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Autore: Soul of Paper    11/01/2021    4 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto procuratore]
Lo aveva baciato e gli aveva ordinato di dimenticarselo. Ma non poteva certo pretendere dagli altri ciò che non riusciva nemmeno a fare lei stessa. Imma Tataranni - Imma x Calogiuri
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nessun Alibi


Capitolo 52 - La Costruzione di un Amore


Disclaimer: questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro. Questi personaggi non mi appartengono ma sono proprietà dei relativi detentori di copyright. Ogni riferimento a fatti, persone, luoghi o eventi realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.



 

“Ma… ma… lei è la sorella del maresciallo, giusto?”

 

Se l’era trovata davanti tra pelati e sottoli. Gli era sembrata subito familiare, ma poi l’aveva riconosciuta definitivamente dagli occhi, così simili a quelli del fratello, e soprattutto dalla bimba scalmanata nel seggiolino del carrello.

 

“Il marito - cioè l’ex marito di Imma!” rispose la ragazza, parendogli un poco in imbarazzo, “Pietro, giusto?”

 

“Sì, e lei Rosaria?”

 

“Mi dia del tu, per favore, che il lei qua non serve,” rispose, guardandosi però in giro, soprattutto in un punto alle sue spalle.


E fu allora che Pietro capì e gli venne da sorridere.


“Se è per mia madre, oggi non c’è. Faccio la spesa per me,” le spiegò e Rosaria sembrò immediatamente sollevata, “però allora dammi pure tu del tu, che va bene che sono vecchio ma-”

 

“Ma che vecchio e vecchio! E poi-” provò a dire, perché la piccoletta saltò su e la interruppe, tirandolo per il cappotto con un, “tao, hai letteletta?!” che lo fece ridere.


“Noemi! Non si chiedono le cose se non vengono offerte e poi non è questo il modo di salutare. Scusala, ma se potesse mangerebbe sempre. E solo dolci.”


“Eh, c’ho presente… tanti anni fa ho avuto pure io una bimba di quell’età. Ma forse è meglio di quando poi arriva l’adolescenza e non vogliono più mangiare, o per la linea, o per protesta, o perché sono tristi,” sospirò, ricordando bene le serate passate a bussare alla porta di Valentina con un piatto in mano, mentre Imma minacciava di sfondarla la porta.

 

E poi però il pensiero, da Valentina passò a un’altra cosa.


“Ma come mai sei qui? Che non è mica periodo di ferie questo. Imma e… e tuo fratello sono in città?”

 

“No… è che… è qualche settimana che sto a casa di Imma, cioè della madre di Imma… va beh insomma… sto qua da lei, in attesa di trovare una sistemazione più stabile e un lavoro a Roma. Imma e mio fratello però mo saranno ancora al lavoro nella capitale.”

 

“Ma scusa, ma… prima dove vivevi? Non sono affari miei, lo so, ma… per trasferirti di colpo a Matera, da sola….”

 

“Diciamo che è una storia lunga ma… stavo a Grottaminarda, a casa di mia madre. Sai… come avrai capito la nostra famiglia non è che navighi nell’oro. Non avere l’affitto da pagare ci faceva comodo ma… vivere con mia madre stava diventando pesante, che è quasi peggio della tua, con tutto il rispetto.”

 

Gli venne di nuovo da ridere: effettivamente sua madre quel giorno con Rosaria e la figlia aveva dato il peggio di sé.

 

“Non so come sia tua madre, ma… ti capisco. Non vivo con la mia ormai da tanti anni, ma ormai mi si presenta a casa ogni due per tre, con qualsiasi scusa. Quando… quando stavo ancora con Imma, che non si sopportavano, veniva di meno, ma mo sta più a casa mia che a casa sua.”

 

“E allora basta che ti trovi una fidanzata che tua madre non gradisce e il problema è risolto!”

 

Dovette trattenere l’ennesima risata: Rosaria era simpatica, senza peli sulla lingua, molto diversa da quel posapiano del fratello.


“Diciamo che… mi frequento già con una persona, che però a mia madre piace fin troppo.”

 

“La famosa Cinzia?” gli chiese e vide chiaramente il volto di lei scurirsi e come un lampo negli occhi azzurri.

 

“Sì.”


“Senti, sta Cinzia deve piacere a te ma… capisco che tu ce l’abbia con mio fratello, pure io al tuo posto ce l’avrei con lui, credo, anche se alla fine la decisione è di Imma, ma… sta Cinzia perché deve fare tutte ste sceneggiate e mettere mio fratello nei guai? Che c’entra lei?”

 

“Tu sei sicura che sia andata così?”


“Senti, mio fratello c’ha tanti difetti, ma con le donne è talmente educato che figurati che tutte le vecchiette di Grottaminarda, se lo beccavano per strada, gli facevano fare tremila commissioni, che lui non sapeva dire di no. Non alzerebbe mai la voce con una donna, se non fosse successo qualcosa di grave. Con nostra madre, dopo anni di essere trattato di merda, ha sbottato solo quando gli ha toccato Imma… quindi….”

 

Sospirò: effettivamente era sempre più convinto che Rosaria avesse ragione. Poi se sta madre era così terribile… sapeva bene anche lui come si cresce timorosi e timorati nei confronti del genere femminile, con una madre del genere.

 

E la verità era che si chiedeva sempre più anche lui che c’entrasse Cinzia con lui, a parte la passione per il Sax.

 

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“Mi sa che siamo l’argomento del giorno.”

 

Erano appena usciti dal supermercato, carichi di spesa, e dalla cassiera alle signore in fila, tutti li fissavano.

 

“Eh… qua è peggio che stare in vetrina. Mi conoscono e… se vedono qualcuno di qua con una persona nuova, soprattutto dell’altro sesso, scatta subito il pettegolezzo.”

 

“Grottaminarda è uguale. Certo, Matera è più grande, mi aspettavo fosse meglio.”

 

“Ma qua alla fine si conoscono tutti, siamo solamente un paese un po’ troppo cresciuto,” sospirò, prima di estrarre dal sacchetto una confezione di leccalecca ed una di cioccolatini che aveva comprato di nascosto, mentre Rosaria era distratta con Noemi. Li porse alla piccola, prima che la madre potesse protestare.


“Questi sono per te. Ma devi sempre ubbidire alla mamma e mangiare solo quelli che ti dice lei, promesso?”

 

“Sìììììììììì!!” urlò, con quell’entusiasmo che solo a quell’età si poteva avere e si sentì afferrare per un polpaccio, con lei che gli si attaccava tipo baby koala.

 

Provò come una specie di strana sensazione al petto: i bimbi erano proprio meravigliosi, sempre.

 

E gli mancava tantissimo averci a che fare.

 

“Non dovevi, veramente!” lo redarguì Rosaria, ma lui scosse il capo.

 

“Diciamo che è un regalo di benvenuto a Matera.”

 

La ragazza spalancò gli occhi, come se fosse colpita, “non è da tutti essere così gentili… soprattutto non quando di mezzo c’è un matrimonio finito male.”

 

“Le colpe dei fratelli non ricadano sulle sorelle. O quelle degli zii sulle nipoti. Più o meno diceva così, no?”

 

“Più o meno…”

 

“Ascolta, ma c’hai qualcuno che ti dia una mano qua a Matera? Conosci qualcuno, se succede qualcosa?”

 

“A parte te e tua madre?” ironizzò lei, facendolo di nuovo sorridere, “ci sono Diana e Capozza che sono molto gentili, ci vediamo almeno una volta a settimana, pure di più. In caso di emergenza, mi hanno detto che posso chiamarli a qualsiasi orario.”

 

“Bene!” le sorrise, rassicurato che Imma non l’avesse mollata lì senza alcun aiuto, pur mentre si chiedeva dove fosse il di lei marito.

 

Ma alla fine non erano affari suoi.

 

Quindi si congedò, dopo che la bimba gli ebbe stritolato per un’ultima volta il polpaccio.

 

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“Amore! Che cucini di buono?”

 

Si sentì abbracciare da dietro e si irrigidì. Si voltò e vide i suoi occhi azzurri, confusi.

 

“Non mi avevi detto che venivi stasera,” fece notare, provando un senso di fastidio che non avrebbe saputo spiegare.

 

“Perché, ho bisogno del permesso ora per vederti?” ribatté, con aria scherzosa.

 

“Mo ho preparato solo per me. Dovresti avvisarmi, almeno.”

 

“E va beh, che sarà mai? Tanto qualcosa di buono si cucina in fretta, no?”

 

Tentò di abbracciarlo nuovamente, ma si ritrasse.

 

“Pietro, si può sapere che ti succede stasera?” gli domandò, preoccupata.

 

“Dimmi la verità. Hai insultato tu per prima Imma, non è vero?” le chiese, perché aveva bisogno della risposta.

 

“Ma di che stai parlando?”

 

“Di capodanno, a casa del prefetto. Il maresciallo ha reagito in quel modo con te perché tu avevi insultato Imma, non è così?”

 

Per un secondo, lesse nello sguardo di Cinzia che aveva ragione, ma poi lei rispose subito, “e chi te l’ha detto, eh? Imma? O il maresciallo? Lui racconta quello che gli fa comodo e lei lo difende sempre, lo sai.”

 

“No, un testimone oculare,” bluffò, perché che altro poteva dire.

 

“E chi? Quello stordito del brigadiere, che è amico del maresciallo? Si coprono a vicenda, è chiaro!”

 

“No, ma ci stavamo registrando al karaoke,” mentì di nuovo, chiedendosi da dove gli venisse quella capacità. Forse a furia di vivere con sua madre prima, con Imma poi, e mo di avere a che fare con Cinzia, qualcosa aveva imparato, “mo è stata recuperata la registrazione e-”

 

“Avevo bevuto troppo e… non sono riuscita a trattenermi!”

 

Ecco, l’aveva ammesso.

 

Un macigno gli si mise sullo stomaco, insieme ad un senso di rabbia. Non sapeva più se verso di lei o verso se stesso per esserci cascato prima e per non esserne stupito ora.

 

“Ma che c’entra il maresciallo, mo? Gli hai fatto fare la figura del violento con il prefetto. Quello è il lavoro suo che ci va di mezzo, non è giusto.”

 

“Non è giusto?! Ed è stato giusto farsela con quella che era tua moglie di nascosto, prenderti in giro? Io l’ho fatto per te! Lo so che lo odi e pensavo di farti un favore!” esclamò lei, scavando nuovamente nelle ferite mai del tutto rimarginate.

 

Ma non le credeva più.

 

“Io non lo odio. Mi dà fastidio vederlo con Imma, ma Imma se n’è andata con le gambe sue, mica ce l’ha costretta. E al massimo, se qualcuno può fare colpi di testa nei confronti del maresciallo sono io, non di certo tu! Dimmi la verità, perché lo hai fatto?”

 

“La colpa è solo tua!” gridò Cinzia, incrociando le braccia, “tua che pendi sempre dalle labbra di Imma, ogni volta, pure quella sera! Che pensi che non mi sono accorta di come la guardavi? Dopo tutto quello che ti ha fatto?! E allora gliel’ho chiesto al maresciallo, che cosa ci trovasse in lei. E sì, ho criticato il modo in cui si veste, che sfiora l’indecenza. Ma se tu non mi continuassi a farmi dubitare di noi due, mi comporterei diversamente. Per te ho fatto di tutto in questi anni, ti sono stata vicino ogni volta che avevi bisogno, e tu mi ripaghi così… sbavando sulla tua ex come la vedi?!”

