
‒ Sto meglio ‒ risposi, soffermandomi con lo sguardo su Jake. I miei genitori non sembravano arrabbiati con lui...
‒ Voi tre... voi tre non state litigando ‒ constatai, e il mio tono di voce apparve più sorpreso del previsto.
Mamma sorrise appena, per poi guardare papà.
‒ Niente più litigi ‒ disse.
‒ Già... ‒ confermò Jake. ‒ Bella, Edward ed io abbiamo avuto modo di fare una lunga chiacchierata. E' tutto risolto.
‒ Non mi state prendendo in giro, vero? ‒ scherzai, indicando Jake.
‒ No, Renesmee. Abbiamo esagerato, tu e Jacob avete tutto il diritto di vivere la vostra storia. Il passato è passato, e abbiamo ripensato alle parole di Charlie ‒ rispose papà. Ero felice di sentirmelo dire, e speravo che non fosse tutto dovuto al fatto che Jake mi aveva tirato fuori da quella brutta situazione.
Quando anche Robert entrò nella stanza, lui e Jake mi raccontarono cosa era accaduto, e a quel punto iniziai a ricordare. Thomas e Stella erano state due delle altre vittime della torta - in realtà ce n'era più di una -, che al suo interno conteneva droghe sintetiche. 
‒ Dove sono Stella e Thomas? ‒ domandai, preoccupata.
‒ Sono nella stanza a fianco, c'è Christina con loro ‒ mi rispose Robert. ‒ Mentre Seth sta parlando con i poliziotti... Vorrebbero parlare anche con te, appena te la senti.
‒ Devi denunciarli, Ness. Tutti e due ‒ mi incoraggiò Jacob. 
‒ Mi hanno... Mi hanno fatto qualcosa, oltre ad avermi drogata? ‒ balbettai, con gli occhi lucidi.
‒ No, Ness. Niente, te lo posso assicurare ‒ mi rispose. ‒ Guardami negli occhi. Non ti direi una bugia, no? Sono arrivato in tempo. ‒ Mi sentii meglio, anche se continuavo a darmi la colpa. Come ero potuta essere così ingenua?
‒ Ho chiesto al fratello di Ray Mason, quei due non erano nemmeno stati invitati alla festa ‒ mi disse Robert.
‒ Tecnicamente, neanche io... ‒ risposi. 
‒ Tu eri con me. E comunque non è importante... il punto è che quei due idioti vogliono far ricadere la colpa della droga su Ray. Oltre ai messaggi che ti ha mandato Trevor, non abbiamo altre prove. ‒ Rob era desolato. A quel punto, sfoderai un sorriso soddisfatto...
‒ Voi non avete prove, ma io sì! Li ho registrati con il cellulare, mentre ero in bagno. Trevor e Caleb volevano farmi un video con cui potermi ricattare: a quel punto, sarei dovuta uscire con Trevor ‒ spiegai.
‒ Ma è una cosa orribile! ‒ disse mamma, indignata. 
‒ Lo è. Ma ora finalmente la pagheranno. 
‒ Sei un genio, Nessie! ‒ esclamò Jake, venendo ad abbracciarmi.
Da quella brutta faccenda ne era uscito qualcosa di buono: Trevor non mi avrebbe più dato fastidio, e finalmente mamma e papà avevano potuto constatare che Jake a me ci teneva davvero. 
Quelle due settimane a Forks avevano cambiato la mia vita, e Jacob avrebbe continuato a farne parte.
 
