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Autore: Ksyl    11/01/2021    3 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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26

Non riusciva ancora a credere che ce l'avessero fatta, quando superò le porte del piccolo aeroporto alpino dove erano appena atterrati e venne investito dall'aria pulita, fredda e corroborante che ingurgitò voluttuosamente, spinto da un'urgenza che se ne era stata immagazzinata a sua insaputa in qualche anfratto della mente provata dall'ultimo infernale periodo.

Avevano superato dal primo all'ultimo dei controlli con i loro documenti nuovi di zecca senza che nessun gendarme, o qualsiasi altra autorità internazionale deputata a tale scopo, venisse a fermarli accusandoli di rapimento di minore. Non erano stati scrutati con sospetto, non erano stati fatti accomodare in stanze riservate per essere sottoposti a qualche indagine in più e, cosa fondamentale, non si erano trovati Josh ad attenderli non appena oltrepassata la dogana, provvisto di un mandato che imponesse loro di consegnargli Tommy.
No, non erano sue fantasie lievemente accentuate dalla paranoia – che riteneva di avere comunque sviluppato in una certa misura, per colpa di quello che erano stati costretti a subire -, anche se avrebbe preferito che lo fossero.
Si trattava dell'intero corpo di minacce, accuratamente documentato e conservato, che Josh si era divertito a lanciare a più riprese contro di loro nelle turbolente settimane che avevano preceduto il via libera alla sospirata partenza.
Per quanto assurdo potesse essere addirittura pensarlo, i suoi divorzi a confronto si erano rivelati molto più semplici, tutto sommato perfino amichevoli. E, tanto per rendere la situazione ancora più grottesca, qui non si trattava nemmeno di un divorzio. Solo di un uomo in preda a deliri di protagonismo, probabilmente sotto l'effetto di alte dosi di steroidi, che godeva nel creare sempre nuovi pretesti che turbassero la loro serenità.
Scrollò la testa per imporsi di allontanare il familiare e gravoso peso delle sue elucubrazioni, difficili da fermare quando non le bloccava per tempo e ripartivano per l'ennesimo sterile giro tra i suoi neuroni sempre meno reattivi.

Kate e Tommy erano già avanti, li sentiva chiacchierare eccitati dalla novità, in apparenza più spensierati di lui. Si fermò per osservarli, non visto. Per qualche minuto si crogiolò nell'appagante sensazione di saperli felici, dopo tutti gli sforzi fatti per raggiungere quell'obbiettivo.
Dopo qualche passo si interruppero e si voltarono entrambi verso di lui con un sorriso interrogativo, forse chiedendosi che fine avesse fatto.
Era stata la prima esperienza di volo per il bambino, che ne aveva scombussolato i bioritmi, non facendogli chiudere occhio per l'intera durata della traversata. Ma questo, invece di diminuire la sua energia, l'aveva evidentemente esaltata.

Tommy si staccò dalla madre e tornò da lui, saltellando festoso. Guardandolo negli occhi, colmi del solito fiducioso entusiasmo, si disse che ne era valsa la pena. Di attendere fino all'ultimo prima di prenotare il volo per l'Europa, non farsi scoraggiare dai numerosi ostacoli, rimanere fedeli alla decisione di portare tutto davanti a un giudice per ottenere un verdetto imparziale sulla questione, se nient'altro avesse funzionato e anche se questo avrebbe significato definire una volta per tutti degli accordi che avrebbero dato a Josh maggiore spazio di azione nella vita di Tommy, che nessuno desiderava.
Avevano tenuto duro e ne era orgoglioso. Spesso non c'era stato altro da fare e già solo questo era bastato a mettere alla prova la loro determinazione.

All'improvviso, durante uno dei soffocanti giorni di bonaccia in cui la situazione non era parsa smuoversi nemmeno con l'ausilio di un lanciafiamme – non che non gli sarebbe dispiaciuto procurarsene uno-, era giunto il regale consenso paterno. Nella sua immensa magnanimità, mai troppo celebrata, avrebbe concesso loro la grazia di far uscire Tommy dagli Stati Uniti, se proprio ci tenevano.
La comunicazione era stata fatta in sordina, come se perfino il suo avvocato si fosse reso conto dell'inspiegabile crudeltà del suo cliente – queste ovviamente erano solo sue illazioni, la goffa speranza di non essere gli unici a trovare intollerabilmente ingiusto quello a cui quell'uomo li costringeva. Inutile dire che era stata solo l'ultima di una serie di prese di posizione illogiche e incoerenti, che mutavano imprevedibilmente.