 

Sentì una fitta di senso di colpa perché sì, Imma quella sera era bellissima, con un abito che sottolineava tutto e che gli aveva fatto ricordare le sottovesti che una volta indossava solo per lui, in casa. E l’occhio qualche volta poteva essergli caduto, anche se sapeva benissimo che quella volta non si era vestita così per lui, purtroppo. E che non l’avrebbe fatto mai più.

 

Ed in effetti Cinzia con lui era stata paziente - al di là di quando si alleava con sua madre - molto paziente, a sopportare tutte le sue titubanze ed il suo malessere per un’altra donna, che non era ancora passato del tutto.

 

“Ma al limite puoi prendertela con me e sfogarti con me, non con persone che non c’entrano niente!” le disse, con tono però più calmo.

 

“Lo so. E la prossima volta lo farò,” gli disse, con un tono che era a metà tra una promessa e una minaccia, “e non metterò più altre persone in mezzo.”

 

Gli piaceva quando tirava fuori il carattere, anche se lo faceva troppo raramente.

 

Sospirò e con un, “dai, mettiti a tavola, che ti preparo qualcosa!” chiuse la discussione, ricevendone in cambio un sorriso com’era da tanto che non ne vedeva da Cinzia ed un bacio che però non gli faceva l’effetto che gli faceva all’inizio. E, soprattutto, quello che gli avevano fatto altri baci in passato, con quella che aveva pensato fosse la donna della sua vita.

 

Ma ormai si era rassegnato che non avrebbe mai più potuto provare per nessuna quello che aveva provato per Imma.

 

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“Fisso la prossima udienza per il dieci settembre.”

 

Sei mesi! Sei mesi di rinvio. Non che fossero tanti, per la giustizia italiana, purtroppo ma… questo appello si preannunciava lunghissimo, una battaglia di nervi e di resistenza.

 

L’avvocato di Romaniello puntava principalmente a far invalidare le testimonianze di chi aveva confessato, sostenendo che fossero state estorte dopo una lunga persecuzione, in cambio di riduzioni di pena.

 

Certo, c’erano pure tutte le prove documentali, che a logica sarebbero state schiaccianti ma… in Italia l’incertezza processuale era altissima, specie quando c’erano di mezzo grandi avvocati e tanti soldi.

 

Irene si difendeva bene, ma le ci voleva qualcosa per tornare all’attacco e per mettere a tacere la difesa.

 

Si guardò con Calogiuri, che pareva preoccupato, e a ragione.

 

Uscirono dall’aula e raggiunsero l’ufficio usato dalla cara collega per cambiarsi, venendo fatti passare dalla guardia.

 

La vide entrare dopo poco, regale nella toga svolazzante. Sembrava un misto tra una regina di un film in costume ed un’insegnante di Harry Potter. Solo più giovane e bella.

 

“Il giudice la sta tirando troppo per le lunghe. Non mi piace per niente. Anche se… questo potrebbe giocare a nostro favore.”

 

“In che senso?” le domandò, notando come il tubino che indossava sotto la toga diventasse ancora più corto e ancora più attillato sul petto quando se la levò.

 

Ma, per fortuna, Calogiuri, sembrava più concentrato sul prenderle la toga ed appenderla che altro.

 

“Nel senso che… l’asso nella manica di cui vi parlavo… purtroppo il procuratore di Milano è ancora reticente ma… ho altre strade da percorrere, che stanno già venendo percorse.”

 

La Sfinge in confronto era diretta come Noemi.

 

“Cioè?” ripetè, cercando di contenere l’irritazione.

 

“Cioè… ho mandato qualcuno a indagare a Milano, in modo discreto. Normalmente lo avrei proposto a te,” disse, rivolgendosi a Calogiuri, “ma ormai con quelle foto ti sei bruciato. Quindi ho chiesto al capitano Ranieri, ve lo ricordate, no? Lui Milano la conosce benissimo e ci ha spedito qualcuno di cui si fida, sotto copertura. E credo che prossimamente ci andrà pure lui. Sono sicura che sul processo di Milano potremmo aprire… altro che il vaso di Pandora! E a quel punto un altro cambio di avvocato… difficilmente Romaniello potrebbe permetterselo, arrivati a questo punto, a livello di opinione pubblica. L’importante è resistere fino ad allora e… o troviamo qualcosa in questi sei mesi o non la troviamo più.”

 

“E noi che possiamo fare?” le chiese Calogiuri, che però pareva stranamente preoccupato.

 

“Intercettazioni. In molti casi non ufficiali ma… utili a capire come muoverci. Ne avremo molte da ascoltare.”

 

“Se serve posso farlo pure io… possiamo dedicarci pure qualche serata, se sono cose che è meglio non ascoltare in procura,” si offrì, sia perché lo avrebbe fatto in qualunque caso, sia per ricordare alla cara collega con chi Calogiuri tornava a casa la sera, in caso ci fosse bisogno, dopo tutto quello che era successo.

 

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“La vuoi una mano con la spesa? Che ho visto che c’hai tante bottiglie, è pesante!”

 

Gli sorrise, mentre gli passava una sporta dell’acqua, Noemi che gli si aggrappava ai pantaloni, chiedendogli un leccalecca. Ormai se ne portava sempre uno quando andava al supermercato.

 

“Grazie! Sei proprio gentile! Però mo c’hai il peso della tua spesa più la mia.”


“E va beh… tanto ho roba leggera. Non ce l’hai una macchina?” le chiese, avendo notato che era sempre a piedi, mentre si incamminava con lei per la breve distanza verso la casa di Imma.

 

“No, purtroppo no. Cioè, Imma mi ha lasciato la sua, ma c’è da far cambiare un po’ di cose perché funzioni in sicurezza e… diciamo che devo tenere i soldi da parte per Roma, che se troviamo appartamento ci sono le caparre da dare.”

 

“Eh sì, Imma se l’era presa proprio scassata la macchina, poi dopo anni senza usarla, è un miracolo se non è da rottamare!” commentò, pensando che Imma non aveva mai capito come il detto spendere di più per spendere di meno, in alcuni casi fosse valido. Poi però gli uscì una domanda che erano un paio di mesi che voleva farle, “senti, lo so che non sono affari miei, ma… tuo marito dove sta? Che fa? Perché non l’ho ancora mai visto in giro.”

 

“Fa il camionista ed è più via che a casa, da sempre. E ultimamente… è complicato,” sussurrò, lanciando un’occhiata verso la figlia, come a dirle che non poteva parlarne di fronte a lei.

 

Noemi però - beata lei! - ignara di tutto, saltellava felice tra di loro.

 

Arrivarono finalmente di fronte a quel portoncino terribilmente familiare.

 

“Senti, visto che mi hai accompagnata… perché non ti fermi a cena? Che poi metto a dormire la peste e così chiacchieriamo un po’.”

 

La proposta arrivò inaspettata - in quei mesi si erano limitati ad interagire al supermercato o subito fuori - e si sentì un poco in imbarazzo. Ma di parlare meglio con Rosaria ne avrebbe proprio avuto voglia.

 

“Sììììììì, a tena!!” gridò Noemi, stringendoglisi di nuovo, come per non lasciarlo andare.

 

“Mi… mi piacerebbe, ma…” mormorò, indicando con lo sguardo verso le finestre, dove alcune vicine stavano già appostate, “non vorrei crearti problemi, con le malelingue, che qua ce ne stanno tante.”

 

Ma lei, per tutta risposta, rise.

 

“Se vogliono costruire su una puntata di Beautiful facciano pure, sai a me che me frega!”

 

“Che cos’è bruttifù?” saltò su la bimba, confusa, e stavolta scoppiarono a ridere entrambi.

 

“Dai, sali! Salvo ti causi problemi con sta famosa Cinzia, naturalmente,” gli offrì di nuovo, mentre spalancava il portoncino.

 

“Cinzia è l’ultima che può lamentarsi se ceno da un’amica,” le rispose, pensando alla tragica prima cena a casa di lei, “niente pesce crudo o molluschi crudi, però!”

 

“Perché?” gli chiese Rosaria, sembrando confusa.

 

“Una storia lunga. Se teniamo tempo dopo cena magari te la spiego, pure se non ci faccio una gran figura.”

 

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“Che pensi di fare per pasqua?”

 

“Come mai ti viene in mente, mo?” gli chiese, sorpresa, sedendosi accanto a lui sul divano, porgendogli una bella tazza di camomilla fumante: era stata una giornata campale, soprattutto per lui, a spulciare ore di intercettazioni all’avvocato della difesa per il maxiprocesso.

 

Avevano appena fatto addormentare la belva, dopo un venti minuti buoni di giochi, e ora finalmente avevano un momento tutto per loro.

 

“Perché è tra due settimane. Allora, che pensi di fare? Vuoi tornare a Matera?”

 

“Beh… a Matera mo ci sta pure tua sorella, però… alla fine c’abbiamo giusto un paio di giorni di ferie, se ci va bene. Sarebbe una sfacchinata e poi Valentì dovrebbe scegliere con chi passare il pranzo di pasqua. La lascerei andare da suo padre, che da gennaio si sono visti poco o niente, che lei sta ancora arrabbiata, e magari inviterei qua tua sorella, che se sta qualche giorno in più possiamo farle vedere un po’ di appartamenti. Che ne pensi?”

 

“Davvero rinunceresti alla pasqua con Valentina?” le domandò, e vide chiaramente che era sorpreso.

 

“Visti i precedenti, preferisco non rischiare di accavallare le cose con Pietro… finché non terremo un rapporto più civile. E poi posso sempre invitarla a cena a pasquetta, che tanto c’ha l’università e qua deve tornare. E a pasqua terremo già abbastanza bocche da sfamare, se viene tua sorella, soprattutto quel terremoto di tua nipote.”

 

“Ah, sui dolci soprattutto Noemi sarebbe capace di spazzarsi tutto quanto da sola!” rise e si sentì stringere forte in un abbraccio, “però almeno per la festa della Bruna quest’anno a Matera ci torniamo assolutamente!”

 

“Eh certo! Quest’anno ce la vediamo dal vivo, altro che streaming!” concordò, dandogli un bacio, prima di sussurrargli, “che dici se mo ci facciamo un ripasso della nostra festa della Bruna?”

 

“E la camomilla?” le domandò, con tono sornione.


“Fredda sarà buonissima!” esclamò, poggiando entrambe le tazze sul tavolino, prima di trovarsi schiacciata sul divano, tra solletico, risate e baci.

 

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“Finalmente si è addormentata! Se ci sono ospiti non sta ferma un attimo. Poi con te… ti ha preso tanto in simpatia.”

 

“A me o ai leccalecca?” ironizza, godendosi il suo sorriso mentre si sedeva sul divano accanto a lui.

 

Era proprio bello quel sorriso. Schietto, aperto. Come era da troppo tempo che non ne vedeva, se non con lei.