***
 
Alcuni mesi dopo
 
Durante le vacanze di Natale, tornai a Forks. Avevo chiesto due biglietti aerei per andare a trovare Jake come regalo di Natale, rivederlo e passare del tempo con lui era l'unica cosa che desiderassi davvero. 
A settembre avevo compiuto diciannove anni, e mi faceva uno strano effetto pensare a quante cose erano cambiate nel corso di quell'anno che stava quasi per concludersi. Dopo quel brutto episodio, avevo ottenuto un'ordinanza restrittiva nei confronti di Trevor e Caleb. Lo raccontai a Ethan, e riuscimmo a dimostrare che Trevor era colpevole anche di aver rubato le foto della sua amica. Ero soddisfatta, anche se me l'ero vista davvero brutta e ripensarci mi faceva stare male.
Prima di partire per il mio viaggio a Los Angeles, mamma e papà mi fecero mille raccomandazioni, e non potevo di certo biasimarli. Avevo imparato la lezione, mai allontanarsi dai propri amici ad una festa piena di sconosciuti. Credevo di essere più matura delle mie coetanee, ma quella volta ero stata davvero ingenua e avevo rischiato di perdere la fiducia che i miei avevano sempre riposto in me. In fondo ero umana, e come tutti gli umani non ero immune dal commettere sbagli... 
In quei mesi, c'era stata anche un'altra novità: Billy si era trasferito da Paul e Rachel, che avevano una casa più grande, e Jake ora viveva da solo. La gravidanza di Rachel procedeva bene, e avevano scoperto che il bambino sarebbe stato un maschietto. Il figlio di Leah e Sam, invece - il piccolo Harry - era già nato, e lo avrei conosciuto nei giorni seguenti. 
La sera stessa del mio arrivo, Sue mi prestò la sua auto e guidai fino a casa di Jake. Lo trovai nel suo garage, stava aggiustando una macchina. C'era la musica ad alto volume, e lui canticchiava allegramente. Nonostante il freddo di dicembre, aveva addosso una semplice maglia a maniche corte, ed era così preso dal suo lavoro che non mi aveva neanche sentita arrivare. Lo chiamai, e la vibrazione del telefono catturò la sua attenzione.
‒ Ness, che bello sentirti! ‒ mi rispose. ‒ Sto riparando un'auto, ti piacerebbe da matti. 
‒ E' una Mercedes... Grigia metallizzata ‒ risposi.
‒ Che fai, leggi nel pensiero? ‒ scherzò Jake.
‒ No... Penso che dovresti voltarti. ‒ Terminai la chiamata, e non appena Jake mi vide lasciò il telefono per terra e mi corse incontro. Si tolse i guanti, e rimase a guardarmi.
‒ La mia maglietta è sporca, se ti abbraccio ti sporcherai i vestiti ‒ disse, desolato.
‒ Toglila. Togli la maglietta e abbracciami ‒ gli suggerii, avvicinandomi di più e afferrandone un lembo. Si tolse la maglietta e mi strinse forte a sé, tanto che mi sentii travolgere dal suo profumo.
‒ Perché non mi hai detto nulla? Non hai la minima idea di quanto mi sei mancata ‒ mi disse, dandomi subito un bacio particolarmente intenso. Mi prese il volto tra le mani, contemplandolo per alcuni istanti.
‒ Volevo farti una sorpresa... Venire qui è stato il mio regalo di Natale anticipato ‒ risposi. Mi divincolai dalle sue mani e mi avvicinai all'auto, sfiorandola con le dita. 
‒ Di chi è la macchina? E' davvero bella ‒ domandai. 
‒ Se riesco a sistemarla, è mia ‒ mi rispose, soddisfatto. 
‒ E' appariscente... Ti stai trasformando in un Cullen ‒ scherzai.
Jake mi si era avvicinato di nuovo, ed io mi ero appoggiata all'auto. Mi ritrovai imprigionata tra lui e la macchina, e non avevo alcuna intenzione di sfuggirgli. Poggiò entrambe le mani sul cofano della macchina, trascinandomi giù con sé. 
Gli allacciai una gamba attorno alla vita per tenermi in equilibrio, stargli così vicina mi faceva letteralmente perdere la ragione.
Il fatto che fosse senza maglietta complicava le cose, perché non riuscivo a smettere di baciarlo... Avvertii la sua eccitazione, e provai la stessa necessità impellente di fare l'amore con lui. Le cose erano ben diverse da com'erano state mesi prima, e sapevo che Jake stavolta avrebbe assecondato il mio desiderio. Ne avevamo parlato, e ovviamente avremmo preso le giuste precauzioni. 
‒ Jake... ‒ dissi. ‒ Voglio fare l'amore con te. 
‒ Anch'io, Nessie ‒ mi ripeté, sollevandomi e stringendomi tra le sue braccia. Raggiungemmo immediatamente la camera da letto, e mi accorsi che Jake era teso come una corda di violino. Impaziente, felice, nei suoi occhi potevo leggere un turbinio di emozioni contrastanti.
‒ Sei agitato perché per me è una cosa nuova, vero? ‒ gli domandai mentre eravamo sdraiati l'uno accanto all'altra, finalmente senza il fastidio dei vestiti a dividerci. 
‒ Non voglio farti male ‒ ammise, accarezzandomi la fronte. Si morse il labbro, ed io gli sorrisi. 
‒ Sei sicura di essere pronta? ‒ disse, speranzoso.
‒ Sì, Jake. Non mi farai male, e sai perché? Perché ti amo, e non c'è nessun altro al mondo con cui vorrei compiere questo passo ‒ lo rassicurai. Non gli diedi il tempo di replicare, ricominciai subito a baciarlo. Lasciai che le sue braccia forti mi guidassero nei movimenti. Un passo alla volta... 
Le mie mani non riuscivano a smettere di accarezzare la sua schiena, le sue spalle larghe e perfette. Fu dolce, paziente, e quell'attesa mi spinse al limite. Ogni suo tocco mi avvicinava verso il momento in cui saremmo stati una cosa sola. La mia pelle chiara e la sua pelle ambrata, come il sole e la luna che si incontrano durante un'eclissi. 
E quando accadde, il dolore fu talmente breve che l'attimo dopo pensai di essermelo immaginato. 
Con le caviglie allacciate ai suoi fianchi, mi abbandonai totalmente a lui. Perché lo amavo, perché sapevo di potermi fidare. Perché lo desideravo con ogni fibra del mio essere...
 