Kate era convinta che Josh avesse mantenuto il suo bluff – non poteva essere nient'altro, aveva dichiarato – finché aveva creduto di poter ottenere quello che voleva senza dover spiegare davanti a un giudice, e quindi ufficialmente, il motivo per cui non fosse mai stato presente nella vita di suo figlio. A un certo punto doveva essergli stato chiaro che loro due non avrebbero accettato compromessi, non questa volta. Sarebbero andati fino in fondo.
Non era difficile supporre che non avrebbe tollerato l'immagine che avrebbe dato di sé, poco lusinghiera per un uomo che si considerava moralmente superiore a tutti e che invece si comportava in modo deprecabile nei confronti del suo unico figlio.

Peggio ancora, aveva continuato Kate con l'amarezza che sempre accompagnava quel doloroso argomento - amarezza che neppure lui era riuscito a mitigare, nonostante ci avesse a lungo provato -, forse Josh aveva lasciato perdere quando aveva realizzato una verità molto semplice: una volta stabiliti degli accordi ufficiali, avrebbe dovuto rispettarli, per non incorrere in precise conseguenze. Avrebbe dovuto incontrare suo figlio regolarmente, prendersene cura, contribuire in tutti gli aspetti, a partire da quelli economici, arretrati compresi.
Niente avrebbe mai alleviato la pena di una madre nel vedere il proprio bambino rifiutato con colpevole noncuranza dal suo stesso padre.
Aveva abbassato mestamente la testa e l'aveva abbracciata, senza tentare di consolarla. Rispettava una sofferenza che Kate aveva ogni diritto di provare, non c'erano parole né consolazioni a buon mercato che potessero rendere la realtà meno spiacevole.

"Chi vuole una cioccolata?", propose ad alta voce, deciso a mettere da parte ciò che apparteneva al passato per concentrarsi su un presente pieno di promesse, con Tommy appeso al braccio, impegnato ad aiutarlo a spingere il carrello dei bagagli.
"Non vogliamo aspettare di essere arrivati in hotel ed esserci sistemati?", ribatté Kate avvicinandosi a lui ed, esprimendo come sempre la voce del buonsenso.
"Io la voglio adesso", ribadì Tommy, corrugando la fronte proprio come faceva di solito sua madre.
"Tuo figlio ha già aderito alla filosofia che consiglia di non rimandare il piacere a occasioni future. Quando cederai anche tu?"
"Tu non hai niente a che vedere con questa filosofia, vero?"
Finse di assumere un'aria offesa, ma senza di fatto negare il suo contributo, di cui era segretamente orgoglioso. Riteneva che fosse uno dei migliori insegnamenti che avesse trasmesso al bambino.

"Vuoi davvero bere una cioccolata dentro un minuscolo aeroporto che a malapena avrà delle sedie su cui sedersi, per non parlare di un bar vero e proprio? Con tutti i posti meravigliosi che sono sicura ci saranno qui intorno?"
Aveva ragione, ma non fu quello a zittirlo. Forse la colpa era della concentrazione di ossigeno contenuta nell'aria alpina, superiore a quella a cui era abituato, ma gli parve più bella e incantevole che mai, anche se non avrebbe saputo specificare dove fosse la differenza. C'era qualcosa di morbido in lei – si era quello il termine giusto - che aveva su di lui lo stesso effetto abbagliante della neve che ricopriva in abbondanza tutte le superfici intorno a loro.
"Voglio che facciamo quello che ci pare, senza sprecare nemmeno un minuto di questa vacanza. Ce lo meritiamo", le risposte alla fine, quando tornò in sé. Sì, era la cosa giusta da fare, la ricompensa per tutto quello che erano stati costretti a sopportare.