 

Dai tempi felici con Imma, pure se era completamente diverso.

 

La tigre in ceramica richiamò nuovamente la sua attenzione da un angolo della stanza. Era così strano vederla lì, in mezzo alle cose della buonanima della sua ex suocera. E riconosceva pure altre cose che Imma si era portata via il dicembre precedente, sparse qua e là.

“Non… non ci avevo pensato che qua… ci stanno le cose di Imma. Se ti senti a disagio, io-”

 

Si voltò verso Rosaria, stupito di come l’avesse capito al volo.

 

“No, no, meno di quanto avrei creduto. Ce li ho avuti per tanto tempo a casa ma… alla fine, sono solo oggetti,” le rispose e si stupì di constatare che lo pensava veramente.

 

“Certo che se ci pensi è strano, che siamo diventati amici…” commentò Rosaria, scuotendo il capo, “però ne sono felice. Pensavo che non avrei fatto altre amicizie qua a Matera, a parte Capozza e Diana.”

 

“Eh… non è facilissimo fare amicizie qua, quando sei forestiera, ma non impossibile. Come va con la ricerca a Roma?”

 

“Mi hanno trovato qualche appartamento, ma… sono tutti o troppo cari o invivibili. Per carità, mi adatto, ma voglio che Noemi possa avere una stanza sua, mo che diventa grande, che se si abitua sempre a stare in camera da letto con me è la fine. Per intanto continuo a mettere i soldi da parte e a mandare curriculum ai centri estetici. E poi…” la vide esitare, come se non sapesse se proseguire o meno, ma poi lo fece, “e poi non so come andrebbe con Salvo. Mio marito. Già non è felice all’idea di Matera, per niente, e… dice che a Roma sarebbe più complicato con il camion, col traffico che c’è. E poi… non mi ha ancora perdonato il fatto di avere deciso da sola di venire a vivere qui, anche se ci sono praticamente stata costretta.”

 

“Come costretta?” le domandò, preoccupato, mentre si diceva che sto Salvo doveva essere proprio uno scemo a non apprezzare una moglie come Rosaria.

 

“Non… non so se sia il caso di parlarne con te…” ammise lei, mordendosi il labbro.


“C’entrano tuo fratello ed Imma?”

 

“In un certo senso…. Mia madre… mia madre da quando ha saputo di Imma ha fatto tragedie. Mio fratello sarà un anno che è in esilio, volontario, eh, perché nostra madre gli ha chiesto di scegliere tra lei ed Imma. E a natale ha chiesto pure a me di scegliere tra lei e mio fratello e… io non mi faccio ricattare, a costo di ricominciare tutto da capo.”

 

Sentì come un qualcosa stringersi nel petto. Rosaria era coraggiosa, coraggiosissima. Ma pure il maresciallo… non era da tutti fare una rinuncia del genere. Qualche cosa di buono ce l’aveva pure lui, e forse era meglio così, sapere che Imma non si era fatta abbagliare solo dal fisico, dagli occhioni e dallo stacanovismo lavorativo molto poco disinteressato.

 

“Hai fatto bene. Io con mia madre… ammetto di non essere mai stato proprio un grande esempio di coraggio. Ma quando mi sono fidanzato con Imma, lei mi ha dato un aut aut e… me la sono sposata lo stesso. E alla fine mia madre ha dovuto tollerarla, anche se piacerle non le è mai piaciuta.”

 

“E perché non lo ritrovi pure mo sto coraggio?”


“In che senso?”

 

“Per Cinzia. Si vede che non sei felice con lei. Perché ci stai ancora insieme?” gli chiese, guardandolo dritto negli occhi, in un modo che lo fece sentire in difetto in confronto a lei.

 

“Perché… Cinzia c’è stata in tanti momenti difficili, quando mi sono lasciato con Imma… anche se forse… non è l’argomento migliore di cui parlare con te,” ammise, passandosi una mano tra i capelli.

 

“Si vede che… che eri tanto innamorato di Imma. E forse lo sei ancora. E… mi dispiace che la felicità di mio fratello sia arrivata a spese tue, che proprio non te lo meritavi, anche se per mio fratello è stata ‘na benedizione, che prima di Imma teneva proprio dei gusti di merda sulle donne!”

 

Gli venne da ridere.

 

“Che c’è?”

 

“No, niente… pensavo… che forse è proprio per questo che mi trovo bene a parlare con te. Perché non devo parlare bene di Imma per forza, ma nemmeno parlarne male, come fanno sempre mia madre e Cinzia, che si arrabbiano pure se dico loro di smetterla.”

 

“Ma Imma è la madre di Valentina. Tua madre e pure Cinzia dovrebbero essere felici se hai un rapporto civile con lei. Certo, Cinzia può essere gelosa, ma forse perché pure lei percepisce che c’è qualcosa che non va.”

 

“Lo so, c’hai ragione, ma… Cinzia mi ama, teniamo tante passioni in comune. E poi è giovane, è bella. Dove ne trovo un’altra? Non c’ho più vent’anni, e manco quaranta.”

 

“Ma buono e gentile come sei, poi bravo coi bambini, di sicuro di donne che apprezzano ne troveresti eccome. Ma fino a quando non ti guardi in giro e stai con sta Cinzia e con mammà appiccicate… è chiaro che girano alla larga, no? E poi non fai un favore manco a Cinzia, che magari può trovare qualcuno più… preso di te.”

 

Sospirò, perché, di nuovo, Rosaria teneva ragione.

 

“Lo so, ma… io ti ammiro molto, che stai bene da sola e te la cavi, ma io non sono mai stato così.”

 

“Eh va beh, col mio carattere, forse è meglio se sto da sola. Mica è facile sopportarmi. Però quando-”

 

Rosa si bloccò bruscamente, parendo a disagio e mordendosi letteralmente le labbra.

 

“Che cosa volevi dire?”

 

“No, niente, niente,” cercò di dissimulare lei.

 

“Se c’entra di nuovo Imma puoi parlarne, anzi, devi parlarne. Devo farci il callo e se no non ce lo farò mai, se tutti si comportano diversamente con me, quando ci sta di mezzo lei.”

 

Rosa sospirò, buttando fuori, con una velocità degna di sua figlia quando voleva un dolcetto, “quando vedo coppie felici e che… che stanno tanto bene insieme pure per ore o per giorni interi, un poco mi chiedo come sarebbe. Perché io una cosa così non l’ho avuta mai.”

 

“Mentre Imma e tuo fratello sì?” le chiese per conferma, e fu un altro colpo al cuore, perché pure lui ed Imma quello non l’avevano avuto mai.


“Scusami, è che-”

 

“No, no. Mo sono quasi due anni, sai, che ci siamo separati e… devo guardare in faccia la realtà. E… la verità è che io ed Imma siamo stati molto bene, io benissimo, lei non lo so a questo punto, per vent’anni, ma… uno dei segreti del nostro rapporto era pure che c’avevamo poco tempo per noi e, quando c’era, era speciale. Ma quando eravamo in vacanza insieme… io di solito stavo da una parte e lei dall’altra. Non abbiamo mai avuto passioni in comune o… o tante cose di cui parlare. Quindi vedersi poche ore al giorno aiutava molto.”

 

“Nel mio caso però sono poche ore la settimana, anzi, al mese. E… io e Salvo ci conosciamo da una vita e… mi è sempre andata bene ma… ma non so più se sia normale o no.”

 

“La normalità non esiste. L’importante è trovare un equilibrio che funzioni e che stia bene a te.”

 

“Il problema è che non lo so più se mi sta bene…” sussurrò lei, come se fosse tra sé e sé.

 

E provò di nuovo una stretta al petto: sapeva che il marito di Rosaria era via per lavoro e che dovevano tirare avanti a fatica la baracca, ma… con una famiglia così era un vero peccato viversela poco o niente.

 

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“La messa è finita, andate in pace!”

 

“Rendiamo grazie a dio!” pronunciò, in modo molto sentito, perché non ne poteva più, ma sua nonna, se si fosse persa la messa di pasqua, non glielo avrebbe perdonato.

 

Anche se, forse, era meno peggio che starsene da sola con suo padre, con il quale era ancora incazzata per la reazione al suo coming out e per non aver avuto le palle, in quei due giorni, per chiederle scusa come si doveva e magari dirle che era felice per lei e Penelope, pure se non lo pensava davvero.

 

Uscirono dal banco, camminando rapidamente verso l’entrata della chiesa, quando quasi si scontrarono con un’altra famiglia che stava lasciando libero il proprio di banco.

 

“Signor De Ruggeri!”

 

Lo stomaco fece due giri di lavatrice. Riconobbe immediatamente il procuratore capo, con i baffetti e la pelata, la moglie e, soprattutto, il figlio.

 

“Valentina?” chiese il ragazzo, salutandola, “come stai?”

 

“Ah, ma vi conoscete?” chiese l’ometto al figlio, che però non disse niente, “ah, sì, è vero! Alla festa della Bruna, quando la dottoressa Tataranni lavorava ancora qua. Ma non pensavo che te ne ricordassi, sei fisionomista, bravo! Tutto suo padre!”

 

Carlo nuovamente non disse nulla, prendendosi il buffetto paterno, anche se spalancò un poco gli occhi.

 

A Valentina venne proprio da vomitare: aveva capito chi era, era fregata.

 

“Certe cose, anzi certe persone, sarebbe meglio dimenticarle,” commentò sua nonna, con il naso rivolto all’insù, mentre Cinzia rise sguaiatamente, e suo padre alzò gli occhi al cielo, anzi, alla volta della chiesa.

 

“Dai, mà, è meglio che mo andiamo. Dottore, è stato un piacere rivederla, e pure alla sua famiglia. Buona pasqua!” lo sentì esclamare, prendendo sua madre per un braccio, mentre il nonno, che pareva pure lui imbarazzato, lo seguiva subito dietro, forse per evitare che lei protestasse.

 

Incrociò un’ultima volta lo sguardo con Carlo e poi seguì di corsa il resto della famiglia fuori dalla chiesa.

 

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“Certo che il figlio del prefetto è proprio un bel ragazzo, Valentina! E si ricorda ancora di te! Fossi in te lo cercherei su uno di quei cosi sociali che usate voi giovani e non me lo farei scappare!”

 

Rimase a bocca aperta, dopo l’ennesima uscita di sua madre, Valentina che faceva roteare gli occhi e sembrava pronta all’esplosione.


Del resto sua madre non sapeva niente del coming out di Valentina e pure con lui… quando lui cercava di parlarle, si chiudeva in stanza come faceva ormai da giorni. Sapeva che ce l’aveva ancora con lui per la reazione che aveva avuto quando aveva saputo di Penelope, ma non aveva idea di come fare per rimediare. Sempre se c’era un modo di rimediare.

 

Pure se sta Penelope continuava a non piacergli ma… non voleva perdere Valentina, già si erano tanto allontanati in quegli ultimi due anni.

 

“Eh va beh, mà, Valentì c’ha i suoi interessi. Poi che fa, si mette con uno che sta qua a Matera e che non vede mai?”

 

“Ma che! Quello pure sta a Roma, che non lo sai? Studia giurisprudenza alla Sapienza. Che quello è già avviato a fare la carriera del padre!”