I nostri corpi erano ancora intrecciati l'uno all'altro, e Jake mi poggiò il volto nell'incavo del collo. 
Avevo i capelli sparsi sul cuscino, e accarezzavo i suoi. La quiete dopo la tempesta... 
Sollevò il mento, puntandomi contro i suoi occhi di cioccolato fondente.
‒ Perché mi guardi così? ‒ gli domandai, sorridendogli. Lui mi mostrò il suo sorriso migliore, quello capace di abbagliare quanto la luce del sole, e allungò una mano per sfiorarmi le labbra. Le dischiusi leggermente, avvertendo un nuovo brivido. 
‒ Non è ovvio? ‒ mi rispose. ‒ Sono felice, Renesmee. ‒ Eravamo... come dire... compatibili anche da quel punto di vista. Non avevo termini di paragone, ma dubitavo che la prima volta potesse essere meglio di così. Jake sembrava conoscermi, o avere un qualche talento speciale che gli permetteva di sapere sempre cosa fosse giusto per me.
Avevo paura che tutto ciò un giorno potesse finire, la natura umana era così instabile. Ci si stanca di un vestito, di una persona, di un amore... Perché io mi sentivo tanto diversa?
‒ Aspetta ‒ dissi, alzandomi dal letto e recuperando da terra il mio maglioncino. Cercai in borsa una penna, e la consegnai a Jake.
‒ Che stai facendo, Ness? ‒ mi chiese, confuso. ‒ Okay, ho capito... Ora ho capito. ‒ Gli offrii il braccio, lasciando che mi scrivesse sulla pelle quelle stesse parole che io avevo scritto sulla sua.
‒ Tutto ciò che ho sempre desiderato sei tu, Renesmee.
‒ Tutto ciò che ho sempre desiderato sei tu, Jacob. ‒ Era una promessa.

***
Ciao! Vi aspetto la prossima settimana (tra sabato e domenica) con l'ultimo capitolo della storia, ma nel frattempo rinnovo il mio invito a recensire. E' da un po' che non ricevo vostre notizie, e almeno su questi ultimi capitoli ci terrei particolarmente a ricevere un vostro commento. Dai, non fatevi pregare, lo vedo che mi leggete :)
Greta
  
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