Kate gli rivolse in cambio un luminoso, senza insistere con obiezioni razionali che di certo doveva avere in serbo, comprendendo intuitivamente che cosa l'avesse spinto a fare quella proposta. Gli si avvicinò e lo prese sottobraccio.
"Hai ragione. Faremo solo quello che ci va e al diavolo le regole".
Castle fece una faccia stupefatta, esagerandola a favore di Tommy, che spalancò gli occhi e ridacchiò. "Hai sentito Tommy? La mamma ci lascerà fare tutto quello che vogliamo, sei pronto ad approfittarne?"
Conscio delle conseguenze che si sarebbero presto abbattute su di lui per via della sua affermazione avventata, si allontanò di corsa trascinandosi dietro il carrello, seguito dalle risate scroscianti di Tommy che si lanciò al suo inseguimento e le proteste di Kate, che vennero coperte dal rumore stridente delle ruote sull'asfalto.

Finirono per giungere a un compromesso, almeno per quanto riguardava la cioccolata. Nessuno in effetti aveva voglia di rimanere in aeroporto, lui per primo, nel malcelato timore che a qualcuno venisse in mente di cercarli. Meglio allontanarsi senza farsi notare. Non sarebbe mai riuscito a levarsi di dosso quella sensazione di aver commesso qualcosa di illegale, pur sapendo che non era così - risultato della costante pressione che Josh aveva esercitato su di loro.
Ci vollero solo pochi minuti per recuperare la macchina a noleggio, grazie all'efficienza degli addetti che si occuparono della loro pratica. Dopo poco si lasciarono finalmente l'aeroporto alle spalle per immergersi nel paesaggio candido e scintillante che aspettava solo di avvilupparli nella sua magia.

Tommy, dal suo seggiolino posizionato sul sedile posteriore, non smetteva di esprimere con esclamazioni vivaci la sua meraviglia di fronte allo scenario da cartolina che scorreva placido e maestoso attraverso il finestrino, ben diverso da quello metropolitano in cui era cresciuto.
Condivideva il suo stesso stato d'animo. Guidando lungo la carreggiata perfettamente sgombra, con muri di neve ammassati ai lati della strada in modo sicuro e ordinato, cominciò a respirare più liberamente. Si sentì calmo, scoprendosi perfino ottimista. Niente di brutto poteva capitare in un posto idilliaco del genere. Sarebbero stati bene, si disse, credendoci sul serio per la prima volta.

Si fermarono in una piccola caffetteria situata qualche chilometro prima del villaggio dove avrebbero alloggiato, che aveva scelto senza mostrarlo a nessuno– non vedeva l'ora di assistere alla loro reazione, quando sarebbero arrivati - dove ordinarono cioccolata calda e altri viveri d'asporto. Avevano tutti una fame da lupi. Diedero la colpa al fuso orario e al cibo appena passabile che avevano sbocconcellato durante il volo, più per noia che per bisogno vero e proprio.
In piedi dietro al bancone, mentre Tommy ispezionava la vetrina dei dolci descrivendoglieli uno a uno prima di fare la sua scelta, si sentì davvero in vacanza. Fu una sensazione prodigiosa.

Uscirono dall'edificio surriscaldato con le braccia piene di contenitori. Dopo essersi consultati brevemente, attraversarono la strada per raggiungere il sentiero che li avrebbe condotti sulla riva del lago ghiacciato che avevano a lungo costeggiato durante il tragitto. C'era un piccolo molo e qualche panchina asciutta che elessero come loro destinazione e verso cui si incamminarono, facendo scrocchiare la neve sotto la suola delle scarpe, sprofondando occasionalmente nei cumuli più freschi.
La luce dorata dei larici vestiti d'autunno li circondava splendente. Il cielo aveva una sfumatura di blu purissimo che di cui non ricordava di essere mai stato spettatore e, come aveva promesso a Tommy prima di partire, c'era tutta la neve che volevano, anche se la stagione non era ancora nel pieno del suo fulgore.