 

“In effetti è veramente bello. Sareste una coppia bellissima!” intervenne Cinzia, dando manforte a sua madre e Pietro notò che i lampi negli occhi di Valentina stavano raggiungendo livelli che giusto Imma aveva mai raggiunto.

 

“E quindi solo perché uno è bello e ricco dovremmo essere una coppia bellissima? Magari è uno stronzo figlio di papà, viziato e con la puzza sotto al naso. Ma a voi che ve frega, che guardate solo le apparenze e giudicate tutti, mentre non sapete niente?!”

 

Ecco appunto!

 

“Valentina!” urlò sua madre, con aria scandalizzata, “come ti permetti di parlarmi così, sono tua nonna!”

 

“E perché, tu come ti permetti di parlarmi così di mia madre, che è sempre mia madre, di fronte a tutti, pure al suo ex capo?!” gridò a sua volta Valentina, alzandosi da tavola, per poi rivolgersi a Cinzia, che era come pietrificata, “e tu, invece, che la spalleggi e dici peste e corna di mia madre, quando tu sei la prima che sbavava dietro a mio padre quando era ancora sposato! Pensi di essere migliore di lei?”

 

“Valentina! Chiedi subito scusa!” urlò sua madre, alzandosi a sua volta, “ma del resto non è colpa sua, è l’influenza di quella, che ce la mette contro!”

 

“Veramente siete voi che fate di tutto per mettermi contro mia madre. Mentre lei di voi non ha mai detto niente di male, ha voluto lei che venissi qua a fare pasqua con papà, che dice che lo vedo troppo poco. Ma del resto c’ha una vita felice, lei, a differenza della vostra, che deve essere proprio triste, visto come sprecate il vostro tempo a sparlare e cercare di gestire quelle degli altri.”

 

Sua madre divenne rosso fuoco e pure Cinzia.

 

Sapeva che sarebbe dovuto intervenire, ma non sapeva che dire, manco Imma aveva mai affrontato sua madre in quel modo.

 

E poi Valentina spostò la sedia e se ne andò, dicendo, “mi è passata la fame!”, seguita dai “Valentina!” di sua madre, che ancora urlava.

 

D’istinto, si alzò in piedi pure lui, e sua madre lo fulminò con un’occhiataccia, chiedendogli, “dove pensi di andare?”

 

“Da mia figlia!” le rispose, prendendo il coraggio a quattro mani e mollando lì lei e pure Cinzia, che ancora teneva la bocca spalancata, e correndo a infilarsi lo spolverino per inseguire Valentina.

 

La vide che aveva già percorso diversi metri e dovette correre per andarle dietro, che ultimamente non andava più a calcetto e non ci era abituato.


“Valentì, aspetta!” le gridò, ma lei non si girò, “Valentì, aspettami!”

 

Di colpo, la vide bloccarsi e girarsi verso di lui, i pugni serrati ai fianchi, “e per dirmi che cosa, eh? Che devo chiedere scusa?”

 

“No, no,” le rispose, riuscendo finalmente a raggiungerla, “sono io… sono io che ti devo chiedere scusa. Per Penelope e… e perché avrei dovuto dire qualcosa io a tua nonna, ma… non mi ha mai dato retta. E mi dispiace che lo abbia dovuto fare tu al posto mio.”

 

Valentina rimase per un attimo con la bocca aperta, poi rilassò i pugni e, senza parole, ricominciò ad avviarsi verso casa.

 

Non era un perdono ma… conoscendola, era un inizio.

 

La seguì, camminandole vicino, anche se un passo indietro.

 

Improvvisamente, si fermò di nuovo, che per poco non le finiva addosso, e si voltò verso il muretto, che dava sui Sassi.

 

“Che succede?” le chiese, preoccupato.

 

“Carlo… il figlio di Vitali… non mi ha riconosciuta per la Bruna, ma perché… a capodanno ha difeso me e Penelope, da alcuni ragazzi che… ci stavano molestando, dopo averci viste baciare alla mezzanotte.”


Rimase senza parole, mentre gli veniva un’immensa rabbia in corpo: quegli stronzi!

 

“E mo sa chi sono, oltre a sapere di me e Penelope e… temo che esca fuori di noi due e-”

 

“E non ti devi preoccupare!” le disse, deciso, mettendole una mano sulla spalla, “se vi ha difese vuol dire che non è un cretino, e perché dovrebbe mettervi in difficoltà mo, raccontando i fatti vostri? E se lo facesse comunque tu non devi preoccuparti di niente, quello che dovrebbe vergognarsi in caso è lui, tu devi andare a testa alta, sempre.”

 

Incrociò lo sguardo di Valentina e, miracolosamente, gli sorrise.

 

“Non ti ho ancora perdonato. Ma devo dire che mi sembri migliorato in questi ultimi mesi, nonostante nonna e Cinzia. Sei meno insopportabile di prima.”

 

E, malgrado tutto, gli venne da ridere.

 

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“Ancora un poco di pastiera?”

 

“Sììììììì!!”


“Noè, hai già mangiato troppo per oggi. La mangi un’altra volta.”

 

La bimba si produsse in un’espressione corrucciata assolutamente adorabile, le braccia incrociate sul petto.

 

“Voi ne volete?” chiese a Rosaria e Salvatore, che era tutto il pranzo - anzi, a dir la verità da quando erano arrivati a Roma il giorno prima - che stava con una faccia che quasi faceva concorrenza a quella della figlia mo. Era rigido, un’ombra perennemente sul volto.

 

E, infatti, scosse il capo.

 

“La pastiera la fai veramente buona, fratellì, hai imparato bene, bravo!” rispose Rosaria, dandogli un pizzicotto sulla guancia, “ma meglio se pure io rimando, che non c’ho più lo stomaco per il bis, dopo tutto quello che avete preparato.”

 

“Eh… le cucine avellinese e materana insieme non perdonano: è una combinazione pericolosa!” scherzò, beccandosi un pizzicotto sul fianco da Calogiuri, a cui rispose con un bacio sulla guancia, che lui rilanciò schioccandogliene uno sulle labbra.

 

Sentì un rapido colpo di tosse e notò immediatamente come provenisse da Salvo, che sembrava ancora più contrariato, lanciando sguardi tra loro e la figlia.

 

Si dovette trattenere dal dirgli che mica avevano messo in scena un porno: era giusto un bacetto! E infatti Noemi era letteralmente tranquilla come una pasqua, a parte il modo concupiscente con cui si ammirava la pastiera.

 

Decise di levarla da tavola.

 

Aveva appena finito quando le suonò il telefono, segnalando l’arrivo di una chiamata.

 

Sperò che non fosse qualche scocciatore: ma perché chiamavano tutti in orario di pranzo?

 

Calogiuri, solerte come sempre, le ripescò il cellulare che era finito in un angolo della casa, tra un preparativo e l’altro.

 

Il display annunciò una chiamata di Valentina. Ma mica una chiamata normale no, una videochiamata.

 

“Come sto?” chiese a Calogiuri, facendo segno alla faccia: dopo tutto quello che si erano scofanati chissà in che condizioni era.

 

“Sei bellissima!” le rispose lui, in quel modo sincero in maniera disarmante, solo che probabilmente glielo avrebbe detto pure se avesse avuto il viso sporco di cibo ed il trucco colato in modo irreversibile.

 

“Va beh…” rispose, decidendo di credergli ed avviando la chiamata.

 

“Mà! Calogiuri!”

 

Vide Valentina, nella sua camera da ragazza - strano che non fosse ancora da nonna a pranzo! - che sembrava stranamente sorridente.

 

“Valentì, auguri! Come va?”

 

“Io e papà abbastanza bene. Voi? Avete finito il vostro menù, che sarà stato sicuramente leggerissimo?”

 

“Ed era pure buonissimo. Pasqua prossima lo assaggerai!” le rispose, mentre notava con la coda dell’occhio che anche Calogiuri la salutava con la mano, in un modo adorabile.

 

“Valentì, hai detto qualcosa?”

 

Sentì la voce di Pietro, pure se un poco attutita dalla distanza, prima che comparisse nell’inquadratura, mentre Valentina diceva, “sto facendo gli auguri a mamma.”

 

Le sembrò un poco imbarazzato, ma poi guardò dritto in camera e le disse “auguri, Imma! Maresciallo.”

 

Nonostante il titolo usato per Calogiuri, il tono le pareva meno sarcastico che in passato.

 

Udì uno scalpiccio ai suoi piedi e poi sentì manine che le afferravano le ginocchia, mentre Noemi saltellava, urlando, “tao! Tao!”

 

“Mi sa che vuole farvi gli auguri pure qualcun’altra…” sorrise, mentre Calogiuri si abbassava per prenderla in braccio.

 

“Tao Vaentina! Tao Pietto!” esclamò la bimba, entusiasta.

 

Rimase un poco sorpresa, che si ricordasse pure il nome di lui, e scherzò, “e brava! Ti ricordi ancora il leccalecca?!”

 

“Eh sì! Me li regala sempe!” esclamò, battendo le mani con un sorriso.

 

Lanciò un’occhiata stupita verso Rosaria, che parve stranamente imbarazzata.

 

“Io e Pietro facciamo la spesa nello stesso supermercato, quindi abbiamo fatto amicizia,” spiegò, alzandosi da tavola, ed avvicinandosi a loro, arrossendo un poco, anche se mai quanto faceva di solito il fratello, chiedendole poi, con aria preoccupata, “per te è un problema?”

 

“No, per me no,” rispose, ancora stupita, scambiandosi uno sguardo con Calogiuri, sbigottito più di lei.

 

“Ciao Rosa…” la salutò Pietro, sembrando in imbarazzo, mentre pure Valentina aveva uno sguardo meravigliato, “buona pasqua a te e a Noemi!”

 

Un rumore di sedia strascicata sul pavimento e Salvatore li raggiunse, con aria torva e un po’ infastidita, prima di spiare lo schermo.

 

“Questo è Salvatore, mio marito,” spiegò Rosa, forse avendo notato lo sguardo interrogativo di Pietro, una volta che Salvo era entrato nell’inquadratura, “e questo è Pietro, l’ex marito di Imma, con loro figlia Valentina.”


“Ah, piacere!” disse Pietro con un sorriso, ma Salvatore si limitò ad annuire e tornare verso il tavolo, senza altre parole.

 

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“Perché non mi hai detto che ti vedi con un altro uomo?!”

 

“Capo primo non è un altro uomo ma l’ex marito di Imma. E comunque non ci sta niente di male ad avere amici uomini!”

 

Sentivano le voci provenienti dalla zona giorno fin dalla stanza da letto, dove si erano ritirati per la notte insieme a Noemi, che aveva voluto a tutti i costi dormire con loro. Di rimando, Ottavia dal bagno dov’era chiusa per la notte si produceva in miagolii incazzosi verso chi osava turbare la quiete notturna.

 

Scambiò uno sguardo preoccupato con Calogiuri: marcava male.

 

“Io mi sono sempre fidata di te, anche se stai sempre in giro. Che sono ste scenate di gelosia, mo?”

 

“Che sono?! Sono che mi dispiace che un uomo frequenti casa nostra e nostra figlia senza che io lo so!”

 

“A parte che non è casa mia o casa tua. Ma comunque, se dovessi farti il resoconto di chi vede tua figlia, visto che non ci sei mai, passeremmo quelle poche ore in cui ci vediamo a fare la cronaca.”

 

“Forse ci sarei più spesso, se tu non ti fossi messa in capa di vivere a Roma, con tutte le spese, e ce ne rimanevamo a casa di tua madre, che almeno quelle principali erano pagate e-”

 

“E non possiamo dipendere da mà per sempre! E dovresti essere felice: nessun uomo tranne te vuole vivere con la suocera in casa!”

 

Imma alzò un sopracciglio, mentre dava mentalmente supporto a Rosa: su quello c’aveva ragione, c’aveva.

 

“Comodo per te, che tanto non vai tu in giro con il camion ad orari assurdi! Già a Matera con le strade è un casino. Mo a Roma dovrei svegliarmi ancora prima, per non restare imbottigliato nel traffico. Ma tanto tu a me non ci pensi!”

 

“E tu a me, alla mia felicità e alla mia indipendenza economica non ci pensi!”

 

“Ma ci sto io!  Avevamo già tutto quello che ci serviva, tu c’hai già tanto da fare con Noemi, a che serve mo sta storia del lavoro?”

 

“Io non voglio fare la mamma casalinga a vita! E se lo pensavi ti sei sbagliato di grosso!”

 

E poi sentirono sbattere una porta, non capendo se se ne fosse andata Rosa oppure lui, anche se speravano la seconda visto l’orario.

 

“Pecché mamma e papà ullano?”

 

La voce sonnacchiosa di Noemi, che si sfregava gli occhietti in mezzo a loro, fu un colpo per lei.

 

“Niente… discussioni tra marito e moglie… a volte si litiga, succede,” cercò di minimizzare, dandole una carezza sul viso, “dormi mo, che è tardi. Se no domani niente bis di pastiera.”

 

Noemi fece un’espressione che manco le avessero fatto un affronto, ma poi sentì un bacetto sulla guancia e manine che le si aggrappavano al collo, mentre la piccoletta cercava di riaddormentarsi.

 

Fece un cenno a Calogiuri, di andare a vedere che era successo e, soprattutto, dove fosse la sorella.

 

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La vide che piangeva sul divano letto, mentre Ottavia continuava a miagolare e grattare la porta del bagno.

 

Con un sospiro la lasciò uscire, prima che la micia distruggesse tutto ed Ottavia si fiondò con una falcata da pantera verso la sorella, saltandole sulle spalle e cominciando a darle colpetti con la zampa e con la testa.

 

“Mi sa che non vuole che piango…” commentò Rosa, afferrando la belva e mettendosela in grembo.

 

“La capisco… ma devi fare quello che ti senti,” rispose, inginocchiandosi di fronte a lei, mentre spiava preoccupato la sua espressione.

 

“Scusatemi per… per tutto. La mia vita è un casino!”

 

“E che la mia no?” ribatté, prendendole la mano libera dalle coccole feline, per poi commentare, un poco amaro, “certo che le feste insieme ci portano proprio male. Forse è meglio che la prossima volta le facciamo separati.”

 

“Non sono le feste, è Salvo che… che su certe cose è rimasto al medioevo. E io speravo che fosse diverso, visto che mi ha sempre lasciato tanta libertà. Ma forse solo perchè ci stava mammà con me.”

 

“Ascolta, forse… forse sul fatto che si sia arrabbiato perché hai deciso da sola di vivere a Matera e poi a Roma… su quello non gli do torto, ma sul resto… hai tutto il diritto di avere le tue soddisfazioni, pure lavorative!”

 

Si sentì abbracciare, mentre Ottavia miagolava tra di loro.

 

“Su… sul fatto che sono in amicizia con Pietro… non hai problemi?” gli domandò e la verità era che manco lui sapeva bene come si sentiva in proposito.


“Mi fa un poco strano ma… io non c’ho nulla contro al Signor De Ruggeri, se non passasse la vita a prendersela con me, pure se lo capisco, quindi… se con te e con Noemi è gentile, ne sono contento.”

 

“Sì, molto,” rispose Rosaria, staccandosi dall’abbraccio.

 

“Se volete restare qualche giorno in più, finchè sto litigio non si risolve, sono sicuro che pure Imma vi ospiterebbe volentieri.”

 

“Lo so. Ma voglio vedere gli appartamenti e poi tornare a Matera, che almeno la peste c’ha il nido e… anche se lo sono sempre, credo d’avere bisogno di starmene un poco per conto mio a riflettere.”

 

L’abbracciò di nuovo, preoccupato dall’amarezza che percepiva nella sua voce. Ed il peggio era che non sapeva come aiutarla.

 

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“E insomma… potrebbe uscire fuori di noi due.”

 

“Vale, lo sai che per me non è un problema, si stupirebbero se scoprissero che ho una relazione con un ragazzo,” scherzò Penelope, facendole l’occhiolino, “senti, ti va di venire a Milano per qualche giorno?”

 

“Mi piacerebbe, ma mamma mi ha invitata per la cena di pasquetta e poi c’ho un preappello da fare questa settimana.”


“E allora vengo io a Roma.”

 

“Ma come fai con i corsi?”

 

“Per un paio di giorni l’accademia può fare a meno di me e-”

 

“No, dai, ci vediamo il prossimo fine settimana, non ti preoccupare. Che so quanto ci tieni alla pittura.”

 

“Ma tengo più a te,” le rispose Penelope e Valentina sentì un tuffo al cuore.

 

In quel momento, le arrivò una notifica.

 

“Chi è che ti scrive a quest’ora?” le chiese subito Penelope, con un tono un poco piccato.


“Che sei gelosa?” le domandò, ma il sorriso le sparì dal volto.


“Vale, che succede?”

 

“Carlo Vitali mi ha appena chiesto l’amicizia…”

 

“E guarda che ti vuole dire, no?” le disse Penelope, ma sentiva che era preoccupata pure lei, “noi ci sentiamo dopo, fammi sapere!”

 

Salutò Penelope ed aprì la notifica, accettando la richiesta di amicizia. Tanto avrebbe sempre potuto bloccarlo.

 

Vide immediatamente i tre pallini di qualcuno che stava scrivendo.

 

Ciao Valentina! Volevo solo dirti che non ti devi preoccupare: non dirò niente a nessuno. Ma finalmente ho capito dove ci eravamo già visti. Spero che tu stia bene e pure Penelope, anche se non l’ho vista oggi. Salutamela!

 

Sorrise: era proprio un bravo ragazzo il figlio di Vitali.

 

Ciao Carlo. Io sto abbastanza bene, grazie. E grazie per averci aiutate a dicembre. Penelope fa pasqua con suo padre che sta a Milano. Te la saluterò.

 

Eh… pure a me tocca… anche se non vedo l’ora di tornare all’università.

 

Giurisprudenza alla Sapienza, giusto?

 

Vide che per un attimo non rispose niente e temette di avere esagerato, passando da stalker. Ma la divertiva fargli pensare che sapesse molto di più su di lui di quanto lui sapesse di lei, anche se era il contrario.

 

E tu come lo sai?

 

Sottovaluti il Gazzettino dI Matera.

 

Eh… lo so… infatti sono contento di stare a Roma. E tu dove studi?

 

Roma pure io. Assistente sociale.

 

Allora magari qualche volta possiamo farci un’uscita romana, anche con Penelope. Fammi sapere. E buona pasqua!

 

Sorrise: la verità era che l’idea non le dispiaceva affatto.

 

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“Ehi, ciao, come va? Che è un po’ che non ci vediamo al supermercato!”

 

La vide fermarsi e voltarsi verso di lui, Noemi in braccio ed un sorriso un po’ tirato sul volto.

 

“Tutto bene?” le chiese, preoccupato, mentre Noemi si sporgeva verso di lui, salutandolo con un “tao Pietto!” entusiasta.

 

Dall’espressione di Rosaria, intuì che non andava affatto tutto bene.


“Hai avuto problemi per pasqua? Imma o tuo fratello ti hanno fatto storie?”

 

“No, no, né mio fratello né Imma mi hanno fatto problemi, erano soltanto sorpresi,” gli rispose con un sospiro, mentre cercava di trattenere il piccolo terremoto, per poi aggiungere, con un mezzo sorriso, “speravi che Imma fosse gelosa? Dì la verità.”

 

Sentì un calore tremendo al viso.


“No, no… cioè… normalmente forse sapere che è ancora gelosa di me non mi dispiacerebbe, ma non se ci vai di mezzo tu e non voglio darti problemi con tuo fratello, che già ce li hai con il resto della famiglia.”

 

“Eh… appunto… è il resto della famiglia che è il problema,” sospirò di nuovo, chiedendo infine, “scusa, me la puoi tenere tu? Che non la trattengo più.”


“Ma che scherzi? Certo!” rispose, prendendo in braccio Noemi, ignorando gli sguardi curiosi dei passanti lungo Via XX Settembre, “ma che è successo? Ancora tua madre?”

 

“No. Mio marito. Dopo quindici anni insieme ha deciso di fare il geloso, che non gli ho detto niente della nostra amicizia. E normalmente non gli darei soddisfazione, ma… non voglio neanche io metterti di mezzo ai nostri casini familiari.”

 

Si sentì arrossire ancora di più. In un certo senso era lusingato che un marcantonio trentenne come il marito di Rosaria potesse considerarlo un rivale. Ma gli spiaceva per lei.

 

“Ma mi ha visto bene nella videochiamata? Ha visto quanto sono vecchio?”

 

“Ma che vecchio! Che stai benissimo. Certo, magari se svecchiassi un po’ il look staresti ancora meglio,” commentò Rosaria e Pietro si guardò e si chiese cosa c’avesse il suo look che non andava, “e comunque mio marito, per quanto se ne sta in giro, c’avrebbe poco da parlare. Io di lui mi sono sempre fidata, che potrebbe avere una fidanzata in ogni porto.”

 

“In caso sarebbe proprio stupido,” le rispose, deciso, mentre Noemi gli si aggrappava di più al collo e poi gli tirava un orecchio.

 

“Gli sei mancata,” gli fece notare Rosa, con un sorriso.

 

“Io o i leccalecca?” si schernì, pentendosene subito quando Noemi si illuminò e urlò, “lettaletta?!” perché non ne aveva uno con sé.

 

“Senti, perché non vieni a cena da noi stasera. Così le porti il leccalecca. Noemi, non ce l’ha mo, stai buona!”

 

“Ma non ti creo altri problemi con tuo marito? Perché non venite da me, invece? Che a casa mia ancora non ci sei mai stata.”

 

“E non ti creo io problemi con la famosa Cinzia?”

 

“Cinzia non può proprio lamentarsi, che è diventata insopportabile. A pasqua tra lei e mia madre hanno fatto arrabbiare Valentina, con le loro frecciatine su Imma, che mi è toccato inseguire mia figlia che ha preso e se n’è andata. E non le posso neanche dare tutti i torti.”

 

“Ti ho detto mille volte che te ne devi trovare un’altra! Che poi sai, magari una nuova, non dovendo vivere la separazione con Imma, la vedrà meno come una rivale, anche se dipende pure da te.”