Rimase incantato a fissare la stupefacente combinazione di elementi naturali, provando per la prima da volta dopo mesi oscuri una pace profonda che proveniva da un luogo lontano, che aveva dimenticato esistesse. Mentre era stato impegnato a combattere una battaglia sfinente, pervaso da un costante senso di umiliante impotenza, aveva ignorato i messaggeri interiori che lo avevano avvisato di essere ormai sull'orlo dell'esaurimento. Sentendo lentamente riaffiorare le energie, ebbe solo ora l'esatta percezione di quanto fosse stata dura.
Chiuse gli occhi, strizzandoli forte. Doveva smetterla di rimuginare, non se l'era appena ripromesso? Doveva staccarsi da quei ricordi intrusivi, che lo braccavano e lo facevano ricadere nei soliti schemi mentali.
Non voleva rovinare quello che avevano faticosamente ottenuto grazie al loro rifiuto di arrendersi. Avevano fatto fronte unito per uno scopo più grande, dovevano andarne fieri, anche se a pungolarlo rimaneva l'idea, tristemente comprovata, che la loro tranquillità sarebbe sempre infranta dai capricci di un'altra persona.
Basta. Eccolo di nuovo a dar corda ai pensieri ossessivi. Fece un profondo respiro, furioso con se stesso.

"Va tutto bene?", gli domandò Kate a bassa voce, voltandosi a guardarlo e stringendo la tazza di carta tra le mani. Osservò il suo fiato condensarsi. La temperatura era di qualche grado sotto lo zero, ma il gelo interiore stava svanendo.
Le passò un braccio intorno alle spalle e la baciò su una tempia.
"Lo fai quando non vuoi rispondere".
La fissò interdetto. Si era aspettato uno dei suoi incantevoli sorrisi – l'aveva abbracciata proprio per quello -, non un'affermazione tanto telegrafica.
"Mi baci per evitare argomenti che non vuoi affrontare", spiegò Kate, paziente ma irremovibile.
Finse di essere oltraggiato dalla sua affermazione. "Ti bacio perché voglio baciarti, essendo tu una donna di incredibile fascino e anche molto sexy, sotto tutti quegli strati di lana".
"Lo vedi? Stai cercando un diversivo".
Conosceva quel tono e sapeva bene di non avere a disposizione nessuna scappatoia.
"D'accordo, hai vinto. Ma prima di rispondere alla tua domanda, voglio specificare che non ti faccio mai complimenti per cambiare argomento. Sono tutti autentici e credo a ogni parola che dico".
Si predispose a essere il più onesto possibile. "Sto bene e sono felice di essere qui con voi. Come potrebbe essere diversamente? Ho tutto quello che amo di più".
"Ma...?"
"Nessun ma. Sono solo un po' stanco per via del volo e... di tutto il resto". Il che, tutto considerato, era una parte cospicua della verità.

Voltò la testa per osservare Tommy, impegnato a tracciare solchi nella neve con un bastoncino che aveva scovato chissà dove. Ammirò la sua capacità di farsi sorprendere dalla vita e non farsi sfuggire nessuna occasione di divertimento. Gli augurò di mantenere quella predisposizione per sempre.
Kate seguì il suo sguardo, intenerendosi alla vista del figlio.
"Non ti sembra miracoloso avercela fatta? Io non riesco ancora a rilassarmi", mormorò.
Si stupì per quella confessione inaspettata, che traduceva in parole le emozioni che provava anche lui, ma che aveva preferito tenere per sé.
"Sei sempre stata incrollabile nella tua convinzione che niente ci avrebbe impedito di raggiungere il nostro traguardo e partire", le bisbigliò di ritorno, stupefatto.

Era stata lei a portare il peso maggiore durante quelle settimane oscure, mantenendo una calma ammirevole e risollevando il morale di entrambi di fronte all'ennesimo ritardo decisionale, all'ennesima provocazione, in un capovolgimento delle loro solite posizioni. Non aveva nessun problema ad ammettere di essere stato ben poco d'aiuto nel rasserenare l'umore generale della squadra, anche se aveva preferito cedere occasionalmente all'angoscia nella solitudine del suo studio.
"Avrei fatto di tutto per portare Tommy in vacanza qui, puoi starne certo".
Non che ne dubitasse, avendola vista all'opera. E la loro avvocata, quella suggerita da Jim, era stata la più agguerrita di tutti. Aveva un feroce senso dell'umorismo che si combinava perfettamente con il suo e che li aveva fatti andare molto d'accordo, dopo un iniziale perplessità dovuta ai modi diretti con cui la donna si esprimeva, soprattutto nei confronti di Josh, verso il quale non risparmiava i giudizi più caustici. Ne avevano riso, rievocando le sue migliori battute.