 

“Eh… prima Imma devo togliermela del tutto dalla capa, anche se mi sembra di notare dei miglioramenti negli ultimi mesi.”

 

“E menomale!” esclamò Rosa, dandogli una pacca sulla spalla, “e non solo perché sono di parte, che c’è di mezzo mio fratello, ma perché te lo meriteresti proprio di essere felice. Se fossimo a Grottaminarda ti presenterei a qualcuna delle mie amiche.”

 

“Ma sarebbero troppo giovani per me, no?” le chiese, sentendosi però sempre più lusingato e con un termosifone sulla faccia.

 

“E figuriamoci, che sarà mai!”


“Ma io sono un po’ più vecchio di Imma, se non si nota.”

 

“E le mie amiche sono un po’ più vecchie di mio fratello, così sareste quasi pari. E a te, essendo un uomo, non farebbe problemi nessuno, beato te!”

 

Sospirò, dovendo ammettere che aveva ragione. Ma avrebbe fatto molto strano a lui, pure se Rosaria non era più ventenne e neanche le sue amiche.

 

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“Cos’è sta storia di una ragazza a casa tua?”

 

“Ciao Cinzia, sì sto bene, tu come stai?” proclamò sarcastico, perché già aveva suonato come un’ossessa, poi gli era piombata in casa dopo che lui la evitava da pasqua, senza nemmeno avvisare.

 

“Male! Visto che oggi sono venuta a sapere che è venuta un’altra donna a cena da te. Con pure una pupa al seguito.”

 

“Non è un’altra donna, è un’amica. E appunto c’aveva pure la figlia appresso, quindi niente di rock and roll.”

 

“Te lo do in testa il rock and roll! Chi sarebbe sta amica mo? Una del lavoro?”

 

“Non sono affari tuoi, e ti garantisco che comunque è l’ultimo dei nostri problemi.”

 

“Ma come non sono affari miei?! Sono la tua fidanzata, Pietro!”

 

“Magari se giudicassi di meno le persone e le mie scelte, mi sentirei più libero di parlarti delle mie amicizie.”

 

“Se è per la storia di pasqua-”

 

“No, non è per la storia di pasqua, Cinzia. Sono due anni che tu e mia madre mi fate una testa così e decidete pure per me e io non ne posso più. Sarò bravo e forse pure un poco scemo, ma non sono un burattino!”

 

“Non rigirare la frittata, Pietro! Che sei tu quello che forse mi sta mettendo le corna e mo non puoi incolpare me e tua madre pure di questo. O mi dici chi era sta tizia o me ne vado e non mi vedi più!”

 

“Quella è la porta!” esclamò, provando un immenso senso di liberazione, quasi di trionfo, nel riuscire a pronunciare quelle parole.

 

Cinzia sembrò sull’orlo di scoppiare a piangere o di mollargli un ceffone, ma poi girò sui tacchi e sbattè la porta con una forza tale da far tremare i muri.

 

Fu come se un peso gli si fosse levato dal petto e dalle spalle e si sentì leggero com’erano anni che non gli succedeva.

 

Avrebbe dovuto aprire il vino buono, ma, prima di farlo, doveva fare una cosa più importante.

 

Afferrò il cellulare e compose un messaggio.


Cinzia mi ha appena fatto una scenata di gelosia per la nostra cena qua e sono riuscito finalmente a dirle quello che penso e a lasciarla. Non ha capito chi sei, ma potrebbe scoprirlo. Avvisami se ti dà problemi.

 

Dopo poco, vide che Rosaria era online e stava scrivendo.

 

Mi spiace per la scenata, ma se ho contribuito involontariamente a farti decidere di mandare a quel paese sta Cinzia, ne sono felice.

 

Gli venne da sorridere.

 

Per circa due secondi, perché dopo vide una chiamata.

 

Mà.

 

Sapeva di non potere evitare quella telefonata.

 

“Pronto, mà?”

 

“E mo chi sarebbe sta svergognata? Ho sentito Cinzia, che è disperata! Ma sei matto?!”

 

“Ciao mà, si sto bene, noto pure tu visti i decibel. E non ci sta nessun’altra, è Cinzia che è troppo ossessiva e non la reggo più. Lasciarla è la cosa migliore per lei e per me. E se mi vuoi bene, devi piantarla di essere sempre più dalla parte sua che dalla mia.”

 

“E certo che sto dalla parte sua, Piè! Una brava ragazza, giovane, bella, intelligente, di buona famiglia. Un’altra così all’età tua non la trovi più!”

 

“E menomale!” esclamò, facendo una cosa che non aveva mai avuto il coraggio di fare, cioè chiudere la comunicazione per primo con sua madre.

 

Che soddisfazione!

 

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“Ma ne sei proprio sicura?”

 

“E dai, Pietro, è dalla prima volta che ti ho visto che lo voglio fare.”

 

“Ma è che… mi imbarazzo… mi sento nudo e poi… e se poi mi pento?”

 

“E se ti penti aspetti, come fanno tutti!”

 

Un brivido gli corse lungo la schiena mentre sentiva le dita di lei ed il fiato sul viso, e-

 

Zac!

 

Sentì i suoi baffi accorciarsi drammaticamente sotto un paio di colpi di rasoio ben assestati.

 

“Fatto! Ci voleva tanto?! Mo ti devi solo far crescere un poco la barba, che poi ti faccio vedere come tenerla curata. E diamo una sistemata pure a sti capelli! Un taglio più moderno ti ci vuole!”

 

Udì uno sforbiciare e sentì le dita di Rosa sollevargli e sfiorargli i capelli. Un altro brivido, forse la tensione.

 

“Ma sei sicura di essere capace, sì?”

 

“Sono estetista diplomata e ho fatto pure un corso da parrucchiera. Stai tranquillo, rilassati! Che poi facciamo pure una bella pulizia del viso e vedrai che domani fai girare la testa a tutta Matera!”

 

“Ma è che… non ci sono mai andato dall’estetista!”

 

“E va beh… c’è una prima volta per tutto!” gli sussurrò all’orecchio, e ci fu l’ennesima sensazione, come di una scossetta alla spina dorsale.

 

Doveva soltanto rilassarsi, solo rilassarsi.

 

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“Tataaaa!!!”

 

L’ululato di Noemi le spaccò quasi un timpano, mentre le abbracciava le cosce. Cresceva sempre di più, mannaggia!

 

La prese in braccio, ma a fatica, che oltre ad essere più alta era pure più pesante, finché con uno “ziooooo!!!” si buttò anche in braccio a Calogiuri, che di sicuro c’aveva più forza nelle braccia.

 

“Non vedeva l’ora di vedervi! Mi fa una capa tanta da tutta la mattina!” sorrise Rosaria, trascinandola in un abbraccio.

 

“Eh, devi dare la colpa ai bus, Noè, che sono lenti!”

 

Avevano avuto pure l’idea di venire in moto, che con il sole e l’aria calda era una meraviglia, ma poi Valentina aveva accettato di andare con loro ed in tre era impossibile.

 

“Imma!!!”

 

Ed ecco la spaccatimpani principale, al cui confronto Noemi era un sussurro: Diana, che ancora un po’ la buttava a terra, per come la abbracciava.


“Certo che avete fatto proprio un comitato di accoglienza!” commentò, vedendo pure Capozza, che si stava avvicinando a Calogiuri per ammollargli una pacca sulle spalle.

 

“E va beh, Imma! State qua pochi giorni, dobbiamo approfittarne! E dateci le valigie, che Capozza le mette in macchina!”

 

“Sperando che guidi meglio di come mi ricordo,” commentò con un sospiro, “ma poi come ci stiamo tutti in macchina?”

 

“E va beh… Noemi sta in braccio a sua madre e tu puoi stare in braccio a Calogiuri, che tanto sei leggera!”

 

“Ringrazia il cielo che non posso farti un verbale, Diana!” sospirò, ammollando però il trolley al brigadiere, stranamente solerte, mentre Ottavia, dal suo trasportino, le faceva chiaramente capire che se provava a mollare pure lei, si sarebbe vendicata sentitamente una volta uscita di lì.

 

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“Ecco il caffè. Napoletano però.”

 

“Grazie! E sei diventata brava con la cucina materana, altroché!” le sorrise, mentre Rosa si sedeva accanto a lei, con un’altra tazzina in mano.

 

Diana e Capozza se n’erano appena andati, dopo il lauto pranzo preparato da Rosaria, a base soprattutto di ricette tipiche materane. Calogiuri aveva accompagnato la peste a fare un pisolino e Valentina era andata da suo padre, che la attendeva con ansia.

 

“Anche se mo forse dovrai fare pratica con quella romana. Abbiamo trovato un appartamento che secondo me non è niente male. Certo, sta a Roma sud, che col tuo budget vicino a noi è impossibile, ma è vicino alla fermata della metro e forse è più comodo pure per tuo marito con gli spostamenti. E abbiamo trovato pure un paio di annunci promettenti per centri estetici in zone che dovresti raggiungere facilmente. Se ci vieni a trovare a breve, possiamo vedere se ti piace, così lo fermiamo e possiamo pure cominciare a informarci per l’asilo, se magari ti trasferisci dal nuovo anno scolastico.”

 

Rosaria sorrise, ma era un sorriso incerto, quasi tirato.


“Che c’è? Se non sei convinta, perché vuoi stare più vicino a noi non-”

 

“No, no, non è quello… è che… stavo cominciando ad abituarmi a Matera. Pure a tutte ste discese e salite: non c’ho mai avuto gambe così toniche, mo capisco il tuo segreto!”

 

Le venne da ridere, ma poi aggiunse, più seria, “se ti trovi bene qua a Matera… mica devi venire a Roma per forza. Posso lasciarti l’appartamento o aiutarti a trovarne un altro in affitto, se preferisci, e-”

 

“E non potrei continuare a stare qua senza pagare, non è giusto.”


“Beh… potrei pure farti pagare un affitto equo, ma mi pare assurdo mo, in famiglia. Al limite potresti pagarmi le tasse, le spese condominiali e le manutenzioni, se servono, e basta.”

 

“Non… non lo so… vediamo prima questo appartamento a Roma e poi… e poi decido.”

 

“Ma sì, parlane pure con tuo marito, con comodo,” le consigliò, perché la discussione di pasqua se la ricordava ancora.

 

“Eh… mio marito… ultimamente lo vedo due volte al mese, se va bene. Torna solo per vedere Noemi, è ancora arrabbiato con me, ma… Noemi ha bisogno di suo padre e non lo vede mai! Ma il signorino sta dalla parte di mia madre, gli faceva comodo vivere tutti insieme!”

 

“Sulla piaga dei mariti mammoni ti capisco fin troppo bene.”

 

“Ma almeno Pietro era mammone con la sua di madre, non con quella degli altri!” sbottò Rosa - e non potè darle tutti i torti - per poi proseguire, con un sorriso, “anche se ultimamente mi pare migliorato.”

 

“In che senso?”

 

“Eh… a Pietro non racconto i fatti tuoi e a te non posso raccontare quelli di Pietro,” le rispose, decisa.


“Va bene, è giusto. Sono contenta che Pietro abbia trovato un’amica come te. Almeno magari la smette di odiare Calogiuri.”

 

“Su quello ci sto lavorando.”

 

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“Dobbiamo trovare un posto da dove si possa vedere, ma senza finire schiacciati dalla folla.”

 

Stava percorrendo Piazza Vittorio Veneto, che cominciava a popolarsi per la festa, anche se mancavano ancora diverse ore allo strazzo. C’avevano pure Noemi con loro, quindi non potevano rischiare.

 

Valentina era ancora con suo padre, che stava da solo, stranamente senza Cinzia e mammà appresso, mentre Diana e Capozza, che aveva pure provato ad invitare, erano andati a festeggiare a casa della madre di Tina, che c’aveva un balcone che dava su una delle vie principali della processione.

 

Da un lato almeno avrebbe potuto godersi meglio Calogiuri, che era pure il loro anniversario, quello vero. Anche se era strano: era tutto il giorno che aveva l’aria corrucciata e un poco preoccupata. Forse pure lui temeva la combinazione di Noemi con la folla.

 

“Dottoressa!”

 

Si voltò, a quella voce inconfondibile, e si trovò di fronte Vitali, che camminava con moglie e figlio al seguito a poca distanza da loro.


“Sono felice che sia tornata per la festa della Bruna, dottoressa! Pure io me ne sono innamorato, immagino lei che a Matera c’è nata.”

 

“Eh sì… e poi volevo farla conoscere a un po’ di altra gente che viene più dalle sue parti, dottore. Questa è Rosa, la sorella di Calogiuri, e questa è sua figlia Noemi.”

 

“Molto piacere! Siete della provincia di Avellino, giusto?” chiese Vitali, porgendo la mano a Rosa e allungando poi le dita per dare una carezza a Noemi, che però lo afferrò per il naso.

 

“Noemi! Lascia andare il signore!” gridò Rosaria, prendendo le ditina della figlia, per farle mollare la presa, e lei non potè evitare di scoppiare a ridere, insieme alla moglie di Vitali. Calogiuri invece pareva mortificato come la sorella.


“Eh, l’imprinting, dottore!” commentò, mentre Noemi si beccava la sgridata di Rosa e Vitali si massaggiava il naso.

 

“Va beh… so’ criature, non serve che la sgridi! E poi so di avere un naso che… attira l’attenzione,” concesse il procuratore capo, con una pazienza ammirevole, per i suoi standard, “ma come fate mo con questa bimba in mezzo alla folla, col caldo? Perché non venite con noi sulla balconata della procura? Tanto lo spazio c’è.”

 

Si sentì un poco in colpa per avere riso, perché Vitali ultimamente era sempre davvero gentile con lei.


“Dottore… non lavoriamo più qua, ormai, non so se è il caso e-”

 

“Ma io sì, e poi rimanete sempre stimati colleghi, pure se di un’altra procura. Forza, dottoressa, non si faccia pregare che-”

 

“Imma?!”

 

Lei, insieme a Vitali e a tutti i presenti che non erano già in quella direzione, si voltarono, trovandosi davanti Pietro con Valentina.

 

“Pietro!” lo salutò, prima che Noemi esclamasse un “Pietto!!”, sporgendosi verso di lui, tanto che per poco non cascava dalle mani di Rosa.

 

Ma non era solo quello a stupirla, era pure il… il suo aspetto.

 

C’aveva una barba non troppo lunga, col pizzetto, ben curata. Pure i capelli erano più corti, in un taglio preciso, sale e pepe come la barba. Completo blu scuro, camicia bianca. Dimostrava almeno almeno una decina di anni in meno rispetto all’ultima volta che l’aveva visto.

 

“Hai visto come si è fatto figo il mio papà? Che finalmente non pare più un pensionato!” esclamò Valentina, senza malizia, ma come una constatazione.


“Eh sì… c’ho avuto… una consulente di immagine…” esclamò lui, imbarazzato, ed Imma si chiese se si trattasse di Cinzia che mo sindacava pure sul look di Pietro.


Anche se c’aveva avuto ragione, in caso.


“Stai molto bene, Pietro, veramente!” rispose, pure lei come se fosse un dato di fatto, lanciando però un’occhiata rassicurante a quel gelosone di Calogiuri, prima che pensasse male.

 

Ma il suo maresciallo sembrava francamente soltanto sorpreso, fissando più che Pietro in sé Noemi, che gli si era arrampicata su una spalla.

 

“Volete vedere pure voi la parata qua dalla piazza?”

 

“Veramente mi ha invitato Vitolo, che c’ha uno dei balconcini… sai, essendo il prefetto…” rispose Pietro, lanciando un’occhiata a Calogiuri che Imma non capì, perché non pareva di risentimento, come al solito.

 

“Imma!”

 

Lupus in fabula.

 

“Maria!” esclamò, vedendo spuntare dalle spalle di Pietro la chioma bionda della Moliterni.

 

“Pietro,” salutò invece Vitolo, secco, lanciando occhiate di fuoco verso Calogiuri.

 

“Va beh… noi forse è meglio che andiamo…” lo sentì proclamare, chiaramente volendo evitare un’altra discussione col prefetto, o di venire nuovamente cacciato.


“E perché?” domandò Vitali, stupito, che evidentemente non sapeva di cosa fosse successo tra Calogiuri e Vitolo - e, conoscendo Maria, la cosa la stupì parecchio - prima di aggiungere, dando una pacca sulla spalla al prefetto, “che tanto ci stanno tre balconcini, c’è posto per tutti! Poi mo, che mi pare di cogliere come un’armonia ritrovata, una bella famiglia allargata! Sia la vostra, che quella delle procure che rappresentiamo!”

 

Sempre poco melodrammatico, Vitali. Avrebbe potuto andare d’accordo con la signora Calogiuri.

 

Vitolo, ti dovrei parlare un attimo. Noè, perché non vai un po’ da mamma?” chiese Pietro, porgendo la bimba a Rosa, che spalancò gli occhi, lanciando un’occhiataccia a Vitolo.

 

“Cioè lui è il famoso prefetto che-”

 

Vitolo, vieni con me!” lo invitò Pietro, interrompendola - prima che probabilmente potesse mandare Vitolo nel posto dove pure lei lo avrebbe voluto mandare, e ormai da anni! - prendendo per un braccio il prefetto ed allontanandosi con lui tra la folla, pure se sempre sotto lo sguardo vigile della scorta.

 

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“Piè, ma che fai? Non dirmi che ti sei ammorbidito con quel cafone!”

 

Vitolo pareva molto contrariato e temette di essersi preso troppe libertà. Poteva essere un amico, ma primariamente restava sempre il prefetto.

 

“No, è che… che non è un cafone. A capodanno stava soltanto difendendo Imma da Cinzia, che sai com’è… la gelosia. Ha detto delle cose poco carine sul conto di Imma al maresciallo.”

 

“Come? E chi è che ti ha raccontato sta storia?”

 

“Cinzia, l’ha ammesso pure lei. Non voleva fare una figuraccia e allora… ha dato la colpa a lui, che era il bersaglio più facile. Non è un santo, Vito, ma non è il demonio, ecco.”

 

“Se… se lo dici tu… quindi mi vuoi dire che c’hai fatto pace mo col maresciallo?”

 

“Diciamo una tregua. Con Imma c’ho una figlia e… è la cosa migliore pure per Valentina.”

 

“Se è quello che pensi veramente, a me va bene. Ma non se ti senti in obbligo per via di Vitali e-”

 

“No, no, nessun obbligo. Era da un po’ che te ne volevo parlare, ma… ultimamente non ci siamo più visti.”

 

“Eh, sì, che bigi sempre calcetto. Ma ti capisco: ho sentito che ti sei lasciato con Cinzia, e che a quanto pare te ne sei presa una ancora più giovane, bravo!” esclamò Vitolo, dandogli un leggero pugno sul petto.

 

“Non mi sono preso nessuna, è Cinzia che è paranoica. Sono da solo, anzi single, come si dice mo, ma francamente è stata una liberazione.”

 

“Sì, libero di volare di fiore in fiore!” rise il prefetto, assestandogli un’altra pacca da sfondamento, “ma bravo, Pietro! Goditi la vita, tu che puoi!”

 

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“Inizia! Inizia!”

 

Il carro era quasi arrivato alla piazza, circondato dalle forze dell’ordine e dai Cavalieri della Bruna, per evitare che facesse una brutta fine anzitempo. 

 

Passò rapidamente in rassegna il balcone e notò che Vitolo ancora lanciava qualche occhiataccia a Calogiuri, che stava di fianco a lei.

 

Maria, invece, pareva molto divertita e confabulava con Rosa da una balaustra all’altra dei due balconcini.


Sua figlia continuava a scambiarsi sguardi con Carlo, e si chiese se fosse preoccupata che potesse uscire fuori la storia di Penelope.

 

L’urlo della folla la portò a concentrarsi sulla piazza: il carro era giunto a destinazione e le guardie si erano levate, lasciandolo alla furia della gente che avrebbe fatto di tutto per portarsene a casa un pezzo, come portafortuna.

 

Sentì un familiare formicolio sul viso ed alzò lo sguardo verso Calogiuri, che infatti la stava fissando.

 

Con la coda dell’occhio, si rassicurò che Pietro e Vitolo fossero impegnati a guardare lo strazzo e se lo abbracciò di lato, come aveva desiderato da tutta la sera, ma non voleva tentare troppo la sorte.

 

“Ancora non ci credo… che sto su questo balcone con te… se penso a com’è stato gli anni scorsi… e pure tre anni fa… che al massimo ti potevo guardare dall’altro lato della strada!”

 

Lo strinse più forte, commossa, ma, come faceva sempre in quei casi, deviò con l’umorismo, “se non mi ricordo male, tre anni fa già facevi ben altro che guardare, mannaggia a te! Pure se in privato!”

 

Lo sentì ridere e, dopo essersi accertata che la buoncostume fosse ancora distratta, gli afferrò il viso e gli diede un bacio. Calogiuri rimase un attimo stupito, ma le sorrise sulle labbra e la baciò di rimando, anche se rapidamente, per poi stringerla più forte.

 

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“Mo capisco, perchè vi piace tanto questa festa: è proprio bella!”

 

Sorrise a Rosa, che aveva vicino, pure se stavano su due balconi diversi, Noemi in braccio che urlava, “bello, bello!” ad ogni colpo dato al carro.

 

“Occhio che, se prende esempio, chi la ferma più…” scherzò, pensando che perfino Valentina in confronto era tranquilla.

 

“Già… certo che pensare a tutto quel lavoro… distrutto in poco tempo. Un po’ dispiace.”

 

“Ma forse la lezione è proprio questa: che le cose si distruggono per ricostruirne di più belle,” riflettè, stupendosi delle sue stesse parole.

 

“Mi fa piacere, sentirti così!” esclamò Rosaria, sorridendogli.

 

“Anche a me,” rispose, sinceramente, ricambiando, almeno fino a che notò, in tralice, Imma ed il maresciallo che si baciavano e poi si abbracciavano teneramente.

 

Si scambiò uno sguardo con Rosa, che gli parve molto preoccupata.