"Ma naturalmente ho avuto anche io dei momenti di incertezza. Non che dubitassi che alla fine ce l'avremmo fatta, ma di tanto in tanto mi sono chiesta se ne valesse la pena, se non stessimo combattendo per niente. Non ho desistito perché è chiaro che è proprio quello che Josh vuole da noi. Esaurirci, senza di fatto volersi occupare di suo figlio. Tommy merita di meglio".
Castle allungò la mano per stringere quella di lei, in silenzio. Condivideva ogni parola e sapeva che lei ne era al corrente, non era necessario aggiungere altro.

Tommy venne a mostrargli i fantastici reperti, per la maggior parte sassi e legnetti che aveva scovato nella neve, e per una volta Kate non disse niente pur avendo notato le tracce di fango sui pantaloni immacolati.
"Qualche volta credo che sarebbe più facile per voi se io non ci fossi. Josh smetterebbe di tormentarti con la minaccia di prendere Tommy con sé, sapendo di ferirti".
Era così. All'inizio era stato solo un sospetto, un'orribile ipotesi che gli aveva fermato il respiro nel petto, ma che purtroppo i fatti gli avevano via via confermato. Anche Kate aveva smesso di irritarsi con lui per quella che inizialmente aveva ritenuto fosse gelosia o una sua fissazione. Era lui il bersaglio di Josh.

Era quella la causa della tristezza che lo coglieva a tradimento, quella che si era illuso di aver lasciato a New York e che ora cercava di nascondere, ma che continuava a scavare indisturbata voragini dentro di lui, devastandolo.
Voleva bene a Tommy. Gliene voleva così tanto che la sola prospettiva di costringerlo a passare del tempo con suo padre bastava a farlo sobbalzare con violenza poco prima di abbandonarsi al sonno, quando tutta l'infelicità della situazione si riversava su di lui, cogliendolo con la guardia abbassata e mettendolo alle strette. Se lui fosse stato fuori dal quadro – si era detto una notte vagando insonne per il loft - forse Josh sarebbe tornato a farsi ingoiare dalla tana da cui era riemerso e avrebbe lasciato in pace le persone a cui teneva di più, se si escludeva sua figlia.
Avrebbe compiuto quel sacrificio, se si fosse reso necessario – se l'era ripromesso come ultima mossa disperata per sentirsi meno impotente-, ma non aveva mai osato parlarne con lei.

"Non dirlo nemmeno per scherzo".
Aveva messo in conto che avrebbe ottenuto una reazione veemente, quasi stizzita. Ma era arrivato il momento di dirlo. Era un peso troppo grande per continuare a portarlo da solo.
"Io e Tommy non potremmo fare a meno di te, né lo vogliamo. Josh potrà aver deciso di dedicare il resto della sua vita a importunarci per motivi che non comprenderemo mai fino in fondo, ma questo non cambierà le nostre vite di un millimetro, sono stata chiara?"
Gli prese il mento tra le mani, stringendolo fino a fargli male. "Sono stata chiara, Castle? Non serve che ti immoli per noi", ripeté scandendo le parole come se si fosse trovata davanti a qualcuno impazzito di colpo.
Annuì, un po' intimorito, ma grato di quell'iniezione di fiducia, se pure espressa con i soliti modi decisi.
"Anche se non gradisce la mia scelta di costruire una famiglia con te, rimane il fatto che ho il diritto di frequentare chi voglio, perfino il primo sconosciuto che dovesse incrociare la mia strada".
Castle finse di lanciare delle occhiate allarmate attorno alla loro postazione. "Per fortuna non c'è nessuno a parte noi, temevo di doverti cedere al primo istruttore di sci di belle speranze che si fosse presentato a renderti omaggio".

Kate non raccolse quello che era l'ultimo, debole tentativo di occultare le emozioni di cui era sovraccarico, dietro una facciata allegra. "Incontrarti ha solo portato meraviglie nella nostra vita. Sei straordinario con Tommy ed è in gran parte merito tuo se è sereno, nonostante tutto. Non avrei potuto chiedere di meglio per lui e per gli altri bambini".
La guardò incuriosito.
"Quali altri bambini?"
Kate si produsse nel solito gesto di alzare gli occhi al cielo, quello con cui esprimeva la sua esasperazione alle divinità celesti in ascolto che la costringevano a sopportarlo. Non smetteva di trovarlo irresistibile.
"Parlavo in generale delle tue doti paterne, non fingere di non capire, te l'ho già detto davanti a Mireille", chiarì, un po' troppo sbrigativa.
"È per questo che stai con me? Le mie potenzialità come genitore?"
Sì, aveva voglia di prenderla in giro, non ci trovava niente di male. Gli piaceva punzecchiarla su quel punto e compiacersi delle risposte che invariabilmente suscitava.
"Certo, Castle, non perché tu sia sexy sotto tutta quella lana che ti sei messo", gli fece il verso, sorridendogli brevemente, prima di tornare a concentrarsi sulle sue parole. Le fu grato di voler continuare una conversazione difficile, che però gli stava molto a cuore.