“Tranquilla. Te l’ho già detto, ci devo fare il callo,” la rassicurò e si sorprese di nuovo nel constatare che non lo diceva solo per lei.

 

La verità era che gli faceva ancora un po’ male, sì, ma molto, molto meno di qualche mese prima.

 

Forse stava finalmente guarendo ed iniziando a guardare avanti.

 

Si sentì stringere all’altezza del gomito e vide che era Rosaria che, di nuovo, aveva un sorriso bellissimo.

 

Le prese la mano, di rimando, anche se per pochi secondi, e si stupì di sentire uno strano calore.

 

E non era solo la calura estiva.

 

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“E mo è finita la festa?”

 

Rosa, con gli occhi che brillavano, nonostante dovesse reggere il peso di Noemi, profondamente addormentata, voleva sapere di più.

 

“Ci stanno ancora i fuochi ma sono verso mezzanotte e mezza,” le spiegò, intenerendosi di fronte all’espressione così tranquilla di quell’adorabile uragano, che somigliava tanto allo zio.


“Io devo andare, papà: con i miei amici ho appuntamento per vedere i fuochi da casa di Giampiero.”

 

Carlo Vitali, sempre in apparenza gentile ed educato.


Fin troppo, che o era tipo Calogiuri, o di nascosto doveva essere un serial killer. Poi con un padre così!

 

“Eh… va bene… lo so che sei giovane e noi diventiamo vecchi!” rispose Vitali, con un sospiro.

 

“Valentina, per caso vuoi venire anche tu? Così vediamo i fuochi e facciamo un po’ di festa.”

 

Valentina parve esitare un attimo, guardandola con occhi spalancati.

 

“Se vuoi andare vai, Valentì, che ormai sei grande, ma non vecchia!” le disse, anche se effettivamente forse avrebbe dovuto chiederlo prima a Pietro, con il quale era venuta.

 

“E dai, Valentì! C’avessi io la vostra età: beati voi! Fino a domani mattina alle otto mi trovavate a ballare!” esclamò Vitali ed Imma dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere all’immagine mentale del procuratore capo conciato come Tony Manero.

 

“Va… va bene,” annuì Vale, congedandosi insieme al ragazzo.

 

Lei gli fece cenno di chiamarla se aveva bisogno.

 

“Forse è meglio che me ne torno a casa pure io…” intervenne Rosa, con un sorriso, “che se questa peste si sveglia è la fine e i fuochi… non li abbiamo mai visti così da vicino, non vorrei che si spaventasse. Pure se fa più casino lei di sicuro.”

 

“Va bene, allora torniamo a casa e-”

 

“No, Imma, no!” la bloccò subito, decisa, “tu ed il fratellino state pure qua a vedervi i fuochi. Tanto è pieno di gente, che sarà mai? E ormai la strada la conosco!”

 

“Posso accompagnarle io!”

 

La voce di Pietro la colse di sopresa, e non fu l’unica, visto che pure Vitali, la Moliterni e Vitolo se lo guardarono come se gli fosse uscita un’altra testa.

 

“Tanto sto da solo… così voi potete godervi la festa fino alla fine. Io ormai so’ vecchio, meglio che me ne vado a dormire!” si schernì Pietro, facendo cenno a Rosa, che sembrò super entusiasta alla proposta.


“Va bene, va bene! Allora buona serata!” esclamò, lanciando un’ultima occhiata a lei e al fratello e non perdendo tempo ad uscire dal balcone, con Noemi ancora crollata addosso.

 

“Buona serata!” le fece eco Pietro, squagliandosela rapidamente, mentre la Moliterni faceva un sorrisetto a dir poco felino e mormorava un “hai capito…?!”

 

“In realtà… se non vi dispiace… questa è la prima festa della Bruna che io ed Imma passiamo insieme qua a Matera e… dottor Vitali, vi dispiace se ci andiamo a fare un giro?”

 

Guardò Calogiuri, meravigliata, pure se piacevolmente, da quella iniziativa e da quella botta di coraggio - poi con tutto quello che era successo col prefetto!

 

“Ma certo che no, maresciallo! Che mica vogliamo fare i reggimoccolo, vero cara?” chiese alla moglie, che sorrise, “beati voi! Godetevi la serata, e mi raccomando, ricordatevi dei discorsi che ci siamo fatti qualche mese fa.”

 

Calogiuri annuì e pure lei e, nel giro di pochi secondi, e dopo qualche saluto, Vitolo che non si capiva se fosse più sollevato o più irritato, si sentì trascinare da Calogiuri fuori dal balconcino e dentro i corridoi della procura.

 

“Calogiù!” esclamò, ridendo, perché era veloce come non lo era stato mai, e perché le ci volle poco per realizzare che l’uscita della procura non era in quella direzione, “dove mi stai portando?!”

 

“In un posto speciale!” le rispose, continuando la sua marcia, fino a che Imma riconobbe il pianerottolo ed il corridoio del suo ufficio.

 

E proprio lì finirono: era pure aperto, in barba alle misure di sicurezza!

 

“Ma sei matto?! Se ci beccano!” gli sussurrò, ma lui chiuse la porta dietro di loro e sorrise.


“Tranquilla, dottoressa, lo so a cosa stai pensando. Mi sono fatto aiutare da Diana e Capozza, che me lo hanno fatto trovare aperto. Poi passano a richiuderlo quando li avviso, quindi non ci scoprirà mai nessuno. Che a quest’ora tutta Matera sta con il naso all’insù. Pensavo di… di entrare in procura dopo lo strazzo e prima dei fuochi ma… ho temuto per un attimo che Vitali ed il prefetto facessero saltare tutto.”

 

“Che cosa hai in mente, maresciallo?” gli chiese, non riuscendo a trattenere un sorrisetto.

“Tante cose, dottoressa, tante cose…” rispose lui, con il tono e lo sguardo da impunito, tanto che dovette trattenersi dal saltargli addosso subito: doveva darsi un contegno, “ma comunque ho rispetto per la sacralità del luogo.”

 

“Mo ti è venuto il rispetto?!” lo sfotté, buttandogli le braccia al collo e piantandogli un bacio come si doveva, prima di sussurrargli, “buon anniversario, maresciallo!”

 

“Buon anniversario, dottoressa!” mormorò, dandole un altro bacio, dolcissimo ma troppo breve.

 

Eh no! I festeggiamenti o si facevano bene o non si facevano!

 

Gli prese il viso e lo baciò fino a levarlo e levarsi il fiato, spingendolo con decisione verso il mobile sotto alla bacheca e buttandocelo addosso, godendosi il suo “Imma!” stupito e sussurrandogli, mentre gli mordicchiava il labbro, “sono tre anni che devo prendermi la rivincita, maresciallo!”

 

Lo baciò, ancora e ancora, fino a che si trovò spinta via a sua volta, procedendo alla cieca per l’ufficio, atterrando infine sul tavolone vicino alla porta, il peso di Calogiuri sopra di lei, e poi-

 

E poi, improvvisamente, il peso si levò. Aprì gli occhi, vedendolo ritrarsi e sorrise: pure lei poteva farlo quel gioco. Lo prese per il colletto della camicia bianca e lo tirò a sé, ridendo quando si sentì afferrare per i polsi e poi-

 

E poi Calogiuri la tenne a distanza di sicurezza, senza fare niente.

 

“Calogiuri, se mi vuoi fare impazzire, sappi che la tua salute è molto a rischio stasera!” gli intimò, semiseria, ma notò immediatamente, dallo sguardo di lui, ancora prima che scuotesse il capo e che pronunciasse, col fiatone, un “Imma! Imma, aspetta!” che c’era qualcosa che non andava.

 

“Calogiù, questo è l’anniversario del nostro primo bacio, non del tuo primo due di picche volontario,” gli ricordò, cercando di nuovo di scherzare, anche se era preoccupata.

 

Si rassicurò un minimo quando lo vide sorridere.

 

“Sembra… sembra incredibile… come se fosse passata una vita da allora,” commentò lui, continuando però a tenerla e tenersi fuori dalla sua portata, “è che… ho bisogno che… che chiudi gli occhi per un attimo.”

 

Una botta di sollievo la prese: chissà che cosa voleva fare, quell’impunito!

 

E va bene, se voleva avere il completo controllo, almeno per un po’, il giorno dell’anniversario poteva concederglielo.

 

“Che c’hai in mente?” gli domandò di nuovo, mordendosi il labbro.

 

“Se chiudi gli occhi lo scopri, dottoressa,” ribattè, con sguardo sornione, “e non barare!”

 

Decise di fare come le era stato chiesto, immaginandosi da lì a poco da venire travolta da un bacio e… da chissà che altro di ancora più piacevole.

 

Attese uno, due, tre, quattro, cinque, dieci interminabili secondi. Ma non successe niente, anzi, Calogiuri non lo sentiva proprio più.

 

“Puoi aprirli mo!” lo sentì mormorare, con un tono strano e li spalancò, guardandosi intorno, ma non lo vide.

 

Finché noto come uno scintillio, sotto di lei, e fu allora che lo vide.

 

In ginocchio, di fronte a lei - che ancora stava seduta sul tavolo - ma non per quello che pensava lei.

 

In mano teneva un cofanetto, con un anello, che brillava nell’ufficio, riflettendo la scarsa luce che veniva da fuori.

 

E le mancò di nuovo il fiato, lo stomaco che le faceva le capriole, mentre si sentiva tremare dall’emozione.

 

Due pensieri: che avrebbe voluto buttargli le braccia al collo e baciarlo.

 

Ma che forse non sarebbe stato giusto e che fosse ancora troppo presto per lui, per prendersi un impegno simile.

 

Anche se lo avrebbe desiderato tantissimo.



 

Nota dell’autrice: lo so, è lunedì e doveva essere domenica, ma spero che, leggendo questo capitolo, oltre a non volermi uccidere per il finale, avrete capito perché era così impegnativo da scrivere. E il prossimo lo sarà ancora di più ;). Chissà quale sarà la risposta di Imma? Per non parlare di cosa potrebbe avvenire tra altre persone ;). Questa festa della Bruna sarà indimenticabile per molti, nel bene e nel male.

Chi conosce Matera avrà notato che, come nella fiction, ho spostato la procura nel Palazzo dell’Annunziata, che mi pare che fosse pure lo stesso dei balconcini a fine della sesta puntata. Questa licenza poetica mi serviva a scopo della storia, quindi pure in caso di errore rispetto alle ambientazioni della fiction, chiedo venia.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che la storia continui ad essere interessante. Come sempre, vi ringrazio tantissimo per le vostre recensioni, che mi fanno un enorme piacere e mi spronano a cercare di migliorarmi sempre.

Come forse saprete, il diciotto dovrebbero ricominciare le riprese di Imma, quindi non manca più tantissimo alla tanto attesa seconda stagione!

Nel frattempo, se vorrete, noi ci rileggiamo domenica 24, con un capitolo decisivo, sotto molti aspetti.

Infine, se ve la foste persa e se voleste recuperarla, nelle precedenti due domeniche ho scritto una storia prequel su Imma e Calogiuri, agli inizi, ancora prima di quando li abbiamo visti nella fiction.

Ecco il link al primo capitolo https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3953946

Grazie ancora!

 
   
 
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