Si voltò verso di lui.
"Hai ragione, finché non sei apparso tu, Josh sembrava avere di meglio da fare che occuparsi di noi, circostanza che rendeva tutto molto più semplice, senza avvocati e tribunali di mezzo. Ma con te la nostra vita si è trasformata in qualcosa di magico. È straordinaria, piena di sorprese e avventure. E poi lo sai che ho sempre avuto un debole per te. Immagino che sia questo il punto a cui volevi arrivare".
"Lo stai finalmente ammettendo? Puoi ripeterlo davanti a una schiera di notai che registreranno le tue parole in modo da potertele rinfacciare quando tornerai a negarle sostenendo che fossi insopportabile quando ci siamo incontrati la prima volta?"
"Lo eri davvero, e la cosa che mi disturba più è che non te ne sia ancora fatto una ragione. Ma eri comunque di bell'aspetto, proprio come quell'istruttore di sci con cui fuggirò alla fine di questa vacanza, se non la smetti con questi discorsi".
Rise fiaccamente.

Kate gli posò una mano su una gamba. "Che cosa ti succede, Castle?", gli domandò con dolcezza. "Non è da te essere meno che euforico per la nostra vacanza finalmente iniziata e in procinto di mandarci tutti al manicomio".
"Non sopporto l'idea che Tommy sia costretto a fare qualcosa che non vuole o che lo terrorizza, solo perché suo padre ce l'ha con me. Non voglio che la mia presenza lo danneggi, non potrei mai perdonarmelo". Non voleva apparirle petulante, ma era una questione vitale per lui.
"Non preoccuparti, ci opporremo a tutto quello che potrebbe danneggiarlo. Purtroppo la verità è che Tommy dovrà fare i conti con una figura narcisistica come quella di suo padre per sempre, come sappiamo, e noi non potremo impedirgli di soffrirne. Ma gli insegneremo a combattere per quello che è giusto e lo proteggeremo insieme. Ma ti prego, ti prego, per il mio equilibrio mentale, di non pensare che senza di te staremmo meglio. Non voglio più riaprire questo argomento. Non saprei nemmeno da che parte cominciare a vivere senza di te".

Fu colpito dal suo tono accorato, gli spiaceva averla turbata. Tolse con il dito i segni cioccolata dalla guancia di Tommy, che si era stancato di giocare da solo e voleva essere preso in braccio. Si piegò con naturalezza alle sue richieste.
"Ti amo, lo sai?" Si sporse per baciarla. "E ti amavo anche quando mi trovavi insopportabile".
Kate sbuffò. "Mi conoscevi da cinque minuti, sei il solito esagerato. Quello che volevi in realtà era solo portarmi..."
"Ehi", la fermò, mettendo le mani sulle orecchie di Tommy. "C'è un bambino qui, lo hai dimenticato? E non erano in assoluto quelle le mie intenzioni, hai sempre avuto dei pregiudizi nei miei confronti".
"Quindi volevi chiedermi di sposarti non appena abbiamo concluso quel primo caso? Non che non sia una tua fissazione, in effetti".
"Meriteresti che ti lasciassi con quel maestro di sci di cui tanto blateri".
Gli appoggiò la testa sulla spalla. "Non lo farai", sussurrò divertita.
"Hai ragione, non lo farò. Ma sappi che non potrai sottrarti ad altre proposte di matrimonio".
"Chissà, Castle, magari un giorno potrei anche dirti di sì".
La baciò ancora. "È una promessa?"
Non sentì la risposta, che si perse da qualche parte tra le cime innevate e la lieve brezza che li avvolse tra i raggi tiepidi del sole.

   
 
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